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Francesco Lisanti
5 cose che abbiamo imparato da Inter - Lazio
01 feb 2017
01 feb 2017
Cosa ci ha detto la partita la partita di ieri sulla squadra di Pioli e quella di Inzaghi.
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Francesco Lisanti
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Come avevamo

la fase offensiva dell’Inter non può ancora definirsi efficiente, ma rappresenta un buon compromesso rispetto alle caratteristiche della rosa e soprattutto rispetto al tempo avuto a disposizione da Pioli. In generale, l’Inter di questi ultimi tempi ha sempre grosse difficoltà a passare dal centro del campo, ma per le squadre avversarie è comunque difficile difendere contro la quantità di occasioni che può produrre la squadra di Pioli grazie al recupero alto del pallone e al consolidamento del possesso sulle fasce.

 

Il Palermo ci era riuscito meglio di altre squadre, alternando intelligentemente pressing organizzato e ripiegamento, pagando però alla fine l’incapacità di segnare in transizione. Anche nelle partite più difficili per l’attacco, l’Inter era riuscita a creare le condizioni per segnare, sfruttando i calci piazzati oppure i duelli individuali contro i difensori più lenti di Icardi (Dainelli, Danilo, De Vrij).

 

Invece ieri sera ha pagato proprio la velocità di Immobile e Felipe Anderson contro la lentezza di Miranda e Ansaldi. Significativo, Dopo il gol di Felipe Anderson, vedere Ansaldi che prosegue la sua traiettoria lungo un binario immaginario che lo conduce fuori dal campo.

 

Se la formazione dell’Inter, con Banega e Palacio titolari, riduceva le probabilità di trovare duelli fisici favorevoli, la Lazio ha avuto il merito di decidere il ritmo della partita, di controllarla sul piano dell’intensità. Ha iniziato provando a chiudere l’Inter nella propria metà campo, preoccupandosi in prima battuta di tagliare i rifornimenti al centrocampo per costringere i difensori a rallentare il ritmo della manovra (l’Inter avrebbe bisogno di più qualità nel reparto arretrato).

 

Poi, dopo aver trovato il gol del vantaggio, si è spostata con tutti gli effettivi dietro la linea della palla, organizzandosi in una sorta di 5-4-1 che da una parte ha vanificato ogni tentativo di cross dell’Inter, che se ne è visti ribattere a decine, e dall’altra ha creato i presupposti per le transizioni. Dopo il vantaggio, tutta la Lazio (tranne Patric, che teneva d’occhio Perisic) si è racchiusa in una porzione strettissima di campo.

 



Per due volte nel giro di pochi minuti Immobile ha scherzato Miranda trascinandolo fino alla propria trequarti e poi girandogli intorno. Ha creato così i presupposti per due transizioni identiche intorno alla mezz’ora di gioco: Candreva perde palla, Ansaldi e D’Ambrosio sono troppo alti e troppo larghi, la Lazio in tre tocchi risale il campo e arriva in porta. Per sua fortuna, almeno tra i pali, Pioli si era affidato al titolare, Handanovic, che con quel movimento di gambe da fuoriclasse ha costretto prima Immobile e poi Felipe Anderson a divergere verso destra e a mancare due opportunità clamorose.

 

Nel secondo tempo, contro l’Inter in dieci ma non per questo abbattuta psicologicamente, e anzi rivitalizzata dall’ingresso di Joao Mario e Icardi, la Lazio ha ripreso a pressare, smorzando sul nascere il tentativo di rimonta. Nei primi cinque minuti del secondo tempo l’Inter è rimasta bloccata nella propria metà campo: Murgia seguiva ovunque Kondogbia, mentre Biglia e Parolo sfruttavano

per uscire su Brozovic e Joao Mario.

 

Dall’ennesimo pallone recuperato da Biglia, che già aveva propiziato con un contrasto vincente una delle due transizioni di cui sopra, nasce l’azione del secondo gol. Lancio di Murgia per Immobile che ancora una volta prende il tempo a Miranda: rigore e cartellino rosso.

 

 



L’espulsione di Miranda ha costretto Pioli a sostituire Ansaldi con Medel, e a sistemare l’Inter in una sorta di 3-2-3-1 che richiedeva molto sacrificio a Candreva e Perisic, che almeno sul piano della corsa sono sempre encomiabili.

A quel punto l’improvvisa crescita di Brozovic e Kondogbia ha permesso all’Inter di restare in partita nonostante l’inferiorità numerica. I centrocampisti sono riusciti a guadagnare progressivamente metri sul campo, sfruttando l’atletismo superiore rispetto ai diretti avversari, che ormai avevano dato tutto.

 

La capacità di Brozovic di difendere in avanti è risultata ancora decisiva: il regalo di uno stanchissimo Murgia, che sarebbe uscito di lì a breve, ha permesso a Icardi di saltare Radu, costringendolo all’espulsione.

 

Anche Simone Inzaghi, una volta in dieci uomini, ha preferito lasciare intatto l’equilibrio a centrocampo: Milinkovic-Savic ha preso il posto di Murgia, Wallace il posto di Lulic, Biglia e Parolo hanno conservato le rispettive posizioni, con la conseguenza che Immobile è rimasto sempre più isolato in attacco.

 

Il 5-3-1 ha comunque permesso alla Lazio di continuare a chiudere il centro, isolando l’Inter sulle fasce, senza per questo rinunciare alla proposta offensiva.

 

Contro un’Inter sfilacciata come quella di ieri sera per la Lazio è stato relativamente semplice guadagnare metri di campo: i lanci lunghi, le sponde di Lulic e Immobile, i rapidi capovolgimenti di fronte, e tutta la squadra che accorciava con tempismo e organizzazione. Un altro errore di Felipe Anderson nei minuti di recupero, solo davanti ad Handanovic, ha impedito alla Lazio di rendere più rotondo il risultato.

 



È comprensibile che rilanciare Banega sia uno degli obiettivi di Pioli da qui a fine stagione. L’argentino ha firmato un triennale e al momento non solo è chiuso da Joao Mario, ma non ha una collocazione definita in questo 4-2-3-1. A differenza del portoghese, quando viene schierato come trequartista centrale tende a muoversi troppo poco tra gli spazi intasati delle difese italiane. Anche per questo la partnership con Palacio si preannunciava funesta.

 

Quando, però, Banega ha provato ad abbassarsi per ricevere alle spalle del centrocampo, non è stato quasi mai servito, o è stato servito in ritardo, finendo per perdere progressivamente fiducia e voglia di muoversi.

 


Banega può giocare trequartista in questo sistema ma probabilmente è incompatibile con Palacio. Non ci sono dubbi sulla personalità e sulle qualità di Banega che gli permettono teoricamente di giocare in quella posizione, d’altronde lo dimostra saltuariamente anche in questo periodo, ma deve guadagnarsi sul campo la fiducia dei compagni, essere più “presente”, entrare nelle corde di una squadra che fatica a calarsi nel concetto di

.

 

I mancati passaggi di Brozovic e Candreva sono anche figli della scarsa intesa, oltre che delle rivedibili capacità nel playmaking dei due passatori.

 



La Lazio, in definitiva, ha meritato la vittoria. Ha sempre mantenuto il controllo del ritmo della partita, adattandosi ai suoi diversi registri, e ha nettamente superato l’Inter nel conto delle occasioni da gol.
Così come contro il Chievo, soltanto qualche giorno fa, Simone Inzaghi ha pagato la bravura del portiere avversario e l’imprecisione dei propri attaccanti,

però proprio in virtù dell’enorme mole di sacrificio e concentrazione che gli viene richiesta: «I tre davanti hanno permesso alla squadra di essere corta e hanno sofferto con tutta la squadra, purtroppo hanno perso lucidità negli ultimi metri».

 

A fronte dei troppi palloni persi con sufficienza, come conseguenza di una squadra poco cerebrale (al di fuori dell’asse Biglia-Parolo), Simone Inzaghi ha ormai ottenuto dai suoi giocatori la totale dedizione, che in campo si manifesta in maniera più evidente nei continui ripiegamenti profondi di Felipe Anderson.
Ha creato le condizioni per rilanciare gli oggetti misteriosi, come Patric, ora inamovibile dalla linea di difesa, e per far crescere i giovani del vivaio, come Murgia, che ha brillato più per la maturità precoce che per le qualità tecniche.

 

Competere sul lungo termine per il terzo posto, contro avversarie più forti e più organizzate, sembra un’opzione difficilmente percorribile per la Lazio, a la buona notizia arrivata dalla partita di ieri è che con questa organizzazione difensiva e con questa qualità nelle transizioni, ha le caratteristiche adatte per giocarsela con le prime tre della classe.

 

Da qui alla conquista della Coppa Italia, ovviamente, la strada è lunga; ma si tratta di preparare e giocare al meglio solo tre partite. E la Lazio vista ieri sera ne ha certamente le qualità.

 

 

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