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Daniele Minuti
Il wrestling come lo conosciamo non esisterebbe senza Paul Heyman
05 apr 2024
05 apr 2024
Storia di un manager controcorrente.
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Daniele Minuti
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IMAGO / USA TODAY Network
(foto) IMAGO / USA TODAY Network
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"Al business serviva rompere gli schemi, c’era bisogno di qualcuno che lo facesse. E di solito non sono quelli che rompono gli schemi a trarne beneficio, ma gli altri".

L’intera carriera di Paul Heyman è perfettamente riassumibile in questa sua dichiarazione, rilasciata durante un’intervista con il giornalista statunitense Ryan Satin. Heyman provava a descrivere il ruolo che la sua creazione più famosa, la Extreme Championship Wrestling, ha avuto nella storia della disciplina. Stanotte - negli Stati Uniti il giorno prima dell’apertura della quarantesima edizione di Wrestlemania - si terrà l’usuale cerimonia della Hall of Fame WWE e lo storico manager sarà il primo nome annunciato tra i nuovi ingressi di quest’anno.

Un riconoscimento inevitabile per una delle figure più significative dello sport-intrattenimento, che contribuisce da oltre quarant'anni allo sviluppo di un’industria di cui sembra quasi poter prevedere l’evoluzione in anticipo rispetto al resto del mondo. La proposta di entrare nella Hall of Fame era stata già discussa in passato e a respingerla era stato lo stesso Heyman. Non perché pensasse di non meritarlo, ma per via della mentalità che l’ha contraddistinto sin da quando era poco meno di un adolescente: bisogna sempre guardare con rispetto al passato, ma è il futuro a essere davvero stimolante.

Make it happen

Una concezione della vita, prima ancora che del lavoro, che Heyman ha abbracciato grazie alla sua famiglia. Nato nel Bronx a metà degli anni ’60, si è sempre definito «il figlio stupido di due persone straordinarie». Nel corso degli anni è riuscito a diventare il più grande orgoglio di suo padre Richard, avvocato e veterano della Seconda Guerra Mondiale, e allo stesso tempo «la più grande delusione» di sua madre Sulamita, reduce dell’Olocausto, sopravvissuta al ghetto di Lodz e ai campi di concentramento di Auschwitz e Bergen-Belsen.

Questo perché, anche da bambino, Heyman dimostrava di non voler perdere tempo, imbrattando i muri di casa con la scritta “Make it Happen!” a cui aggiungeva ciclicamente un punto esclamativo per spronarsi a fare meglio. Già alla tenera età di 11 anni era a capo di un piccolo business: vendere locandine e poster cinematografici via posta, e non gli bastava affatto. A muoverlo, già da allora, era quella che diventerà la sua più grande passione, il wrestling, con la scintilla che fu accesa da un’intervista televisiva di “Superstar” Billy Graham.

A 13 anni quindi, Paul investe i soldi del suo Bar Mitzvah («Come fanno tutti i ragazzini ebrei per bene») per comprare una macchina fotografica e un kit di stampa: da quel momento, inizierà a frequentare gli eventi delle federazioni locali in veste di fotografo, fondando una personale newsletter intitolata The Wrestling Times Magazine.

Nonostante diversi tentativi di fare carriera in altri ambiti (compreso il ruolo di produttore per l’iconico club newyorkese Studio 54), ad attirare il giovane Heyman era sempre e soltanto il ring, più nello specifico ciò che accadeva dietro le quinte. In un mondo estremamente chiuso nei confronti degli esterni, Paul Heyman entra quasi da infiltrato a soli 14 anni, finendo sotto l’ala protettrice di tre fra i più grandi manager di tutti i tempi: “Captain” Lou Albano, “Classie” Freddie Blassie ed Earnie “The Grand Wizard” Roth.

Non passerà molto tempo prima che l’ancora adolescente Heyman decida di mettere in pratica ciò che ha imparato da quelli che nel business erano conosciuti come “i tre saggi”. Nel 1987 comincerà la carriera come manager nelle federazioni territoriali, partendo dal nord-est del Paese, per poi spostarsi in Florida, con il nome d’arte di “Paul E Dangerously”, un personaggio ispirato a Gordon Gekko, cioè Michael Douglas in Wall Street. Mentre le sue performance gli regalano una fama sempre maggiore, incomincia a lavorare anche dietro le quinte per diverse compagnie come booker (quella persona incaricata di ingaggiare i talenti da mettere sul ring), oltre ad avere anche le prime esperienze da telecronista.

È a questo punto che Heyman incomincerà a dimostrarsi tanto volenteroso quanto poco disposto a scendere a compromessi: un addio burrascoso alla World Championship Wrestling per divergenze creative lo spingerà a tentare il grande salto e a fondare una nuova federazione insieme a Jim Crockett Junior, ex presidente della National Wrestling Alliance. La nuova compagnia però non vedrà mai luce, dato che Heyman si scontrerà col suo socio ancora prima che questa nasca. Crockett Junior voleva infatti creare un prodotto più tradizionale, mentre Heyman era convinto che al business servisse abbracciare canoni nuovi, per cavalcare la spinta delle diverse culture underground che si stavano diffondendo negli anni ’90.

La ECW e lo shock al sistema

C’era bisogno di uno shock e, per renderlo possibile, Heyman si rese protagonista di un vero e proprio complotto. Diventato booker per la Eastern Championship Wrestling, si accordò col proprietario Tod Gordon e il lottatore Shane Douglas, che sarebbe da lì a poco diventato il nuovo campione mondiale NWA. Subito dopo aver ottenuto la cintura, il wrestler rinnegherà lo storico titolo andando totalmente “fuori copione” e incoronandosi campione mondiale della ECW, che pochi giorni dopo diventerà ufficialmente la Extreme Championship Wrestling. I piani alti della NWA tuoneranno contro Douglas e soprattutto contro Heyman e Gordon, che cercheranno solo timidamente di giustificarsi, consapevoli che ormai la scintilla era stata accesa.

La ECW attirerà così l’attenzione degli appassionati e Heyman, che nel giro di poco tempo acquista la proprietà da Gordon, la plasmerà a sua immagine e somiglianza, anticipando di qualche anno la storica battuta di Bender in Futurama costruendo la sua compagnia con blackjack e squillo di lusso.

La federazione proporrà infatti un prodotto mai visto prima, per via della violenza, dell’uso di oggetti come armi, della volgarità, delle spogliarelliste e dei fiumi di sangue, senza però dimenticare l’importanza dell’azione sul ring, presentando al pubblico statunitense wrestler talentuosi che si erano fatti un nome in Giappone (Dean Malenko, Chris Benoit, Eddie Guerrero) e alcuni dei luchadores più promettenti dell’epoca (Psycosis, Super Crazy e un giovanissimo Rey Mysterio).

La visione di Heyman era chiara: dare voce ai reietti, agli esclusi, ai profili che non erano considerati dalle due federazioni più importanti dell’epoca, la WCW e la WWF. Una mentalità fortemente ispirata dal movimento grunge, che porterà a plasmare uno zoccolo duro di fan, influenzati da questa aria di ribellione e pronti a dare alla federazione una fedeltà quasi cieca. A questo si aggiunge una lealtà incondizionata che l’intero roster della ECW dava a Heyman, consapevole di dovere a lui l’occasione di potersi esibire in un momento storico in cui nessun altro lo avrebbe permesso. «Erano pronti a lanciarsi su dei tavoli, avvolgersi nel filo spinato, darsi fuoco per me [...] per un motivo molto semplice: credevo davvero in ognuno di loro», ha detto in Inside the Ropes nel 2016 «Il mio lavoro era trovare artisti e in quel periodo non volevano artisti […] La WCW cercava grandi atleti, la WWE cercava lottatori alti più di un metro e novanta, e di 130 chili. Io volevo tutti gli altri, quelli che loro non volevano».

Non è un caso che alcune delle più grandi stelle della storia del wrestling abbiano potuto esprimersi con maggiore libertà e mostrare le loro vere potenzialità proprio nella federazione di Philadelphia, come Mick Foley e soprattutto Steve Austin, di cui Heyman era stato manager ai tempi della WCW. Il texano rimarrà in ECW per meno di un anno, ma Heyman gli darà carta bianca soprattutto al microfono, permettendogli di mostrare tutto il suo carisma e i primi tratti del personaggio che diventerà famoso su scala globale come “Stone Cold”. Oltre a sottolineare il peso che Heyman dava alla creatività dei wrestler stessi, Austin rappresenta l’ennesimo esempio della lungimiranza del manager newyorkese, che in un articolo pubblicato nel 1992 descrive "Stone Cold" come "un wrestler incredibile, che ha davanti 5 o 6 anni prima di raggiungere il suo picco”. La conclusione è profetica: “Quando arriverà il 2000, quest'uomo sarà il dominatore di questo sport".

L’impatto culturale del lavoro di Heyman è impossibile da sottovalutare: la crescita della ECW nella seconda metà degli anni ’90 spingerà WCW e WWE ad abbracciare il lato più estremo del wrestling, influenzando chiaramente il cambio di registro nella federazione di Stamford verso un prodotto “più adulto” fino al passaggio a quella che è conosciuta come Attitude Era, l’epoca di maggior successo nella storia della compagnia fino a quel momento, che permise il definitivo approdo della disciplina nel mondo del mainstream. A questo si aggiungerà la lunga lista di federazioni indipendenti che, all’inizio del nuovo millennio, baseranno il loro successo seguendo la formula della ECW, mettendo in scena un prodotto che si differenzia da quello più noto alle masse e creando delle fan base meno ampie, ma fedeli e appassionate.

Se Heyman può essere considerato un genio dal punto di vista creativo, lo stesso non si può dire da un punto di vista finanziario. Con l’avvicinarsi del nuovo millennio, la ECW si troverà in gravi difficoltà a livello economico e l’aver firmato un contratto col network televisivo TNN non avrà gli effetti sperati. Con la crescita dei costi, le insolvenze si moltiplicarono e il colpo di grazia arriva nel 2000, quando la WWE sigla un accordo per spostare lo show di punta, RAW, su TNN, obbligando di fatto il network a cancellare il rapporto con la ECW.

I tentativi di Heyman di trovare un altro acquirente falliscono e la situazione finanziaria della compagnia sprofonda (secondo The Sportster, il totale degli stipendi non pagati ammontava a circa 8 milioni di dollari), portando alla dichiarazione di bancarotta all’inizio del 2001. «È questo il problema di essere un precursore», ha detto sempre in Inside the Ropes «Non guadagni mai quanto guadagneranno quelli che ti rubano l’idea. La ECW è fallita, mentre la WWE con l’Attitude Era ha guadagnato miliardi di dollari».

Nonostante la fine apparentemente ingloriosa della sua compagnia, la carriera di Heyman sarebbe già stata meritevole di celebrazioni. Ma la morte della ECW, per fortuna, non rappresenta l’ultimo capitolo della sua storia nel mondo del wrestling: nel 2001 infatti, Heyman viene assunto dalla WWE, dove assumerà il ruolo di commentatore al fianco di uno dei suoi mentori, Jim Ross, per poi guadagnare sempre più spazio con il celebre (e disastroso) angle della Invasion. Un ruolo gratificante, ma limitato per il suo genio, e infatti di lì a poco troverà un altro modo per far sentire la sua voce.

Il sodalizio con Brock Lesnar

È l’inizio del 2002 e Heyman si limita da mesi a un ruolo dietro le quinte, in attesa di una proposta convincente che gli avrebbe permesso di tornare a esibirsi anche davanti alle telecamere. La decisione fu presa da Vince McMahon, il patron della WWE. A marzo, in occasione di Wrestlemania 18, Heyman sarebbe tornato in scena con il ruolo di manager del canadese Chris Benoit.

Circa un mese prima però, la federazione accoglieva un giovane talento che aveva stupito tutti nella Ohio Valley Wrestling, la compagnia di sviluppo della WWE: Brock Lesnar. Il nativo del Sud Dakota era allo stesso tempo una figura imponente dal punto di vista fisico (oltre un metro e novanta per più di 100 chili) e un atleta di altissimo livello (due volte NCAA All American e vincitore dell’NCAA Division I Heavyweight Championship).

La WWE incomincia a inserire Lesnar nei cosiddetti “Dark Match”, incontri svolti nelle arene prima dei programmi in diretta ma non trasmessi, grazie ai quali i nuovi arrivati potevano essere valutati davanti a un pubblico e con una produzione televisiva, prima di essere eventualmente promossi negli show di punta. La vecchia guardia dei produttori WWE però chiede a Lesnar di adottare uno stile di lotta molto classico, muovendosi il meno possibile sul ring e facendosi rimbalzare addosso gli avversari, come accadeva solitamente per i giganti nella cosiddetta “Golden Era” del millennio precedente.

Lesnar si rivolge quindi a Paul Heyman che, certo dell’enorme potenzialità del futuro campione UFC, legata al suo incredibile atletismo, convince McMahon a fargli produrre i suoi dark match nelle settimane che precedono Wrestlemania. Incontri che lo vedevano affrontare lottatori di diverse categorie di peso inferiori alla sua e che venivano regolarmente disintegrati, mettendo ancor più in evidenza lo strapotere fisico di Lesnar.

Queste prestazioni convincono quindi McMahon a scartare l’idea dell’accoppiata Heyman-Benoit e rendere l’ex padrone della ECW il manager di Lesnar, dando così vita a uno dei sodalizi di maggior successo della storia della WWE: il 25enne diventerà in pochissimo tempo uno dei volti della compagnia, vincendo il titolo mondiale solamente 5 mesi dopo il suo debutto, con Heyman al suo fianco che diventerà suo mentore e avrà un ruolo sempre più rilevante, sia davanti alle telecamere che dietro le quinte.

A lui viene infatti affidata la carica di head writer di Smackdown!, che sotto la sua gestione vive un’epoca d’oro e, ancora una volta, a pagare sarà la scelta di Heyman di andare controcorrente: mentre RAW, il programma di punta, puntava tutto sulla presenza di stelle già affermate, Smackdown! era lo show più dinamico, con una maggiore attenzione sulle novità e sull’azione sul ring, trascinato dai pesi leggeri, da una divisione di coppia di alto livello ma soprattutto da quelli che verranno soprannominati “Smackdown! Six”.

Kurt Angle, Chris Benoit, Rey Mysterio, Edge, Eddie e Chavo Guerrero diventano il fulcro, con Brock Lesnar, dello show nonostante nessuno di loro sia ancora un nome di prima fascia (a eccezione del campione olimpico). Tutti voluti con forza da Heyman, i sei mettono in scena decine di match superlativi, singoli o di coppia, mostrando un’intesa incredibile, al punto che, dalla puntata del 25 luglio 2002 (il debutto di Mysterio), in 22 dei 23 episodi settimanali successivi, ci sarà un match con protagonisti almeno due membri di questo gruppo.

La reggenza di Heyman a Smackdown! produce quello che viene universalmente riconosciuto come uno degli show migliori della storia della WWE. La scarsa attitudine alla diplomazia e la riluttanza nell’adattarsi ai ritmi WWE, però, porta Heyman a litigare con Vince McMahon, che lo rimuove dal ruolo di head writer nel marzo del 2003.

ECW One Night Stand

Dopo oltre un anno passato a lavorare nelle federazioni di sviluppo, a risollevare la carriera di Heyman sarà l’eredità della sua creazione più famosa, la Extreme Championship Wrestling. Nel novembre 2004, la WWE pubblicherà un DVD intitolato The Rise and Fall of ECW, in cui viene raccontata la storia dell’ascesa e della rovinosa caduta della federazione di Philadelphia.

Il DVD registra numeri straordinari, diventando il secondo più venduto nella storia della compagnia soltanto tre mesi dopo la pubblicazione. Sull’onda di questo risultato, iniziano a diffondersi voci su un possibile evento di reunion della ECW. Su consiglio del wrestler Rob Van Dam, Vince McMahon decide di affidare a Heyman l’organizzazione dello show, intitolato ECW One Night Stand e tenutosi il 12 giugno 2005 all'Hammerstein Ballroom di New York.

Il pay per view ricrea alla perfezione l’atmosfera degli eventi ECW, riportando sul ring diversi lottatori che erano diventate icone della compagnia negli anni ’90 e registrando un successo sia a livello di critica (attualmente ha un rating di 9,1/10 su CageMatch, l’equivalente di IMDB per il wrestling) che dal punto di vista commerciale (oltre 325mila acquisti in pay per view). Il calore dei fan e il successo della seconda edizione di One Night Stand l’anno successivo convincono McMahon a rinnovare il contratto di Heyman, in scadenza 2006, e ad affidargli la gestione di un nuovo programma col marchio ECW, che sarebbe diventato il terzo show WWE insieme a RAW e Smackdown!.

Il progetto però sarà un completo disastro, non riuscendo a catturare lo spirito della compagnia “estrema” e presentando un prodotto diluito, che farà storcere il naso agli appassionati di lunga data e non catturerà l’attenzione di un pubblico nuovo. Heyman faticherà a mettere in pratica la sua visione, e le continue tensioni con il management esploderanno in quello che sarà il primo e ultimo pay per view della nuova ECW, December to Dismember. Lo show registrerà risultati catastrofici (solamente 90mila acquisti, il dato più basso della storia della WWE) e viene tuttora considerato come uno dei peggiori mai prodotti dalla compagnia. A pagare lo scotto sarà proprio Heyman, che per giorni e persino durante lo show stesso, aveva criticato le decisioni di Vince McMahon, in particolare quella di non dare la cintura di campione a CM Punk. Dopo quasi due giorni di liti furiose tra i due, Heyman viene licenziato.

Lo strappo porterà Heyman a rifiutare diverse offerte per un ritorno in WWE con altri ruoli, allontanandolo di fatto dal mondo del wrestling per quasi 6 anni. Come per Ulisse con le sirene, però, c’è un richiamo a cui proprio non può resistere: Brock Lesnar.

Dopo il successo in UFC, Lesnar torna infatti sul ring nel 2012 e pochi giorni dopo, sarà nuovamente affiancato da Heyman: l’ex patron della ECW si presenterà come “avvocato” del lottatore (soprannome con cui ha voluto omaggiare suo padre Richard) e i due diventeranno uno degli act più importanti della federazione per buona parte del decennio. Lesnar inizierà una run dominante, diventando quasi il boss finale in WWE, vincendo diversi titoli e arrivando persino a interrompere la leggendaria striscia di imbattibilità di Undertaker a Wrestlemania nel 2014, in uno dei momenti più scioccanti della storia del wrestling.

Heyman aggiunge così diversi nuovi tasselli alla sua già leggendaria carriera, impreziosita anche da un periodo in cui lavorerà al fianco di CM Punk, che stimava dalla sua esperienza in OVW. Ancora una volta, però, quando la sua legacy sembra ormai consolidata e sembrava essere arrivato il momento di fermarsi, Heyman trova il modo di dare una scossa al sistema e stravolgere il mondo del wrestling ancora una volta.

The Tribal Chief

Per diversi anni, la WWE ha cercato con un’ostinazione quasi fastidiosa di rendere Roman Reigns la stella principale della federazione. Il pubblico, però, lo aveva sempre respinto, arrivando a fischiarlo sonoramente nonostante il suo fosse un personaggio “positivo”. Nell’agosto del 2020, Reigns torna dopo mesi di assenza (dovuti alla pandemia e ai conseguenti rischi in quanto immunodepresso) con un'immagine totalmente nuova.

The Big Dog” diventerà infatti un heel e al suo fianco ci sarà proprio Paul Heyman: il manager, che sarà da qui in avanti definito “il saggio”, ennesimo omaggio, stavolta ad Albano, Roth e Blassie. Il manager di New York incomincerà a lavorare con il suo nuovo assistito sia davanti alle telecamere che dietro le quinte, con l’obiettivo di proporre qualcosa che possa finalmente elevarlo a superstar indiscussa.

A cambiare non sarà solo la presentazione di Reigns, ora noto come “The Tribal Chief”, ma il modo stesso in cui le storie che lo riguardano verranno raccontate. Il suo regno da campione del mondo, iniziato solamente una settimana dopo il ritorno, sarà caratterizzato da un approccio allo storytelling molto più stratificato rispetto al solito, anche grazie al “vantaggio” degli show a porte chiuse per via della pandemia, a una maggiore cura nell’evoluzione dei personaggi coinvolti e soprattutto al tempo dedicato al racconto della sua storia.

L’intera saga della “Bloodline”, la fazione guidata da Reigns e composta da altri lottatori membri della sua famiglia e da Paul Heyman, diventerà una delle più avvincenti nella storia della disciplina, trascinando la federazione in quella che sembra essere a tutti gli effetti una nuova epoca d’oro. Fondamentale è stato (ed è tuttora) il lavoro dietro le quinte di Heyman che, lavorando a stretto contatto con tutti i protagonisti, ha voce in capitolo su un gran numero di dettagli, dall’evoluzione della storia fino alla scelta delle inquadrature durante gli show. «Quando io e Roman Reigns abbiamo cominciato a lavorare insieme, il nostro obiettivo era produrre qualcosa che potesse competere con Peaky Blinders, I Soprano, The Wire, Fargo, Breaking Bad, le serie drammatiche più avvincenti e con i cattivi più affascinanti mai visti», ha detto Heyman al New York Post poche settimane fa.

La storia va avanti da quasi quattro anni, con la recente inclusione di una star mondiale come The Rock. Il prossimo capitolo sarà Wrestlemania 40, evento in cui Roman Reigns dovrebbe chiudere il suo regno di campione mondiale dopo oltre 1300 giorni. Questo molto probabilmente si tradurrà in una nuova fase della carriera di Paul Heyman, la prima dopo l’introduzione nella Hall of Fame.

Nonostante la resistenza iniziale, Heyman ha finalmente accettato di entrarci, forse perché la cerimonia si terrà al Wells Fargo Center di Philadelphia, la città che ha ospitato per anni la sua ECW. Per la maggior parte dei prescelti, l'introduzione nella Hall of Fame è il coronamento e la celebrazione di una carriera gloriosa che ha però poco altro da dire. Quasi certamente non sarà il suo caso.

Il wrestling e la WWE stanno vivendo una forte ascesa in popolarità, dimostrata dai dati di pubblico e di vendita dei biglietti per gli show. A questo si aggiungono il cambio di regime della compagnia, dovuto alla fusione con UFC nel nuovo colosso TKO, e il controverso addio di Vince McMahon, situazioni che aprono un ventaglio di possibilità quasi infinito per chiunque abbia la voglia e la creatività necessarie per essere protagonista.

Chissà che Heyman, che si affaccia alle soglie dei 60 anni, non voglia prendersi anche questa opportunità. «Ho ancora tanto da fare», ha detto nell'intervista al New York Post «Voglio partecipare al primo main event di Wrestlemania all’Avana, o sulla Luna, o su Marte, quando Elon Musk l’avrà colonizzata. Ci sono tante cose che stanno per succedere e voglio esserne parte, a tutti i costi».

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