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Foto di Giovanni Ambrosio
Calcio Giovanni Ambrosio 11 settembre 2019 5'

We need no education

Reportage fotografico dal mondo ultras nordafricano.

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In collaborazione con Sébastien Louis, ricercatore e scrittore, tra i maggiori specialisti del tifo radicale nel calcio in Europa (in Italia in particolare) e nel mondo arabo, conduco un progetto di costituzione di un fondo di documentazione sulle pratiche dei tifosi di calcio.

 

Ci interessano le questioni legate al tifo, ma anche al calcio in tutte le sue estensioni culturali, politiche e sociali. Il calcio è un terreno d’analisi privilegiato, offre un accesso originale alla complessità delle società contemporanee, sia al nord che al sud. Nella sua vasta galassia, alimenta e configura le passioni popolari pur costituendosi in una gigantesca sfera economica e finanziaria globale. L’obiettivo del nostro lavoro di ricerca è principalmente quello di raccogliere e raccontare storie legate al calcio come invenzione del quotidiano. Concretamente, si tratta di un’opera di raccolta di immagini e oggetti. La nostra ricerca si concentra in particolare sul tifo radicale Ultras, movimento giovanile nato in Italia alla fine degli anni sessanta.

 

Nel 2017, un primo fondo di fotografia documentaria è stato depositato al Mucem (Museo delle civiltà del Mediterraneo, Marsiglia), nell’ambito delle missioni di ricerca/raccolta dal 2015-2017 per la preparazione della mostra Nous sommes Foot (Il calcio siamo noi) programmata nel 2017-2018. We need no education è in particolare il fondo di documentazione e ricerca sulla cultura Ultras al di fuori dell’Europa, in particolare nei paesi arabofoni dell’Africa mediterranea e atlantica, ma anche in Israele/Palestina. Dal 2019 abbiamo cominciato a esplorare gli aspetti della cultura del tifo radicale in Indonesia. Con l’uscita nel 2019 in italiano del libro di Sèbastien Louis Ultras, gli altri protagonisti del calcio, storia del movimento ultras in Italia, avviamo la raccolta di immagini per raccontare aspetti storici del movimento ultras italiano e alcune sue espressioni attuali.

 

L’eredità della cultura ultras italiana sconfina nell’Africa mediterranea e atlantica e in Israele/Palestina. Un passaggio di consegne che si può chiaramente leggere in italiano, un’eredità linguistica comparabile a quella del mondo musicale. Come dice M., tra i fondatori degli Ultras Verde Leone ad Algeri, un algerino preferirà sempre l’italiano all’inglese. Quando non è un esplicito omaggio alle radici del movimento e quindi un’ostentazione della coscienza storica del proprio essere ultras, il ricorso all’italiano serve a sottolineare alcuni aspetti della cultura e della retorica ultras: identità, appartenenza, territorialità se non eroismo romantico e generica e ontologica contestazione.

 

Israele: A Sachnin, città israeliana a maggioranza palestinese, un membro degli Ultras Sachnin, dopo una partita di campionato, mostra una T-shirt degli Antifa Bergamo. A Tel Aviv, un membro degli Ultras Hapoel, ex combattente dell’esercito israeliano, mostra un tatuaggio fatto in carcere durante una detenzione per fatti di stadio. Siamo a Tel Aviv, in un appartamento condiviso da alcuni dei membri più in vista del gruppo.

Algeri. La trasmissione della cultura e dei topoi ultras avviene anche in maniera orizzontale. In pieno centro di Algeri, non lontano dal lungomare, un disegnatore realizza un murales in italiano (o quasi) in omaggio al gruppo Verde Leone (pur non essendone membro), prima dello scioglimento, uno dei maggiori gruppi in città. Su uno dei tamburi dei Verde Leone, in procinto di lasciare la sede del gruppo per una partita in trasferta, è incollato l’adesivo con lo slogan ultras per definizione: Ultras Liberi. Nel settore ospite durante una finale di coppa d’Algeria nel 2016, lo striscione dei Verde Leone inquadra una parte del gruppo. Il nome Verde Leone deriva dalla città storica, La Casbah, con le sue cinque grandi porte, una delle quali, Bab Azzoun, aveva una testa di leone grazie alla quale si poteva bussare. Il leone, simbolo della città, e il verde, colore degli algerini, hanno generato il nome Verde Leone, in italiano, poiché, per ammissione di M., tra i fondatori, il movimento ultras è italiano.

Casablanca: derby di Casablanca 2018, Stadio Mohammed V, i Winners espongono centinaia di sciarpe realizzate a mano con la scritta Ultras Liberi in italiano e in arabo insieme allo striscione che recita We need no education. I Winners hanno una strategia linguistica moderna e particolarmente complessa: passano dall’arabo, al francese, all’inglese, all’italiano.

Tetouan, Marocco, città del nord, non lontana dalle montagne del Riff. Seppure in area di influenza spagnola, i gruppi locali si chiamano Matadores e Siempre Paloma, questi ultimi non rinunciano all’uso di uno slogan in italiano, il classico motto contro il calcio moderno.

A Casblanca, prima di entrare allo stadio per quello che viene definito il piccolo derby, Widad contro un piccolo club cittadino senza tifosi, un membro dei Winners mostra la sciarpa che esplicita eterna fedeltà al movimento ultras.

A Casablanca, a tarda notte, un membro dei Winners ci accompagna per le strade della capitale economica marocchina, fermandosi per immortalare uno stencil del suo gruppo: Padroni a casa nostra. Nel retro del furgone che ci porta a una partita in trasferta, uno dei Winners indossa la tuta con la scritta Uomini d’Onore. I muri di Casablanca sono il terreno di battaglia preferito nell’espressione della rivalità e della territorialità tra i Winners e i gruppi tifosi del Raja, Ultras Eagles, Green Boys, Derb Sultan. In un altro quartiere i Green Boys sono sempre presenti. Alcuni membri dei Green Boys ci mostrano il loro feudo principale, con una impressionante densità di murales. Qui un enorme Odiamo Tutti è dipinto sulla parete di un capannone. Lo stesso slogan, coniato a Verona, è riprodotto a mano libero sul finestrino di una macchina: siamo in un quartiere dei Green Boys, sotto casa di uno dei membri più in vista. In tarda serata, sul marciapiede, si improvvisano riunioni del gruppo e lunghe discussioni informali.

Siamo a Kenitra, città di provincia, a pochi chilometri da Rabat, con la squadra in seconda divisione. Anche qui la cultura ultras si diffonde a macchia d’olio e affascina e pervade i comportamenti anche di quanti, per età semplicemente, non sono (ancora) membri attivi. Alla fine della partita, un trio di ragazzi mostra fiero uno stendardo col quale hanno partecipato alla complessa coreografia durante la partita.

A Casblanca, per la finale della Champions League africana del 2019, i gruppi tifosi dell’Esperance Tunis mostrano chiaramente la filiazione italiana. In Africa del nord i tunisini, primi ultras del Nordafrica, sono probabilmente tra i più fieri estimatori del movimento italiano.

A Tunisi, poco prima della finale di ritorno della Champions League africana del 2019, siamo a Radès, a casa di un membro degli Zapatista. Aspettando la cena dei giorni del Ramadan e prima di andare allo stadio, il giovane indossa una giacca del suo gruppo che reca uno stemma in italiano. Tra l’altro il design dello stemma riprende quello di un celebre marchio italiano particolarmente apprezzato da alcuni ultras. Dopo la partita, la curva dell’Esperance, alla fine di una rocambolesca partita interrotta per più di un’ora e mezzo per questioni arbitrali, festeggia con uno striscione in italiano.

Tags : cultura ultrasfotoultras

Giovanni Ambrosio è un fotografo e artista visivo. Insieme a Sébastien Louis cura il progetto Offside Productions, che attraverso testi, foto e mostre vuole raccontare il mondo Ultras con un punto di vista originale.

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