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I due tempi di Villarreal-Liverpool
04 mag 2022
04 mag 2022
Alla squadra di Emery non è bastato un primo tempo perfetto.
(articolo)
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Pochi minuti dopo il fischio finale ad Anfield, le telecamere si sono soffermate sui tifosi del Villarreal in trasferta, intenti a cantare “se puede” - si può fare - nonostante avessero appena visto il Liverpool dominare in lungo e in largo la propria squadra per novanta minuti. Al microfono Unai Emery elencava gli errori della sua squadra in quella semifinale d’andata promettendo che, allo Stadio della Ceramica, le cose sarebbero andate diversamente. In effetti, nonostante il risultato finale, si può dire sia andata proprio così: per 45 minuti il Villarreal ha avuto la meglio sul Liverpool di Klopp, una, se non la, delle squadre più infernali della stagione, in corsa per uno storico filotto di quattro successi in quattro competizioni. E non sarebbe stata la prima volta: la squadra di Emery aveva avuto ragione, in modi diversi, di Juventus e Bayern, dimostrando di essere in grado di accorciare il gap di soldi e blasone grazie a una proposta di gioco mutevole e spesso tatticamente perfetta.

Non è bastata però la mistica dell’impresa, la cornice dello stadio di casa nella notte stellata della Comunità valenciana, una prestazione ai limiti della perfezione che aveva azzerato lo svantaggio in appena quaranta minuti e lasciato intontiti i Reds. Dopo l’intervallo il Liverpool è rientrato come se nulla fosse e, con il suo calcio fatto di pressione costante e qualità dei singoli, si è ripreso con ferocia il posto in finale, la terza da quando Klopp siede in panchina.

La furia gialla del primo tempo

Entrambe le squadre avevano due differenze nell’undici di partenza rispetto all’andata. Klopp ha inserito Naby Keita al posto di Henderson come interno di destra e Jota al posto di Luis Diaz, in posizione di ala sinistra. Emery, invece, poteva contare su Gerard Moreno in attacco ma ha perso Danjuma, sostituito da Boulaye Dia. Più dei cambi però, a segnare una netta discontinuità con la partita di andata è stato l’atteggiamento del Villarreal, partito immediatamente con un pressing asfissiante e un baricentro molto alto, cercando di forzare l’errore del Liverpool e di alzare da subito i ritmi della partita. La partenza a spron battuto dei sottomarini gialli non ha solo amplificato l’effetto “fattore casa”, portando lo stadio a infuocarsi fin dal calcio d’inizio, ma ha pagato subito: l’azione del gol dell’1-0, arrivato dopo appena 3 minuti, nasce da una pressione fortissima sulla costruzione bassa del Liverpool che aveva forzato un lancio lungo di van Dijk.

All’andata il Villarreal aveva limitato le corse in avanti ad aggredire il Liverpool. Lo aveva fatto per non scoprirsi e non cadere nelle trappole della squadra di Klopp, solitamente molto abile nello sfruttare gli spazi alle spalle degli avversari. Emery aveva cercato di “tappare il centro del campo” per impantanare gli avversari, ma non aveva funzionato: il Liverpool era stato capace di prendersi la supremazia territoriale e infilarsi nei pochi spazi a disposizione, producendo diverse occasioni. Il fallimento di questo piano e la conseguente necessità di ribaltare lo svantaggio hanno portato Emery a scegliere una strategia molto più coraggiosa ieri sera, arrivando ad aggredire uomo fin dentro la trequarti avversaria e accettando di giocare con parecchio campo alle spalle della linea difensiva, nonostante la presenza del velocissimo tridente di Klopp. Il blocco fluido di pressione del Villarreal vedeva le due punte Dia e Moreno scivolare in orizzontale per chiudere un lato del campo ai difensori del Liverpool in impostazione, Parejo e Capoue regolarsi sui movimenti di Fabinho e Thiago Alcantara, Coquelin su Alexander-Arnold e Lo Celso più basso, data la posizione molto alta di Robertson, a formare spesso una linea a 5. Chiaramente, con una pressione così intensa, era difficile scorgere una struttura definita, e tutto sembrava più che altro orientato a chiudere le soluzioni ravvicinate al portatore.

Il Liverpool ha fatto molta fatica a giocare in questo contesto. È difficile dire se perché non si aspettavano questo tipo di partita, o se perché non sono stati in grado di fronteggiarla per la bontà del lavoro della squadra di Emery. Fatto sta che il Liverpool si è adattato ai ritmi folli imposti dal Villarreal, cercando a sua volta di aggirare la pressione andando in maniera offensiva in verticale, cercando le corse di Salah, Jota e Mané appena possibile, provando a sfruttare i lanci o i cambi gioco di Thiago e Alexander-Arnold. Il Liverpool, cioè, ha risposto cercando combinazioni molto rapide e dirette per sfondare in avanti con ambizione, invece di provare a rallentare il gioco, spegnere l’ardore degli avversari. La difesa del Villarreal, sempre alta e aggrappata alle letture di Raul Albiol, si è dimostrata all’altezza del compito che Emery gli aveva affidato, almeno nei primi 45’, togliendo così al Liverpool la sua coperta di Linus, ovvero la ricerca in profondità delle tre punte, per venire fuori dalle difficoltà.

Questo continuo allungamento delle giocate non ha fatto altro che frammentare i possessi del Liverpool e dar modo al Villarreal di recuperare il pallone, impostando poi la manovra con una calma che sembrava in netto contrasto con l’atteggiamento frenetico e vorace del pressing. Come al solito, Parejo andava a formare il vertice alto di un triangolo con i due difensori centrali, mentre i terzini salivano. Più avanti Capoue e Coquelin occupavano quasi la stessa linea, mentre Lo Celso si stringeva parecchio, così come Dia dall’altro lato al fianco di Gerard Moreno, lasciando dunque la fascia prevalentemente alle avanzate dei terzini.

Questo assetto ha contribuito a creare ulteriori incertezze al Liverpool, che una volta tanto ha avuto difficoltà nel pressare in avanti. Quando Jota (che col passare dei minuti si era posizionato quasi stabilmente al centro dell’attacco scambiandosi con Mané) si sganciava per pressare il difensore o il portiere in possesso cercando di orientare il palleggio verso l’esterno, Parejo veniva seguito da Naby Keita, mentre Thiago stava su Capoue e Fabinho aveva il compito di dare copertura. A far saltare l’equazione era la posizione di Coquelin, che partendo davanti alla zona di competenza di Alexander-Arnold finiva poi per accentrarsi, non seguito dal terzino, in uno spazio difficilmente difendibile per il Liverpool dato che le due punte occupavano entrambi i centrali.

La posizione stretta dei giocatori più avanzati, inoltre, era un appiglio comodo per giocare con aggressività sulle seconde palle qualora la manovra si fosse sviluppata con un lancio lungo, soluzione che Rulli impiega frequentemente specie nelle rimesse dal fondo. Anche se non sono risultate direttamente in un gol, queste situazioni hanno minato anche le certezze in pressing della squadra di Klopp, fomentando l’ambiente e mettendo i presupposti per il gol del raddoppio di Coquelin, arrivato sugli sviluppi di una palla lunga di Pau Torres verso Capoue in posizione laterale, che aveva approfittato dello spazio aperto dall’accentramento di Lo Celso.

Il primo tempo ha dimostrato la capacità del Villarreal, per mano di Emery, di giocare molte varietà di calcio diverse e di riuscire a farlo in maniera positiva, come se fosse nella sua natura. C’è da dire che oltre alle difficoltà strutturali esposte dalla strategia del Villarreal, la squadra di Klopp è stata colpita da un insolito vortice di imprecisioni tecniche e incomprensioni varie, forse il segnale più eclatante del livello di stress raggiunto. Il Liverpool, tramortito, è ritornato negli spogliatoi non solo con uno svantaggio meritato, ma soprattutto trasmettendo la sensazione di estrema insicurezza di chi si sente in balia degli eventi.

Mai dare per vinto il Liverpool di Jurgen Klopp

Klopp ha scelto di iniziare il secondo tempo con Luis Diaz al posto di Jota, riportando così Mané stabilmente al centro dell’attacco e inserendo un giocatore che potesse dare una scossa alle incerte manovre offensive della sua squadra nel primo tempo. Il colombiano ex Porto si trovava di fronte un avversario scomodo come Foyth, rivelatosi uno dei difensori più arcigni di tutta la competizione, e che paradossalmente sembra esaltarsi in maniera direttamente proporzionale all’estro dell’attaccante che si ritrova ad affrontare. L’accoglienza per Diaz non è stata, insomma, delle più agevoli, ma dopo qualche piccola sofferenza iniziale, il livello del suo coinvolgimento si è alzato sempre di più, culminando con il gol del 2-2.

Non è stato solo l’impatto di Luis Diaz, però: è anche il Liverpool che ha radicalmente cambiato il modo di interpretare la partita, passando dalla timidezza del primo tempo alla determinazione del secondo, soprattutto per quanto riguarda il pressing e la costruzione delle azioni. Un approccio collettivo che ha gradualmente portato i “Reds” nelle condizioni di poter esprimere al meglio i colpi di alcuni dei suoi talenti in campo.

Qui sopra, tre azioni esemplificative di come sia cambiato l’atteggiamento dei giocatori di Klopp tra il primo e il secondo tempo. Si tratta di tre ricezioni tra le linee, anzi sarebbe più appropriato chiamarle ricezioni alle spalle della pressione (perché in circostanze e zone diverse), che fanno immediatamente intravedere una squadra più pronta a giocare, più incline a fare quell’extra-pass, come l’aveva chiamato Klopp, che ti permette di attaccare l’avversario in maniera più efficiente. Questo non significa che il Liverpool nel secondo tempo abbia del tutto rinunciato ai chilometrici cambi campo o a qualche tentativo di lancio in profondità, ma di certo le soluzioni provate per manipolare la difesa del Villarreal sono state più varie e, di conseguenza, ficcanti.

Nelle prime due immagini, le prove tecniche della ricerca di Alexander-Arnold in isolamento sul lato debole che porterà poi al gol (terza immagine). La prima azione è addirittura iniziata dallo stesso terzino, che trova Luis Diaz con un cambio di gioco che sarebbe impossibile per gran parte dei suoi colleghi.

Riducendo le distanze, armonizzando le sue salite con il pallone e dandosi il modo di attaccare di concerto, il Liverpool è riuscito a trovare nuove sfaccettature offensive e più mobilità nell’interpretazione delle situazioni, passando da un atteggiamento rigido e diretto a uno più fluido, più pro-attivo. Qualcosa che nel primo tempo non era riuscito alla squadra di Klopp a causa della frammentarietà delle azioni di possesso. Un esempio dall’azione del gol del 2-1:

Anche senza Henderson, specializzato nel muoversi in armonia con Alexander-Arnold e Salah, il Liverpool ha trovato il modo di attaccare con una bella rotazione lo spazio sulla destra, sfruttando un movimento poco frequente (data la sua posizione nominale di partenza) di Fabinho. Il movimento ad accentrarsi di Salah attira Capoue che non segue Fabinho sulla triangolazione; Pau Torres rimane occupato da Naby Keita e così si crea uno spazio inaspettato per l’ex giocatore del Monaco, che poi approfitta di una drammatica indecisione di Rulli.

Come per tanti altri aspetti del calcio, è impossibile stabilire cosa e quanto abbia inciso di più nel cambio di contesto del secondo tempo: è stato l’inevitabile calo di intensità psicofisica del Villarreal, che nel primo tempo aveva corso tantissimo anche all’indietro e mantenuto un livello altissimo di precisione difensiva, a dare più fiducia al Liverpool? Oppure il diverso atteggiamento del Liverpool?

Rimane il fatto che il cammino sorprendente del Villarreal si è interrotto nella maniera più brusca e inaspettata possibile, almeno per come si stavano mettendo le cose. Come nella migliore tradizione della Champions League, le partite possono cambiare in pochi attimi, e in generale sfide che all’andata sembrano impari possono rivelarsi battaglie accesissime al ritorno. Anche una squadra come il Liverpool, uno dei massimi esempi di costanza di rendimento negli ultimi anni, può cedere il fianco in una semifinale di Champions, almeno per 45 minuti. Forse c’è una cosa che però fa sempre la differenza e che in fondo è comune a tutte le più grandi squadre della storia di questa competizione, e che forse pesa ancora di più con le nuove regole sui gol in trasferta.

Oltre ad avere la capacità di imporre il contesto, di produrre tante occasioni o subirne poche, una squadra che vuole stabilirsi ai vertici della Champions League ha bisogno di avere quella elasticità mentale che consente di cancellare in un attimo anche lunghi tratti di partita negativi. Lo so che sembra banale, ma forse il segreto è semplicemente fare finta di non aver subito due gol. In una parola: dimenticare. Ted Lasso lo sintetizzerebbe in “sii un pesce rosso”. Il Liverpool questa volta non ha dominato, ma per l’appunto è stato un pesce rosso, per come è riuscito a dimenticare il brutto primo tempo, rientrando in campo nel secondo come se nulla fosse. La rimonta di ieri può ricordare certe vittorie mistiche del Real Madrid di Zidane (o Ancelotti…), arrivate a seguito di partite di pura sofferenza. E questa non è di certo una buona notizia per Real Madrid e Manchester City, in attesa di capire quale delle due arriverà alla finale di Parigi.

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