In collaborazione con Sébastien Louis, ricercatore e scrittore, tra i maggiori specialisti del tifo radicale nel calcio in Europa (in Italia in particolare) e nel mondo arabo, conduco un progetto di costituzione di un fondo di documentazione sulle pratiche dei tifosi di calcio.
Ci interessano le questioni legate al tifo, ma anche al calcio in tutte le sue estensioni culturali, politiche e sociali. Il calcio è un terreno d’analisi privilegiato, offre un accesso originale alla complessità delle società contemporanee, sia al nord che al sud. Nella sua vasta galassia, alimenta e configura le passioni popolari pur costituendosi in una gigantesca sfera economica e finanziaria globale. L’obiettivo del nostro lavoro di ricerca è principalmente quello di raccogliere e raccontare storie legate al calcio come invenzione del quotidiano. Concretamente, si tratta di un’opera di raccolta di immagini e oggetti. La nostra ricerca si concentra in particolare sul tifo radicale Ultras, movimento giovanile nato in Italia alla fine degli anni sessanta.
Nel 2017, un primo fondo di fotografia documentaria è stato depositato al Mucem (Museo delle civiltà del Mediterraneo, Marsiglia), nell’ambito delle missioni di ricerca/raccolta dal 2015-2017 per la preparazione della mostra Nous sommes Foot (Il calcio siamo noi) programmata nel 2017-2018. We need no education è in particolare il fondo di documentazione e ricerca sulla cultura Ultras al di fuori dell’Europa, in particolare nei paesi arabofoni dell’Africa mediterranea e atlantica, ma anche in Israele/Palestina. Dal 2019 abbiamo cominciato a esplorare gli aspetti della cultura del tifo radicale in Indonesia. Con l’uscita nel 2019 in italiano del libro di Sèbastien Louis Ultras, gli altri protagonisti del calcio, storia del movimento ultras in Italia, avviamo la raccolta di immagini per raccontare aspetti storici del movimento ultras italiano e alcune sue espressioni attuali.
L’eredità della cultura ultras italiana sconfina nell’Africa mediterranea e atlantica e in Israele/Palestina. Un passaggio di consegne che si può chiaramente leggere in italiano, un’eredità linguistica comparabile a quella del mondo musicale. Come dice M., tra i fondatori degli Ultras Verde Leone ad Algeri, un algerino preferirà sempre l’italiano all’inglese. Quando non è un esplicito omaggio alle radici del movimento e quindi un’ostentazione della coscienza storica del proprio essere ultras, il ricorso all’italiano serve a sottolineare alcuni aspetti della cultura e della retorica ultras: identità, appartenenza, territorialità se non eroismo romantico e generica e ontologica contestazione.