Venerdì scorso Roberto Mancini ha diramato la lista dei convocati per le partite con Portogallo e USA. Puntualmente, molti tifosi non hanno potuto fare a meno di manifestare il proprio disappunto. Il pomo della discordia stavolta è stato la chiamata di Vincenzo Grifo, trequartista dell’Hoffenheim. Si è discusso in particolare sulla tempistica della convocazione. Grifo un paio d’anni fa era trascinatore del Friburgo e sul web c’era qualche articolo in cui ci si chiedeva se Ventura lo avrebbe mai convocato. Oggi invece l’attaccante italo-tedesco non è un titolare e viene da una stagione in ombra al Borussia Monchengladbach. Un po’ per il nome poco conosciuto, un po’ per il suo minutaggio, sono stati in molti a invocare al suo posto Belotti o El Shaarawy.
Se non ci concentriamo troppo sui tabellini la convocazione di Grifo ha una sua coerenza. Innanzitutto per il contesto: Mancini ha stilato una lista di ventisette giocatori, quattro in più rispetto a quelli consentiti dalla FIFA in occasione di Mondiali ed Europei. Il ct ha quindi voluto conoscere da vicino giocatori che, magari per qualche aspetto particolare, hanno attirato la sua attenzione. Così si spiega anche la convocazione di Tonali, un classe 2000 senza nessuna presenza in Serie A. In più, va considerata l’influenza di Alberigo Evani: il vice di Mancini, allora CT dell’U-20, aveva già convocato l’italo-tedesco nel 2013. Probabile che, data la sua maggior conoscenza del giocatore, sia stato lui a sponsorizzarne la chiamata.
La convocazione di Grifo quindi nasce da un contesto particolare, ma non è detto che le sue caratteristiche non potrebbero tornare davvero utili alla Nazionale. Da un punto di vista tecnico la sua presenza è coerente col progetto di squadra che sembra avere in mente Mancini. Nelle ultime due partite l’Italia ha mostrato l’idea di costruire una squadra fondata sulla tecnica e il controllo del pallone. Una scelta che, già contro la Polonia, ha scaldato il rapporto ormai gelido tra opinione pubblica e Nazionale. Grifo in questo senso ha le caratteristiche per soddisfare le richieste di Mancini, anche meglio di giocatori più reclamizzati ma meno funzionali come Belotti.
Chi è Grifo
Di padre siciliano e madre pugliese, Grifo è un grande tifoso dell’Inter, in cui sogna un giorno di poter giocare. Sulla nazionalità non ha dubbi: «A casa ho sempre parlato italiano che so perfettamente. Per questo mi sento, anzi, sono italiano. Ho il passaporto italiano, non quello tedesco». È un classe ’93 ma è appena alla terza vera annata in Bundesliga.
Cresciuto nell’Hoffenheim, sboccia definitivamente durante la stagione 2015/16, quando con quattordici gol e quindici assist trascina il Friburgo in Bundesliga. È una delle stelle della squadra, insieme a Maximilian Phillip e Nils Petersen; quell’anno la stampa lo paragona, scherzosamente, a Cristiano Ronaldo, per la sua efficacia nei calci di punizione. L’anno dopo arriva finalmente la Bundesliga e Grifo non sembra soffrire il salto di categoria. Le sue prestazioni convincono il Borussia Monchengladbach a sborsare sei milioni per acquistarlo. Grifo però inizia male e, a causa di alcuni problemi fisici, non riesce mai a imporsi come titolare: risente di una concorrenza più agguerrita nel suo ruolo e di un sistema di gioco che non lo responsabilizza come a Friburgo. Così quest’estate torna all’Hoffenheim, curioso di confrontarsi con un allenatore all’avanguardia come Nagelsmann.
Qui Grifo partecipa a un challenge sulle punizioni.
Grifo quest’anno è partito titolare solo una volta, contro il Leverkusen, match in cui ha timbrato un gol su rigore e un assist (sarebbero due, ma il primo è un passaggio corto da calcio d’angolo). A inizio campionato spesso non rientrava nelle rotazioni, mentre ora Nagelsmann lo inserisce negli ultimi trenta minuti in una posizione ibrida tra mezzala e trequartista tipica del suo 3-5-2.
Grifo quindi ha avuto bisogno di tempo per assimilare i concetti di un sistema così definito come quello dell’Hoffenheim. In più, ha dovuto fare i conti con una posizione nuova e con consegne diverse rispetto a quelle a cui era abituato. «Ad Hoffenheim (al suo esordio nel 2012 n.d.r.) mi hanno spostato a sinistra nel 4-4-2, posizione in cui poi ho giocato a Friburgo. Da lì posso sempre rientrare verso il centro, cosa che ha funzionato incredibilmente bene a Friburgo».
La partita contro il Bayer Leverkusen, con gli assist e il gol di Grifo.
Cosa offre Grifo
A Friburgo in effetti si è vista la miglior versione di Grifo. Pur partendo da sinistra, aveva la facoltà di muoversi verso il lato opposto per creare superiorità numerica e aiutare la squadra in fase offensiva. In questo modo poteva toccare più palloni e assumersi molte responsabilità. Durante la prima stagione in Bundesliga, tra i giocatori del Friburgo è stato il primo per tiri tentati su azione (1,5, se si considerano anche i calci piazzati è ottavo in tutto il campionato) e passaggi chiave (2,4, addirittura quarto in Bundesliga, una statistica però dopata da angoli e punizioni) e terzo per dribbling riusciti (1,2).
La centralità di Grifo sta tutta nel suo piede destro, in particolare nel modo in cui riesce a calciare il pallone con l’interno. Se da sinistra riesce a convergere per calciare in porta allora diventa un calciatore davvero pericoloso. Non dà troppo effetto al pallone, ma pur tirando di piatto riesce ad imprimere una buona potenza e, soprattutto, traiettorie insidiose, a foglia morta, col pallone che non gira troppo ma si abbassa avvicinandosi al secondo palo.
Una capacità balistica che gli permette di essere uno specialista di angoli e punizioni. Anche in contesti più competitivi come Monchengladbach e Hoffenheim è sempre lui la prima scelta sui calci piazzati. In un calcio come quello delle nazionali, dove spesso è difficile organizzare nei minimi dettagli la fase offensiva, le palle da fermo possono essere un’arma affilatissima; ce lo ha insegnato lo scorso Mondiale, ma anche Polonia-Italia, sbloccata solo grazie a un corner. Grifo allora potrebbe essere davvero un’arma in più per Mancini, uno specialista in contesti chiusi, in cui punizioni e angoli diventano preziosissimi. Senza considerare le doti balistiche con palla in movimento; avere qualcuno in grado in grado di rientrare sul piede forte e calciare dai venti metri è un lusso in una Nazionale a cui, nelle ultime due partite, forse è mancata un po’ di profondità una volta giunta al limite dell’area.
Anche Nagelsmann deve aver pensato ai vantaggi generati da Grifo a palla ferma al momento del suo acquisto. Il tecnico tedesco però, come detto, non lo fa partire dall’esterno ma in una posizione più centrale. A occupare il campo in ampiezza nell’Hoffenheim ci pensano i quinti di centrocampo, ovviamente anche con compiti difensivi, perciò Grifo ha dovuto necessariamente cambiare posizione. La scelta di Nagelsmann comunque sembra sposare bene alcune peculiarità di Grifo, anche perché gli permette di giocare in una zona in cui transitano più palloni e quindi di partecipare di più al possesso, come ai tempi del Friburgo.
Così, si evita di relegarlo agli isolamenti in fascia tipici del Borussia di Hecking. Pur avendo giocato da ala, Grifo non è uno specialista del dribbling né ha la velocità per puntare continuamente l’avversario in uno contro uno. In zona centrale invece grazie al piede educato può appoggiarsi con più facilità ai compagni e non è escluso che nella nuova posizione possa sviluppare meglio aspetti del suo gioco forse un po’ impigriti sulla fascia. Vero, con le ricezioni larghe e aperte è più facile rientrare per calciare in porta. Però Grifo può trovare altri modi per rendersi utile; sembra lo stia capendo, e così si spiega la parabola del suo minutaggio con Nagelsmann.
Nelle prime cinque giornate aveva disputato solo quarantacinque minuti, tutti contro il Bayern Monaco. Dalla sesta in poi, ha iniziato ad entrare con continuità. «Julian è molto creativo durante gli allenamenti, devi ascoltarlo attentamente e seguire molte regole. Ti trovi davanti costantemente nuovi concetti e nuovi dettagli. Certo, all’inizio non è facile, ma se ci lavori per due o tre mesi ti entrano in testa», aveva detto in un intervista nel precampionato, consapevole di non poter apprendere subito tutti i segreti di un sistema di gioco peculiare come quello di Nagelsmann.
Grifo si muove nella zona tra centrocampo e attacco. In base alla situazione di gioco deve decidere se restare più vicino al centrocampo o alzarsi sulla trequarti; nella stessa partita Grifo può essere alternativamente mezzala o trequartista. La particolarità è che Nagelsmann lo ha schierato anche sul centro destra, in una zona in cui non può rientrare per calciare col destro. Se non può tirare, da quella zona però può sfruttare il piede forte per partecipare al palleggio: Grifo ha tecnica a sufficienza per scambiare il pallone anche a ritmi sostenuti. Il fisico ben strutturato gli permette di resistere ai contrasti, più frequenti se si indirizza il possesso nella fascia centrale del campo.
Sulla fascia Grifo non ha un grande spunto ma è tecnico negli spazi stretti, dove è bravo a evitare la pressione avversaria. L’assist firmato lo scorso anno contro l’Hoffenheim, miglior partita di Grifo con la maglia del Borussia, è un capolavoro di controllo nello stretto. In questa azione non fa altro che reagire alle scelte dei difensori: prima Posch si fa incontro per chiudergli il destro, temendo la conclusione; lui allora sposta il pallone dal destro al sinistro con una croqueta alla Iniesta. Geiger allora prova a metterci una pezza con un tackle un po’ avventato. Grifo, prima di avvicinarsi troppo all’uomo, pettina il pallone con la suola per portarselo sul sinistro ed evitare l’avversario. A quel punto però è in un imbuto, perché Vogt lo attacca frontalmente e Demirbay alle spalle sta per saltargli addosso. Vogt però ha lasciato scoperto lo spazio alle sue spalle, dove c’è Ginter tutto solo. Grifo fa un altro piccolo tocco col sinistro per sistemarsi la palla sul destro, in modo da poter percorrere il cunicolo rimasto tra le gambe di Vogt e Demirbay e servire il compagno che, davanti al portiere, appoggia in rete.
Cosa ne farà Mancini?
La capacità di Grifo di partecipare con precisione al giro palla è un’altra caratteristica potenzialmente utile per Mancini. Contro Ucraina e Polonia l’Italia ha sempre cercato di giocare il pallone, anche in spazi stretti. Da questo punto di vista Grifo non dovrebbe avere difficoltà a dialogare con Verratti, Insigne e Jorginho.
Inoltre, sta venendo fuori un buon talento per le verticalizzazioni: grazie alla sensibilità del destro, Grifo sta prendendo confidenza con i passaggi verso le punte spalle alla porta. Forse non un requisito fondamentale per un’Italia con Insigne punta, ma una qualità utilissima per un sistema come quello dell’Hoffenheim, che spesso poggia sulle ricezioni di Joelinton e Szalai.
La convocazione di Grifo quindi non è del tutto insensata, anche dal punto di vista difensivo. Nelle ultime amichevoli era evidente l’intenzione di recuperare palla subito dopo aver perso il possesso, con Jorginho a guidare il pressing dal centrocampo: forse l’unico modo per sostenere quel tipo di centrocampo e magari un modo in più per provare ad attaccare, grazie al recupero palla in zone pericolose. L’Hoffenheim è una squadra che applica con costanza la pressione alta sugli avversari, quindi Grifo è già abituato ad agire in un sistema difensivo di questo tipo.
Insomma, è vero che la convocazione di Grifo è sorprendente, osservando le sue caratteristiche potrebbe essere un giocatore utile per la causa di Mancini. Difesa in avanti e abitudine al palleggio sembrano essere le strade prescelte dal CT. Anche la convocazione di una mezzala tecnica come Sensi rientra in questo disegno. Si tratta comunque di una lista allungata di convocazioni e, con tutte le ali a disposizione, non è detto che Grifo riesca a giocare. In ogni caso per Mancini è utile poter testare un giocatore coerente con il suo progetto. La convocazione di Grifo, in questo senso, potrebbe essere tutt’altro che casuale.