Il 10 aprile 2021 Vanessa Ferrari abbraccia di nuovo l’all-around: non succedeva dalle Olimpiadi di Rio de Janeiro del 2016. L’occasione è stata la terza tappa della Serie A1 2021 di ginnastica artistica, durante la quale si è esibita in tutti e quattro gli attrezzi: trave, corpo libero, volteggio e parallele.
L’obiettivo era misurarsi con una competizione in vista dei Campionarti europei di ginnastica di Basilea e l’unica incertezza è stata la caduta sulla terza diagonale.
Si chiama «Ferrari» e il 25 aprile torna in scena anche lui: è un tour jeté ad anello con mezzo giro, porta il suo nome e chiude l’esercizio che vale a Vanessa Ferrari la medaglia di bronzo nel Corpo libero ai Campionati europei di ginnastica di Basilea, dietro la britannica Jessica Gadirova e la russa Angelina Melnikova.
La ginnasta italiana ha eseguito l’esercizio ancora sulle note del canto partigiano «Bella ciao», scelto come brano per la stagione agonistica e ottiene la quinta medaglia a una competizione europea e l’ottava in assoluto in carriera.
Vanessa Ferrari si conferma una delle atlete italiane più appassionate. Alla World Cup di Doha si è qualificata per la sua quarta Olimpiade, prima ginnasta italiana a riuscirci. A Tokyo si è qualificata alle finali del corpo libero col primo punteggio, davanti Simone Biles. L’abbiamo intervistata prima che arrivasse questo incredibile traguardo.
Qual è la paura più grande o il pensiero felice che ti accompagna nei periodi fra un campionato e l’altro o fra una gara e l’altra?
Hai trascorso le settimane prima delle ultime gare agli Europei di Basilea tra gli allenamenti e la quarantena perché positiva al COVID-19. La pressione del ritorno ha pesato sull’approccio alla gara?
Durante la mia positività, però, sono riuscita a mantenere una buona forma fisica grazie al lavoro fatto a casa, tra il salotto e garage, quando i sintomi lo permettevano e la febbre calava mi allenavo e poi verso sera tornavano immancabilmente. Però è stato fondamentale per raggiungere il mio obiettivo e partire per Basilea.
Mi racconti quali sono state le tue paure e come le hai affrontate durante la pandemia dell’ultimo anno?
Con l’arrivo della pandemia e lo spostamento delle Olimpiadi, il mio primo pensiero fu quello di far tesoro del tempo aggiuntivo e quindi durante il lockdown dell’anno scorso mi sono allenata davvero tanto in casa e al mio ritorno in palestra ero talmente in forma che decisi di tornare a gareggiare sui 4 attrezzi, che avevo abbandonato dopo Rio.
C’è stato un momento della tua carriera in cui ti sei sentita intrappolata nel suo sport che è diventato solo una pratica costrittiva?
Durante le interviste sei spesso autocritica: la ricerca della vittoria e del risultato migliore sembra sempre la priorità quando analizzi le tue gare. Mi sbaglio?
Il 2006 è stato un anno fondamentale per la storia della ginnastica italiana e ne hai fatto parte da protagonista. Molti atleti sostengono che la parte più difficile di vincere tanto è confermarsi. Sei d’accordo?
I tuoi soprannomi più conosciuti sono «la Farfalla» e «la Cannibale»: da cosa arrivano?
Negli ultimi anni, per la mia capacità di rinascere dopo le difficoltà sono stata soprannominata più volte l’araba fenice. Adesso invece sono spesso soprannominata leonessa per la mia fame di vittorie dopo tutto ciò che ho passato.
Quali sono le tre vittorie (o le tre gare) che ricordi con più felicità e soddisfazione?
Come approcci mentalmente il fallimento? È una possibilità o è una eventualità che cerchi di tenere più lontana possibile?
Come si sviluppa la tua routine di allenamento? È cambiata negli anni?
La ginnastica è uno sport molto duro, che prova il fisico in modo ostinato e severo. Ti sei mai sentita in debito con il tuo corpo, per il fatto stesso di aver abbracciato la ginnastica?
Una volta hai dichiarato di aver visto da bambina una ginnasta alla trave e di esserti innamorata di questo sport: mi racconti quel momento?
Se dovessi indicare una tua collega di cui hai apprezzato particolarmente la carriera, a chi faresti riferimento? Per quale motivo?
C’è mai stata un’alternativa alla ginnastica artistica?
La ginnastica è quasi sempre considerata solo nella sua compagine femminile: c’è un cambio di prospettiva quando uno sport “nasce” femminile rispetto alla maggior parte delle volte in cui una disciplina è prima di tutto maschile nella rappresentazione e nello spazio che le si riserva?
Negli ultimi mesi in Italia e anni nel Mondo lo sport femminile sta facendo parlare di sé, affermando una presenza e uscendo da una sorta di invisibilità. Cosa ne pensa?
Se potesse tornare indietro rifarebbe qualcosa in modo diverso nella sua carriera?
Qual è il consiglio principale che può dare a una giovane ginnasta?