
In programma per il Monday Night di Premier League c’era un classico del calcio inglese, Liverpool – Manchester United, non solo due delle favorite di inizio stagione ma anche, sulla carta, la squadra forse più in forma del campionato (con 18 gol segnati e 6 vittorie nelle ultime 7 partite), contro uno United sempre più simile all’ideale di Mourinho, sceso in campo con la maglia blu da trasferta rendendo ancora più calzante il paragone con il suo Chelsea d’antan.
Mourinho, che aveva tre punti di ritardo rispetto al rivale Klopp, non aveva fatto mistero del fatto che avrebbe difeso anche con undici uomini; e anche se in realtà Ibrahimović è rimasto sovente fuori inquadratura nelle prolungate fasi di difesa organizzata del Manchester, si sono quasi sempre visti 10 uomini, De Gea compreso, dietro la linea della palla. E fin dalle prime battute l’atteggiamento della squadra di Mourinho è stato chiaro.
Il pragmatismo hardcore di Mourinho
Nel 4-2-3-1 del tecnico portoghese, Young scalava spesso dalla linea dei trequartisti a quella dei difensori, con il compito di marcare Clyne; allo stesso modo sull’altro lato era Rashford, anche se con minore disciplina, a contenere le sgroppate di Milner. In attacco il loro compito era quello di stare il più larghi possibili, per costringere il Liverpool a scalare da un lato all’altro del campo, guadagnando più tempo possibile tra una pressione e l’altra del Liverpool (con e senza palla) ma anche allungando le distanze al punto che diventava difficile creare connessioni con i centrocampisti.

Il Manchester United costruisce sul centro-destra prima di un (fallito) cambio di gioco su Rashford che costringe il Liverpool a scivolare verso il lato opposto del campo, ma più per perdere tempo che per creare situazioni realmente pericolose.
Herrera e Fellaini hanno formato la coppia di centrocampisti davanti alla difesa, mentre Pogba è stato schierato da trequartista a spese di Rooney, rimasto per 77 minuti seduto in panchina. Erano in molti a ritenere Pogba inadatto al ruolo di mediano in cui era stato proposto da Mourinho fin qui, in un ruolo che ne limitata l’influenza in fase offensiva; ma se Mourinho lo ha avanzato non è stato perché ha ascoltato i suoi critici, ma piuttosto per la fisicità del centrocampista francese, utile per non lasciare Ibrahimović solo a lottare sui palloni lunghi e difendere palla il più lontano possibile dalla propria porta.
In difesa, poi, Pogba si allineava allo svedese nel 4-4-2 adottato dallo United in fase di pressing, per disturbare la costruzione bassa del Liverpool e costringere uno tra Henderson e Can a scalare in mezzo ai centrali, prima di arretrare in linea con gli altri due centrocampisti quando il Liverpool riusciva a superare la prima linea di pressione.
Tutte le volte che la squadra di Klopp cercava di uscire palla al piede Pogba e Ibra dovevano impedire ai centrali di ricevere, per cui uno dei centrocampisti del Liverpool doveva necessariamente operare la salida lavolpiana al fine di ristabilire la parità numerica. I centrocampisti rimanenti, a cui spesso si aggiungeva uno tra Mané e Firmino, venivano marcati a uomo ogniqualvolta entravano nella zona di Herrera e Fellaini. In questo modo per il Liverpool si complicava la trasmissione della palla dalla difesa al centrocampo e costringeva i centrocampisti a ricevere il pallone nello stretto, con il pressing dello United che si faceva massimo a centrocampo, anche con il coinvolgimento di Young e Rashford, soprattutto quando i terzini del Liverpool rimanevano più bassi, a loro volta risucchiati all’indietro dalle difficoltà in uscita dei compagni.

Il Liverpool ha tre linee da tre uomini disposte praticamente in orizzontale e tutti i giocatori più avanzati sono marcati a uomo. In questa situazione non c’è possibilità di penetrare le linee avversarie.
I limiti di Klopp
Il Liverpool, orfano di Wijnaldum e Lallana (entrato solo dopo un’ora di gioco), è stato praticamente annullato per tutto il primo tempo, in cui ha effettuato due soli tentativi verso la porta avversaria. Senza le due dinamiche mezzali ha perso di imprevedibilità, con Can e Henderson che a volte si pestavano persino i piedi, e un Coutinho volenteroso ma limitato dal fatto di giocare mezzala, un ruolo non propriamente suo. A volte anche gli uomini più avanzati, forse frustrati dalle difficoltà a creare della squadra, o forse semplicemente desiderosi di aiutare i compagni, si abbassavano anche molto, svuotando la trequarti e l’attacco, facendo il gioco di Mourinho, che voleva tenere il più lontano possibile l’avversario dalla propria porta.

Henderson è in mezzo ai centrali e anche Coutinho si abbassa vanificando l’avanzamento di Milner. Anche Mané e Firmino si trovano all’altezza del cerchio di centrocampo e Sturridge rimane isolato in avanti.
Insomma, si sono riproposte le criticità del Liverpool di Klopp contro un pressing mirato sulla fase di uscita e i problemi nel disorganizzare difese arroccate negli ultimi venti metri, con l’alibi di avere in campo un solo centrocampista titolare.
Sturridge è rimasto quasi sempre isolato, solo contro i quattro difensori dello United, che grazie all’arretramento dei due esterni a formare una linea da sei, potevano concentrarsi sulla difesa del centro dell’area di rigore. Visto quanto ha funzionato bene fin qui l’attacco con Firmino centravanti, è stata anche una scelta inaspettata quella di Klopp di schierare un centravanti “vero”, che dava un punto di riferimento a una difesa che invece andava scardinata facendo uscire i difensori dalle proprie posizioni. Non è un caso che quanto di meglio costruito dal Liverpool si sia visto nel secondo tempo, con Lallana che ha rilevato Sturridge e l’ex Hoffenheim che si è messo al centro dell’attacco.

Sturridge è solo contro i quattro difensori dello United, diventati sei con la scalata di Young e Rashford. La struttura del Liverpool impedisce ancora una volta di superare le linee avversarie.
Nella ripresa il Liverpool ha guadagnato la metà-campo avversaria con maggiore facilità, anche grazie al calo fisiologico d’intensità dello United, che gli ha permesso di uscire con più facilità dalla difesa palla al piede, senza far abbassare i giocatori offensivi. Ciò, almeno a tratti, ha garantito alla formazione di Klopp una migliore occupazione della trequarti avversaria, ma non è bastato per trovare la via del gol, vista anche la serata di grazia di David de Gea.

Viene da dire che, salvo imprevisti, lo 0-0 fosse quasi inevitabile. Lo United ha chiaramente giocato per portare a casa un punto, tanto da registrare appena il 35% di possesso palla, un record negativo per il club nella storia della Premier League (da quando si prendono le statistiche, ovviamente). Mourinho per tutta risposta, ha affermato che il suo “uomo” gli ha comunicato un dato di possesso del 42%, scaricando le responsabilità del magro spettacolo visto in campo sulle spalle di Klopp, a suo dire troppo conservativo a fronte dei due soli tiri in porta.
Sui giochetti psicologici e partite di questo tipo il portoghese ci ha costruito una carriera, ma a questo punto viene da chiedersi se è veramente questa tattica speculativa quella giusta per portare alla vittoria la squadra più costosa della storia, la cui distanza dalla vetta rimane di cinque punti. Come sempre si parla a fine stagione, ma per ora è fin troppo facile indicare quanto e sotto quanti punti di vista lo United abbia deluso.