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UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
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10 anni di Ultimo Uomo, 1 di indipendenza
05 ott 2023
05 ott 2023
Facciamo un punto su di noi.
(copertina)
Foto di Giuseppe Romano
(copertina) Foto di Giuseppe Romano
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Come in questi anni ci è capitato di dire a chi ci chiede da dove siamo partiti: Ultimo Uomo non è nato dal nulla. Nel 2013, quando sono stati pubblicati i primi articoli, la nostra ambizione era quella di inserirci in un movimento di riviste nate più o meno in quegli anni. Pensavamo di inserirci all’interno di una conversazione, con un’idea originale per il contesto italiano: parlare di sport in modo lungo e approfondito. Fare racconto ma anche analisi, prendere il calcio, il tennis e tutto il resto seriamente, sì, ma con grande leggerezza.

Qualche giorno fa abbiamo fatto tornare alcuni dei nostri primi articoli in cima al sito. Non so se avete provato a leggerli (o rileggerli) ma farlo è un’esperienza strana. Sono articoli dalle vaste proporzioni, prolissi a tratti, intimi se non addirittura cervellotici. In parte sono collegati con la bulimia da scrittura che c’era in quegli anni in cui tutti avevano un blog (Splinder, Blogspot etc.) e in parte vengono dalla scrittura virtuosa dei post-moderni che si leggevano in quegli anni, che mescolavano alto e basso, collegando cose all’apparenza distanti tra loro e interrogandosi a fondo su questi collegamenti. Sul sito abbiamo creato una sezione appositamente dedicata ai nostri dieci anni, e ci trovate alcuni dei nostri articoli più significativi. Un bel viaggio nel tempo.

Ultimo Uomo parte dal presupposto che internet ti offre tutto lo spazio che vuoi per dire quello che ti pare. E soprattutto che lì fuori ci sono persone disposte a leggerti senza particolari limiti. Persone con interessi simili ai tuoi e che hanno lo strano desiderio di leggere articoli lunghi su internet.

Del resto negli Stati Uniti dieci anni fa, o anche di più, era pieno di riviste dallo spirito anarchico: McSweeney’s, The Believer, e poi per lo sport c’era Grantland, che è stato l’esempio di Ultimo Uomo per molte cose. Su Grantland si scriveva di Ben Stiller e di Carmelo Anthony con lo stesso approccio, profondo eppure leggero, serio ma anche estremamente divertito. Perché si stava comunque scrivendo di sport e televisione, insomma.

Su Ultimo Uomo volevamo riprodurre quel tono, ma anche prendere ispirazione da tutti quegli autori che analizzavano il calcio cercando di capirlo e raccontarlo meglio: Jonathan Wilson, Michael Cox e gli articoli di Ecos del Balon, che riuscivano a mescolare registri lirici e tattici con una facilità emozionante.

Insomma: volevamo un giornale che non desse notizie ma che aiutasse i lettori ad avere un’esperienza migliore dello sport. Ci sembrava che lo sport fosse più bello di come una parte dei media lo raccontava. Guardandolo da un’angolazione leggermente diversa poteva di nuovo brillare nella sua complessità, spolverato dal discorso velenoso in cui siamo immersi quotidianamente. Capendone di più, lo avremmo apprezzato di più. Volevamo far caso a dettagli che erano lì ma a cui non avevamo mai prestato attenzione, o troppo poca. Riprendere banalmente, nel nostro piccolo, anche il lavoro di Brera: scrivere di calcio, dei suoi aspetti tecnici e tattici, e di farlo curando lo stile, per dare al lettore informazione ma anche intrattenimento.

Lo spirito originario di quella idea è ancora intatto. Quando un collaboratore ci chiede quante battute ha a disposizione per il suo articolo rispondiamo quasi sempre: “Quelle di cui hai bisogno”. Non seguiamo criteri SEO e preferiamo quasi sempre i titoli chiari ad altri più acchiapponi. In questi dieci anni l'ecosistema digitale è cambiato in modo drastico. I social network si sono mangiati internet e col tempo hanno imposto un regime sempre più visivo che testuale. Ci siamo ritrovati in un luogo inospitale per i nostri articoli e, per certi versi, anche per i nostri podcast che sono molto lunghi e poco prodotti. Eppure ci sembra che il valore di certe cose - di un pezzo ben scritto, di un’opinione ben argomentata, di una descrizione fatta bene, di una discussione appassionata e sincera - possa andare oltre qualsiasi contingenza storica. È vero: siamo sempre distratti su internet, ma siamo sicuri che quella pellicola di distrazione si può rompere, bisogna riuscirci.

Certo, nel frattempo abbiamo dovuto anche adattarci, almeno in parte: perché il nostro obiettivo è comunque sempre stato quello di farci leggere da più persone possibili. Non ci piace l’irrilevanza - a chi piace?!. Stiamo di più sui social, ma cercando di tenere come obiettivo principale quello di portare lettori e ascoltatori al sito, perché non lavoriamo per le piattaforme ma per voi. In questi anni abbiamo provato a stare sempre di più, e sempre meglio, sull’attualità, alternando i nostri classici articoli lunghi con altri più d’intervento. Provando a essere sempre più presenti nel dibattito pubblico, fare opinione, prendere posizione, modificare il ph del discorso. A questo servono le riviste,da sempre.

Adattandoci, però, pensiamo di aver mantenuto forti certe idee sul giornalismo sportivo per come lo vediamo noi. E cioè un’idea di giornalismo in cui un pezzo ben fatto in ritardo è meglio di un pezzo approssimativo in anticipo. Cercando di essere più spesso possibile in anticipo che in ritardo, certo. Un giornalismo in cui le firme non sono sostituibili perché la soggettività di chi scrive è ineliminabile, e anzi: è importante. Prendiamo posizioni personali, dichiariamo il nostro tifo, le nostre passioni, le nostre idiosincrasie. Vogliamo essere il più possibile rigorosi, equilibrati, sopra le parti, ma senza rinunciare alla nostra soggettività.

Un giornalismo chiaro e preciso, che anche negli articoli più analitici cerchi di costruire un linguaggio condiviso. Per questo parliamo di tattica, facciamo analisi, ma cerchiamo di non diventare ermetici: sono cose alla portata di tutti, basta allenare l’occhio; e sono cose importanti, perché il calcio è bello proprio perché non è semplice. Anni fa ci prendevano per nerd, ma oggi ci sembra che se ne siano accorti tutti.

Un giornalismo in cui si faccia critica. E che ricordi che i veri “clienti” sono i lettori: non gli inserzionisti, non le piattaforme social.

Ma anche: un giornalismo in cui lo stile è importante, perché leggere di sport significa prolungare il tempo del gioco nella nostra vita. E questo tempo deve essere bello, piacevole, gli avverbi devono stare al posto giusto.

Non ci piace la superficialità, l’approssimazione e non ci piace l’eccessiva serietà. Per questo ci prendiamo la libertà di fare articoli anche leggeri e ironici, perché il mondo sportivo - specie quello calcistico - tende a prendersi fin troppo sul serio.

Di articoli in questi anni ne abbiamo sbagliati, ma sempre con le migliori intenzioni, cercando di non essere mai disonesti o superficiali. La nostra non è la ricetta perfetta, e non è immutabile. Siamo cambiati e continueremo a farlo, cercando di migliorare tenendo saldi i nostri principi. Sono questi che speriamo vi abbiano convinto a darci fiducia, un anno fa, quando siamo diventati indipendenti e abbiamo chiesto il vostro aiuto.

A ottobre 2022 molti di voi hanno pensato che il nostro lavoro fosse importante, che fossimo una voce interessante nell’informazione sportiva; ci avete letteralmente tenuto in vita: è grazie al vostro sostegno che oggi stiamo festeggiando questo decennale. Non abbiamo dovuto riempire il sito di pubblicità, non abbiamo dovuto sfornare 40 articoli al giorno per campare, aggrappati ai capricci degli algoritmi.

È vero: festeggiamo dieci anni, ma è solo da un anno che siamo indipendenti. In questo periodo siamo riusciti a lanciare nuovi progetti e contenuti: podcast post-partita e di mercato, newsletter sul presente e sul passato (al momento ne abbiamo 3 attive), articoli un po’ più lunghi e curati del solito. Soprattutto, però, grazie a voi siamo riusciti a rendere veramente sostenibile il nostro lavoro quotidiano. Senza snaturarlo perché, come era nelle nostre intenzioni già un anno fa, la stragrande maggioranza dei nostri articoli e dei nostri podcast sono rimasti aperti e gratuiti a tutti.

Ora che siamo al giro di boa di questo primo anno ci sembra di poter finalmente progettare un futuro di ampio respiro. Se avete suggerimenti, su cose che potremmo aggiungere, migliorare, cambiare nel nostro lavoro scriveteci. La nostra mail è contact@ultimouomo.com: è una strada che stiamo facendo insieme. Noi abbiamo qualche nuovo progetto in cantiere, ma non vogliamo farvi troppi spoiler.

Per tutto questo, e per molto altro, vi chiediamo ancora una volta di darci fiducia, e di continuare a sostenere il nostro lavoro. Far diventare Ultimo Uomo sempre più forte e in salute, tenere in alto la bandiera, continuare a costruire insieme il nuovo racconto sportivo.

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