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Il calcio immaginato da Virgil Abloh
30 nov 2021
30 nov 2021
Una delle persone più influenti per l'immagine del calcio contemporanea.
(articolo)
6 min
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Tra i tanti post di commiato di queste ore, ce n’è uno di Marco Fasolini, uno dei fondatori di Studio Temp, che negli ultimi anni ha lavorato al fianco di Virgil Abloh per Louis Vuitton. Nel carosello celebrativo, c’è un post, accompagnato da una frase, che ritrae uno dei tanti gadget del brand francese degli ultimi anni. Un orologio da muro, con le lancette che scorrono in senso anti-orario. La didascalia è: «Ora capisco perché volevi che le lancette dell’orologio girassero all’indietro».

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Un post condiviso da Marco Fasolini (@marcofasolini)

Il significato delle lancette che scorrono al contrario non lo sappiamo, in parte può essere davvero per la corsa contro il tempo di un uomo che in questi giorni viene descritto ovunque come un eterno entusiasta, sempre pronto a buttarsi in ogni esperienza possibile, anche quando non ne aveva forse le abilità (vedi il suo tentativo di fare il deejay); un uomo che a un certo punto scopre di avere un tumore, tra l’altro non uno di quelli “comuni”, ma una merda tra le merde, un tumore al cardio.

Il movimento di quelle lancette può essere utile a descrivere il processo creativo di Virgil Abloh: uno sguardo all’indietro con lo spirito del tempo sempre sotto osservazione. Il 2017 è stato l’anno in cui la nostalgia si è presa tutto, come scritto su The Ringer: Stranger Things, il ritorno delle retro-console, It che sbanca al botteghino, i Simpson che fanno un bilancio per celebrare i propri 25 anni e poi lui, Virgil Abloh, che forse per una delle prime volte nella storia, porta Nike a fatturare di più con le riedizioni delle scarpe piuttosto che con le nuove uscite. Non c’era spazio per il futuro, c’era voglia di passato e di rassicurazione.

Il suo lavoro nel mondo del calcio era inevitabile anche per questa ragione: uno sport che ama vivere di nostalgia, e che al contempo ha un bisogno disperato - culturale, commerciale - di proiettarsi nel futuro. Virgil Abloh dice di aver sempre giocato a calcio, e per il calcio aveva una fascinazione sincera di quelle che sembrano confinare col naïf. Prima dei Mondiali in Russia del 2018 Nike gli ha chiesto una collaborazione da cui è nata la linea “Football Mon Amour” in collaborazione con Off-White. «La cosa bella del vocabolario e della storia del calcio è che ha un’estetica tutta sua». La linea è un buon esempio del gusto di Abloh, che tentava di riattualizzare la nostalgia.

In occasione della collaborazione esce un’intervista per Highsnobiety in cui parla di cosa lo colpisce del calcio. È un’intervista promozionale, di quelle probabilmente realizzate su un set mentre i protagonisti erano impegnati in un milione di attività e almeno nel doppio dei pensieri, ma la risposta su cosa lo colpisca sembra sincera: «Mi piaceva molto la maglia del Chelsea con le maniche lunghe. O quella dello United, ovviamente. Ero sempre incuriosito dai loghi al centro del petto - JVC, Carlsberg. Ora, col senno di poi, pensando alla posizione di queste grafiche nelle divise, c’è qualcosa di unico nei kit da calcio. Un po’ come nelle corse automobilistiche. Fanno parte di un linguaggio. È decisamente un aspetto intrigante».

La risposta sintetizza il pensiero di Abloh. Il primo lato della medaglia è quello romantico e nostalgico: oggi è impossibile, credo proprio non vengano neanche più prodotte, vedere una partita con qualche protagonista vestire una maglia a maniche lunghe. Le maglie termiche tono su tono hanno annullato il senso della doppia divisa (la sua versione invernale), togliendo ai giocatori personalità.

Il secondo è il lato strettamente legato al marketing, alla sostenibilità del calcio: gli sponsor sulle maglie. Come molti dei progetti di Virgil, però, anche il lato marketing ha un aspetto nostalgico e in qualche modo romantico. Prendendo l’esempio più recente in Italia, che segue in qualche modo un trend europeo, l’abbandono dopo vent’anni dell’Inter da parte di Pirelli in favore di Socios.com, uno dei tanti sponsor di criptovalute sulle maglie delle squadre europee, fa parte di una sorta di processo di perdita di identità. Anche quelli che a conti fatti sono banner pubblicitari, sono entrati nel discorso estetico legato al calcio e all’identità dei club.

La collaborazione con Nike è poi proseguita con le collezioni ATHLETE IN PROGRESS e TRACK&FIELD, lanciata con un evento che ha cercato di unire sport e Takeshi’s Castle, il grottesco format televisivo giapponese degli anni ‘80. Dodici squadre si sono sfidate in prove di atletica indossando la nuova collezione.

Il suo più grande contributo al campo da calcio è stato il redesign delle Mercurial, che rappresentano il sunto della sua filosofia, che coniuga funzionalità e omaggio al passato. Nessun grande cambiamento, nessuna grande rivoluzione, solo due pallini, posti in prossimità dei punti del piede in cui un calciatore si pensa debba colpire il pallone. Un mix tra la ricerca estetica e quella dei dati, in un periodo in cui il calcio è diventato sempre più analitico. Una delle grandi capacità di Virgil Abloh, del resto, era quella di saper leggere lo zeitgeist.

Ma il più grande potere di Virgil Abloh è stato quello ispirazionale. Proprio come una delle figure a cui viene più spesso associato, Kanye West, la vera forza di Virgil era quella di saper scegliere le persone giuste di cui circondarsi e da ispirare. I primi nomi che vengono in mente legati a Off White o a un’amicizia con il designer di Louis Vuitton sono Marcus Rashford e Romelu Lukaku. Dopo la vittoria del recente scudetto Abloh postò diverse foto con la maglia dell’Inter, e una proprio con Lukaku, lasciando ai tifosi lo spazio per fantasticare una collabo tra Off-White e il club.

Mentre Kylian Mbappé scriveva questo tweet, Kanye West celebrava uno dei suoi Sunday Service in memoria del suo amico, collega, nemico per un periodo e ispirazione con cui iniziò il percorso nel design da Fendi, l’uomo che ha portato un approccio completamente diverso alla moda, non un designer, ma un creativo. “The fastest photoshop artist”, lo definiva Kanye. Una definizione perfetta.

Virgil Abloh, dunque, è una figura importante a livello culturale. Se oggi la moda è sempre più legata allo streetwear non è solo per merito suo, ma è anche grazie a lui. Non è un semplice cambio estetico, è un cambio di paradigma e di approccio, che lo porta a pensare al valore delle collaborazioni, alla dismissione delle formalità; non è un trend, è una filosofia. Basti pensare al suo primo approccio con il Liverpool, avvenuto attraverso una storia Instagram, un modo inedito per sedersi al tavolo e parlare, ma perfettamente figlio del tempo. Virgil ha portato Hector Bellerin a sfilare per Louis Vuitton, ha permesso di accendere i riflettori su cause come quella dei Melting Passes, una squadra della periferia di Parigi costituita da rifugiati dell’Africa dell’Ovest, a cui Virgil disegnò le divise.

Il rumore causato dalla sua morte dimostra la forza della sua figura, e ci lascia il rimpianto di cosa ci siamo persi.

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