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Serie A Gian Marco Porcellini 1 febbraio 2021 10'

Wojciech Szczesny è sottovalutato?

Il portiere polacco ha un talento solido ma poco appariscente.

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Wojciech Szczesny è arrivato alla Juve nell’estate del 2017 dall’Arsenal per 12,1 milioni – con il senno di poi, un prezzo davvero contenuto, condizionato dal fatto che il portiere polacco fosse a un anno dalla scadenza del contratto. L’anno dopo il contratto del 39enne Buffon sarebbe terminato e non era chiaro se avrebbe proseguito la sua carriera. Di certo, quindi, il titolare designato per il 2017/18 era ancora Buffon, per quanto Szczesny rappresentasse qualcosa di più di un dodicesimo. Quel che è certo è che il portiere polacco non era nuovo al calcio italiano e nel biennio precedente, in prestito alla Roma, aveva giocato stagioni solide e sempre in crescita. Nel 2016/17 – anno in cui il suo secondo era Alisson – aveva chiuso l’anno con 14 clean sheet, nessuno meglio di lui in Serie A. 

 

Nonostante questo, il suo passaggio a Torino non è stato certo accolto con trionfalismo, in un contesto in cui c’era uno standard molto alto in quanto a portiere e gli errori vengono giudicati con grande severità. Szczesny, quindi, per sopravvivere alla Juventus sarebbe dovuto diventare ancora più decisivo e continuo in una formazione che storicamente concede pochi tiri e che quindi lo avrebbe sollecitato meno, ma soprattutto avrebbe dovuto raccogliere l’eredità di uno dei più grandi portieri della storia, che ha difeso quella porta per 17 anni. Già nel 2017/18 Szczesny ha accumulato 21 presenze, poi in estate si è preso il posto di Buffon – nel frattempo passato al PSG – e la stagione seguente ha regolato agevolmente la concorrenza del neo acquisto Perin. Se in passato si era segnalato per la sua eccentricità dentro e fuori dal campo, in bianconero Sczesny si è trasformato in un portiere sempre più solido e lineare, al punto che oggi il suo talento rischia di passare inosservato.

 

Pragmatismo 

Questo dipende anche molto dal suo stile. Ci sono estremi difensori che enfatizzano le proprie parate, Szczesny invece quasi le nasconde: grazie alla capacità di leggere il gioco e valutare il corretto posizionamento, non ha bisogno quasi mai di ricorrere a sforzi straordinari. L’azione viene letta in anticipo e l’estremo difensore sembra sempre vicino alla traiettoria della palla e quindi in grado di intervenire con uno spostamento del corpo relativo. In questo modo, il portiere polacco rende banali anche parate che in realtà non lo sono affatto. Guardate questa conclusione a giro di Van de Beek: qui è fondamentale il passo indietro quando si accorge che l’olandese apre il destro e sceglie un tiro di precisione. Il riposizionamento gli permette di guadagnare lo spazio e il tempo necessario per riuscire a intervenire senza essere scavalcato dalla palla. Indovina la scelta di non tuffarsi subito, preferendo correre di lato per aumentare lo slancio e spingere con le gambe solo quando la palla diventa disponibile. Un gesto poco appariscente ma complicato, frutto di una sofisticata lettura di partenza.   

 

A livello tecnico Szczesny è cresciuto molto nel corso della sua carriera. È sempre più pulito nei suoi interventi, specie quando si allunga in tuffo sui tiri più angolati, le uniche circostanze in cui l’esplosività che ha nelle gambe diventa apprezzabile. L’impressione è che poche volte debba ricorrere alla massima estensione del corpo proprio per la sensibilità delle sue letture e quindi valutare a monte un posizionamento più vantaggioso.  

 

Una delle rarissime parate di istinto puro da parte di Szczesny in un Juve-Valencia del 2018. Qui il miracolo non è tanto toccare la palla, ma trovare la forza per togliere dalla porta un colpo di testa potente da 6-7 metri di distanza.

 

Szczesny non sembra un portiere istintivo, e pare esserlo sempre meno. Se si confrontano le sue ultime parate con quelle ai tempi dell’Arsenal e della Roma, parrebbe addirittura meno elastico nei movimenti. Il suo gioco è diventato più razionale: le sue risposte sono sempre lineari e composti a livello motorio e di coordinazione. È sempre in controllo sugli stimoli esterni, segue lo sviluppo dell’azione e pare prevederne l’epilogo. La sua reazione appare più cerebrale che fisica, tanto che a volte somiglia a un gesto proattivo, anziché reattivo. Per questo il salvataggio contro il Valencia costituisce un evento isolato, distante dalla sua evoluzione. 

 

Altra prodezza contro il Benevento in questa stagione. Oltre alla qualità della parata, da notare come Danilo impalli il portiere nel momento in cui Schiattarella calcia. Szczesny scommette sulla conclusione del centrocampista del Benevento alla sua sinistra, considerato che in quel frangente può vedere solo i tre giocatori sul primo palo che riducono l’angolo di tiro alla sua destra. Ancora una volta tecnica e razionalità si fondono.  

 

Nemmeno nei tiri da distanza ravvicinata mostra in maniera troppo plateale la sua istintività: per esempio esegue senza enfatizzare particolarmente il “levagamba”, ossia quella tecnica con cui il portiere si sbilancia volontariamente togliendo uno dei due appoggi per cadere subito e coprire lo spazio adiacente la figura. Il polacco dimostra una buonissima agilità nell’andare a terra e un’ottima capacità di compressione nel difendere una tipologia di tiri, quelli vicino al corpo, che per un portiere della sua statura rappresentano gli interventi più complicati. Con 196 centimetri è, assieme a Gianluigi Donnarumma, l’estremo difensore più alto del campionato: quasi 6 centimetri in più rispetto alla media dei titolari in A, eppure possiede una reattività fuori dal comune, da portiere molto più piccolo ed elastico. 

 

In questo slow motion, oltre al levagamba, si può apprezzare l’anticipo con cui legge la scelta di Zaza di aprire il sinistro, e quindi la decisione di tuffarsi alla sua destra prima che calci.

 

Ovviamente Szczesny non è privo di difetti. Uno è quello di bloccare pochi tiri, soprattutto le conclusioni a mezza altezza sulla figura o appena decentrate, che preferisce spingere sull’esterno con le mani. È bravo invece a trattenere i palloni più alti portando le braccia a terra prima di avvicinarle al corpo. 

 

La sicurezza fuori dai pali

Rispetto a un Buffon, negli anni sempre meno mobile e sempre più restio a uscire dalla porta, Szczesny si sta dimostrando molto più a suo agio nel coprire l’area piccola sulle palle alte. Anche quando sui calci piazzati c’è una certa densità di uomini in area, si trasforma in un difensore aggiunto, pronto a sfruttare il vantaggio di poter usare le mani. Persino con un avversario che ha preso posizione non si fa problemi a uscire e anzi prova a sovrastarlo. Sui cross difficilmente tenta la presa, pure quando ne avrebbe l’opportunità, e preferisce i pugni: usa una sola mano quando ha spazio e tempo per caricare la respinta e dare slancio al gesto, mentre preferisce il doppio pugno o le mani aperte in situazioni più concitate, dove non ha spazio per eseguire il movimento. Ha una spiccata personalità, ma a volte sbaglia i tempi dell’intervento, oppure tenta l’uscita anche quando la palla non rientra nella sua disponibilità. Non è comunque un portiere che si nasconde, e anche sui traversoni radenti tra area piccola e dischetto, i palloni più insidiosi da leggere e difendere, si prende le sue responsabilità.

 

Stesso discorso sulle uscite basse, il fondamentale in cui più è migliorato dai tempi dell’Arsenal. Szczesny si esalta soprattutto sulle uscite a muro, come la spaccata e la croce iberica. Di base se si trova vicino al pallone l’obiettivo è aumentare il volume del corpo mantenendo il busto il più possibile eretto per coprire lo specchio, se invece è più lontano prova ad attaccare la palla allungandosi in tuffo con le braccia protese in avanti, in modo da ridurre la distanza dall’avversario con un intervento più tempestivo.  

 


Nella parata in uscita su Mkhitaryan nel 2-2 a Roma di inizio stagione, indovina il tempo: accorcia subito dopo che Bonucci venga dribblato, ma si immobilizza appena prima che l’armeno calci per non perdere gli appoggi e avere quindi la possibilità di intervenire. Poi esegue una spaccata per ampliare il volume della figura, riuscendo persino a bloccare il pallone. 

 

Il polacco costituisce un valore aggiunto, in grado di aiutare concretamente i difensori a coprire la profondità, anche quando bisogna spingersi fuori dall’area (tra l’altro nella Serie A in corso è il secondo per numero di interventi difensivi fuori area p90’ a quota 0,89). Il problema è quando preferisce ingaggiare l’uno contro uno con l’attaccante anziché temporeggiare, come in occasione del gol subito a Udine la scorsa stagione, specie con molto spazio tra sé e l’avversario e il difensore vicino come in quell’azione: il rischio è che forzando l’uscita il portatore di palla con un tiro mediocre possa bruciare sul tempo il portiere ancora prima che riesca a contrastarlo. Come sulle palle alte, anche in questo caso sembrerebbe un problema di decision making, più che di esecuzione tecnica.

 

Il gioco con i piedi

In linea con l’evoluzione del ruolo, il numero uno nella Juve rappresenta un fattore anche nell’impostazione della fase offensiva. Non è un regista puro come Alisson, Ederson o Ter Stegen e non ha la loro precisione nei filtranti né nel gioco medio-lungo, ma dispone comunque di buoni mezzi tecnici. Con Pirlo, in particolare, il suo coinvolgimento sulla costruzione bassa è aumentato: «Ho più responsabilità nella costruzione del gioco, ma non è un cambiamento molto difficile», ha dichiarato. In questa stagione sta ricevendo 20,3 passaggi ogni 90’ (in precedenza a Torino non aveva mai superato i 13,7) e ne completa 30,7 – 8 in più rispetto all’anno precedente, con una percentuale di passaggi riusciti del 90,9%, un altro record. Contro squadre che marcano a uomo a tutto campo, come Verona e Atalanta, Pirlo ha sfruttato proprio l’avanzamento di Szczesny per creare superiorità locale e liberare spazio, “abbassando” così la pressione avversaria. 

 

Szczesny-tra-i-centrali-ok

Contro l’Atalanta il portiere avanza per impostare, mentre i due braccetti della difesa a 3, De Ligt e Danilo, si aprono e il centrale Bonucci si alza sulla stessa linea di Arthur.

 

Szczesny ha il pregio di rimanere sempre dentro alla partita come un giocatore di movimento e proporsi, magari allargandosi o avvicinandosi a un compagno per fornirgli una linea di passaggio: sa giocare dei buoni filtranti rasoterra, come nella partita casalinga con il Bologna, mentre è meno preciso nelle aperture, specie quelle sul lato destro. Quando a sua volta ha l’uomo vicino, stoppa la palla con l’interno e se la porta sull’altro piede per aumentare lo spazio. Lo fa sia con il destro sia con il sinistro, il piede debole, con cui ha una discreta confidenza. 

 

Il portiere polacco prezioso con i suoi appoggi di prima, con cui permette alla squadra di guadagnare un tempo di gioco e liberare un compagno, anche perché non ha problemi ad attirare la pressione. Anzi, pare quasi divertirsi in quei momenti concitati in cui viene attaccato e se ne esce con un dribbling. Anche se, ovviamente, non sempre il rischio paga e a volte sottovaluta la situazione  rallentando troppo il possesso.

 

Il valore di Szczesny 

Szczesny è arrivato al suo quarto anno con la Juventus, e a febbraio scorso si è guadagnato il rinnovo del contratto fino al 2024. A Torino ha raggiunto l’apice della sua maturità, affermandosi come un portiere sempre più continuo e lineare, senza peculiarità che lo facciano preferire ai top mondo, come Alisson, Oblak o Ter Stegen, ma senza neanche particolari punti deboli. Per questo forse è difficile riconoscerne il valore: il suo stile poco scenografico raramente restituisce la sensazione di aver compiuto una parata al di sopra delle sue possibilità, anche quando effettivamente risolve una situazione molto complicata, disinnescata magari da una lettura e quindi una preparazione al gesto tecnico di alto livello. 

 

Grazie a @Jhdharrison1 abbiamo anche una visualizzazione grafica dei progressi di Szczęsny negli ultimi anni 👌 pic.twitter.com/DHu1xLqSg7

— Andrea Lapeña (@andrelapegna) February 14, 2020


Anche i numeri testimoniano la sua crescita graduale.

 

Per arrivare al livello dei più grandi della storia recente, come Neuer, Buffon e Julio Cesar, a Szczesny manca quel pizzico di eccentricità che gli permetterebbe di compiere giocate anticonvenzionali o disperate, che non sembrano appartenere al polacco. Anche il fatto che in questa stagione abbia subito gol al primo tiro degli avversari, come contro Ferencvaros, Torino, Fiorentina e Inter, unito a uno score piuttosto basso sui rigori – in carriera ha parato il 23,5% dei rigori, 16 su 68, di cui 4 con la Juve, lontano dalle percentuali di Donnarumma, 35% e Handanovic, 35,9%, ma anche dello stesso Buffon, 30,2% – finisce per farcelo apparire come a un livello più basso rispetto ai mostri sacri.

 

In definitiva, anche il termine di paragone con Buffon, da cui ha ereditato la porta della Juventus, gli ha imposto uno standard inarrivabile. Al netto di tutto questo, Szczesny si sta dimostrando un portiere moderno nel gioco con i piedi come nelle uscite, capace di gestire la pressione che involontariamente può ricevere dalla presenza di un monumento vivente che siede in panchina e che, ogni tanto, gioca al suo posto. Non sappiamo però se il polacco goda della stessa leadership del compagno di squadra e se riesca a trasmettere la stessa sicurezza alla difesa rispetto a un Buffon che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento per esperienza e peso emotivo. Qualità intangibili, ma che possono fare la differenza soprattutto in una squadra come la Juve  abituata ad avere la supremazia territoriale e subire poco, e dove quindi diventano fondamentali per il portiere anche altre qualità, come la comunicazione con i difensori negli atteggiamenti preventivi. A maggior ragione in una stagione così delicata, in cui la rosa è stata ringiovanita, il polacco, che in aprile ha compiuto 30 anni, sta diventando uno dei giocatori più vecchi e con più presenze alle spalle. 

 

Quest’anno la Juventus sta scontando delle difficoltà per certi versi fisiologiche. Se è vero che la squadra di Pirlo sta concedendo gli stessi xG a partita dell’ultimo campionato, 0,95, dall’altro subisce più tiri in porta (dai 2,47 del 2019 agli attuali 3,11) e mediamente più insidiosi, se consideriamo i post shot xG, un indice che calcola appunto la pericolosità delle conclusioni in porta: Szczesny è passato dagli 0,22 PSxG per ogni tiro in porta del 2019/20, il dato più basso in Serie A, allo 0,27 di quest’anno, anche se fino a un mese fa viaggiava addirittura sullo 0,3, che gli valeva il decimo posto in questa classifica. Anche come conseguenza di questo peggioramento difensivo della Juventus, la sua percentuale di parate in questo 2021 è scesa al 70%, contro il 74,1% di media in carriera. Ma a dispetto delle critiche che ha ricevuto a fine anno, solo contro il Ferencvaros e l’Udinese effettivamente gli si possono imputare delle responsabilità.

 

In tutte le altre partite Szczesny ha sempre fornito prestazioni all’altezza, impreziosite da alcuni exploit, vedi la gara con l’Atalanta e la Supercoppa con il Napoli, che ha autografato con due parate decisive. Il portiere polacco, insomma, è ormai una parte del successo della squadra di Pirlo. Per questa ragione, una buona fetta dei margini di miglioramento della Juventus nella seconda parte di stagione passerà anche dalle mani di Szczesny.

 

  

Tags : juventusserie awojciech szczesny

Gian Marco Porcellini è nato nel 1990 e vive in provincia di Rimini. Ha collaborato con la redazione sportiva de “Il Corriere Romagna” e sogna vanamente di vedere un giorno il Rimini in Serie A.

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