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Venezia è un sogno
15 mag 2017
15 mag 2017
Breve storia del rinascimento calcistico, dal fallimento alla Serie B.
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Il territorio dell’isola di Sant’Elena, casa dello stadio veneziano, è in gran parte artificiale, frutto della bonifica operata negli anni ’20 del Novecento. Fino a quel momento l’isolotto (importante centro religioso, nel XVI secolo) era in stato di semi abbandono, spogliato della sua chiesa (sconsacrata), delle sue opere d'arte (ricollocate) e dei resti dell'imperatrice eponima (portate a San Pietro). La bonifica portò alla nascita di un quartiere residenziale, e alla riconsacrazione della chiesa.

Negli stessi anni viene costruito lo stadio Pierluigi Penzo, arrivato sull’isola nel 1913 e destinato a ricalcarne in parte la storia. Il secondo stadio più antico d’Italia ha vissuto i suoi anni di maggiore splendore alla metà degli anni ’60, col Venezia in Serie A in uno stadio da 26 mila posti. La tromba d’aria del 1970, unita al calo sportivo dei lagunari, ha portato a un graduale ridimensionamento: tolti gli anni di Maurizio Zamparini il Penzo non ha mai superato gli 8 mila posti di capienza, ospitando una squadra ai margini del calcio professionistico.

L’arrivo di Joe Tacopina ha avuto lo stesso impatto della bonifica degli anni ’20: nel giro di due anni la squadra è passata dall’Interregionale alla Serie B, lo stadio è stato ristrutturato, e il brand si è circondato di un’aria glamour che – dopo tre fallimenti in dieci anni – sembrava definitivamente appannata.

Sembra una rinascita per Venezia, che pur non partendo lontano ha radici profonde: nel 2015, dopo il fallimento di Korablin, la società è ripartita dalla D con un’altra presidenza straniera, un progetto che, prima ancora dell’ufficializzazione di Tacopina alla presidenza, ha incarnato le proprie ambizioni nell'arrivo di Giorgio Perinetti, direttore sportivo con una lunga storia tra serie A e B (Roma, Palermo, Napoli, Bari, Siena). Così il Venezia ha vinto la Serie D al primo colpo, con due giornate di anticipo e segnando più di 100 gol. La squadra è arrivata in una Lega Pro in piena ristrutturazione: per la prima volta era stata abbandonata la ripartizione nord-centro-sud, per suddividere i gironi, e i veneziani si trovano di fronte un'avversaria come il Parma (dall’uguale, se non maggiore, forza attrattiva ed economica) e club già consolidati come Reggiana, Pordenone, Feralpisalò, Padova e Bassano, tutte alla ricerca della promozione diretta.

Nonostante la concorrenza, la nuova società ha voluto fare subito le cose in grande, forte anche dell’arrivo di Filippo Inzaghi, un tecnico che – pur trovandosi in una categoria a lui sconosciuta – poteva contare sul suo prestigio da giocatore, oltre che all’esperienza sulla panchina del Milan. Nella costruzione della rosa Perinetti (diventato responsabile dell’area tecnica, con Marcheggiani direttore sportivo) ha puntato su una squadra forte ma eterogenea. Da una parte ha raccolto giocatori di categoria superiore (Domizzi, Bentivoglio, Geijo, Baldanzeddu, Garofalo), dall’altra ha costruito una base di giocatori abituati ai piani alti della categoria come Facchin, Pederzoli, Ferrari, Tortori e Fabris, tutti presenti in almeno un’edizione dei due precedenti playoff di categoria.

Oltre ad alcuni confermati dalla Serie D (Soligo, Cernuto e Fabiano, giocatori che hanno accettato la D per fiducia nel progetto) la squadra è stata puntellata da molti giovani pronti al salto, provenienti sia dai dilettanti (Acquadro, Pellicanò) che da categorie superiori (Marsura e Moreo, ex di Brescia ed Entella).

La forza della coerenza

Oltre all’ottimo organico, la forza del Venezia si basa sulla coerenza di gioco, e la chiarezza di idee: già nelle amichevoli estive i lagunari si sono presentati con un’identità tattica molto forte, con un modulo definito e uno stile di gioco basato sul controllo del pallone. Il 4-3-3 di Inzaghi cerca di attaccare schiacciando gli avversari nella propria trequarti, con una squadra molto corta e alta, e una linea offensiva formata da quattro, cinque giocatori. Il possesso palla è insistito e a volte sembra avere uno scopo conservativo,, diventando di fatto il primo strumento difensivo della squadra.

Il tridente è basato sulla presenza di due esterni schierati a piede invertito (Fabiano e Tortori), che spesso tagliano dentro (senza palla, o conducendola) mentre i due terzini (molto aggressivi) forniscono ampiezza sulla fascia. La posizione dei quattro è sempre molto alta, mentre la costruzione dal basso è affidata ai due centrali, supportati dal regista Pederzoli e dalle due mezzali (Bentivoglio e uno tra Soligo e Acquadro).

L’azione si sviluppa soprattutto sulle due fasce, con le due mezzali che a turno arretrano al fianco dei due centrali per ricevere liberi, formando una catena laterale con terzino e esterno; uno si allarga, l’altro accorcia verso il centro: in questo modo i lagunari hanno più possibilità di verticalizzare, liberando spazi tra le linee e sull’esterno.

Nel primo caso, i lagunari possono puntare al cuore dell’area di rigore; nel secondo caso la squadra ha l’opportunità di cercare il cross a centro area, trovando la punta, insieme all’esterno e la mezzala opposti, ad attaccare la sfera.

Bentivoglio e Acquadro accorciano dietro aiutando l’uscita della sfera; i movimenti di Garofalo e Tortori liberano il passaggio sull’esterno o il filtrante verso il centro.

Quando la manovra si sviluppa su una fascia (specie la sinistra, dove ci sono Garofalo e Bentivoglio, più tecnici) i giocatori della catena opposta si muovono in modo da comporre la linea offensiva nel modo più omogeneo possibile, occupando sia il centro che l’ampiezza sul lato debole.

Come Inzaghi ha risolto i problemi offensivi

Forse proprio a causa di questa forte impronta tattica, la squadra di Inzaghi ci ha messo un po’ ad ingranare. Complice un calendario complicato, con tre scontri diretti (Reggiana, Parma, Pordenone) nelle prime otto giornate, il Venezia è riuscito a vincere solo quattro partite, concedendo tre pareggi e una sconfitta.

Nell’approccio alla categoria i lagunari avevano mostrato diversi aspetti da migliorare, specie in fase offensiva: la squadra di Inzaghi costruisce l’azione cercando sempre il pallone a terra, e se l’azione non funziona cambia fascia e ricomincia, prediligendo sempre la conservazione del pallone. È una scelta precisa, ma anche una necessità: come arma difensiva (per non concedere il possesso agli avversari) e preventiva (per non rischiare di subire delle transizioni con tanto spazio lasciato alle spalle).

Nelle prime 8 partite il Venezia ha subito solo 5 gol (miglior difesa) ma ne ha segnati appena 7, mostrando diverse difficoltà a superare velocemente l’elaborata fase di costruzione. I problemi sono stati acuiti dal grave infortunio subito da Fabiano, che ha lasciato la squadra senza il principale creatore di superiorità numerica negli ultimi 20 metri.

I problemi sono chiari: difendendo la propria porta con ordine e ad oltranza il Mantova è riuscito a strappare lo 0-0, impresa sfiorata anche da Ancona e Forlì (entrambe battute 1-0). Contro Reggiana e Pordenone i lagunari hanno sofferto molto il pressing alto degli avversari, e all’ottava giornata sono andati sotto 2-0 con la Sambenedettese a causa di due palloni persi in uscita.

Alternando marcatura a uomo e pressione, Pordenone, Lumezzane e Sambenedettese riescono a limitare la costruzione del Venezia, costringendo la squadra di Inzaghi ad alzare il pallone

Per migliorare la produttività offensiva Inzaghi ha provato diverse soluzioni, dal 3-5-2 visto nel primo tempo col Parma (con un giocatore in più in costruzione bassa) al 4-2-3-1 utilizzato contro il Pordenone, con Fabris sulla trequarti e due play bassi. Dopo diverse giornate l’ex Milan trova l’assetto definitivo, con un centravanti più fisico in mezzo (Geijo per Ferrari) e Moreo (giocatore alto 1.88, ma molto mobile) sull’ala destra. Il trio offensivo viene completato da Marsura, che raccoglie la responsabilità creativa di Fabiano.

Il 4-3-3 delle prime giornate diventa più asimmetrico, con Moreo che in fase di possesso gioca più vicino al centro, e Fabris (promosso titolare) sulla mezzala destra, col compito di dare dinamismo e ampiezza sulla fascia.

L’idea offensiva resta la stessa, ma cambia il modo di arrivarci. Pur mantenendo l’idea di giocare palla a terra, il Venezia ora può contare su due giocatori molto validi nel gioco aereo, un’alternativa utile sia per alzare il baricentro che per attaccare la difesa alle spalle.

Paradossalmente, un gioco più diretto migliora anche la circolazione del pallone. Le qualità di Geijo e Moreo sul gioco aereo (più la rapidità di Marsura) fungono spesso da deterrente, costringendo gli avversari a restare più bassi, ampliando gli spazi in difesa.

Con l’infortunio di Pederzoli (per il quale si parlava già di cessione) la metamorfosi è completa: pur mantenendo il gioco palla a terra la squadra diventa più diretta, cambiando la fase di uscita.

Insieme a Bentivoglio (spostato davanti alla difesa) vengono inserite due mezzali molto dinamiche, che in fase di possesso “scappano” dal pallone abbassando la difesa, con i due centrali e Garofalo molto più coinvolti nella gestione dal basso.

Con Marsura che parte sempre larghissimo, e Moreo che gioca praticamente da seconda punta, cambiano anche i movimenti in fase di attacco posizionale: sulla sinistra Garofalo inizia a venire spesso dentro al campo, mentre a destra la mezzala ha sempre più responsabilità nel gioco in ampiezza.

La scelta tattica viene confermata nel mercato di gennaio. Oltre a Zampano e Caccavallo (entrambi ex Serie B) viene acquistato Falzerano, esterno di ruolo utilizzato proprio come intermedio a destra.

La nuova fase di costruzione del Venezia. Invece di venire incontro le due mezzali si allontanano dal pallone, ampliando gli spazi per la gestione bassa. Quando la palla arriva a Bentivoglio il Venezia ha diverse soluzioni di gioco, con Falzerano e Marsura sulle due fasce e due situazioni di parità numerica in mezzo. Se gli spazi sono chiusi arriva il cambio gioco.

Il successo si costruisce dalla difesa

Malgrado i tanti cambiamenti, la solidità difensiva resta il comune denominatore. A parte qualche sofferenza in contropiede, il Venezia subisce sempre pochissimo. In tutto il girone d’andata ha concesso appena 15 gol; ha vinto sei partite 1-0, e ha subito più di una rete solo in tre occasioni, con Sambenedettese (2-2), Padova (1-3) e Maceratese (3-3). Se i sambenedettesi avevano evidenziato alcuni difetti in fase di costruzione, Padova e Maceratese hanno mostrato chiaramente le difficoltà del Venezia nelle transizioni negative.

Per compensare questi problemi Inzaghi ha cambiato ancora, aumentando l’aggressività della squadra in fase di riaggressione, provando a tenere delle distanze più corte e compatte.

Dopo la sconfitta col Forlì i lagunari non hanno più perso un colpo: 17 partite senza sconfitte, appena 11 gol subiti e un dominio quasi totale negli scontri diretti. Nel girone di ritorno i lagunari hanno mostrato la loro superiorità su tutte le squadre che all’andata avevano provato a minacciarne il dominio. Reggiana, Pordenone, Bassano, Feralpisalò e Padova (tutte passate dal primo posto) vengono battute senza appello, mentre il Parma è costretto a cedere il pari dopo essere andato sopra 2 a 0.

Dopo aver guadagnato il primo posto, alla 18esima giornata, i veneziani lo hanno conservato con una costanza feroce, la stessa che gli ha permesso di segnare 13 dei loro 56 gol negli ultimi 10 minuti, frustrando ogni tentativo delle inseguitrici. Chiuso il campionato con 3 giornate di anticipo, gli uomini di Inzaghi hanno trovato la forza di vincere anche la Coppa Italia di categoria contro il Matera, ribaltando con un 3 a 1 l’1 a 0 dell’andata.

Comunicare la rinascita

Rispetto ad altre realtà cresciute in fretta, e spesso circoscritte all’ambito sportivo, il Venezia ha accompagnato i risultati del campo a un’intensa ristrutturazione societaria, una ricostruzione dell’immagine sul piano mediatico (che ne ha migliorato la brandizzazione) ma anche “umano”, riavvicinando i tifosi allo stadio.

La cura mediatica del Venezia è fuori scala rispetto alla categoria, ed è migliore persino di diverse squadre in Serie A. Il Venezia FC è presente sui principali social (Facebook, Twitter, Instagram e Snapchat), ha un sito molto curato e uno store online. L’ufficio stampa pubblica news con cadenza quotidiana, una fotogallery per tutte le partite in casa (una rarità, in Lega Pro) e le conferenze post-partita in diretta Facebook.

Sul sito ufficiale i tifosi hanno la possibilità di scaricare gif e sfondi, votare il miglior giocatore del mese, partecipare ai sondaggi e aggiungere le prossime partite sul proprio calendario. La società sta cercando di ampliare la propria base a livello tecnico (con summer camp organizzati in Italia e all’estero), economico (sondando la possibilità di un crowdfounding), e sociale (con la formazione di club di tifosi in Italia, negli Stati Uniti e in Giappone).

Proprio sui tifosi si sono concentrate le principali iniziative del Venezia. Il Penzo, ad esempio, nonostante offra una cornice suggestiva, è uno stadio vecchio e scomodo, lontano dal centro cittadino, esposto alle intemperie e dalla visibilità ridotta: per questo la società ha provato a coinvolgere i tifosi con diversi iniziative, inaugurando un collegamento diretto in traghetto a prezzo irrisorio, e promuovendo scontistiche per studenti, donne e bambini.

Il presidente Tacopina ha contribuito in prima persona, mostrandosi spesso allo stadio e nelle conferenze stampa post partita. Una presenza costante, la sua, rimasta sempre e comunque di supporto: anche nei momenti più difficili

non ha fatto mancare il suo sostegno a Inzaghi, lasciandosi spesso andare ad annunci capaci di infiammare i tifosi (come quel “We'll kick Padova's ass” che ha fatto arrabbiare Bitonci).

Gli sforzi hanno riavvicinato una parte dei tifosi allo stadio, ma con risultati un po’ deludenti: nonostante l’ottima stagione i veneziani sono quinti per media spettatori in casa, con poco più di 3 mila presenze contro le 10 mila del Parma, le 7 mila della Reggiana e le 4 mila di Padova e Sambenedettese.

Con il raggiungimento della Serie B le voci sul nuovo stadio (fortemente voluto da Tacopina) si sono fatte più insistenti, e negli ultimi giorni è stato reso noto un primo progetto con 25mila posti, un'arena, un albergo, e vari spazi commerciali. Sarebbe l’ultimo tassello per restituire una squadra di livello ad una città che ha tutto per ospitarla.

Venezia è anche un sogno, di quelli che puoi comperare”, cantava Guccini. Ora che sembra nelle mani giuste, il sogno potrebbe diventare realtà.

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