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Marco De Santis
5 domande sul calciomercato di gennaio
06 feb 2017
06 feb 2017
Come fa l'Inter a spendere così tanto? Il Napoli è stato poco coraggioso? Queste e altre questioni economiche sulla sessione invernale.
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Marco De Santis
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Il calciomercato di gennaio è passato agli archivi con pochi colpi degni di nota. Le squadre hanno pensato soprattutto al futuro, tanto dei bilanci quanto della competitività tecnica. Per questo bisogna andare oltre la scorza dei luoghi comuni per provare a interpretare il senso, soprattutto finanziario, di molte operazioni. Ho provato a riassumere le cinque principali questioni che la sessione invernale si è portata dietro.

 

 



 

Ormai da qualche anno, cioè da quando è stata messa sotto osservazione dall’Uefa per violazione del Fair Play Finanziario, le manovre di mercato dell’Inter destano perplessità (soprattutto fra gli anti-interisti). Questo mercato invernale non ha fatto eccezione, anche perché fino a fine 2016 era trapelata da fonti vicine alla società nerazzurra la necessità di rientrare di circa 35 milioni prima della chiusura del bilancio tramite risparmi e plusvalenze.

 

Il rientro in realtà non è stato effettuato: il segno positivo sul bilancio è arrivato grazie alle cessioni a titolo definitivo di Bessa e ai prestiti di Jovetic, Felipe Melo, Ranocchia, Gnoukouri e Miangue. Ma alla fine – tenuto conto dell’acquisto di Gagliardini – tutte le cessioni hanno portato nelle casse nerazzurre appena 3 milioni. E gli altri 32? C’è da concludere che l’Inter rischi l’esclusione dall’Europa?

 

Come avevamo già ricordato in passato, le plusvalenze non sono l’unico modo attraverso il quale i nerazzurri possono soddisfare le richieste dell’Uefa sul bilancio 2016/17. Suning può anche aumentare i ricavi e sembra che almeno la metà dei soldi che mancano per raggiungere l’obiettivo arriveranno proprio dalle sponsorizzazioni portate dal gruppo asiatico. Se i cinesi saranno particolarmente bravi ad attrarre altri sponsor da qui al 30 giugno forse l’Inter riuscirà ad arrivare al pareggio di bilancio (esclusi i costi virtuosi).

 

Nel caso non ci riuscisse esiste sempre la possibilità – come da prassi consolidata attuata da anni dalla Roma e sempre lasciata correre dall’Uefa – di mettere a bilancio 2016-17 le cessioni arrivate prima del 30 giugno. I tifosi interisti dovrebbero stare sereni, mentre gli “anti-interisti” dovrebbero togliersi dalla testa l’idea che “Suning fa un po’ quello che vuole”. Per concludere l’acquisto di Gagliardini senza mettere a rischio l’accordo con l’Uefa è stato necessario concordare con l’Atalanta un’operazione in prestito per 18 mesi con obbligo di riscatto che sul bilancio 2016-17 peserà per soli due milioni di euro (“favore” che i bergamaschi hanno fatto con piacere, anche perché, avendo bilancio su anno solare, nel 2017 potranno già contare sull’ottima plusvalenza di Caldara e su quella probabilissima di Kessié nel mercato estivo).

 

Un puro e semplice favore, lontano da qualsiasi tornaconto di carattere economico, è invece l’acquisto di Sainsbury in prestito dal Jiangsu Suning. La squadra cinese degli stessi proprietari dei nerazzurri aveva bisogno di liberare un posto negli slot dedicati agli “stranieri”: quale miglior modo di “parcheggiare” un proprio giocatore nella “gemella” italiana?

 


Se vi state chiedendo che faccia abbia Trent Sainsbury


 

 



 

In questa sessione di mercato si sono mossi tanti giovani italiani di talento. In molti si sono chiesti se non siano troppi i 22 milioni più bonus (fra prestito e obbligo di riscatto) spesi dall’Inter per Gagliardini, oltre ai 15 più bonus investiti dalla Juventus su Caldara; per non parlare dei 6 più bonus pagati sempre dai bianconeri per il cartellino di Orsolini.

 

L’errore è confrontare questi prezzi con quelli pagati negli anni più recenti per giocatori impiegati negli stessi ruoli ma più esperti. Giocatori che magari sono stati prelevati a cifre inferiori pur garantendo più esperienza e investimenti meno onerosi. Ma i prezzi dei calciatori non dipendono solo dal loro valore al momento dell’acquisto: le variabili in gioco quando si incrociano domanda e offerta sono molte, dagli anni residui di contratto alla concorrenza, che può scatenare aste al rialzo.

 



 

Sono due i motivi che spingono le società a investire più volentieri certe cifre per dei ragazzi piuttosto che per calciatori più in là con gli anni. Innanzitutto i giovani chiedono ingaggi molto più bassi, e nel costo complessivo di un’operazione spesso gli stipendi pluriennali pesano più del costo del cartellino (anche se attirano di meno l’attenzione dei non addetti ai lavori). La seconda ragione è che risulta più facile realizzare negli anni successivi una plusvalenza vendendo un ragazzo rispetto a un pari ruolo a fine carriera, indipendentemente da quanto la giovane scommessa sarà in grado di ripagare sul campo l’investimento fatto.

 

Caldara compirà 23 anni il 5 maggio. Il suo contratto con la Juventus scadrà quando lui avrà compiuto da poco 28 anni. Se per esempio i bianconeri decidessero di venderlo due anni prima della scadenza, per realizzare una plusvalenza sarà necessario cederlo per una cifra non inferiore ai 7 milioni, valore piuttosto basso anche per un discreto difensore, considerando che avrà appena 26 anni. Se viceversa invece l’atalantino dimostrerà che Marotta e Paratici hanno fatto bene a puntare su di lui, la Juventus potrà decidere se fare di Caldara una colonna della difesa del futuro o cederlo (magari all’estero) facendo un’elevata plusvalenza. Insomma, quando si tratta di giovani il gioco spesso vale la candela e il rischio non è poi così elevato come sembrerebbe guardando al calciomercato in maniera superficiale.

 

 



 

Un dubbio più legittimo è invece quello sugli investimenti del mercato del Napoli. Il bilancio dei partenopei 2015-16 ha chiuso solo in leggerissimo passivo, nonostante la mancata partecipazione alla Champions League e due sessioni di mercato concluse in sostanziale pareggio di bilancio. C’è invece da aspettarsi un utile di diverse decine di milioni per il bilancio 2016-17 visto il raggiungimento degli ottavi di finale della Champions e un mercato chiuso con un ampio attivo, grazie soprattutto alla plusvalenza generata in estate dalla cessione di Higuain (86 milioni) e in misura minore - ma non irrilevante - da quella portata a casa con la recente partenza di Gabbiadini (poco più di 11 milioni).

 

De Laurentiis si è dimostrato sempre molto attento a non sbilanciare i conti sull’onda di plusvalenze difficilmente ripetibili negli anni seguenti. Ma d’altra parte è pur vero che la situazione di classifica, la sana struttura economica dei conti partenopei e l’enorme utile atteso a fine stagione avrebbe permesso di investire sulla squadra in questo mercato in maniera più incisiva. Probabilmente ha pesato il fatto che in questa sessione sarebbe stato difficile trovare campioni affermati pronti a trasferirsi a Napoli. È possibile però aspettarsi operazioni di alto livello nel mercato estivo, finanziate proprio con i soldi piovuti nelle casse in questa stagione 2016-17.

 

 



 

Per quanto riguarda il Milan c’è poco da dire e da spiegare. In attesa dell’arrivo dei cinesi che –

- stanno trovando più di un ostacolo nell’ottenere dal governo le autorizzazioni richieste per l’uscita dal paese di grosse somme di denaro (tanto da valutare piani alternativi che siano il meno possibile dipendenti da soldi che provengano direttamente dalla Cina) - Galliani ha rispettato alla lettera le richieste dei probabili nuovi proprietari, pesando col bilancino acquisti e cessioni, così da mantenere i conti economici in equilibrio.

 



 

Per quasi tutte le altre squadre il mercato di gennaio è stato più che altro un’occasione per mettere a posto i conti nell’unico modo che permette a oggi al calcio italiano di mantenersi discretamente competitivo nonostante le difficoltà nel tenere il passo di altre nazioni sul piano dei ricavi: il ricorso a risparmi e plusvalenze. La Fiorentina, sfruttando il bilancio su anno solare e alcuni risparmi nei costi del 2017 ereditati dalle operazioni concluse nell’estate del 2016, si è mantenuta più o meno in equilibrio cedendo Zarate e acquistando Saponara (ma anche lui, per non gravare troppo sul bilancio corrente, in prestito con futuro riscatto).

 

La Lazio, che aveva chiuso in attivo di circa 20 milioni il mercato estivo, non ha intaccato questo tesoretto utilissimo a far fronte a una stagione economica senza coppe europee. La Roma si è buttata sulla scommessa “low-cost” Grenier, sperando in una sua rinascita dopo un periodo buio a Lione, e non è riuscita a concludere l’acquisto di Defrel frenato dai paletti del Fair Play Finanziario che la costringeranno molto probabilmente nel mese di giugno a una cessione dolorosa che potrebbe essere utilizzata in parte anche per investire sul mercato. Favorito d’obbligo Manolas, dotato di una quotazione elevata e propenso a lasciare i giallorossi, ma attenzione a Nainggolan che rappresenterebbe con la sua partenza per le casse della Roma quello che è stato Pogba per i conti juventini.

 

Ancora una volta il Genoa ha dato vita a una girandola di operazioni che hanno in parte stravolto la squadra, ma che allo stesso tempo sono ossigeno puro per il bilancio 2017. Le plusvalenze sulle cessioni di Pavoletti e Rincon hanno portato nel portafoglio genoano quasi 25 milioni, indispensabili per far tornare i conti societari. Le tre retrocessioni quasi certe di Palermo, Crotone e Pescara, salvo sorprese, hanno fatto sì che alcune squadre di media classifica abbiano già iniziato a pensare al futuro senza preoccuparsi troppo di indebolire la formazione titolare per gli ultimi quattro mesi di campionato.

 

 



 

Spostandoci all’estero, sono interessanti soprattutto le operazioni di mercato di due squadre in particolare, il Chelsea e il Paris Saint-Germain. La squadra di Conte, pur avendo speso molto in estate con gli acquisti di Kanté, David Luiz, Batshuayi e Marcos Alonso, ha chiuso il bilancio di mercato dato dalla somma delle plusvalenze, dalle variazioni del monte ingaggi e da quelle del monte ammortamenti con un attivo di quasi 60 milioni. Soldi arrivati non solo dalla cessione di Oscar in Cina, ma anche da altre buone operazioni dal punto di vista economico: la vendita di Bamford per quasi 7 milioni in inverno, quella di Djilobodji per 9,5 milioni in estate, il risparmio sull’addio di Falcao e altre operazioni minori come il prestito per 5 milioni di Cuadrado alla Juventus.

 

Anche quest’anno quindi il Chelsea si è dimostrato un club che - nonostante le disponibilità economiche di Abramovich - ha dovuto utilizzare il mercato per far tornare i conti e non soltanto per rinforzare la squadra. Uno scenario, quello che si è realmente verificato,

e che è stato tanto più necessario per affrontare un problema di bilancio ancora non noto ai tempi del nostro precedente articolo: la penale pretesa dall’Adidas per la rescissione del contratto di sponsorizzazione a favore di NIKE. 78 milioni di euro che il Chelsea ha deciso di accantonare sul bilancio 2015-16, che si è così trasformato dal previsto “quasi pareggio” (il passivo finale è stato di 82 milioni) a un pesante passivo da non sottovalutare nel rispetto del Fair Play Finanziario.

 

Il Paris Saint-Germain invece ha messo a segno due colpi importanti e costosi a gennaio. Ha speso 40 milioni per Draxler (che sul bilancio 2016-17 ha pesato per 10,4 milioni, 6 di ingaggio semestrale e 4,4 di ammortamento semestrale) e 30 per Guedes (che sul bilancio 2016-17 ha inciso per poco più di 4 milioni). Tanto è bastato per far ripartire la cantilena dello sceicco che passa sopra senza ritegno al Fair Play Finanziario, ma in realtà non è affatto così. Nonostante questi due acquisti, infatti, il saldo finale di mercato dei francesi che impatterà sul bilancio 2016-17 si è chiuso in attivo di circa 47 milioni grazie alle operazioni virtuose chiuse in estate, fra le quali la cessione di David Luiz (che ha generato 23 milioni di plusvalenza, 11 di risparmio di ingaggio e 12 di risparmio sull’ammortamento annuale), l’addio di Ibrahimovic (21 milioni di risparmio fra ingaggio e ammortamento) e quello di Digne (plusvalenza superiore ai 10 milioni).

 

Il calciomercato di gennaio, come spesso succede, ha messo in scena movimenti minimi, ma dentro i quali si può leggere parte del futuro economico della geopolitica del calcio.

 

 

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