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Marco D'Ottavi
Le 10 migliori giocate di Messi al Mondiale
23 dic 2022
23 dic 2022
Tra giocate che rimarranno eterne e piccoli ricami geniali.
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Marco D'Ottavi
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Foto di Florencia Tan Jun/Pximages/Icon Sportswire via Getty Images
(foto) Foto di Florencia Tan Jun/Pximages/Icon Sportswire via Getty Images
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Qatar 2022 si porta dietro questioni problematiche. In questo articolo abbiamo raccolto inchieste e report che riguardano le morti e le sofferenze ad esso connesse.Dopo il rigore di Montiel la festa diventa processione. Tutti, ma proprio tutti, si mettono in fila per avere il loro momento con Lionel Messi. L’abbraccio al santo diventa un rito collettivo, ognuno ha una parola da dire o da ricevere. Prima del Mondiale Paredes aveva detto che, se avessero vinto, sarebbe stato più contento per Messi che per se stesso. A destra e sinistra spuntavano foto dei giovani della rosa in posa col dieci, il padre di Mac Allister è arrivato a rinnegare il culto di Maradona per dire che Messi, guida del figlio, è meglio. È un sentimento popolare: in Argentina Messi è uno stato d’animo, come gli ha detto una giornalista dopo la semifinale con la Croazia: «Hai lasciato il segno nella vita di ogni argentino». Lui, intanto, è l’unico a non piangere.

A 35 anni Messi ha compiuto la sua missione, “ha completato il calcio” come hanno detto alcuni. Potrà continuare a giocare, ma è già oltre se stesso. Le sue prestazioni in questo Mondiale sono già storia, dentro e fuori dal campo si mischiano, per la prima volta nella sua carriera non è solo importante concentrarsi sui gesti, rimanere a bocca aperta per i gol, saltare sulla sedia per i dribbling, basta ammirare l’uomo. Eppure vale la pena, prima che il calcio di tutti i giorni torni a divorarci, soffermarsi anche sulle prestazioni di Messi, su come abbia riempito il suo Mondiale di piccoli ricami che passeranno inosservati e grandi giocate che invece rimarranno nell’eternità. Ne ho scelte dieci, non solo perché è il numero convenzionale di queste classifiche, ma anche perché è il numero di Messi, il numero del genio.

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1. Il gol al Messico

L’Argentina ha perso la prima partita con l’Arabia Saudita, una delle squadre sulla carta più scarse del Mondiale. Non ha giocato male, ma alla squadra di Hervé René è bastato alzare la linea del fuorigioco, tirare due volte in porta e poi difendersi in 10 per vincere. Con il Messico è già drammatica, una sconfitta vorrebbe dire che il sogno è finito, un pareggio che si complica. Per 63 minuti il copione sembra lo stesso: l’Argentina attacca, ma è sterile, c’è un palleggio lento, le spaziature tra i giocatori sono sbagliate, Messi gioca bene, ma come giocherebbe bene un calciatore normale, che sa stoppare e passare un pallone, resistere alla pressione. Il “momento Messi” però arriva, ed è un po’ diverso dal solito: Di Maria porta palla sulla destra, il Messico è quasi tutto dietro la linea della palla, anche troppo dietro, Messi al centro ha un po’ di spazio e Di Maria gliela passa. Non è un passaggio magico, anzi è quasi pigro, c’è anche l’arbitro di mezzo, però ha una qualità: arriva a un’altezza che facilita il controllo orientato di Messi. È quel pallone che rimbalza, che fa gola a tutti e non può non far gola a lui. Con il piatto sinistro l’argentino l’addomestica, due passettini e il tiro, radente a fil di palo, che passa oltre la mano di Ochoa, lo spettro del Mondiale.Abbiamo visto centinaia di gol di Messi da quella posizione, ma quasi sempre ricevendo in corsa da sinistra per tirare a giro sul secondo palo o comunque calciare forte, sfruttare l’inerzia della sua corsa. Questo gol, che rivisto oggi possiamo già dargli un valore assoluto di svolta per l’Argentina, è un bignami del “Messi 2022”: meno potenza, più controllo. È un tiro maturo, che non ha bisogno di dire chissà cosa, se non una cosa: sono venuto per vincere il Mondiale. 2. La risalita del pallone con la Polonia

Contro la Polonia l’Argentina deve comunque non perdere. Il compito gli viene facilitato dagli avversari, che spiano da lontano il Messico per il secondo posto piuttosto che cercare di prendere il primo (ed evitare la Francia). È forse la prestazione meno brillante di Messi: contro una squadra già schiacciata dentro l’area di rigore, non trova il suo ritmo. Nel primo tempo sbaglia un rigore, poi ci pensano i suoi gregari, prima Mac Allister arrivato a rimorchio su un cross di Molina, poi Julian Alvarez che nel frattempo è diventato titolare e compagno di reparto di Messi. Anche in una prestazione meno brillante di quelle che verranno, Messi mostra una capacità ancora unica di manipolare le difese avversarie. È un tratto distintivo, una giocata apparentemente facile ma che nessuno riesce a fare con la sua costanza e precisione. Messi riceve spalle alla porta, con il sinistro fa vedere il pallone all’avversario per attirarne la pressione e quando quello arriva, come il toro col mantello, gli basta un tocco per saltarlo e accelerare in avanti. Il baricentro di Messi è il suo segreto, se ce n’è uno, che gli permette di fare queste cose, una peculiarità che in questo Mondiale ha messo al servizio della risalita del pallone, come in questo caso, più che per umiliare le difese avversarie come quando era al suo picco atletico. 3. Lo slalom contro l’Australia

A rivedere tutte le azioni di Messi in Qatar, quello che si nota è come la condizione sale, come di partita in partita senta meglio il pallone, i controlli diventano più affilati, i passaggi più precisi. Contro l’Australia è la millesima partita della sua carriera, un numero che dovrebbe essere usurante, dovrebbe sentirlo nelle gambe. Messi però sta bene, magari cammina quando il gioco non lo tange, ma quando tocca a lui non si risparmia. Non solo segna il gol che sblocca la partita, il suo primo in una gara a eliminazione diretta del Mondiale, ma complice l’assenza di Di Maria, il suo lavoro lontano dalla porta diventa ancora più importante. Schierato al centro con il Papu Gomez a sinistra e Julian Alvarez a destra, Messi tocca il pallone più del doppio rispetto a loro, quando dopo il 2-0 l’Argentina sembra aver finito le forze è a lui che si appoggia per allontanare la minaccia dell’Australia. Questo è uno dei rari momenti di “vintage Messi” in questo Mondiale, non si accontenta di ripulire il possesso, uscire intanto da tre giocatori che provano a togliergli il pallone; una volta girato verso la porta Messi si ingolosisce, parte con una di quelle sue azioni fatte di controtempi, dove rallenta e accelera in un modo tutto suo per mandare fuori giri l’avversario. Sulla trequarti la giocata diventa un po’ fortuita, il caso lo aiuta ma non abbastanza. Avesse segnato, forse, avremmo interrotto i Mondiali o trovato un qualche gol uguale di Maradona, ma Messi non ha segnato e, a pensarci, meglio così. 4. Sopra le righe contro l’Australia

Ho guardato tutte le giocate di Messi in questo Mondiale, che facendo un rapido calcolo sono circa 450, e questa è l’unica che mi è sembrata sopra le righe. Non esagerata, ma in qualche modo un po’ da trickster, per il gusto di farla. Messi aspetta l’avversario, gioca con i secondi, fa quello che si dovrebbe fare alla bandierina in una zona più arretrata. Perdere palla in quella posizione potrebbe essere rischioso, con l’Australia che sta producendo il massimo sforzo. Messi però non la perde, esce da una situazione complicata con una strana giocata, in cui si appoggia sull’avversario con il sedere, tiene la palla con la suola, la fa scivolare lentamente, poi - all'improvviso come di scatto - si gira alla sua sinistra e allo stesso tempo alza il pallone per passare in mezzo al traffico, col difensore dell'Australia che addirittura cade. L’Argentina vincerà soffrendo e dopo la partita i giocatori australiani chiederanno a Messi di farsi dei selfie insieme5. L’assist per Molina contro l’OlandaDalla partita con l’Olanda iniziamo a entrare nella mitologia. Le giocate di Messi, soprattutto viste oggi, si tingono di premonizione. Era scritto che quel pallone dovesse passare tra le gambe di Aké, che vedesse quel passaggio che era sconosciuto alle migliaia di persone allo stadio e alle centinaia di milioni davanti alla tv. Parlare di destino con Messi però finisce per essere riduttivo, un po’ perché qui bisogna dare qualche merito a Molina, che inizia l’azione portandosi dietro Aké e la finisce inserendosi in uno spazio che, comunque, devi credere possa essere quello dove arriverà il pallone, un po’ perché il calcio di Messi è il contrario del destino, che in qualche modo è sinonimo di casuale. Per questo è ancora più incredibile il video che è uscito il giorno dopo, in cui si mette in parallelo l’assist contro l’Olanda con uno incredibilmente simile fatto ai tempi in cui Messi era una pulce di Rosario, col pallone che gli arrivava agli stinchi e i campi in pozzolana.

Il Messi calciatore memoria muscolare, cervello e gambe che lavorano a una velocità da supercomputer, che scavano tra archivi infiniti. Gli argentini danno una chiave di lettura divina al suo talento, ancora di più dopo questa vittoria, ma è un discorso fatalista, che nel racconto del calcio funziona bene, ma forse sminuisce questo aspetto della sua grandezza. A 35 anni, Messi, può riconnettersi con il suo io bambino, come se non fosse passato neanche un minuto e, questa capacità, è merito del lavoro. 6. Il filtrante per Mac Allister contro l’Olanda

Insomma, siamo arrivati al Messi vestito da sera, quello per cui verranno innalzate statue e scritte canzoni, ma - di tutto il Mondiale - il Messi più presente e in palla è quello che cuce, che rende possibile la fluidità tattica di Scaloni, che ha cambiato modo di giocare della Seleccion praticamente in ognuna delle sette partite giocate per arrivare alla coppa. Messi che parte da sinistra o da falso nove, che si associa con Di Maria o che viene isolato, che ha Alvarez a destra o davanti, col 3-5-2 o il 4-3-3. Quello che non è cambiata è stata la sua capacità di fare questa giocata ancora e ancora, controllare spalle alla porta e poi decidere quello che succederà. Qui non è una giocata personale, non è un’apertura sull’esterno, ma è un passaggio verticale che trasforma l’azione dell’Argentina dal recupero di una seconda palla nella propria trequarti a un tre contro tre in campo aperto. Un’azione che dimostra anche come l’Argentina abbia rinunciato a un po’ di tecnica per avere una tensione verticale che Messi potesse assecondare. Il passaggio di Mac Allister per De Paul è da denuncia, mostra i limiti tecnici di un giocatore che, nonostante tutto, è riuscito a fare un grande Mondiale. Che tutta l’Argentina abbia giocato bene è sicuramente merito di Scaloni e del suo staff, ma non pensare che ci sia anche la mano, il carisma reale o mascherato, di Lionel Messi. 7. l’Assist per Julian Alvarez contro la Croazia 

Di questa giocata, chiamiamola solo giocata, Emanuele Atturo ha scritto un intero articolo, raccontando l’eccezionalità del contesto, la poesia nel vederlo scherzare un ventenne come Gvardiol non con la furia del suo scatto, che per anni lo ha reso imprendibile, ma con la saggezza del campione, capace di non farsi sconfiggere dal tempo, ma capace girargli intorno.Messi è stato il calciatore con la miglior percentuale di dribbling riusciti del Mondiale, non quello cioè che più ha usato il dribbling come un’arma, ma quello che l’ha fatto meglio, che ha scelto il momento giusto per usarlo. La sua capacità di scegliere i momenti in questo Mondiale è parsa, questa sì, trascendentale. Non potendo essere più onnipotente, Messi ha deciso di essere chirurgico, cinico nel scegliere quando punire gli avversari, quando forzare e quando rallentare. Qui, su Gvardiol, sembra quasi una dichiarazione, la voglia di far vedere a uno dei migliori difensori del Mondiale, uno che probabilmente sarà nell’élite del ruolo per molti anni a venire che, nonostante tutto, nonostante cioè i 15 anni di differenza, Messi è sempre Messi. 8. Tocco contro la Francia

Qualcuno, nella foga del presente, l’ha definito il più grande gol mai segnato in una finale del Mondiale (The Athletic, in questo ranking degli 83 gol segnati in una finale mondiale, l’ha messo “solo” al quinto posto, per quel che vale). C’è qualcosa, nei gol corali, che lì per lì fa saltare sulla sedia, rende giustizia al calcio come sport di squadra: sette tocchi in dieci secondi, quattro giocatori coinvolti, la Francia infilzata come una torta con uno stuzzicadenti. Quest’azione rappresenta alla perfezione i primi sessanta minuti giocati dall’Argentina in finale, dove ogni giocatore era al posto giusto, al momento giusto, pronto a fare la cosa giusta. Eppure, anche in un meccanismo che è sembrato perfetto, per segnare un gol perfetto c’è voluto che Messi usasse la sua capacità di usare un tempo diverso rispetto alla realtà circostante. Fate caso a come a un controllo fatto con il corpo rilassato, da chi vuole solo rallentare il gioco segue un’improvvisa scossa, quel tocco d’esterno sinistro che riporta un’azione apparentemente ferma a scorrere come un fiume. È il gol con cui ricorderemo l’Argentina come una squadra, i cui meriti vanno oltre le prestazioni di Messi, ma è proprio qui che si vede come senza essere solo Messi, è una squadra che per un mese a respirato al ritmo del suo numero 10. 9. La scivolata nel supplementare contro la Francia

Messi cammina, non è una novità. I suoi detrattori lo giudicano scarso impegno, ma Messi non cammina come una persona normale, Messi - come ha scritto John Muller - cammina piuttosto come un cammello, l’unico animale in grado di camminare e ruminare al tempo stesso. Messi non rumina ovviamente, ma scannerizza, indaga la disposizione degli altri 21 in campo, cerca la zona dove ricevere, l’uomo a cui passerà il pallone, le debolezze dell’avversario. È comunque un privilegio, può farlo perché qualcuno fa il lavoro sporco per lui. È anche la ragione per cui Scaloni gli ha messo intorno una serie di giocatori che non sfigurerebbero in una gara di Ironman. Dopo il pareggio della Francia, però, con quasi settecento minuti di gioco nelle gambe in un mese, Messi ha iniziato a correre anche senza palla. In quella quarantina di minuti Messi ha messo in mostra un’energia nuova, lui che prima sembrava stanchissimo, che aveva anche perso il pallone decisivo nel gol del 2-2. Un'energia nuova, che Messi tira fuori perché per lui non c’è niente dopo, o la Coppa o la vita (sto parafrasando, ma neanche troppo). Un’urgenza che questa scivolata descrive bene. Quante volte avete visto Messi entrare in scivolata in vita sua? Potrebbe essere un unico, il Gronchi rosa delle scivolate, il capolavoro nascosto del Mondiale di Messi. 10. Il rigore finale con la FranciaSe nella scivolata su Fofana c’è il senso d’urgenza di Messi verso la Coppa, nel rigore segnato a Lloris c’è invece la forma definitiva del nuovo Messi, quello che non sente la maglia dell’Argentina come un peso ma come una coperta di Linus. Per tutto il Mondiale Messi è apparso sereno, magari non in un senso pacifista del termine - contro l’Olanda abbiamo visto il suo lato più battagliero - ma di certo in un senso sportivo. Forse è stata la Copa America vinta al Maracanà, forse una raggiunta consapevolezza che - anche se ti chiami Messi - nel calcio non puoi controllare tutto. La sua finale è stata una delle prestazioni individuali più incredibili di sempre, non per il numero di cose fatte, tra dribbling, tiri in porta o assist, ma per la pulizia del suo gioco, quasi come se avesse i sensi acuiti: per tutta la partita ha sentito i raddoppi, eluso avversari, visto compagni. Non è una novità, è la grandezza meno evidente di Messi, tutto ciò che non è assist o gol, ma che - in fondo - è la parte più cospicua di una partita, quello che - se proprio vogliamo infilarci in questa discussione - lo rende più grande di Cristiano Ronaldo. La giocata qui sotto è forse la più difficile della sua finale, arrivata all'ultimo secondo dei tempi regolamentari, e ve la lascio un po' come omaggio, un po' perché nella sua realizzazione, nella tranquillità con cui non spreca un pallone davanti alla propria trequarti quando anche il recupero è finito e dopo aver subito due gol in due minuti e aver perso un pallone sanguinoso, ecco questa è la tranquillità che gli ha fatto vincere il Mondiale. Avrebbe fatto la stessa cosa nella finale del 2014? Difficile.

Messi ha giocato per tutto il Mondiale senza ansia, anche dopo la prima sconfitta è rimasto calmo, ha ispirato calma al resto della squadra. La sublimazione di questa pace interiore è nel rigore calciato, il suo ultimo atto in un Mondiale. Se avesse sbagliato, e l'Argentina perso, l'avremmo giudicato per quello? Probabilmente sì, ma - per una volta - a Messi è sembrato non importare.

Non so se la scelta di tirare questo rigore, come camminando per le strade di Buenos Aires con il mate in mano, sia stata perché aveva studiato Lloris, la sua tendenza a muoversi prima, o se invece sia stato un messaggio ai compagni - "state calmi" sembra strillare questa esecuzione. Lui ci aveva promesso che l'ultimo Messi sarebbe stato il migliore e ha mantenuto la promessa, ricevendo il suo premio in cambio. Nel De consideratione, Bernardo di Chiaravalle, dà una definizione originale di Dio: «Dio è lunghezza, larghezza, altezza e profondità». Senza voler essere blasfemi, o voler avvicinare Messi al divino (tanto ci stanno già pensando gli argentini), è difficile trovare una definizione migliore del suo Mondiale. Cosa mancava tra queste quattro cose a Messi prima dell'ultimo mese? Forse, davvero, nessuna, ma è bello che ce l'abbia ricordato sul palcoscenico più importante, nella maniera più sorprendente. Perché alla fine, quello che vogliamo dal genio, e che ci lasci a bocca aperta, che ci ricordi costantemente di cosa è capace l'uomo. In questo senso, nessuno è stato più umano di Messi nell'ultimo mese.

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