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Giuseppe Pastore
Walter Tull, una storia attuale
27 dic 2018
27 dic 2018
Walter Tull è stato il primo calciatore di movimento di colore del calcio inglese, morì durante la Prima Guerra Mondiale dopo essere diventato tenente.
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Giuseppe Pastore
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Scrissero che dalle gradinate erano piovuti insulti

, che è un gran bel modo di dire. Nel 1909 Billingsgate era il mercato del pesce più grande del mondo nonché un luogo estremamente pittoresco collocato in Thames Street, in quello che allora era il Sud-Est londinese; esisteva dal Cinquecento ed esiste tuttora, anche se ha cambiato posto, e leggenda vuole che negli anni Trenta ci abbia lavorato per qualche tempo anche George Orwell.

 

Col passare dei secoli la parola

entrò nei dizionari britannici per indicare un linguaggio turpe e scurrile, quel che noi diremmo “da scaricatori di porto”. Le offese che i tifosi del Bristol avevano riservato a Walter Tull erano dunque state peggiori di ciò che si sentiva abitualmente a Billingsgate, e il motivo era purtroppo il più vecchio del mondo: Tull era nero, uno dei rarissimi neri a giocare a calcio nell'Inghilterra di inizio Novecento.

 

La storia di Tull è recentissimamente tornata d'attualità nel Regno Unito, in occasione del centesimo anniversario della fine della Prima Guerra Mondiale, commemorata ogni anno a novembre da tutte le squadre della Premier League che portano il classico

sulla maglia.

 

Ma il 2018 è anche il centesimo anniversario della morte sul fronte di migliaia di soldati inglesi, e Tull era un soldato particolare: il primo ufficiale nero della storia dell'Esercito Britannico, in un'epoca in cui il colore della pelle vietava di arrampicarsi troppo in là nelle gerarchie militari. Dopo cent'anni sta finalmente volando via la polvere sulle sue origini e sempre più inglesi si sono trovati di fronte a una storia senza pari.

 


La vicenda umana di Walter Daniel John Tull inizia il 28 aprile 1888 in una casa di Folkestone, cittadina all'estremo Sud dell'Inghilterra affacciata sullo stretto di Dover, da dove – come primo, infantile presagio - nei rari giorni di cielo sereno si può vedere la Francia. Suo padre Daniel è nato nelle Barbados, figlio di due schiavi impiegati nelle piantagioni; dopo l'abolizione della schiavitù era diventato un muratore e si era trasferito a St. Lucia, dove i salari erano più alti, e tre anni dopo, a 43 anni, era salito su una nave diretta verso Folkestone.

 

Lì, grazie al comune culto della dottrina metodista, aveva conosciuto Alice, cresciuta in una famiglia di contadini della zona. Ma il piccolo Walter ne avrà solo un pallido ricordo: Alice muore di cancro al seno quando lui ha 7 anni e Daniel, dopo essersi risposato con la di lei cugina Clara, raggiunge l'amata prima moglie due anni dopo, a causa di un attacco di cuore.

 

Rimasta sola a dover badare a sei figli (prima di morire, Daniel ha fatto in tempo a metterla incinta della piccola Miriam), la povera Clara si trova a dover prendere la terribile decisione di scegliere due figli da mandare in orfanotrofio. Il più grande dei sei, William, ha 15 anni e già lavora, potendo contribuire al magro bilancio familiare con sette scellini al mese. Le piccole Cecilia (13 anni) e Elsie (6 anni) possono aiutare Clara ad accudire Miriam. Così la malaugurata scelta cade su Walter e Edward, che lasciano il tetto domestico un brutto giovedì d'inverno, il 24 febbraio 1898.

 

Walter e Edward finiscono al Children's Home & Orphanage, un istituto di Bethnal Green, mesto quartiere a est di Londra dove l'odore del pesce e del mare è sostituito da quello delle ciminiere. Va detto che la vita quotidiana in orfanotrofio non è una tetra faccenda alla Oliver Twist, anzi: i due fratelli riescono spesso a tornare a casa per le vacanze e gli istitutori incoraggiano i rispettivi talenti.

 

Poco prima di riceverli, il Reverendo Stephenson aveva ricevuto una lettera dal parroco di Elham, a otto chilometri da Folkestone: “Il padre di questi due bambini era un negro e di conseguenza loro sono bambini di colore. Non so se ne eravate al corrente: questo fatto può influenzare la vostra scelta?”. Aveva risposto di no, che non faceva alcuna differenza.

 

Walter eccelle negli sport, a cricket e in particolare a calcio, e viene inserito nella squadra di calcio dell'istituto; suo fratello invece ha una voce angelica e trova facile spazio nel coro che esce anche dai confini londinesi per una tournée in tutto il Regno Unito. Si spinge anche in Scozia dove, per fortuna o purtroppo, il piccolo Edward Tull viene notato da una facoltosa famiglia di Glasgow che si commuove sentendosi raccontare la sua storia di orfano: il pater familias è un ricco dentista che decide di adottarlo e permette a Walter di andare spesso a trovarlo. Quando morirà, Edward ne rileverà l'attività ortodontista.

 

Rimasto ancora più solo, Walter impara il mestiere dello stampatore, si dedica al calcio anima e corpo e a 19 anni viene finalmente notato dagli osservatori del Clapton: è sufficiente un breve periodo di prova e dopo tre mesi è già in prima squadra, e lì viene notato niente meno che dal Tottenham, che lo acquista per la somma di dieci sterline. Gioca in attacco, secondo gli schemi piuttosto confusi in voga nel 1908, e nel giugno successivo, a ventun anni appena compiuti, ripercorre al contrario le orme di suo padre, andando alla scoperta dell'America insieme agli Spurs, invitati in una tournée in Argentina e Uruguay dove affronteranno alcune selezioni dei campionati locali.

 


Gioca cinque partite e segna un solo gol, curiosamente all'unica altra squadra inglese presente insieme a loro, l'Everton; le cronache riportano che sia piuttosto benvoluto dai tifosi sudamericani, decisamente più open-minded rispetto ai loro colleghi europei, nonostante i giocatori di colore rappresentino anche lì un'eccentrica rarità.

 

La circostanza è storica: è il primo giocatore professionista nero della storia del football inglese a giocare

, vale a dire non portiere, a differenza del primo nero tout court, Arthur Wharton, che aveva messo insieme una manciata di presenze tra il 1885 e il 1902. Le prime critiche sono ottime, ma non le mettono al riparo dalle brutte esperienze. Il giorno bollato col marchio della vergogna è il 2 ottobre 1909. Un mese prima ha debuttato in First Division a Roker Park, la casa del Sunderland; due settimane dopo ha finalmente calpestato l'erba di White Hart Lane, da protagonista in un 2-2 contro il Manchester United in cui si è procurato e ha trasformato un rigore.

 

Quel primo sabato di ottobre il Tottenham gioca a Bristol e Walter Tull è decisamente “il miglior

in campo”, come scrivono le ricostruzioni dell'epoca, ma dagli spalti rimane prostrato dalla vigliaccheria dei supporter locali il cui insulto più gentile è

, Tull il negretto.

 

La parola

, secondo la versione più accreditata deriva da tale Patrick Hooligan (o Hoolihan), un famigerato irlandese spesso protagonista di risse e furtarelli nella Londra di fine Ottocento. Nelle cronache di fine secolo, per estensione, diventa sinonimo di facinoroso e la parola

viene usata anche da sir Arthur Conan Doyle nel racconto

(1904) che ha come protagonista il suo amato Sherlock Holmes.

 

È probabile che il primo contatto tra questa parola e il gioco del football risalga a quel Bristol-Tottenham, e in particolare a una cronaca del Football Star il cui reporter, scandalizzato dagli insulti, userà la metafora del Billingsgate e scriverà: “

(Lasciatemi dire a quegli hooligans di Bristol che Tull possiede un modo di giocare e di pensare talmente pulito da essere un modello per tutti gli uomini bianchi che giocano a calcio).

 


Una foto del Tottenham 1910-1911. Tull vi compare come ultimo a destra, nella fila più in basso


 

Il filo tra Tull e il Tottenham si spezza improvvisamente. Abbattuto dall'accaduto, Walter perde fiducia nel suo gioco e il suo club, un po' per proteggerlo un po' per il suo rendimento precipitato, lo relega nella squadra Riserve. A ritirarlo fuori dall'oblio ci pensa un genio del football, stoico metodista come lui: il suo nome è Herbert Chapman e sarà l'autore di un bel po' di pagine leggendarie del calcio inglese anni Venta e Trenta, intuendo per primo la svolta tattica insita nel cambiamento della regola del fuorigioco, avvenuto nel 1925, inventando il 3-4-3 e introducendo la figura dello stopper.

 

Ma nel 1911 è un giovane uomo di 33 anni che allena il Northampton e a febbraio si prende una discreta ripassata dalle riserve del Tottenham, in cui Tull detta legge in virtù della sua superiorità fisica e tecnica: nel 7-1 finale Walter recita la parte del leone con una tripletta. Otto mesi dopo, a ottobre, Chapman si ricorda di quella lezione e avanza al Tottenham “una sostanziosa offerta” (il cui preciso ammontare non è mai stato rivelato) per assicurarsi i servigi di Walter Tull, che debutta quattro giorni dopo in campionato contro il Watford.

 

Con la maglia dei

(“i ciabattini”) giocherà 110 partite nella più familiare dimensione della Southern League, la seconda lega inglese per importanza dopo la Football League. Segnerà 9 gol, aiuterà la squadra a raggiungere due terzi posti (nel 1912 e nel 1914) e nel tempo libero darà anche una mano alla squadra di cricket locale, sempre benvoluto e rispettato da tutti.

 


Il 28 giugno 2014 gli appassionati di calcio di tutto il mondo resteranno due ore col fiato sospeso di fronte all'ottavo di finale Brasile-Cile e si stropicceranno gli occhi per la meraviglia dei due gol del colombiano James Rodriguez all'Uruguay. Ma cento anni prima la Coppa del Mondo non era stata ancora inventata e di Mondiale, quel giorno, inizia purtroppo a esserci ben altro: lo studente Gavrilo Princip uccide con due colpi di pistola l’Arciduca Francesco Ferdinando.

 

Il 4 agosto, dopo l'invasione tedesca del Belgio, il Regno Unito dichiara guerra alla Germania. Il Paese si trasforma, e il calcio non può esimersi: il Tottenham, per esempio, viene sfrattato da White Hart Lane per decisione del governo, che trasforma temporaneamente lo stadio in una fabbrica di proiettili e maschere anti-gas; gli Spurs sono costretti ad andare a giocare nell'odiato stadio di Woolwich, la vecchia casa degli arci-rivali dell'Arsenal (che da un paio d'anni si sono trasferiti a Highbury).

 

Il 21 dicembre 1914 Tull è il primo giocatore del Northampton ad arruolarsi volontario ed entra a far parte di un “Footballers' Battalion” che comprende numerosi calciatori provenienti da tutta la nazione. La storia di questo Battaglione è ben curiosa: al contrario dei rugbisti e dei giocatori di cricket, la gran parte dei calciatori è già soggetta ai vincoli del professionismo e, se vogliono servire la patria, devono prima chiedere il permesso alle loro società comprensibilmente riottose.

 



 

I calciatori che entrano a farvi parte sono soprattutto dilettanti, anche se alcuni di loro vantano già numerose presenze in Nazionale come Evelyn Lintott del Leeds e il grande Vivian Woodward, capitano della selezione del Regno Unito due volte medaglia d'oro nel calcio alle Olimpiadi di Londra 1908 e Stoccolma 1912 - costui era anche stato compagno di squadra di Tull ai tempi del Tottenham.

 

Entrano a far parte del Battaglione anche molti comuni cittadini che sono semplici tifosi di calcio londinesi, soprattutto del Chelsea e del QPR, e smaniano per stare sotto le armi con i loro eroi del fine settimana. Tutti loro sono agli ordini del Maggiore Frank Buckley, ex difensore centrale di Manchester City, Manchester United, Birmingham e Derby County, già tenente dell'Esercito e – secondo fonti della Football Association – il primo calciatore a rispondere presente al richiamo della Patria.

 

Il Battaglione fa parte del 17° Middlesex Regiment e all'inizio del conflitto opera in Francia, sul Fronte Occidentale. Tull passa le sue giornate al centro di addestramento militare di Salisbury Plain, vicino al sito archeologico di Stonehenge, e fa in tempo a giocare tre partite con il Fulham prima della partenza, il 18 novembre 1915, località Les Ciseaux, a sedici miglia dalla linea del fronte.

 

Per un paio di mesi sperimenta il logorio dell'attesa di qualcosa che non si sa neanche se arriverà, tanto da scrivere in una lettera a suo fratello Edward che “si suppone che qui ci stiamo riposando, ma in realtà la vita è molto noiosa. La maggior parte dei ragazzi trova molto più eccitanti le giornate in trincea”. I suoi desideri vengono accontentati poco dopo: Tull trova posto molto vicino al fuoco nemico, tanto da assordarsi col rumore dei cannoni anche di notte quando prova a dormire.

 

A maggio Walter viene rimandato a casa per qualche mese e la diagnosi corrisponde all'ancora misteriosa sigla PTSD:

, il risultato di una prolungata esposizione alla guerra vista, e sentita, molto da vicino. Va peggio a Vivian Woodward, colpito alla gamba destra da una bomba a mano: la ferita è piuttosto seria e tuttavia non gli impedisce di farsi rimandare sul fronte nell'agosto successivo, proprio come se fossero calciatori contemporanei alle prese con un fastidioso infortunio.

 

Ma la scorza di Walter Tull è quella di atleta e soldato valoroso, e a settembre è di nuovo sul campo di battaglia, impegnato in un'offensiva complessa e dolorosa come quella sulla Somme, dove due mesi prima è caduto il commilitone Evelyn Lintott, uno dei 20mila soldati rimasti uccisi appena nel primo giorno di combattimento – il che fa del 1° luglio 1916 il giorno peggiore della storia delle Forze Armate Britanniche.

 

La situazione è tesa: due giorni prima, il 18 settembre, gli uomini delle prime linee hanno assistito con terrore all'avvicinarsi di una strana nuvola giallastra di gas. È il fosgene, un nuovo composto di cloro e ossido di carbonio contro il quale non sempre bastano gli elmetti in dotazione alle truppe alleate: è più subdolo del cloro, perché non provoca spasmi e la morte per asfissia può sopraggiungere anche a qualche giorno di distanza. Del Footballers Battalion sono caduti in quattordici.

 


Tull riesce a sopravvivere agli ultimi mesi della Battaglia della Somme, ma a dicembre 1916 fa la conoscenza di una nuova parola: Bartonellosi. È il nome scientifico della cosiddetta “trench fever”, la febbre da trincea che affligge e affliggerà circa il 20% dei soldati inglesi dal 1915 al 1918 – tra gli ammalati illustri anche un certo J.R.R. Tolkien. Dura cinque giorni e per il pieno recupero ci vuole circa un mese: meglio quella, tuttavia, che essere uno dei 420 mila soldati britannici caduti nel giro di quattro mesi. Rimandato a casa in licenza, Tull ha comunque colpito i suoi superiori per il valore e il coraggio dimostrati in trincea, tanto da essersi meritato la promozione a sergente.

 


(Walter Tull, evidentemente, a sinistra)


 

Ma il Manuale di Legge Militare del 1914 vieta di elevarsi oltre il rango di sergente a “

”. Tull, evidentemente, rientra quantomeno nel secondo gruppo. Le pratiche e le esigenze di guerra consigliano di sorvolare su tali principi, seppur tanto categorici. Così, anche se è tecnicamente illegale, dopo essersi rimesso dalla febbre e aver speso sei settimane di licenza assieme alla famiglia, il 6 febbraio 1917 Walter si presenta al decimo Officer Cadet Battalion di Gailes, in Scozia, per iniziare l'addestramento come tenente, il primo tenente nero della storia delle Forze Armate di Sua Maestà.

 

Contemporaneamente trova un accordo con i Rangers Glasgow per andare a giocare da loro a guerra conclusa, in modo da avvicinarsi a suo fratello Edward. Lì rimane fino al 30 maggio, quando viene congedato con il grado di secondo tenente e viene mandato in Italia, primo nero a comandare dei soldati bianchi, sul Piave. E si guadagna ulteriori onori quando, la notte di Capodanno del 1918, guida una squadra di 26 uomini oltre il fiume per un raid in territorio nemico da cui tornano incolumi, sani e salvi, ricevendo un'ulteriore lettera di encomio dal suo generale Sydney Lawford, che ne sottolinea “l'eleganza e la freddezza”.

 

Il suo valore è tale che i vertici dell'esercito lo rimandano sul fronte più caldo e sanguinoso del conflitto: la Francia. A marzo è di nuovo sulla Somme come tenente del 23° Middlesex Regiment, sempre alla guida di quel Battaglione dei calciatori che nel frattempo era stato decimato e ricostituito: a fine guerra, è stato calcolato, avrà perso circa 500 dei 600 uomini che ne hanno fatto parte dal 1914 al 1918.

 

Quella del 1918 è l'ultima primavera della Prima Guerra Mondiale. La Germania sta ormai soccombendo e le migliaia di ragazzi mandati al massacro hanno iniziato a coltivare, come individui ma inconsapevolmente anche come collettività, i germi del risentimento e della rabbia sociale che daranno poi origine ai disastri dei decenni successivi.

 

Lo si vede nel magnifico “Il nastro bianco” di Michael Haneke, il film Palma d'Oro al Festival di Cannes 2009 ambientato subito prima dello scoppio del conflitto, che analizza le cause e le ragioni con impassibile lucidità da entomologo. E in un più popolare romanzo del 1929 di Erich Maria Remarque in cui il protagonista, Paul Baumer, è un giovane soldato idealista che alla fine salta in aria su una granata in un giorno qualunque dell'autunno 1918, talmente qualunque che il bollettino di guerra recita la frase che dà il titolo al libro: “Niente di nuovo sul fronte occidentale”.

 

Il 25 marzo 1918 a Walter Tull viene dato l'ordine di guidare i suoi uomini all'attacco delle linee tedesche in località Favreuil, vicino a un aerodromo in quel momento controllato dal nemico. Lo spazio tra l'ultima trincea francese e la prima trincea tedesca, in gergo militare chiamato “no man's land”, è una distesa d'erba tempestata di filo spinato di distanza variabile tra 50 e 200 metri.

 


Sono i giorni della “Kaiserschlacht”, l'Offensiva di Primavera, ultimo disperato tentativo tedesco per riguadagnare posizioni e provare a ribaltare la guerra: ma per qualche giorno la speranza esiste, ed è di questa che ci si nutre in prima linea. La spedizione è probabilmente inutile, estremamente rischiosa, tendente al suicidio: in quei giorni il Battaglione soffrirà gravi perdite accertate, senza contare l'alto numero di scomparsi e mai più ritrovati.

 

Dopo pochi passi, a 29 anni, 10 mesi e 25 giorni Walter Tull viene centrato da un proiettile alla testa. Muore sul colpo. I suoi uomini cercano invano di riportare il cadavere nelle trincee inglesi, resistendo al fuoco delle mitragliatrici tedesche. Uno di loro è il soldato Tom Billingham, portiere del Leicester Fosse (l'antico nome dell'attuale Leicester, che inizierà a chiamarsi così nel 1919), ma i suoi sforzi non portano a nulla: il corpo viene abbandonato sul campo di battaglia.

 

Il 17 aprile 1918 Edward Tull riceve una lettera dall'esercito. La scrive un certo Tenente Pickard, che lo informa dell'accaduto. “Mi lasci dire quanto suo fratello era popolare presso i suoi uomini. Era coraggioso e coscienzioso, il suo nome era stato segnalato per la Croce Militare e se la sarebbe certamente guadagnata. Il Comando Militare aveva totale fiducia in lui, così come i suoi uomini. Ha pagato con il sacrificio supremo; il Battaglione e la Compagnia hanno perso un ufficiale fedele; io, personalmente, ho perso un amico”.

 

Più volte segnalato per la Military Cross, non la riceverà mai neanche postuma – le restrizioni sui

che abbiamo letto continueranno a esistere anche fino alla Seconda Guerra Mondiale. Così come non sarà mai ritrovato il suo corpo, mentre il suo nome compare oggi tra le 34.785 lapidi del vicino Cimitero di guerra di Arras: di tutti loro non si conosce la sepoltura.

 

Tracce di Walter Tull si trovano in tutta l'Inghilterra, in forma molto discreta e a volte misconosciuta, a cominciare da un piccolo memoriale di guerra a Dover, non lontano dai suoi luoghi natali. Fuori dal Sixfields Stadium di Northampton è esposta una lastra commemorativa; il suo ex club gli ha dedicato la

, la strada che porta allo stadio.

 

Per la lenta operazione di riscoperta del suo valore storico e calcistico bisogna invece ringraziare Phil Vasili, uno storico che nel 2010 gli ha dedicato una documentata biografia da cui sono tratte molte delle annotazioni presenti anche in questo pezzo. Si chiama

ed è all'origine delle tante commemorazioni della figura di Tull, on line e nella realtà, avvenute quest'anno. La sua enorme vicenda abbraccia lo sport, il razzismo, la povertà, la giustizia sociale, la guerra: per i motivi che sono sotto gli occhi di tutti, non è mai stata così attuale. E va oltre.

 

Proprio in

, a un certo punto si legge: “Divenimmo duri, diffidenti, spietati, vendicativi, rozzi; e fu un bene: erano proprio quelle le qualità che ci mancavano. Se ci avessero spedito in trincea senza quella preparazione, i più sarebbero impazziti”. Invece Walter Tull non impazzì, e non perse mai fiducia, gentilezza, umanità. Nonostante il finale tragico, la sua parabola umana possiede qualcosa di miracoloso.

 

 

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