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Ricardo Nogueira/Eurasia Sport Images/Getty Images
Liga Dario Saltari 10 luglio 2020 10'

Sergio Ramos l’infallibile

Al momento nessuno è migliore di lui dal dischetto.

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Nell’ultima partita del Real Madrid prima dell’interruzione della Liga Sergio Ramos aveva ancora la barba curata e i capelli tenuti in ordine da un elastico bianco. La squadra di Zidane era andata a Siviglia da prima in classifica ma aveva perso a sorpresa per 2-1 contro il Betis. In parte anche per colpa del suo capitano.

 

Sergio Ramos aveva prima perso un pallone dentro l’area con un controllo sbagliato sugli sviluppi di un calcio d’angolo, regalando a Sidnei la possibilità di segnare l’1-0 con una bomba sotto la traversa. Poi era arrivato in ritardo su uno sciatto passaggio orizzontale di Benzema, lanciando Cristian Tello in porta per il 2-1 finale. In mezzo un dettaglio che allora sembrava irrilevante, e che forse lo è ancora: Sergio Ramos, primo rigorista del Real Madrid da quando Cristiano Ronaldo ha lasciato la Spagna, aveva lasciato al numero nove francese la possibilità di segnare il momentaneo 1-1 dagli undici metri. Sergio Ramos non aveva tirato il rigore e il Real Madrid aveva perso. Non solo la partita, ma anche la testa della classifica in favore del Barcellona, vittorioso al Camp Nou con la Real Sociedad.

 

Tre mesi dopo il capitano del Real Madrid è riapparso in campo nel silenzio degli stadi vuoti completamente trasfigurato. Con la barba lunga e incolta, le dita piene di tatuaggi e i capelli unti raccolti sulla nuca da una piccola cipolla, Sergio Ramos sembra indossare oggi una maschera da demone giapponese. Difficile pensare che sia trascuratezza quella dell’uomo che fino poco tempo fa sembrava sempre appena uscito dal set di Peaky Blinders. Sembra più che altro che la sua interiorità violenta e manipolatoria nei mesi di inattività si sia riversata all’esterno disordinandogli la barba, macchiando la sua pelle, allungandogli i capelli. Come se il suo io avesse preso il sopravvento sulla sua faccia. Se nel mondo pre-covid Sergio Ramos già sembrava il doppelgänger oscuro del difensore centrale carismatico e prolifico, adesso Sergio Ramos sembra il doppelgänger di se stesso. Un uber Sergio Ramos.

 

Real Madrid CF v Getafe CF - La Liga

Angel Martinez/Getty Images

 

Con la faccia da Krampus, il centrale andaluso sembra esaltarsi nel contesto apocalittico in cui il calcio ha ripreso a giocare, il giocatore perfetto per la fine del mondo. Mentre i fisici dei giocatori vengono spremuti fino all’ultima goccia di sudore dalle partite ogni tre giorni, e la maggior parte delle squadre fatica a tenere il ritmo, il Real Madrid ha vinto tutte e sette le partite giocate in questo strano mini-torneo accelerato per decidere la Liga che lo stesso Sergio Ramos ha chiamato “covid league” – l’unica squadra nei cinque principali campionati europei a riuscirci insieme al Bayern Monaco e all’Atalanta. Vittorie arrivate, come avrete probabilmente capito, soprattutto grazie ai gol di Sergio Ramos.

 

Da quando è ricominciato il campionato spagnolo, il centrale del Real Madrid ha segnato cinque gol (a parimerito con Gerard Moreno, del Villarreal), cioè più di chiunque altro. Più di Messi, più di Suarez, più di Benzema (tutti a 3 gol), più di Morata (4) e Diego Costa (2). Gol che hanno trasceso la stessa assurdità di Sergio Ramos – un centrale di difesa che ha segnato 120 reti in carriera tra club e Nazionale, e che ormai sembra semplicemente fregarsene del suo ruolo. Il capitano del Real Madrid ha segnato tirando una punizione all’incrocio sopra la barriera dal limite dell’area contro il Mallorca, pietrificando il portiere con la sua traiettoria tagliente, e mettendo in rete un assist di Hazard dopo aver preso il posto di Benzema in area inserendosi a seguito di un intercetto contro l’Eibar.

 

Ma soprattutto, Sergio Ramos ha segnato su rigore – tre per la precisione nella covid league, di cui gli ultimi due, contro Getafe e Athletic, decisivi per fissare il risultato sull’1-0 e tenere il distacco sul Barcellona a quattro punti (attualmente a uno con una partita in meno, dopo la vittoria della squadra di Setien sull’Espanyol). Rigori che hanno portato la squadra di Zidane a un passo dalla vittoria del campionato e che ovviamente hanno fatto impazzire tutti i tifosi spagnoli ad eccezione di quelli del Real Madrid. Perché spesso questo sembra essere l’unico scopo di Sergio Ramos in campo: far impazzire i suoi avversari. O se volete, più figurativamente, farli ballare alla musica del suo flauto, com’è sembrato mimare dopo il rigore segnato contro il Getafe.

 

FBL-ESP-LIGA-REAL MADRID-GETAFE

“Nella mitologia greca si narra che i satiri fossero grandi suonatori di flauto che incantavano con la loro musica”, si legge su Wikipedia (GABRIEL BOUYS/AFP via Getty Images).

 

Nell’ultima partita contro l’Athletic, poi, con lo spogliatoio del Barcellona già collassato su se stesso, il capitano del Real Madrid ha prima trasformato dal dischetto il rigore concesso dal VAR alla squadra di Zidane dopo un ingenuo pestone di Muniain a Marcelo. Non contento, pochi minuti dopo aver esultato come Cristiano Ronaldo forse per ricordargli che a Madrid non c’è più bisogno di lui, nella sua area è inciampato sulla caviglia di Raul Garcia – un giocatore con cui ovviamente ha un passato di gomitate e cartellini rossi – in quel modo unico con cui Sergio Ramos riesce a fare male a un avversario facendolo apparire come un incidente fortuito. Lo ha fatto apposta? Non lo ha fatto apposta? Non lo sapremo mai.

 

 

Quello che sappiamo è che mentre la Liga veniva messa a ferro e fuoco dalle polemiche arbitrali a risuonare è stato solo il nome di Sergio Ramos. Un po’ per i tifosi avversari che lo insultavano sui social, un po’ perché quel rigore segnato contro l’Athletic ha completato la sua incredibile serie aperta di tentativi consecutivi dal dischetto senza mai sbagliare – 22 per la precisione.

 

Quello che stupisce di questa striscia di rigori è in primo luogo che se ne parli come un record nonostante non lo sia. Tra i calciatori in attività dei cinque principali campionati europei, il record di rigori consecutivi segnati senza mai sbagliare compresi anche quelli dopo i tempi supplementari dovrebbe appartenere infatti a Robert Lewandowski, che tra l’agosto del 2014 e il marzo del 2018 ne segnò addirittura 28. Eppure quello di Sergio Ramos ci sembra un numero più eccezionale.

 

Forse è il disturbo ossessivo dei social network verso le statistiche sportive, anche le più superflue, o forse c’entra sempre il suo ruolo da difensore centrale, che ci fa sembrare la sua spigliatezza dagli undici metri come qualcosa di innaturale. Ma bisogna chiederselo: a quanti giocatori siamo disposti a riconoscere una qualche eccezionalità in assenza di una statistica che li ponga sopra tutti gli altri? Persino Messi, uno che ha accumulato talmente tanti primati da averci assuefatto all’assurdità del suo talento, è dovuto arrivare a 700 gol segnati in carriera per riuscire a riemergere al di sopra del chiacchiericcio che aleggia sopra le nostre teste, sui social network e sui giornali.

 

Forse allora è il fatto che i suoi ultimi due rigori segnati abbiano di fatto deciso la Liga, che il record personale di Sergio Ramos sia coinciso con il momento in cui il Real Madrid di Zidane ha messo una mano sul campionato, in una stagione in cui in pochi lo davano per favorito dopo una partenza a rilento. D’altra parte, è esattamente questo a cui tende il potere mentale di Sergio Ramos: convincersi e convincerci che i successi di una delle più forti squadre di tutti i tempi siano i suoi successi. Stiamo pur sempre parlando di un giocatore che si è tatuato sul costato il minuto esatto in cui ha segnato il gol del pareggio nella celebre finale di Lisbona contro l’Atletico Madrid, e che sulle dita, oltre ai numeri che indossava nel giorno dei suoi esordi col Siviglia e con la Nazionale (rispettivamente 35, 32 e 19), si è fatto scrivere +90 a simboleggiare il minuto che in Spagna viene conosciuto come noventayramos, chiamato così per la sua capacità sovrannaturale di segnare oltre il tempo regolamentare. L’importanza di segnare un gol decisivo al momento giusto la si può leggere direttamente sulla sua pelle.

 

Forse era inevitabile che un giocatore così cercasse di conquistare con tutte le sue forze l’unica dimensione che nel calcio esce dal tempo e dallo spazio di una normale partita, trasformandola in una sfida individuale tra tiratore e portiere. Il contesto in cui è nata questa serie di rigori consecutivi, però, era molto diverso da quello in cui adesso la stiamo celebrando.

 

Il tutto comincia all’inizio di maggio del 2018, a poche settimane dalla finale di Champions League con il Liverpool che avrebbe dovuto segnare la fine dell’era Zidane, con il passaggio di consegne a Lopetegui e l’addio di Cristiano Ronaldo. È una partita contro il Siviglia, la squadra che Ramos dice di tifare e la cui tifoseria non perde occasione per insultarlo ogni volta che torna al Ramón Sánchez Pizjuán. La stagione precedente il Real Madrid era andato a Siviglia per il ritorno degli ottavi di Coppa del Re e, in assenza di Ronaldo, Ramos ne aveva approfittato per tirare il rigore del 3-2. La sua tecnica non era ancora codificata com’è adesso: due passettini, un passo lungo di pausa per guardare un’ultima volta il portiere e infine panenka, che in futuro diventerà la sua passione. Poi occhi fissi sulla curva che gli sta dando del figlio di puttana, rotazione di 180 gradi per mostrare la schiena e pollici sulle spalle a indicare il nome.

 

Ma nel Siviglia-Real Madrid di Liga dell’anno successivo, la partita in cui inizia la sua serie aperta di rigori segnati, è tutto diverso. Ramos prima non riesce a recuperare su Ben Yedder, che segna l’1-0, poi sbaglia un rigore sparando forte sulla traversa, infine si fa un autogol sfiorando un cross con la suola. Solo all’ultimo minuto, con il risultato già compromesso sul 3-1, Ramos segna il rigore del 3-2: quattro passi indietro di rincorsa, mezzo a sinistra rispetto al pallone, poi due passettini brevi in avanti, due più lunghi tenendo la testa alta. Portiere a sinistra, palla a destra.

 

 

Poi, come detto, la finale di Champions League, la spalla rotta di Salah, il pugno a Karius e Cristiano Ronaldo che, appena finita la partita, annuncia che se ne andrà, così come farà anche Zidane poco dopo. È anche l’estate dei Mondiali in Russia, l’estate del clamoroso fallimento della Spagna con la sconfitta agli ottavi di finale con la Russia ai rigori. Sergio Ramos segna il penultimo prima del decisivo errore di Iago Aspas dal dischetto: ancora due passi brevi e veloci a precedere due lunghi e lenti. Portiere a sinistra, palla a destra. Ma sembra l’inizio della fine del calcio spagnolo.

 

Poche settimane dopo la Supercoppa europea, ancora contro l’Atletico Madrid. Sergio Ramos segna il 2-1 a metà del secondo tempo con il primo rigore da primo rigorista del Real Madrid, ma la squadra di Lopetegui si fa rimontare al 79esimo da Diego Costa e finisce per perdere ai supplementari. È la prima crepa sul disastroso progetto dell’allenatore esonerato dalla Spagna ancora prima che iniziasse il Mondiale. Già a fine ottobre sulla panchina del Real Madrid c’è Santiago Solari.

 

Ramos segna su rigore al Girona, al Leganés, al Real Valladolid, al Celta, contro la Croazia nell’inutile Nations League, e poi ancora contro il Leganés, e ancora contro il Girona, rispettivamente agli ottavi e ai quarti di Coppa del Re. La sua tecnica di tiro si fa più codificata, come un artista alla ricerca del suo stile. Ramos gradualmente aggiunge il panenka con sempre più continuità, reinterpretandolo a suo modo. Nel suo cucchiaio non c’è nessuna dolcezza – la beffa di una palla docile che scavalca lentamente il portiere già a terra. Ramos scava la palla ovviamente con violenza, a volte mandando la palla appena sotto la traversa con una traiettoria che sembra una curva esponenziale. Il suo approccio al panenka è simile a quello con il pianoforte: imita la melodia pigiando pesantemente le dita sui tasti, producendo un suono metallico che ha un retrogusto spaventoso. Persino lo stesso Antonin Panenka è costretto ad ammettere che i suoi primi tentativi non sono tra i più belli.

 

Ma la sua serie continua. C’è il ritorno di Zidane, i rigori contro l’Atletico, la Norvegia, la Svezia in Nations League, ma anche l’umiliazione in Champions League inflitta dall’Ajax. Poi, con la stagione 2019/20, di nuovo un rigore contro il povero Leganés, uno contro il Galatasaray in Champions League. Ramos entra nella fase manierista della sua rincorsa, ci aggiunge un vezzo: dopo i primi due passettini veloci, al primo lungo con la pausa alza talmente tanto il piede destro che ormai sembra stia giocando a campana più che calciando un rigore. Quasi una coreografia esoterica che spinge i portieri ad anticipare il proprio movimento e permette a Sergio Ramos di calciare a botta sicura, a volte quasi in no-look.

 

Il segreto sembra essere quello di aspettare anche il minimo accenno di movimento del portiere avversario, che a volte sembra quasi scosso dal riverbero di quel suo strano salto sul piede sinistro. L’attesa a volte diventa estenuante, con Ramos che aggiunge un secondo salto, meno accennato con con il destro. E se il portiere avversario continuerà immobile ad aspettare la sua mossa, allora significherà, come suggerito da lui stesso, che sarà in ritardo in ogni caso. Il risultato è che sui 22 rigori segnati in questi due anni abbondanti, il capitano del Real Madrid ha spiazzato il portiere 18 volte.

 

Tra questi i rigori successivi contro l’Eibar, in campionato, e di nuovo contro l’Atletico Madrid, in Supercoppa di Spagna, finora l’unico trofeo del Zidane bis. Poi Celta, Real Sociedad, Getafe e Athletic, appena pochi giorni fa. «I momenti di massima tensione sono quelli in cui mi sento più a mio agio», ha dichiarato Sergio Ramos dopo l’ultimo rigore segnato.

 

 

In due anni il Real Madrid è morto e risorto, Zidane si è dimesso ed è tornato, Sergio Ramos ha fatto intendere di potersene andare e poi ha firmato un rinnovo di contratto. Nel frattempo il mondo è entrato in una pandemia che ha escluso i tifosi dallo stadio e il Real Madrid ne ha approfittato per rinnovare il Bernabeu, giocando le sue partite in casa in un campo d’allenamento intitolato ad Alfredo di Stefano. Questo significa che, anche se dovesse firmare un ulteriore rinnovo di contratto fino all’estate del 2022, Ramos potrebbe non giocare più una partita di fronte al suo pubblico dentro al Bernabeu.

 

Mentre il mondo di ieri cade a pezzi, una delle poche certezze che ci sono rimaste è che, quando daranno un rigore al Real Madrid, Sergio Ramos si presenterà al dischetto, farà quattro passi indietro e uno leggermente a sinistra, poi inizierà la rincorsa con due piccoli passi a ritmo sostenuto, seguiti da un salto plateale sul piede sinistro, con il destro alzato, per poi ricominciare la rincorsa normalmente. Sempre con lo sguardo fisso sul portiere.

 

 

Tags : ligareal madridsergio ramos

Dario Saltari nasce a Frascati nel 1989. Laureato in Relazioni Internazionali, scrive storie di finzione su eventi realmente accaduti per passione e storie vere su eventi di finzione per lavoro.

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