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50 giovani da seguire nel 2023 - Quinta parte
06 gen 2023
06 gen 2023
Fabio Miretti, Warren Zaïre-Emery e altri giovani da tenere d'occhio nel nuovo anno.
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Massimiliano Ferraro/Imago
(foto) Massimiliano Ferraro/Imago
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Il nostro viaggio nei talenti più interessanti da seguire nell’anno che si è appena aperto si conclude con l'ultima decina di nomi. La prima la trovate qui, mentre la seconda qui, la terza qui, la quarta qui.Alejandro Balde, 2003, Barcellona (Spagna)Nato a Barcellona da padre guineano e madre dominicana, è entrato nella Masia a 8 anni, bruciando le tappe e arrivando fino alla seconda squadra a 17 anni. Ha scelto la nazionalità spagnola e ha fatto parte delle categorie della nazionale fin dall’Under-16, considerato subito uno dei terzini spagnoli più promettenti. La crisi economica del Barcellona durante la pandemia è stata anche per lui d’aiuto nel convincere Koeman a farlo allenare con la prima squadra e anche a giocare qualche scampolo di partita. Pur senza prestazioni da stropicciarsi gli occhi neanche con la seconda squadra (che gioca in Tercera), le casse vuote hanno spinto Xavi a portarselo nel ritiro precampionato nell’estate 2022. Giocando stabilmente con i grandi ha impressionato subito, sono evidenti le qualità tecniche e atletiche. Può fare tranquillamente tutta la fascia e rimanere lucido nei pressi dell’area. Balde salta l’uomo con facilità e ha la capacità di giocare il pallone in spazi ristretti, come di partire in conduzione, cosa che un Jordi Alba in declino atletico non è più in grado di garantire. In più, rispetto a Jordi Alba mostra la capacità di non perdere i duelli individuali, situazioni chiave per un terzino contemporaneo che nel suo caso non arrivano tanto dalle letture (dov’è ancora verde) ma dalla capacità di correggere i movimenti in corsa grazie alle sue doti atletiche.

Nell’arco di poche settimane diventa il terzino sinistro preferito di Xavi. Balde ha tolto il posto a Jordi Alba, ma anche al nuovo arrivato Marcos Alonso (pur di averlo in campo Xavi lo mette terzino destro o sposta Marcos Alonso centrale). Le prestazioni sono così convincenti che arriva anche l’esordio a un Mondiale a 19 anni, dove viene convocato dopo l’infortunio a Gayà. Un salto quantico nell’arco di pochi mesi che mostra come alcuni talenti funzionano meglio quando si alza il livello della sfida e che quello che serve è soprattutto la fiducia nelle loro qualità.Stefan Bajcetic, 2004, Liverpool (Spagna)Stefan Bajcetic il Liverpool se l’è andato a cercare col lanternino. Figlio di un ex calciatore serbo (Srdan) è passato alla squadra di Klopp dalle giovanili del Celta Vigo ancora sedicenne, uno degli ultimi prima che le nuove regole imposte ai club inglesi dopo la Brexit gli impedissero definitivamente di prendere stranieri minorenni. Il Liverpool comunque l’ha pagato 250mila sterline, una cifra non indifferente per un giocatore così giovane e senza alcuna esperienza. Il suo nome ha iniziato a riempire le bocche dei tifosi del Liverpool la scorsa estate quando, durante il tour in Thailandia, è stato impiegato diverse volte facendo un’ottima impressione. Fino a pochi giorni fa doveva essere solo una cotta estiva, poi Klopp ha deciso di impiegarlo dal primo minuto nella delicata partita al ritorno dai Mondiali contro il Manchester City e qualcosa sembra essere cambiato. In quella partita in realtà Bajcetic, un mediano mingherlino col ghiaccio nelle vene quando c’è da gestire il pallone sotto pressione, è sembrato ancora troppo acerbo per il calcio di questo livello: in mezzo alle trame di passaggio della squadra di Guardiola è sembrato annegare e un paio di volte è caduto malamente nelle finte di corpo degli avversari cercando di recuperare il pallone in avanti. Le sue qualità comunque sono interessanti: la sua visione di gioco non è particolarmente creativa ma la sua tecnica è pulita: a una squadra con una fase di possesso molto codificata potrebbe fare comodo. Durante il Boxing Day Bajcetic ha segnato il suo primo gol in Premier appena due minuti dopo essere entrato contro l’Aston Villa e, al di là del superficiale valore statistico (è diventato il terzo giocatore del Liverpool più giovane di sempre e il secondo spagnolo più giovane di sempre a segnare in Premier League), il modo in cui è arrivato dice molto della sua freddezza.

Su una respinta lunga e centrale di Robin Olsen, Bajcetic ha fintato il facile tap-in, che forse sarebbe stato respinto dal portiere svedese, si è spostato il pallone sul sinistro e poi lo ha fatto passare tra le gambe del difensore che aveva provato a difendere la porta appostandosi sul palo. Youssoufa Moukoko, 2004, Borussia Dortmund (Germania)Youssoufa Moukoko ha da poco compiuto 18 anni e fa strano pensare che abbia esordito in Bundesliga ormai più di due anni fa quando gli stadi erano ancora vuoti per via della pandemia. Da quel giorno la strada percorsa dall’attaccante tedesco non è stata banale, in primo luogo perché Moukoko è uscito definitivamente dalle giovanili, dove già aveva iniziato a far parlare di sé con quantità di gol francamente ridicole (noi ne scrivevamo nel 2017), ed è diventato un titolare del Borussia Dortmund prima ancora di compiere la maggiore età. Il suo finale di 2022, poi, è stato semplicemente fuori da questo mondo: Moukoko, con una bellissima doppietta al Bochum a inizio novembre, è diventato il più giovane giocatore nella storia della Bundesliga a segnare almeno 10 gol, poco dopo è stato convocato al Mondiale da Hansi Flick. Il torneo della Germania è stato molto deludente, è vero, ma per Moukoko è arrivato l’esordio, seppur nella scioccante sconfitta contro il Giappone. E se questo è ciò che è arrivato prima dei 18 anni, cosa ci dobbiamo aspettare adesso che la sua carriera teoricamente è appena iniziata?

Proprio la doppietta al Bochum di novembre ci dice molto del suo talento. Sull’azione del primo, prende palla nel mezzo spazio di destra, riesce a girarsi con un po’ di fortuna al difensore che era uscito aggressivo, poi ci mette un po’ in corsa ad aggiustarsi il pallone per il tiro, ma poi con il sinistro scaglia una conclusione sotto la traversa di una violenza impressionante. Il secondo è solo apparentemente più semplice. Su una palla scagliata via dalla difesa, e controllata fortunosamente da un difensore avversario, Moukoko con un furbo tocco di sinistro si lancia dal centrocampo verso la porta avversaria, dove il portiere avversario è uscito un po’ avventurosamente. Una volta accortosi della situazione, l’attaccante del Borussia Dortmund accelera la conclusione con il destro nonostante non sia il suo piede. Lo fa in maniera artigianale, un po’ rigida, ma incredibilmente efficace: quello che esce fuori è un pallonetto non particolarmente alto ma potente a sufficienza per entrare in rete senza alcun patema. Dove può arrivare un giocatore che segna con questa facilità con entrambi i piedi?Cristian Volpato, 2003, Roma (Italia)Come ogni anno la Roma si aggrappa disperatamente a uno dei prodotti della Primavera per uscire dalle sabbie mobili in cui ciclicamente ricade. Quest’anno il giovane Cristo è Cristian Volpato, trequartista diciannovenne nato in Australia che ama toccare il pallone con la suola, e che in questa stagione è apparso come un vero e proprio salvatore contro il Verona, una squadra che gli porta particolarmente bene se pensiamo che la scorsa stagione proprio contro la squadra veneta segnò il suo primo gol in Serie A.

Contro il Verona di Bocchetti, Volpato prima ha evitato un infausto pareggio incrociando un tiro sporco eppure incredibilmente efficace da fuori area, poi ha propiziato il definitivo 1-3 di El Sharaawy con un assist che è un manifesto di tutta la sua ambizione tecnica: conduzione con il sinistro, sterzata e passaggio filtrante per l’esterno che accorre dalla seconda linea. Da quella partita Mourinho ha usato Volpato come un amuleto magico, mettendolo nelle partite in cui la Roma era in difficoltà (cioè tutte le successive). In nessuna ha funzionato bene come in questa contro il Verona, ma Volpato ha comunque dimostrato una sensibilità tecnica sopra il comune nonché una vena associativa e una capacità di nascondere il pallone in spazi stretti che fa ben sperare per il futuro. L’Australia negli ultimi giorni prima dell’inizio del Mondiale ha provato a convocarlo a sorpresa ma lui ha rifiutato e questo dice molto sulle cose che si aspetta dalla sua carriera nei prossimi anni, non solo il 2023.

Se avete a cuore il futuro della Nazionale italiana e vi state chiedendo da quali giocatori può ripartire, in questa puntata del nostro podcast Lobanovski facciamo il punto.

Issahaku Fatawu, 2004, Sporting CP (Ghana)Il Guardian l’ha definito il miglior prospetto africano della sua generazione; a gennaio del 2022 ha giocato la Coppa d’Africa con il Ghana, ad aprile lo Sporting Clube gli ha fatto firmare un contratto da professionista con una clausola da 60 milioni di euro, facendolo debuttare poco dopo; a novembre è stato convocato per il Mondiale. Ha giocato pochi minuti, ma il CT Otto Addo ne ha parlato benissimo, come del futuro della Nazionale insieme a Kudus. Di lui si è iniziato a discutere nel 2021, dopo che ha vinto il premio di miglior giocatore della Coppa d’Africa U20 nonostante fosse tra i più giovani in campo. Fatawu è un centrocampista che può giocare anche dietro a una punta, o partire largo a destra per sfruttare la sua rapidità e la potenza del suo sinistro. Prima di trasferirsi in Portogallo, aveva segnato 12 gol e 12 assist in 14 partite nella Serie B ghanese. Allo Sporting Clube sta giocando poco, ma c’è molta attesa su di lui. È ancora difficile capire in che ruolo potrebbe svilupparsi la sua carriera, se avrà abbastanza consistenza per giocare come ala o se invece troverà il suo posto in zone più centrali e arretrate. In questo è un po’ simile al connazionale Kudus, che può giocare praticamente in tutti i ruoli del centrocampo e dell’attacco. Se Fatawu dimostrerà la stessa qualità nella finalizzazione, per lo Sporting sarà stato un bell’affare. Francesco Camarda, 2008, Milan (Italia) Di Francesco Camarda avrete sicuramente sentito parlare per le cifre assurde che girano sul suo conto. Questo ragazzino di quattordici anni pare abbia segnato circa cinquecento gol in cento partite con la maglia del Milan. Numeri senza senso, degni dei racconti su centravanti mitici del primo novecento o, se preferite un riferimento più concreto, simili agli oltre ottocento gol di Bojan Krkic con le giovanili del Barcellona. Nelle sette di appassionati di calcio giovanile e tra i tifosi del Milan, ha iniziato ad aleggiare un certo sensazionalismo intorno a Camarda, alle volte con un po’ di ironia, alle volte con genuina curiosità di vederlo tra qualche anno. A dicembre Ignazio Abate, allenatore della Primavera, lo ha convocato per un’amichevole contro la Solbiatese, squadra di Eccellenza, e lui ha subito rispettato le attese con una doppietta. Nonostante l’hype stia lievitando, il Milan sembra voglia proteggerlo da occhi indiscreti. Sul web non si trovano né interviste, né dichiarazioni su di lui, tantomeno da parte di Abate o di altri suoi allenatori. Per adesso, ciò che sappiamo è che Camarda è nato a marzo del 2008 a San Cataldo, in provincia di Caltanissetta. Oltre al calcio si dedica alla kickboxing, un dettaglio che sicuramente prima o poi gli procurerà qualche paragone con Ibrahimovic, e in effetti ha l’espressione spigolosa e truce di chi pratica sport da combattimento. Gioca con l’avambraccio bendato, chissà, forse proprio un lascito della kickboxing, forse perché è fan di Benzema, o forse semplicemente perché si è infortunato.Visto che si tratta di un classe 2008, sul suo repertorio vanno fatte mille tare. Innanzitutto sul suo corpo. Camarda continuerà a crescere, sia in altezza che in muscolatura, e questo ne influenzerà senza dubbio il gioco. Al momento il suo fisico è asciutto. Sembra abbastanza alto, ma non così tanto da basare il proprio calcio sulla supremazia fisica nei confronti dei coetanei, di solito la più grande red flag quando si tratta di centravanti giovani. Al momento, sembra un attaccante veloce, pericoloso ogni volta che scatta in profondità: riuscirà a mantenere questa caratteristica con lo sviluppo? Di interessante, però, Camarda non ha solo il senso del gol. Gli piace anche abbassarsi per farsi dare la palla e non ha paura di provare giocate ambiziose per cucire il gioco o per liberarsi di un marcatore. Anche in area, poi, non sembra un finalizzatore minimale: ci sono video di suoi gol in cui si apre lo specchio dopo un doppio passo, oppure in cui centra la porta dal limite con dei tiri al volo. Quando potremo iniziare ad apprezzare in maniera più tangibile il suo talento? Difficile dirlo. Certo, se dovesse iniziare a giocare costantemente contro avversari più grandi di età, potremmo avere un riscontro più realistico delle sue caratteristiche – e magari, trovandosi in un contesto più scomodo, potrebbe migliorare più velocemente. Nel frattempo, continueremo a seguirlo con curiosità, sperando di stropicciarci ancora gli occhi di fronte alle sue cifre.Fabio Chiarodia, 2005, Werder Brema (Italia)Pochi giorni fa Fabio Chiarodia è stato convocato da Mancini per uno stage. Se la quantità di giocatori chiamati - una sessantina - sminuisce il valore della convocazione, l’idea di chiamare un giovane di 17 anni nato e cresciuto in Germania, da genitori italiani, mostra la volontà della nostra federazione di puntare su di lui e ancorarlo alla nostra Nazionale. Ancora minorenne, Chiarodia è già stabilmente nelle convocazioni del Werder Brema, con cui ha esordito in Bundesliga lo scorso 22 ottobre. Il suo nome è già sul taccuino di tutte le migliori squadre di Germania, ma anche su quello di Juventus e Chelsea, che hanno già provato a comprarlo. Chiarodia è un difensore centrale moderno, di quelli con i piedi da centrocampista e un ottimo senso del gioco. Mancino, che è già un vantaggio per il suo percorso dato che sono meno di quelli di piede destro, non ha problemi a impostare il gioco, sia nel corto che nel lungo. Col pallone tra i piedi è a suo agio anche quando si tratta di avanzare, venire a giocare nella metà campo avversaria, tanto che in Germania si parla di un suo possibile sviluppo anche come centrocampista davanti alla difesa.

Per quanto riguarda la fase difensiva, Chiarodia è minimalista, non è un difensore che usa la scivolata o il duello fisico, ma preferisce risolvere tutto con il suo posizionamento, che lo rende davvero difficile da saltare. Non è veloce o esuberante, non sarà mai di quei difensori che giocano in anticipo violento su ogni pallone. Ha già gambe forti, ma deve migliorare la struttura fisica soprattutto della parte alta del corpo, se vuole reggere i contatti con i professionisti. Forse non sarà questa la stagione della sua consacrazione, ma a 17 anni ha tutto il tempo di crescere. Segnatevi il nome però: se in Italia stanno uscendo sempre meno difensori centrali, il nome nuovo per il nostro futuro potrebbe arrivare dalla Germania. Warren Zaïre-Emery, 2006, Paris Saint-Germain (Francia)Warren Zaire-Emery è il prossimo gioiello delle giovanili del PSG. Cresciuto a Saint-Denis e originario della Martinica come Thierry Henry, è un centrocampista classe 2006 che gioca con gli Under 19 da quando aveva quindici anni. In autunno ha esordito in Ligue 1 contro il Clermont e si allena regolarmente con la prima squadra. In questi giorni circola un video di un torello del PSG in cui con un paio di tocchi di suola passa in mezzo a Verratti e Carlos Soler. Zaire-Emery ha sempre giocato sotto età, perché non ha senso fargli affrontare altri ragazzi di sedici o diciassette anni. A maggio 2022 ha disputato l’Europeo Under 17 insieme ai suoi coetanei e sembrava troppo fuori contesto. Ogni volta in cui decideva di partire in conduzione saltava sempre tre o quattro avversari prima di liberarsi della palla. Nella Francia, che avrebbe vinto il torneo, c’erano anche Desiré Doué e Mathys Tel (di cui abbiamo scritto nelle puntate precedenti di questo pezzo), più grandi di lui di un anno, ma era soprattutto il ragazzo del PSG a rubare l’occhio.Zaire-Emery è un centrocampista, idealmente una mezzala di tocco, e gioca già con la serenità dei grandi. Quando riceve dai difensori sa sempre dove sono gli avversari, il suo pensiero viaggia veloce e non fatica ad orientarsi nel modo giusto per uscire dalla pressione, anche nello stretto. Ha una tecnica sopraffina ed è agile abbastanza da insinuarsi anche negli spazi più piccoli. Se si gira, gli piace sventagliare verso i compagni sulla fascia, oppure partire in conduzione, dove legge sempre bene i momenti in cui accelerare e frenare. A livello giovanile gode di un vantaggio di velocità con la palla rispetto agli avversari. Se riuscisse a mantenerlo anche tra i grandi, potremmo presto vederlo all’opera con la prima squadra del PSG. Di certo, manterrà la qualità con cui tratta il pallone, con qualsiasi parte del piede – peraltro, non disdegna l’uso dell’esterno nei passaggi. Nelle ultime sessioni di mercato il PSG ha provato a rimpolpare il centrocampo. In più, Verratti ha rinnovato fino al 2026. L’italiano è il vero pilastro del PSG e probabilmente Campos si è preoccupato di trovare i suoi eredi con gli acquisti di Vitinha e Fabian Ruiz. Il vero successore di Verratti, però, il PSG lo ha già in casa. Un altro centrocampista a cui è impossibile togliere palla, che potrebbe estendere la sua influenza lungo tutto il campo. Le giovanili parigine hanno prodotto una gran quantità di talenti negli ultimi anni, ma nessuno si è imposto in prima squadra (avete presente Nkunku?). Vedremo se per una gemma come Zaire-Emery la direzione tecnica sarà disposta a fare un’eccezione.Ethan Nwaneri, 2007, Arsenal (Inghilterra)Nato nel nord di Londra da una famiglia di origine nigeriana, quando entra in campo nei minuti finali con la prima squadra dell’Arsenal il 18 settembre 2022 a 15 anni e quasi 6 mesi diventa il più giovane giocatore a debuttare nella storia della Premier League (battendo il record di Harvey Elliot) e il più giovane a giocare con la maglia dell’Arsenal (battendo il record di Cesc Fàbregas). Dopo il debutto l’Arsenal si è affrettato a rimandarlo nella seconda squadra, ma nel 2023 dovremmo rivederlo per qualche presenza visto che per bocca dell’allenatore Arteta ha un talento che può essere sviluppato in modo incredibile nei prossimi due o tre anni. Sembra chiaro che è considerato il diamante delle giovanili dell’Arsenal e Arteta ha voluto dimostrargli che farà parte a breve del suo progetto giovani facendolo debuttare alla prima occasione buona. Dopo il debutto Rio Ferdinand ha paragonato il suo talento a quello di Phil Foden, l’altro nome che gira è quello del primo Cesc Fàbregas.

Tutto mancino, dal fisico brevilineo e dalle gambe esplosive, per lo stile di gioco creativo e dinamico che sta mostrando nelle giovanili può essere schierato praticamente ovunque dalla trequarti all’esterno, ma il suo inserimento nell’Arsenal di Arteta dovrebbe avvenire probabilmente come mezzala tecnica, ripercorrendo le orme del capitano Martin Odegaard insomma. Lì può mostrarsi tutta la sua capacità nel gestire la manovra, di dettare i tempi della squadra coprendo tanto campo e alternando la tecnica nel gioco corto, con strappi in conduzione o filtranti precisi per la punta. La sua versatilità sembra calzare a pennello per come Arteta vuole far giocare la prima squadra e proprio posizionandosi come mezzala ha debuttato. Lo stesso Odegaard ha speso parole per lui dopo l’esordio, rivedendosi nel ragazzo prodigio: «In un certo senso è simile alla mia storia, perché avevo più o meno la stessa età quando ho fatto il mio debutto da professionista. La grande differenza è che io l'ho fatto in un club norvegese e Ethan all’Arsenal!».Fabio Miretti, 2003, Juventus (Italia)Con 20 presenze in Serie A e 6 in Champions League, con i discorsi che si fanno su di lui fin da quando era un ragazzino con la frangetta sopra agli occhi, con l’aria da veterano con cui si è preso la maglia da titolare della Juventus, sembriamo già sapere tutto di Fabio Miretti. Ha convinto anche un allenatore teoricamente scettico sui giovani come Allegri, e non ci voleva molto, visto che Miretti gioca con una conoscenza del gioco da trentenne. A stupire non sono tanto le sue doti tecniche, comunque notevoli - la pulizia del suo primo controllo e del suo gioco di passaggi corti, in particolare - ma l’intelligenza dei suoi movimenti senza palla. In una delle sue prime partite da titolare, contro la Roma, è stata la chiave tattica della partita. I suoi smarcamenti ai fianchi dei mediani giallorossi hanno offerto linee di passaggio alla Juventus nel periodo della stagione in cui mancavano come acqua nel deserto. Cinque giorni prima di quella partita c’era stato il famigerato 0-0 del Ferraris contro la Sampdoria. Miretti ha dato tutto un altro dinamismo al centrocampo della squadra nel suo massimo momento di difficoltà. Cosa possiamo chiedere di più a un ventenne?Si auto-definisce «Un po' tamarro e gobbo fino in fondo». Ha capitanato tutte le squadre giovanili della Juve. Non ruba l’occhio come Fagioli nei cambi di gioco e nei controlli in spazi stretti, non ha forse la precisione balistica di Rovella, ma se fra i tre giovani centrocampisti della Juve Miretti è quello su cui il club ha puntato più di tutti, senza esitazioni, è perché pare già maturo, poco appariscente ma di molta sostanza.

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