
La storia si è ripetuta: una ragazza di 18 anni è crollata sulle proprie ginocchia, si è portata i palmi delle mani sul viso per provare a nascondere la sua gioia. Il primo torneo importante di una carriera promettente: un altro essere umano che da oggi entra a far parte delle nostre vite, e di cui siamo curiosi di conoscere le eccezionalità - in attesa che prima o poi ci mostri anche le sue imperfezioni.
Si chiama Victoria Mboko, è canadese, ha appena 18 anni e ha vinto il suo primo titolo importante, il Masters 1000 casalingo di Montreal, dove è entrata grazie a una wild card. Per riuscirci ha dovuto battere per strada 4 campionesse Slam: Sofia Kenin, Coco Gauff, Elena Rybakina e in finale Naomi Osaka.
Era una finale tra due giocatrici che un anno fa non avrebbero pensato di essere lì.
Osaka non vince un titolo importante da quattro anni e mezzo, nei quali ha attraversato tutte le sfumature del suo rapporto controverso con il tennis. È stata la sua prima grossa finale da quando è diventata madre. Non sembrava poter tornare competitiva; parlava del suo sport come qualcosa di pericoloso. Una fonte di traumi e malesseri, incapace di regalarle alcuna gioia.
Mboko invece è fresca, “flawless” dicono gli americani, per dire quando qualcuno gioca perfettamente calato nel presente, leggero e con niente da perdere. “Flawless” ovvero perfetto, impeccabile ma nel senso di “puro”, incontaminato dalla delusione e dai fallimenti. Un anno fa era numero 333 del mondo, oggi è dentro una striscia impressionante di risultati positivi.
Eppure sono anche due traiettorie che si somigliano, per molti aspetti.
Osaka è figlia di un padre di Haiti e di una madre giapponese. I due si sono conosciuti sull’isola di Hokkaido. Il padre di lei ostacolava l’unione e quindi si sono dovuti spostare a Osaka, dove è nata Naomi nel 1997. Tre anni dopo la famiglia si è trasferita a Long Island.
I genitori di Victoria Mboko sono emigrati dal Congo alla metà degli anni ’90 a causa della guerra. Problemi di visto li hanno tenuti separati: la madre a Montreal, il padre in North Carolina. Qualche anno dopo si sono riuniti in Carolina, dove è nata Victoria. Qualche anno dopo si sono spostati a Toronto.
I momenti della loro vita, però, non potrebbero essere più diversi.
Naomi Osaka ha vinto 4 Slam tra il 2019 e il 2021, poi ha iniziato a perdere equilibrio nel rapporto tra la sua vita e il tennis. A tratti sembra uno sport semplicemente insostenibile per lei. Le pressioni mentali che genera, il limite a cui la porta, non sembra più accettabile. Tiene conferenze stampa in lacrime, sparisce per qualche settimana, il suo tennis è rapsodico. Sembra sempre sul punto di crollare definitivamente, ma è ancora in piedi. Si è separata dal suo coach, Patrick Muratoglou, ma invece di mollare ha fatto una scelta coraggiosa assumendo Tomasz Wiktorowski, che in passato ha lavorato insieme a Iga Swiatek. Ha perso molte partite per questione di dettagli, proprio contro Iga Swiatek al Roland Garros nel 2024, per esempio. Ogni tanto sembra in bilico tra il tornare una potenziale campionessa Slam e un ritiro definitivo dal tennis.
Victoria Mboko ha uno score di 51 partite vinte e 9 perse nel 2025. Non fa che vincere: indipendentemente dal livello e dalla superficie di gioco. Ha avuto un grande exploit al Roland Garros ma è riuscita a non fermarsi, come forse sarebbe lecito aspettarsi da una giovane di 18 anni, e ha continuato a lavorare. Un anno fa si allenava all’accademia di Justine Henin, in Belgio, e cercava di capire come guarire del tutto da problemi al ginocchio che ne hanno rallentato non poco la crescita. «È pericolosa perché non ha niente da perdere» aveva detto Rybakina prima della loro semifinale, dove Mboko ha vinto in tre set una partita molto bella, contro una delle più perfette colpitrici del circuito.
Queste due diverse traiettorie, di Osaka e Mboko, sono arrivate a collidere in finale: le due diverse storie, e le sue diverse menti, sono arrivate allo scontro frontale. Osaka ha vinto facilmente il primo set e tutto sembrava indirizzato. È una di quelle giocatrici che appaiono inarrestabili, quando sono in giornata. Nessuno ha gli angoli e le traiettorie di Osaka, che in questa settimana è sembrata muoversi anche straordinariamente bene in campo, non cedendo nemmeno sui punti più lunghi, mostrando una condizione fisica brillante che non vedevamo da almeno 4 anni.
Mboko sembrava stanca. La partita contro Rybakina era stata devastante: sotto di un set, le è toccato annullare pure un matchpoint. Era già la sua seconda rimonta, dopo quella contro Bouzkova. Dopo il match era dovuta andare a farsi controllare il polso, gonfio per una caduta. Il medico le ha dato l’ok per giocare la finale ma lei non era sicura.
Nel secondo set della finale, invece, Mboko ha iniziato a ridurre gli errori, a muoversi meglio, a costringere Osaka a prendere rischi sempre un po' più estremi - sgretolando lentamente le sue certezze. Questa capacità di resistere agli scambi e al punteggio ed emergere alla distanza non ha niente di scontato a 18 anni. «Ogni set per me è come se fosse un checkpoint. Quando finisce il primo, lo metto subito da parte e mi concentro sul secondo, un nuovo capitolo, cercando di fare un passo in più a livello mentale».
Mboko serve molto bene, sa essere aggressiva da entrambi i lati, ha una buona sensibilità, si muove con esplosività. Nel 2025 ha vinto il 43% dei suoi turni in risposta. Secondo Tennis Abstract, vince il 54% dei punti quando riesce a mettere la risposta in campo. Non è affatto monodimensionale e anzi sa variare molto bene il gioco, persino col dritto è capace di uno slice che resta molto basso. È in grado di ottenere punti incredibili, come questo che ha lasciato letteralmente ferma Osaka - che forse qui ha superato il punto di rottura.
Il rovescio è il suo colpo migliore, specie lungolinea, dove mostra una manualità sorprendente, che si vede anche in certi inside-out geometricamente intricati. Dopo aver perso il secondo set, Osaka si è lasciata andare, perdendo poi il terzo 6-1. Sul matchpoint ha schiaffato un rovescio a rete come chi vuole andare a farsi la doccia il prima possibile. Durante la premiazione ha esordito con un brutale “Thanks, I guess” mentre la folla gridava il suo nome; poi ha sbrigato in fretta i ringraziamenti istituzionali, senza concedere nemmeno un complimento per la sua giovane avversaria. Mboko poco dopo ha raccontato di aver guardato a Osaka come a un esempio, mentre teneva il discorso di premiazione.
È stato uno strano déjà vu di qualcosa che Osaka aveva vissuto dall’altra parte, quando aveva sconfitto Serena Williams agli US Open e quella aveva fatto una scenata contro l’arbitro. Il suo idolo d’infanzia, quella con cui era cresciuta col poster in camera, le aveva rubato tutte le attenzioni in quello che avrebbe dovuto essere il suo momento.
È stato un po’ triste vedere Osaka così, durante la premiazione. Ha trasformato una bella storia - quella della sua rinascita, intatta nonostante la sconfitta - in qualcosa di triste e difficile da vedere. Cosa c’è di più amaro di una giocatrice matura che non rende i giusti meriti a una sua giovane avversaria che l'ha sconfitta? Dopo Osaka ha recuperato parzialmente: chiaramente non c'è malizia, ma la dice lunga sullo stato mentale a cui l'ha portata aver perso.
Mboko è l’ennesima giovane giocatrice canadese con un background multiculturale: Bianca Andreescu, Leylah Fernandez, nel maschile Felix Auger-Aliassime, Denis Shapovalov, Milos Raonic. Hanno avuto tutti una traiettoria sinistramente simile: un grande momento di rivelazione da giovani, e poi un’incapacità a mantenere le alte aspettative con gli anni. Per Bianca Andreescu, un idolo per Mboko, hanno pesato soprattutto una sequenza quasi incredibile di sfighe.
Anche su Mboko aleggia qualche dubbio di tenuta fisica, soprattutto riguardo i suoi problemi al ginocchio. Per il resto il suo talento sembra chiaro e innegabile. Nel tennis è difficile sbilanciarsi, e ancor di più nell’imprevedibile circuito WTA, ma a Montreal sembra davvero nata una stella.