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Michele Serra
Wild wild card
07 gen 2017
07 gen 2017
Iniziano dei playoff NFL molto equilibrati, piccola guida al turno delle wild card.
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Michele Serra
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Quella appena finita non sarà stata la stagione più spettacolare di sempre, e gli indici d’ascolto lo hanno dimostrato, ma di sicuro è stata una delle più equilibrate. A testimoniarlo le tante candidate credibili alla vittoria finale, ciascuna con pregi e difetti evidenti. La strada per il Super Bowl passa ufficiosamente da New England e Dallas, rispettivamente testa di serie #1 in AFC e NFC; ma se è vero che questi sembrano essere playoff all’insegna dell’equilibrio, allora è meglio non stupirsi se qualche testa blasonata salterà prima del previsto. Magari proprio a partire dalle Wild Card, dove inizia il cammino che terminerà il 6 febbraio, a Houston, data e luogo del gran finale.

 


Quello tra Oakland e Houston è il rematch della partita giocata alcune settimane fa a Città del Messico. I padroni di casa ci arrivano con un record di 9-7 e la testa di serie numero 4, frutto della sudata vittoria nella mediocre AFC South, dopo una stagione passata a chiedersi se il contratto da 72 milioni di dollari (di cui solo comunque 37 garantiti, va specificato) dato a Brock Osweiler non sia stata la più classica delle “panic move", dettata dalla mancanza oggettiva di QB affidabili o quantomeno promettenti tra draft e free agency.

 

Oakland, invece, nel giro di due stagioni ha triplicato il numero delle vittorie, ritornando ai playoff dopo 14 anni di assenza. All’ultima giornata le è sfuggita la vittoria numero 13 (sarebbe stato il record migliore dal 1976), nonché la testa di serie numero 2 - con annessa sosta settimanale in attesa del Divisional Round - ma la sorte ha deciso diversamente per la squadra di Jack Del Rio. Durante la partita della vigilia di Natale contro i Colts, Derek Carr ha subito la frattura di una gamba, infortunio che lo ha costretto a terminare in anticipo la stagione. É stato un colpo enorme, perché per quanto l’attacco possa rendere (Oakland è settima nel DVOA offensivo di Football Outsiders), nessuna squadra sarà mai la stessa senza il suo QB titolare, a maggior ragione se anche la riserva, Matt McGloin, si è infortunato ed ora le speranze sembrano ricadere sul rookie da Michigan State Connor Cook.

 

Il loro precedente incontro è terminato con una vittoria per Oakland, ma Houston aveva fatto un buonissimo lavoro difensivo, concedendo quanti più passaggi medio-corti possibile, e togliendo il fondo del campo con uso abbondante di Cover 3 e Cover 4. Il risultato sono state 325 yard totali d’attacco concesse (nelle W, Oakland ha fatto peggio solo una volta, quest’anno, contro Baltimore e la sua altrettanto valida difesa, con 261 yard offensive). La difesa guidata da Romeo Crennel è rimasta su livelli molto alti (11esima in DVOA) nonostante l’infortunio di JJ Watt e quello, comunque sottovalutato, di John Simon. La produzione dell’ex Wisconsin è stata raccolta in parti uguali da Whitney Mercilus (che guida la squadra in sack) e Jadeveon Clowney, autore di un’eccellente stagione libera da infortuni, in cui ha fatto registrare 6 sack e 40 tackle. Clowney ha potenza e velocità al momento dello snap; gioca principalmente a sinistra, quindi se la vedrà spesso con Austin Howard, che di lui si dovrebbe ricordare.

 



 

In quella partita l’ex prima scelta mise a segno 5 tackle, creando non pochi grattacapi a una delle migliori offensive line della Lega con le sue pressioni. Se Howard non sarà della partita (non ha giocato contro Denver e ha avuto già alcuni problemi in stagione) toccherà al rookie da LSU Vadal Alexander l’ingrato compito.

 

Occhio anche alla partita di CJ Fiedorowicz. Il tight end di Houston è un punto focale dell’attacco, specie con Osweiler: dal momento che coach O’Brien lo ha confermato titolare alla stampa al posto di Tom Savage, e considerato quanto Oakland faccia fatica contro i TE avversari (23esimi in NFL), potrebbe essere una delle chiavi di volta.

 

La stagione di Carr è stata la vera ragione dei successi di Oakland, ma non tutti si può ridurre alla grande stagione dell’ex Fresno State. Ai Raiders non mancano le armi offensive: ad Oakland Michael Crabtree è risorto chiudendo sopra quota 1000 yard, e Amari Cooper che, alla sua seconda stagione, è già uno dei top nel suo ruolo, perlomeno se guardiamo al modo impeccabile in cui corre le tracce.

 

Per quanto riguarda il reparto running back, Murray e Richard sono due giocatori complementari e buoni ricevitori fuori dal backfield, mentre la linea offensiva, già molto valida, è stata migliorata in offseason con l’aggiunta di Kelechi Osemele da Baltimore, eccellente sia come bloccante per le corse, che in pass pro (Oakland è sesta in lega per yard corse, 1922, ad una media di 4.4 a portata, decimo miglior dato in NFL).

 

Sarà interessante vedere come tutto questo verrà usato da Cook, tenendo presente che Joseph e soprattutto Bouye (molto sottovalutato, ma sempre tra i migliori di squadra) hanno già saputo tener bada una volta alla coppia Coop & Crabtree.

 

Un altro matchup interessante può essere quello tra Richard e i linebacker di Houston, come vediamo qui sotto.

 



 

Carr muove il suo running back sulla linea dei ricevitori, e si ritrova allineato con McKinney, ottimo tackler (per lui anche 5 sack all’attivo), ma non a proprio agio in copertura: qui Richard gli prende il tempo con un bel movimento, e va a segnare il touchdown. Anche più avanti nella stessa partita questo mismatch viene sfruttato per un’altra ricezione per il rookie (da 29 yard).

 

Sulla carta, l’attacco di Houston non rappresenta un ostacolo insormontabile per i Raiders. La loro difesa è mediocre, ma molto brava a capitalizzare recuperando palloni (mentre l’attacco ne perde molto pochi: insieme agli Chiefs, i Raiders hanno il miglior rapporto palle perse/recuperate, +16).

 

I Texans, dal canto loro, hanno però un attacco drammaticamente sterile: 4.7 yard ogni giocata, penultimi in NFL, nonostante alla squadra in fondo non manchino le armi a disposizione. Lamar Miller, sottovalutato running back da 1000 silenziose yard a stagione, può far male sulle corse centrali, dove Oakland concede qualcosa di più per il fatto di doversi affidare quasi in toto a Malcolm Smith (86 tackle) per fermarle. Mentre il rookie Will Fuller può creare scompiglio sul lungo che Oakland può provare ad arginare con le doti da playmaker della safety Reggie Nelson (5 intercetti a referto), nonostante non sia irreprensibile a coprire le tracce sul profondo.

 

E poi c’è la star DeAndre Hopkins, con cui però Osweiler ha un rapporto complicato. "Nuke" ha vissuto una stagione decisamente in calo rispetto allo scorso anno, e nel poco a tempo giocato assieme a Savage sembrava aver instaurato un rapporto migliore che con l’ex Broncos. Non per questo non sarà un chiave tattica nelle mani di O’Brien: Hopkins può essere mosso per tutto il fronte d’attacco, anche nella slot dove può sfruttare un eventuale duello con TJ Carrie, probabilmente l’anello debole della secondaria dei Raiders, oppure con i linebacker se Oakland è sistemata a zona.

 

Ma tutto passa dalla sfida tra quaterback costretti dai propri head coach ad essere schierati in campo: da una parte il panchinato Osweiler dall’altro l’inesperto di Cook. In un duello offensivo così incerto la difesa dei Texans rischia di far pendere la bilancia inaspettatamente, almeno alla vigilia, verso Houston.

 



Potremmo definirlo il derby delle deluse. Detroit, dopo la sconfitta contro i Packers (la terza consecutiva), si è vista scavalcare da questi ultimi in cima alla division, da cui i Lions mancano dal 1993, perdendo anche la possibilità di giocarsi le Wild Card in casa. Detroit ha disputato comunque una buona stagione, riuscendo ad approfittare delle sventure in casa Vikings per acciuffare un posto nei playoff che, ad inizio stagione sembrava proibitivo. Dall’altra parte, Seattle ha visto sfuggirle dalle mani il seed #2, e al contempo cadere Earl Thomas, uno dei leader spirituali nonché forse il suo difensore più determinante, a causa di una gamba rotta. Quest’anno più che mai, vista l’assenza di una reale favorita, sa di occasione sprecata.

 

Di Detroit si è parlato per tutto l’anno come di una macchina offensiva super efficiente guidata da uno dei coordinatori NFL emergenti, Jim Bob Cooter. Anche per sopperire alla mancanza di "Megatron", Calvin Johnson, Cooter ha installato una West Coast Offense, un sistema fatto di passaggi corti e veloci per mantenere in ritmo il quarterback e sulle spine la difesa. Stafford, che ha sempre avuto un gran braccio (il più giovane QB della storia a raggiungere le 30,000 yard in carriera), si è dovuto reinventare, egregiamente, diventando lungo tutta la stagione un serissimo candidato MVP: molto del merito va ascritto alle otto rimonte confezionate in stagione tra quarto quarto e over time, record NFL.

 

L’attacco dei Lions ha tanti giocatori in grado di far male, soprattutto se messi nelle giuste condizioni. Golden Tate, leader di squadra in ricezioni (91) e target (135), è un eccellente giocatore col pallone in mano, in grado di ricavare grandi guadagni da ricezioni corte. Marvin Jones (entrato nel protocollo per le commozioni cerebrali e al momento ancora incerto per sabato) è stato la grande acquisizione della free agency ma, dopo un inizio molto positivo, con più di 400 yard nelle prime 3 partite, è calato a vista d’occhio, e non ha mai dato la sensazione di poter essere una macchina da big play. Si è rivelato ancora molto utile il veterano ex 49ers Anquan Boldin, firma dell’ultimo secondo ma molto incisiva nelle sorti della stagione. Per capire quanto sia stato utile la sottovalutata acquisizione di Boldin e il talento come mente offensiva di Cooter, nel massimizzare il talento degli uomini a disposizione, guardiamo questo gioco.

 



 

Una volta partito lo snap, Stafford si volta subito verso Andre Roberts, che sembra pronto per ricevere i blocchi dei suoi compagni per uno screen. Se notate, il linebacker di destra viene attirato dalla chiamata che crede di aver identificato e si abbassa. In realtà Stafford non serve Roberts, bensì Boldin, che ha potuto correre la sua traccia senza intralci: quando il linebacker, che giocava a zona, e in condizioni normali avrebbe dovuto ricoprire la zona di campo dove c’è proprio Boldin, si accorge del trucco è ormai tardi.

 

I Lions però sanno essere anche abbastanza prevedibili, soprattutto perché senza un running game convincenti (appena 25esimi in DVOA). Ameer Abdullah, il titolare del ruolo, si è infortunato alla prima partita e Theo Riddick, uno dei tanti giocatori che ha ben figurato in questo attacco, è finito in IR in settimana da leading rusher di squadra, con meno di 400 yard all’attivo.

 

Ora è tutto sulle spalle dell’ex South Dakota State Zach Zenner e del rookie ex Huskies Dwayne Washington: difficile che Detroit riesca a stabilire un gioco di corsa credibile, al cospetto di un eccellente front seven come quello dei Seahawks. A maggior ragione visto il fatto che la offensive line è quantomeno sospetta.

 

I tackle (Taylor Decker e Reilly Reiff) sono molto validi soprattutto in pass pro grazie al loro atletismo e alla rapidità di piedi, e avranno il loro da fare contro Michael Bennett, Cliff Avril e Frank Clark. I problemi invece iniziano in mezzo; tutto l’interno della linea ha evidenti problemi contro i rusher che la mettono sulla potenza più che sulla tecnica, e questo crea conseguenze sia quando bloccano per le corse che in situazioni di passaggio. Faticano inoltre a contenere l’ingresso dei linebacker che portano aiuti contro le corse, e questo può favorire molto i vari Wagner (leader NFL in tackle con 167) e KJ Wright.
Dove paradossalmente i Seahawks si sono scoperti vulnerabili è la secondaria. L’infortunio di Earl Thomas ha privato Seattle del suo center-fielder, per usare un termine del baseball, capace di controllare praticamente tutto il campo dando una mano contro i passaggi corti.

 




 

Ma anche e soprattutto quelli lunghi (questo è proprio il momento del suo infortunio).

 



 

E dalla 12esima alla 17esima giornata, Seattle ha concesso 7.73 yard a tentativo di lancio ai quarterback avversari (29esimi) e il 96.1 di completi (25esimi).

 

Per quanto riguarda lo scontro in trincea, Detroit si presenta alla sfida penultima per sack effettuati (26): gli unici in grado di portare pressione consistente sono Ezekiel Ansah - che ha però combattuto contro gli infortuni tutto l’anno - e la sorpresa Kerry Hyder Jr., autore di ben 9 sack, leader di squadra, pur restando un giocatore di rotazione.

 

Per loro fortuna la offensive line di Seattle è drammatica: nonostante le strabilianti doti di Wilson, il reparto ha concesso la bellezza di 42 sack. Tutti i singoli giocatori faticano a sigillare (cioè tenere bloccato l’avversario per la durata dell’azione) un blocco e hanno lacune evidenti, che possono essere tecniche - posizionamento delle braccia/mani - o posturali - troppo alti sulle gambe. Questo dovrebbe favorire Wilson nel cercare Doug Baldwin (94 ricezioni, 1128 yard, 7 TD) e Jimmy Graham (rispettivamente 65, 923 e 6), contro cui verosimilmente verranno testati i progressi di DeAndre levy, eccellente linebacker in coverage ma martoriato da infortuni nelle ultime due stagioni.

 

Oltre a tutto ciò, Detroit concede tanto anche sulle corse - non stupisce siano ultimi per defensive DVOA. Qui però Seattle potrebbe fare molta più fatica ad approfittarne. Per ESPN Stats & Info, tra il 2012 e il 2015 sono 9 le partite in cui i Seahawks non hanno corso per almeno 100 yard. Nel solo 2016 sono state 10. Rawls è tornato arrugginito dall’infortunio, e come detto la linea non aiuta nemmeno in questo caso, mentre gli infortuni hanno lasciato Alex Collins come unica alternativa. La porosa difesa di Detroit può essere l’occasione giusta per invertire la rotta e sigillare il biglietto per l’ennesimo divisional.

 



Un altro rematch della stagione regolare. Le due squadre si sono affrontate in week 6, nella partita che ha dato inizo alla rimonta di Miami e che le ha permesso di qualificarsi ai playoff dopo una tremenda partenza da 1-4. Quella però è stata una partita particolare, giocata contro un Roethlisberger a mezzo servizio per un problema al ginocchio, a causa del quale fu anche sostituito da Landry Jones per alcune serie. Da quel punto, invece, Pittsburgh perse 4 partite consecutive, a cui ha fatto seguito un’altra striscia, di 7 W ottenute con almeno 24 punti segnati, che l’hanno catapultata al primo posto in division, scavalcando i rivali dei Ravens.

 

A ranghi completi, Miami ha un attacco molto pericoloso (14esimo in DVOA), con tanti elementi in grado di fare male. Peccato che si presenteranno all’appuntamento dei playoff senza il protagonista principale: Ryan Tannehill, che ha saputo dare una definitiva dimostrazione di quello che è in grado di fare sotto la guida del neo coach Adam Gase (riuscito nella sua storia a rendere presentabile anche Tim Tebow). Tannehill è migliorato molto nelle letture e in questo è stato aiutato anche dalla presenza di Jay Ajayi, diventato un workhorse di primo livello e in grado di togliergli molta pressione, anche nei passaggi lunghi, tallone d’Achille delle sue prime stagioni.

 

Dopo innumerevoli infortuni, la linea ha trovato un equilibrio mancato nelle prime partite (insieme ai risultati). C’è un giocatore come Kenny Stills in grado di aprire le difese con la velocità sul profondo; c’è DeVante Parker, che generalmente gioca esterno opposto a Stills e che ha trovato salute e spazio nel suo secondo anno; e poi c’è Jarvis Landry. L’ex giocatore di LSU è un ottimo route runner - corre le tracce in maniera molto precisa - ma è anche molto creativo con la palla in mano, riuscendo a creare spesso grandi guadagni dal nulla.

 

Contro Pittsburgh, Landry si è trovato più volte contro William Gay, veterano che ormai sente il peso dei 32 anni e che proprio quest’anno si è visto alleggerire il suo ruolo, passando da esterno a slot corner, per limitare i suoi errori e per l’emergere dei vari Burns e, soprattutto, Cockrell. Landry ha concluso la giornata con 7 ricezioni per 91 yard. La più lunga è stata questa, in cui ha battuto la zona degli Steelers, sfruttando il cattivo posizionamento di Gay che aiuta troppo verso il centro del campo, già presidiato dalla safety, concedendo spazio a Landry alle sue spalle. Sarà interessante vedere come gli Steelers cercheranno di arginare il problema.

 



 

Quella partita si ricorda anche come il "coming out party", come dicono negli USA, ovvero la partita della rivelazione per Ajayi, che ha finito con 204 yard su corsa e due TD. Sembra paradossale, ma gli Steelers non hanno difeso male contro di lui, riducendolo più volte a guadagni minimi o nulli. L’ex Boise State però è un running back molto fisico che logora le difesa con il passare della partita, finendo per colpire quando la stanchezza si fa sentire: è un home run hitter, uno che può rimanere nell’ombra per tutta una partita, e all’ultimo colpire con una big play. Inoltre ha una grande capacità di “rimbalzare” ai lati della linea se il centro è intasato, come vediamo in questo caso.

 



 

Anche la difesa era un po’ diversa, avendo perso nel frattempo le due safety titolari Reshad Jones e Isa Abdul-Quddus. Difficile prepararsi su un singolo obiettivo, tante sono le alternative a disposizione di Roethlisberger. Pensare di contenere Antonio Brown è impresa ardua, essendo lui a mani basse il miglior route runner della NFL, e trovando infiniti modi per smarcarsi. Contro Miami, però, l’ex #LOB Byron Maxwell lo ha tenuto a sole 4 ricezioni per 39 yard.
La linea difensiva dei Dolphins è di buon livello, perlomeno se si tratta di arrivare al QB. Ndamukong Suh è tornato ai livelli di Detroit, e forma una coppia molto pericolosa con Andre Branch (10.5 sack combinati tra i due). Inoltre hanno trovato un contributore di qualità nel giovane Jordan Phillips. Anche Cameron Wake pare non aver preso il vizio dei sack 11.5, leader di squadra), nonostante l’età (34) e l’infortunio al tendine d’Achille che gli ha fatto perdere buona parte della scorsa stagione.

 

Purtroppo è un altro contro le corse: Miami ha terminato la stagione con 140 yard su corsa concesse di media a partita (30esimi), di cui 4.8 a portata (ultimi alla pari dei Niners). Auguri a fermare Le’Veon Bell.

 

A fare la differenza per gli Steelers, al di là dei soliti noti, può essere Ladarius Green. L’ex TE di San Diego è entrato e uscito dall’infermeria per tutta la stagione, ma nelle ultime quattro partite ha messo a referto 15 ricezioni per 274 yard e un TD. È proprio la sua abilità di aprire il campo e la sua combo stazza/rapidità a renderlo un matchup problematico da affrontare, soprattutto per una squadra come Miami priva di linebacker o safety valide in copertura.

 

Baltimore ad esempio ha aperto a metà la difesa dei Dolphins in week 13 usando proprio tracce medio-lunghe, in particolare con il tight end Dennis Pitta: l’offensive coordinator Todd Haley potrebbe usarlo anche largo come un ricevitore e vedere contro chi verrà accoppiato, magari come finto slot receiver. Miami in quella posizione ha un solo cornerback, Bobby McCain; ad alternarsi con lui c’è la safety Michael Thomas (e in rari casi addirittura due linebacker come Butler e Hewitt): in ogni caso, potrebbe essere un accoppiamento più che favorevole per Green, se sarà della partita (sta smaltendo una commozione cerebrale) o per l’altro tight end Jesse James.

 

Gli Steelers sono completi in ogni reparto e silenziosamente validi in difesa (sorprendentemente 11esimi in DVOA), dove sono soliti mascherare le loro coverage per mettere in difficoltà i QB avversari. Nel freddo di Pittsburgh, i Miami Dolphins potrebbero essere un one-and-done.

 



Quando si tratta di costruire una squadra vincente, il mantra prevede che lo si faccia attraverso il draft, colmando eventuali lacune con la free agency. I NY Giants 2016-17 sono l’eccezione, e il perché sta negli oltre 100 milioni di contratto garantiti elargiti a tre dei migliori giocatori disponibili sul mercato, ovverosia Olivier Vernon (DE), Damon Harrison (DT) e Janoris Jenkins (CB). Nell’arco di una sola stagione, i Giants sono passati dal 30esimo posto in DVOA al secondo, e i tre giocatori di cui sopra sono i principali fattori insieme ad un quarto di cui parleremo tra poco. Vernon, dopo un iniziale periodo di rodaggio, ha ripreso a fare quel che faceva a Miami, ovverosia agguantare il quarterback avversario (1 sack dopo le prime sette partite, 8.5 quelli finali), oltre ad avere un ottimo impatto contro le corse. Quella, però, è prerogativa di Damon Harrison (e del prodotto locale Johnathan Hankins). I due formano una coppia di space eater, gente che occupa spazio e impedisce le penetrazioni dei running back. Tra l’altro, Snacks ha raggiunto un traguardo significativo, in questa stagione, diventando l’unico defensive lineman, non chiamato JJ Watt, a mettere a segno almeno 50 tackle contro le corse da dieci stagioni ad oggi.

 

Janoris Jenkins, invece, ha addirittura elevato il proprio gioco, arrivando da St.Louis, dove era conosciuto come un gambler, uno che giocava molto per l’intercetto esponendo però se stesso e il resto e la difesa a grossi rischi in caso di insuccesso. Jenkins è però diventato uno shutdown corner di primo livello, occupandosi ogni giorno del miglior ricevitore avversario con ottimi risultati.

 

Chi però rappresenta simbolicamente l’enorme passo in avanti compiuto dai Giants da un anno all’altro è la safety Landon Collins. L’ex università di Alabama, per cui i Giants avevano fatto trade up ad inizio secondo giro del draft 2015, aveva decisamente deluso le aspettative nella sua annata da rookie - era risultato ultimo in coverage tra le safety NFL secondo le valutazioni di

. Quest’anno, il suo rendimento è cresciuto di pari passo con quello della squadra, fino a diventare un giocatore completo in ogni aspetto del gioco. Tra i pari ruolo è secondo per tackle messi a segno (125), primo per sack (4), primo - a pari merito con Ha-Ha Clinton Dix - per intercetti (5) e primo per passaggi deviati (18). Ha ottime letture sia contro le corse, che contro i passaggi, in campo aperto e nei pressi della linea di scrimmage. Oltre ad essere un credibilissimo candidato al premio di Difensore dell'anno.

 



 

Sarà molto interessante vedere come le due squadre riusciranno a gestire il loro gioco di corse per togliere pressione ai QB. Ty Montgomery ha compiuto la transizione - probabilmente permanente - da WR a RB ed è diventato il titolare nel backfield dei Packers dopo la marea di infortuni che ha investito i loro titolari. Montgomery è un corridore north-south, cioè dritto per dritto, che non ha paura dei tackle (5.1 yard di media guadagnate dopo il primo contatto); inoltre, ha la stessa abilità che abbiamo visto prima in Ajayi, cioè quella di esplodere lateralmente se l’interno della linea è bloccato (e considerando gli avversari, questa è un’eventualità che potrebbe verificarsi con frequenza domenica).

 

Dall’altra parte, i Giants hanno il quarto peggior attacco su corsa della Lega (1412 yard guadagnate), ma forse hanno trovato un giocatore in grado di poter aggiungere imprevedibilità ad un attacco altrimenti troppo dipendente da Odell Beckham. Paul Perkins, rookie da UCLA, ha finito in crescendo la stagione per numero di opportunità e yard guadagnate (in week 17 ha messo a segno la sua prima partita da almeno 100 yard in carriera), e col suo modo di giocare, fatto di tagli improvvisi e cambi di direzione, dà varietà all’attacco dei Giants, mentre Rashad Jennings è un buon cambio e una soluzione da utilizzare in situazioni di corto yardaggio.

 

La difesa dei Packers ha un front seven decisamente pericoloso: top-10 per quanto riguarda i sack realizzati, con 40, e 14esimi in DVOA contro le corse (niente di speciale, ma pur sempre nella metà alta della classifica). Quello che preoccupa, è il gruppo dei defensive back, che rappresenta un problema sia in coverage che contro le corse. I Packers hanno passato tutta la stagione senza il loro cornerback numero uno, Sam Shields, e ora i titolari sono Damarious Randall, Quinten Rollins e l’undrafted Ladarius Gunther, con Micah Hyde a svolgere il ruolo di slot corner. Sono 28esimi, 29esimi e 26esimi in DVOA rispettivamente contro primi, secondi e terzi ricevitori avversari, e questo può voler dire ulteriori opportunità per Victor Cruz e il rookie Sterling Shepard (uno dei bersagli preferiti da Manning in endzone, 8 TD stagionali per lui).

 

Qui sotto ci sono un paio di occasioni in cui la coppia di safety ha concesso guadagni e giocate facili agli avversari. Risalgono alla disastrosa partita contro Tennessee e sono esplicativi della capacità di New York nel trovare spazi grazie ai propri running back, cosa che non è riuscita a fare durante la stagione.
In questo caso, Mariota finta un consegnato alle proprie spalle per Tajae Sharpe. Burnett, la safety a fondo campo, e Gunther (che lo segue in scia) cadono sulla finta, lasciando la parte sinistra del campo completamente vuota per il TD da 75 yard di DeMarco Murray.

 



 

In quest’altro esempio, il colpevole è l’altra safety, Clinton-Dix (numero 21). Ancora una volta è una finta di consegnato - ora a Murray - a far abboccare la safety, che si allarga nella direzione dell’ex Dallas mentre in quella opposta il tight end Fasano è completamente libero per ricevere e segnare.

 



 

Per Green Bay dipenderà molto ancora una volta da Aaron Rodgers. Nel peggior momento della stagione dei Packers, l’ex MVP aveva promesso sei vittorie in altrettante gare per vincere la division, e così ha fatto, chiudendo la striscia positiva con 20 TD e 0 INT. Rodgers e i suoi non hanno cambiato modo di giocare, sono sempre un attacco molto verticale, in cui Rodgers si prende molto - a volte troppo - tempo per lanciare, aiutato anche da una linea di buon livello soprattutto nelle posizioni di tackle. Oltre al ritorno dall’infortunio di Jordy Nelson, che ha segnato 14 TD stagionali, uno in meno rispetto alla sua miglior stagione, molto ha contato l’emergere di Davante Adams come minaccia profonda della squadra dopo un’annata da rookie costellata da drop.

 

Packers e Giants sono forse le squadre approdate alle Wild Card più in forma di tutte ed è senza dubbio la sfida più aperta e interessante del weekend.

 

In tutto questo le prime 4 della classe (New England, Dallas, Kansas City e Atlanta) osservano attentamente quelli che potrebbero essere i loro avversari il 15 e 16 gennaio per i divisional round.

 

 

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