Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Le 11 migliori esultanze di Sergio Ramos contro l'Atalanta
17 mar 2021
17 mar 2021
Tutte racchiuse nell'esultanza dopo il gol del 2-0.
(articolo)
8 min
Dark mode
(ON)

Sono lontani i tempi in cui i calciatori dopo un gol si lasciavano andare a uno stitico saltello sul posto, accompagnato da un sorriso, l’abbraccio sparuto di un compagno. Qualcuno li rimpiange, come segno di un’epoca di maggiore spontaneità, dove la gioia poteva essere trasmessa in modo non filtrato da codici mediatici e di costruzione dei personaggi. Nelle vecchie esultanze questa gioia, in realtà, sembra semplicemente minore. Non riesco a capacitarmi, per esempio, di quanto fu relativamente contenuta l’esultanza di Gianni Rivera dopo il 4-3 alla Germania: due braccia al cielo, due abbracci con due compagni. Lo avessimo segnato in questi anni, quel gol, avremmo visto Buffon arrivare col monopattino elettrico dalla sua porta e planare su una mischia infinita di uomini per esultare. Oggi le esultanze non sono solo un momento di gioia, ma anche un modo che hanno alcuni calciatori - soprattutto quelli che segnano più spesso - per offrire un’immagine di sé al mondo esterno. Per questo le esultanze più comuni del calcio contemporaneo sono quelle scivolate, in cui i calciatori provano a trasformare sé stessi in statue impassibili. L’immagine stessa della freddezza in senso di coolness. Ci sono poi esultanze più ludiche (quest’uomo va sugli spalti ad applaudire sé stesso), più strane (Haaland che fa yoga), provocatorie (Fowler che sniffa cocaina) o rabbiose.

Esiste poi una categoria a parte che sono le esultanze di Sergio Ramos, che hanno assunto una complessità da testo religioso: ogni gesto ha un significato evidente e uno più nascosto, uno denotativo e uno connotativo. E i gesti che Ramos infila nelle sue esultanze sono tanti, diversi e scompagnati. Ieri, contro l’Atalanta, dopo aver segnato il calcio di rigore del 2-0 ha inanellato una serie di esultanze diverse e tutte complicatissime. Le abbiamo messe in sequenza provando a interpretarle.

1.

Tutto ciò che fa Sergio Ramos ha un qualcosa di satanico, lo sappiamo. Anche quello che dovrebbe essere il gesto di felicità più spontaneo - allargare le braccia con i pugni chiusi subito dopo aver segnato - rimanda in qualche modo al maligno: il centrale spagnolo è ingobbito, la faccia rabbiosa, rivolta verso il campo. Ramos non si ferma a indicare o guardare il cielo, come fanno i giocatori che per un attimo sembrano voler parlare con Dio faccia a faccia, ma sembra urlare verso le viscere della terra, con cui ha evidentemente qualche conto in sospeso. Questa è l’espressione più spontanea di Sergio Ramos, che a modo suo si libera di un peso dopo l’incredibile doppio errore dal dischetto in Nations League, a novembre, quando per due volte nella stessa partita si era fatto ipnotizzare da Yoann Sommer. Urlare verso il nucleo terrestre è insomma anche un gesto di liberazione di un uomo che si era disabituato a sbagliare i rigori: l’ultimo errore dal dischetto, prima di quelli in Nations League, era datato 9 maggio 2018 contro il Siviglia, quasi tre anni fa. Battendo Sportiello, Ramos è diventato il centrale di difesa ad aver segnato più gol in Champions League (15, come Ivan Helguera) e adesso è a una sola lunghezza da Roberto Carlos tra i difensori in generale.


2.

Un bel pugno rabbioso verso la telecamera e quindi verso tutti gli haters di Sergio Ramos, qui riassunti: Lionel Messi, i tifosi del Siviglia e tutta la città di Siviglia, Xavi, i tifosi del Liverpool, Gerard Piquè, la regione della Catalogna intera, Rafa Benitez, Carlo il principe di Galles, l’Egitto, la Juventus, Josè Mourinho, tutti i giovani passati al Real Madrid negli ultimi cinque anni, Luis Suarez, sua madre.


3.

Abbraccio dei compagni che gli strofinano la testa come si fa con le statuette maledette dal demonio per scacciare la sfortuna.


4.

È possibile immaginare due persone più diverse? Eppure si guardano come uniti da un’intesa reciproca. Sono molto amici in effetti, Modric aveva difeso Sergio Ramos in occasione dei fischi al Bernabeu con la Nazionale; ha detto che è “molto amico” di Sergio e che spera che rinnovi il contratto (sono entrambi in scadenza). Quando Modric ha ricevuto il Pallone d’Oro si è fatto una foto in cui fingeva il pianto e diceva: «Quando il mio?!».


5.

Sergio Ramos si bacia il dito della mano sinistra, ok, ma quale, e quale punto del dito. Quella mano ha più numeri e simboli della tavola pitagorica, neanche i personaggi di Thomas Ligotti sono così fuori di testa col simbolismo. Vicino alle unghie ha i simboli del maschio, della luna, del sole, delle stelle. Poi i segni zodiacali dei suoi figli. Poi il minuto in cui ha segnato il gol all’Atletico; poi i numeri delle maglie indossate. Quindi, cosa sta baciando in quel momento? Impossibile da dire.


6.

C’è stato un momento in cui la barba è diventata il simbolo di una cultura genericamente chiamata “hipster”. Non era particolarmente amata, da fuori appariva più una moda che un modo di essere, ma se l’idea di mondo portata avanti è sempre stata mal vista, la barba si è fatta strada nell’universo maschile e oggi è compagna del 54% dei maschi europei (se credete a questo tipo di statistiche). Generalmente però, a meno che non facciano parte di una band new-folk, la barba è o corta oppure, quando lunga, molto curata da parrucchieri diventati “barberie” con richiami nostalgici al proibizionismo. Insomma la barba è passata dall’essere simbolo di una cultura elitaria e snobista a essere compagna di tutte le mode, a seconda di quanto sia a punta o alla cera usata per modellarla.

Anche Ramos ci è finito dentro. È passato dall’essere uno di quelli che si rade due volte al giorno a portare una barbetta corta e ben azzimata nel 2016, per poi farsela crescere lentamente per ogni stagione di Peaky Blinders che vedeva, cambiandone spesso la forma ma sempre attento a curare ogni dettaglio, come si conviene alle persone di successo. Anche quando ha iniziato a crescere in maniera più robusta, insieme ai capelli, la barba di Ramos ha conservato uno spirito reazionario: più corta ai lati, più lunga sotto il mento, sempre pettinata, ben tenuta. Poi ha smesso totalmente di essere gestita. Oggi la barba di Sergio Ramos non è più quella del 54% dei maschi europei, ma quella di chi fa naufragio su un’isola deserta. O, visto che lo spagnolo non è Robinson Crusoe, è la barba di chi è oltre le cose, così immerso nel proprio io da disinteressarsi alla lotta tra l’uomo e i peli facciali. Sergio Ramos è una persona diversa e la sua barba ce lo racconta. E allora questo allisciarla davanti alla telecamera non è un gesto di sfida o di scherno, ma al contrario questo calciatore ormai leggendario ci sta dicendo di prendere la vita con meno pressione, sentirci liberi di esprimere la nostra individualità anche in modo eccentrico e controintuitivo. Insomma, in un’esultanza costruita come il codice enigma, questo è il passaggio zen, il messaggio universale. Vedete voi cosa volete farne.


7.

Quando esulta, Ramos indica spesso la telecamera. Questo perché le sue esultanze non sono quasi mai espressione solo di gioia spontanea, ma anche di messaggi di guerra cifrati verso i suoi acerrimi nemici, cioè quasi tutto il resto dei giocatori professionisti. Ramos ha preso di mira Griezmann durante un derby di Madrid, con una specie di mossa da granchio che doveva imitare la sua Fortnite dance; poi Cristiano Ronaldo nelle settimane successive al suo addio al Real Madrid, adottando la sua stessa identica esultanza (ma senza “siuuu”, per fortuna); poi Messi, dopo un gol al Napoli in Champions League, copiando il gesto di una chiamata telefonica che il numero 10 del Barcellona aveva fatto come esultanza in campionato (poi Ramos ha specificato che quell’esultanza l’aveva già fatta lui dopo un gol in un Clasico: le prese per il culo del capitano del Real Madrid sono complicatissime e hanno mille layer ma alla fine arrivano sempre al punto); infine Salah a pochi mesi dal celebre incidente in finale di Champions League che gli ruppe la spalla, imitandone l’esultanza yoga. Il problema è che la stessa esultanza nel frattempo era stata adottata anche da Mbappé e poi da Haaland, forse a loro volta bersagli del capitano del Real Madrid (quando un sistema di rancori e rivalità è così esteso alla fine può succedere di fare delle vittime innocenti). Questo indice rivolto verso la telecamera, in ogni caso, arriva subito dopo essersi toccato la barba. Con chi ce l’aveva Ramos, quindi?

Alcune ipotesi:

con Messi, perché la barba è il simbolo della capra, cioè il GOAT (“Greatest of All Time”);

con Cristiano Ronaldo per la stessa ragione (ognuno ha la sua idea a riguardo);

con il suo barbiere che non vede da un pezzo;

con il fisioterapista che, come succede a tutti i calciatori professionisti, il giorno prima gli ha detto che avrebbe segnato (un fisioterapista con la barba, quindi);

con il fisioterapista che, come succede solo a Sergio Ramos, il giorno prima per sfidarlo gli ha detto che NON avrebbe segnato;

con Jaime Benito, ex fisioterapista con la barba del Real Madrid che aveva seguito il recupero di Gareth Bale (e quindi sarebbe una frecciatina a Gareth Bale... insomma, avete capito come funziona).




8.

Altro bacio agli haters, sempre nei suoi pensieri.


9.

Vi porta nel cuore.


10.

Alla faccia vostra.


11.

Al termine di questa lunga sequenza di esultanze chiunque avrebbe la nausea, ma Sergio Ramos è un professionista e insieme al suo scudiero, Lucas Vazquez - uno dei più grandi leccaculo della storia del calcio - ha preparato la fatality delle esultanze. I due si sono stretti la mano sotto la gamba alzata, poi hanno brindato e hanno bevuto in bicchieri immaginari piccoli come il cuore di un passerotto. La spiegazione dell’esultanza l’ha data Lucas Vazquez: «È una cosa che abbiamo pensato insieme all’ultimo rito satanico a cui abbiamo partecipato. Eravamo lì a bere il sangue di mucca catalana per propiziare la scomparsa della città di Barcellona, quando ci siamo detti: “Beh, al prossimo gol che facciamo esultiamo così”. Abbiamo finto che nei bicchieri ci fosse il sangue di Messi».

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

Ovviamente è un virgolettato inventato, ma non è che quello vero sia meno inquietante: «È una cosa che abbiamo pensato insieme oggi, a fine pranzo. Dopo aver mangiato abbiamo preso il caffè e ci siamo detti di simularlo la sera dopo un gol: coffe time!». Naturalmente la cosa più inquietante è quella che non si vede, e cioè il tempo che hanno impiegato per brevettare insieme quella cosa. In telecronaca Fabio Caressa ha tagliato corto: «Non me la spiego, mi rifiuto di capirla».




Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura