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Emanuele Mongiardo
Il Valencia poco spagnolo di Marcelino
19 set 2018
19 set 2018
Il Valencia ha iniziato la stagione con grande difficoltà ma è una squadra solida e difficile da affrontare per tutti.
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Emanuele Mongiardo
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Al momento del suo arrivo a Valencia, la qualificazione in Champions League per Marcelino non era ancora una priorità. Dopo due stagioni fallimentari, l'obiettivo più immediato era di riportare i “Ches” nella medio alta borghesia del calcio spagnolo. Lo scorso anno è stato però sorprendente: giornata dopo giornata, la squadra ha assorbito i principi di gioco del tecnico, fino a raggiungere il quarto posto. Oggi l'obiettivo sembra chiaro: cementare la propria posizione alle spalle delle tre grandi della Liga e accumulare esperienza europea.

 

La società sembra agire sulla stessa lunghezza d'onda e quest'estate ha rafforzato la squadra. Oltre alle conferme di Guedes e Kondogbia, sono arrivati un difensore di prospettiva, Diakhaby, un centrocampista polivalente, Wass, una punta specializzata nei movimenti in profondità, Gameiro, e un attaccante come Batshuayi, in attesa della consacrazione definitiva.

 

Marcelino ancora non è riuscito a inserire del tutto i nuovi acquisti (Batshuayi ad esempio ha giocato 66 minuti spalmati su quattro presenze) e la squadra sta faticando ad entrare in condizione. Il Valencia non è ancora riuscito a centrare la prima vittoria stagionale. Tuttavia la Juventus dovrà stare attenta, perché gli spagnoli, soprattutto al Mestalla, sono una minaccia più che concreta.

 

Il Valencia è una squadra con un sistema di gioco estremamente codificato, forse unico in questo momento nel panorama europeo. Un 4-4-2 sacchiano fatto di intensità, distanze corte e movimenti coordinati dei quattro uomini d'attacco. Una squadra con un'idea chiara su come attaccare ma che ama anche lasciare il pallone agli avversari, per recuperare palla e colpire con transizioni velocissime, sia grazie al pressing alto, sia aspettando l'avversario nella propria metà campo. Un aspetto che potrebbe mettere in difficoltà due squadre a volte poco propositive come Juve e United, che spesso in Europa non disdegnano concedere il possesso agli avversari.

 



Il 4-4-2 rappresenta una scelta irrinunciabile per un tecnico che non ha mai avuto a disposizione squadre d'élite e che preferisce questo modulo proprio per il suo alto grado di adattabilità a qualsiasi tipo di calciatore. Una scelta che contiene forse sfumature tattiche poco intriganti, ma che ha gettato le solide basi da cui è ripartito lo scorso anno il Valencia.

 

Il 4-4-2 offre vantaggi evidenti in fase difensiva, specie in relazione al tipo di atteggiamento proposto da Marcelino. Senza palla il Valencia cerca di coprire il centro per costringere gli avversari a costruire lateralmente. Una volta indirizzato il possesso, la squadra scivola da un lato all'altro per comprimere gli spazi e, nel migliore dei casi, rubare il possesso all'avversario. Il riferimento non è l'uomo ma il pallone. I giocatori coinvolti nelle scalate devono sempre stare attenti a rispettare le distanze con i compagni, sia in orizzontale che in verticale. Tra un uomo e l'altro della stessa linea non deve mai esserci troppo spazio per non sfaldare la squadra durante gli scivolamenti e per non concedere ricezioni comode nei mezzi spazi.

 

La compattezza verticale invece permette di presidiare meglio lo spazio tra le linee: se ad esempio un avversario riceve tra centrocampo e difesa, grazie alle distanze corte il difensore di riferimento ha più facilità a staccarsi e ad aggredire alle spalle il ricevente, proprio perché ha meno spazio da coprire in avanti. In più, la compattezza serve per non dilatare le distanze tra una linea e l'altra. In questo modo la squadra può alzare o abbassare il proprio baricentro a seconda delle evenienze.

 

Questi sono insomma i principi base della fase difensiva di Marcelino. L'applicazione ovviamente varia di partita in partita, specie in un campionato come la Liga, dove la varietà tattica diventa ogni anno più sorprendente.

 

Contro il 4-4-2 la specularità dei moduli e delle posizioni iniziali rende meno complicate le scalate e in più crea dei duelli ricorrenti in tutte le zone del campo. Il Valencia è una squadra che cerca sempre di pressare alto, quindi i due attaccanti si orientano sui difensori centrali, mentre gli esterni controllano inizialmente i terzini. A centrocampo i mediani si accoppiano ai pari ruolo avversari, mentre i quattro di difesa si dispongono a specchio rispetto ai quattro uomini offensivi. Chiaramente, il riferimento resta il pallone anche contro il 4-4-2, perciò non appena la palla giunge al terzino avversario, l'esterno del lato palla deve uscire su di lui in maniera aggressiva, con i mediani che accompagnano la sua uscita e l'esterno del lato opposto che stringe verso il centro.

 

Contro il 4-3-3, il 4-4-2 si spezza per adattasi al centrocampista avversario in più; la linea mediana in situazione di pressing alto diventa quasi un rombo. Le punte si orientano sui difensori centrali, mentre uno dei due mediani, a seconda del lato palla, segue il play basso. Gli esterni stringono e si posizionano a metà tra i terzini e le mezzali, con l'altro mediano sulla loro stessa linea. L'obiettivo è indurre gli avversari a giocare per vie esterne. Un eventuale passaggio sulla mezzala, ad esempio, sarebbe più facile da difendere con questo schieramento: l'esterno del lato palla stringerebbe sulla ricezione e il mediano più basso lo aiuterebbe in raddoppio. Un recupero palla a quel punto potrebbe essere letale, ecco perché gli avversari preferiscono sempre costruire lateralmente. Se la palla viene mossa verso la fascia, allora l'esterno scala verso il terzino, col mediano che scivola nella zona della mezzala del lato palla e l'esterno del lato debole che stringe verso la mezzala della sua zona.

 

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Il Valencia insomma è una squadra aggressiva, che contro qualsiasi tipo di avversario cerca il recupero immediato del pallone. L'obiettivo è guadagnare il possesso in zone di campo già pericolose, per sorprendere gli avversari e avviare transizioni corte con giocatori rapidi e tecnici come Rodrigo, Mina, Guedes e, quando si sarà integrato, Bathsuayi. A dare una dimensione ancora più aggressiva al pressing alto del Valencia ci pensa un centrocampista come Kondogbia, che con Marcelino sta davvero mantenendo un rendimento da giocatore di primo livello.

 

L’ex Inter è stato messo nelle condizioni ideali per sbocciare. Ora tutte le sue migliori qualità hanno un senso e il periodo di disorientamento interista è solo un lontano ricordo. Kondogbia è un giocatore decisivo a partire dalla pressione alta. Se c'è da aggredire l'avversario in avanti, soprattutto se quest'ultimo è girato di spalle o sta ricevendo un retropassaggio, non si fa pregare e grazie alle gambe chilometriche e alla squadra corta riesce sempre a contendere il possesso con i tempi giusti. La sua abilità nei tackle può essere cruciale per recuperare palla e permettere al Valencia di attaccare in transizione. Ma oltre alla difesa in avanti, Kondogbia sembra aver preso consapevolezza dei propri mezzi anche quando si tratta di coprire le spalle ai propri compagni.

 

Ad esempio, contro squadre schierate col 4-3-3 tra i due mediani solitamente è Parejo ad alzarsi nella zona del play basso, mentre Kondogbia resta a centrocampo tra le mezzali avversarie, pronto a scivolare da un lato all'altro. Una funzione che lui, grazie alle distanze corte, oggi riesce a interpretare egregiamente, ma che Parejo avrebbe più difficoltà a svolgere. Kondogbia allora sgrava un compagno talentuoso delle responsabilità difensive più dure. Il sistema ha aiutato Kondogbia e lui a sua volta ha aiutato i compagni.

 

Quando Marcelino dice che il 4-4-2 è un modulo facilmente assimilabile perché richiede poca specializzazione, Kondogbia ne è la prova vivente. Gli è bastato calarsi nel contesto adeguato per tornare ad essere un centrocampista di livello assoluto. Anche perché Kondogbia riesce come pochi a ingaggiare contrasti, a sporcare il pallone e poi a ripulirlo per rilanciare l'azione della squadra. Lo aiuta in questo anche una certa dose di creatività palla al piede, che gli permette di mantenere il possesso in situazioni caotiche nonostante una tecnica non raffinatissima.

 

Contro la Juve forse Kondogbia non ci sarà per una distorsione alla caviglia. Il suo sostituto, Wass, è un giocatore di grande intelligenza ma che non ha la capacità di Kondogbia di attaccare l'avversario di spalle e togliergli la palla dai piedi. In questo senso potrebbero esserci problemi per il Valencia, specie se Allegri dovesse adottare il 4-3-3. Parejo e Wass non scivolano tra una mezzala e l'altra con la prontezza e l'impeto di Kondogbia. In più, il Valencia rinuncerebbe alla sua capacità di ripulire il possesso anche con giocate estemporanee.

 

Ma oltre all'assenza di Kondogbia, Marcelino dovrà preoccuparsi anche di altri piccoli dettagli difensivi, che per ora gli stanno costando un inizio di stagione ben sotto le aspettative. Ad esempio nella coordinazione tra terzino ed esterno, soprattutto sul lato di Soler e Piccini. Lo spagnolo classe '96 è una mezzala adattata ad esterno da Marcelino, mentre l'italiano è al primo anno in un sistema estremamente codificato come quello del tecnico asturiano. Spesso quando i due si trovano in isolamento contro un'altra coppia terzino-ala non riescono a coprire bene lo spazio; è capitato che entrambi uscissero sullo stesso giocatore, dimenticando di avere un altro avversario alle spalle.

 

Ma al di là del lavoro di catena, Piccini non sempre riesce a muoversi in maniera coordinata coi compagni, come se ancora non avesse assorbito del tutto i dettami di Marcelino. Un dettaglio non da poco per una squadra che vuole mantenere la linea alta e che quando può cerca di attuare il fuorigioco (contro l'Atletico, sul gol di Costa sbaglia del tutto i tempi della salita). In più, non riesce a leggere bene i cambi gioco e per questo arriva spesso con la postura sbagliata negli uno contro uno.

 

Un bel problema per una squadra che va in difficoltà se attaccata con continui cambi gioco. Se costretto a correre da un lato all'altro del campo, il Valencia abbassa troppo il baricentro e si ritrova a difendere nella propria area. Per una squadra che difende a zona può essere complicato, in questo tipo di situazione, leggere gli inserimenti da dietro di attaccanti o centrocampisti; un'arma importante a disposizione della Juve, con gli inserimenti di Matuidi o Khedira, la fisicità di Mandzukic sul secondo palo e gli stacchi di Cristiano. Per Allegri potrebbe essere importante creare un lato forte in cui consolidare il possesso per poi cambiare gioco, non solo per cercare i propri saltatori ma anche per creare isolamenti sulle fasce, specie con Costa e Sandro. L'Atletico in questo senso ha sfruttato Griezmann, facendolo abbassare verso destra per ricevere nel mezzo spazio, dare fluidità con le sue doti associative e far spostare il possesso da un lato all'altro del campo; Dybala eventualmente potrebbe prestarsi a questo tipo di funzione.

 



Ma l'organizzazione di Marcelino non riguarda solo la fase difensiva. Le certezze del 4-4-2 valgono anche con il pallone tra i piedi, quando il Valencia cerca di proporre un calcio diretto e verticale, che si avvale dei vantaggi strutturali di un modulo come quello scelto dall'ex Villarreal.

 

Il 4-4-2 è un modulo in cui spesso si lavora per coppie e che offre sempre dei riferimenti verticali, che si tratti di un filtrante o di un retropassaggio. Il problema è che, rispetto ad altri moduli, offre, almeno sulla carta, meno variabili a livello di costruzione. I peggiori 4-4-2 scaricano tutto il proprio peso offensivo sulle verticalizzazioni e sulle giocate combinate tra le punte. Marcelino invece ha cercato di ampliare il più possibile il proprio playbook, cercando di rifare il look a un modulo non così di moda nel calcio moderno. Per ottenere un sistema all'altezza delle proprie ambizioni, Marcelino ha cercato di combinare i riferimenti verticali del 4-4-2 all'occupazione razionale degli spazi tipica del calcio del 2018. Il piano offensivo del Valencia prevede movimenti continui dei suoi interpreti, così da evitare le paralisi di sistema così ricorrenti con questo tipo di modulo.

 

Si parte ovviamente da alcuni principi irrinunciabili. La creazione del due contro due tra attaccanti e difensori centrali, il presidio dell'ampiezza per smagliare la difesa e permettere alle punte di attaccare la profondità, la necessità di mantenere compattezza anche in fase offensiva per permettere ai mediani di attaccare dalle seconde linee e per avere una fase di riaggressione efficace.

 

Il Valencia cerca sempre di costruire dal basso. I giocatori coinvolti nel primo possesso sono i due centrali, i mediani e uno dei terzini che di solito resta più basso rispetto all'altro. Più avanti, l'altro terzino è libero di avanzare, mentre gli esterni restano larghi; delle volte, per assecondare il terzino più offensivo, spesso Gaya, l'esterno di quel lato si muove in una zona più interna. Le punte invece cercano di rimanere vicine, senza per forza scaglionarsi in verticale, così da coordinare meglio l'attacco alla profondità e i movimenti incontro.

 



Si tratta di un modulo che offre sempre un appoggio in verticale, sia in avanti, sia indietro. Questo permette spesso di giocare dei passaggi taglialinee sulle punte; tuttavia chi riceve si ritrova più facilmente con un marcatore alle spalle. Tuttavia, il sacrificio di chi gioca con l'uomo dietro, può permettere ad altri compagni di ricevere già fronte alla porta e quindi di rendere la manovra molto più minacciosa. La ricezione spalle alla porta spesso invita i centrocampisti avversari ad abbandonare la propria zona per raddoppiare. I centrocampisti del Valencia, e in questo Parejo è diventato uno specialista, devono riuscire a sfruttare il buco lasciato dall'avversario in raddoppio per fornire una nuova linea di passaggio a chi riceve spalle alla porta. Se l'attaccante che riceve riesce a resistere e a scaricare, il centrocampista ha più spazio per allargare sulla corsa degli esterni oppure per tornare dalle punte per attivare il loro classico movimento a elastico.

 

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La possibilità di avere sempre dei riferimenti verticali a cui appoggiarsi è un vantaggio notevole anche in fase di gegenpressing. Il Valencia di solito cerca di recuperare palla quando l'avversario si avvicina alla linea laterale. Se la pressione va a buon fine, si può subito cercare di appoggiare indietro il pallone a chi è già fronte alla porta e ha una miglior prospettiva per rilanciare la transizione.

 



Che il 4-4-2 di Marcelino segua dei principi di occupazione intelligente del campo, lo dimostra la mobilità degli uomini più avanzati. Lo schieramento del Valencia è tutt'altro che rigido. Certo, ci sono dei riferimenti: almeno due giocatori in ampiezza e due ad occupare il centro, ma gli interpreti possono decidere di cambiare posizione. L'importante è che lo spostamento venga compensato dai compagni.

 

Si è già detto, ad esempio, dell'accentramento dell'esterno di sinistra per favorire le salite di Gaya. Se quest'ultimo decide di condurre palla verso l'interno del campo, l'esterno dev'essere pronto a leggere il movimento e ad aprirsi per facilitare la conduzione e, contemporaneamente, mantenere l'ampiezza. Altre volte invece è la punta che scambia la propria posizione con l'esterno più vicino. I migliori interpreti di questo tipo di calcio sono sicuramente Rodrigo e Guedes, due fuoriclasse così integrati in questo tipo di sistema da sembrare coltivati in laboratorio da Marcelino. Entrambi, se necessario, hanno facoltà di abbassarsi per offrire una linea di passaggio ai centrocampisti. In più, possono decidere di muoversi orizzontalmente per spostarsi in zona palla e creare un lato forte.

 

L'acquisto di Guedes per 40 milioni, dopo una stagione da crack assoluto, è la notizia più lieta dell'estate. Gonçalo è la miccia impazzita del sistema di Marcelino, in grado di condurre una transizione a partire dalla propria area e di premiare i movimenti delle punte con precisi filtranti alle spalle della difesa.

 

Rodrigo invece sta camminando sulle acque ed è in questo momento uno degli attaccanti più in forma d'Europa. Osservando l'atteggiamento in campo del solo Rodrigo, è possibile comprendere tutti i principi del calcio di Marcelino: il dinamismo continuo, il modo in cui si coordina con l'altra punta e come gioca di parete con i centrocampisti. Per il numero di palloni toccati e per la quantità di campo che calpesta, Rodrigo è un regista offensivo ad alta velocità, in grado non solo di concludere, ma anche di aiutare il possesso e di rifinire con precisi filtranti oltre la linea difensiva.

 

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Rodrigo è il protagonista perfetto per i movimenti combinati richiesti alle punte da Marcelino, grazie alla velocità con cui può tagliare dietro i difensori. Soprattutto, nella rosa del Valencia è unico per la sua capacità di muoversi incontro e offrire una linea di passaggio verticale ai difensori o ai centrocampisti. Spesso è lui a ricevere con l'uomo dietro e ad attivare il gioco palla avanti-palla indietro richiesto da Marcelino. Se invece ha lo spazio per girarsi, gliene basta poco, e l'altra punta riesce a portargli via l'uomo con un movimento, può decidere di condurre verso la porta e liberare il proprio sinistro: tra le altre cose è uno specialista dei tiri e incrociare da fuori area. Proprio per assecondare le caratteristiche di Rodrigo, nelle ultime partite Marcelino gli ha affiancato Gameiro, un attaccante tecnicamente inferiore a Batshuayi e Mina ma più intelligente nell'occupazione degli spazi e nei movimenti in profondità.

 

In sostanza, mentre gli esterni cercano di aprire la difesa, Gameiro con i suoi movimenti prova ad abbassarla per permettere a Rodrigo di diventare protagonista della fase offensiva.

 



Per quanto Marcelino provi a variare le possibilità offensive della sua squadra, il Valencia in quattro giornate di campionato ha segnato appena tre gol. C'è da dire che, tra pali e traverse, che la squadra è stata molto sfortunata. Non mancano però momenti della partita in cui il Valencia non riesce ad attaccare con efficacia e, anche se magari alza il baricentro nella trequarti avversaria, si ritrova a far girare il pallone da un lato all'altro del campo, senza nessuno sbocco in verticale.

 

In determinate situazioni, insomma, la squadra di Marcelino non riesce a percorrere la propria corsia preferenziale, quella delle combinazioni in velocità. Ad esempio, con poco spazio alle spalle della difesa i movimenti a elastico delle punte diventano molto più facili da tracciare. Contro squadre compatte invece può essere rischioso cercare sempre il pallone in verticale, perché si rischia di concedere la transizione, specie con i terzini alti e le ali molto aperte.; il Valencia ne è consapevole e, come detto, molte volte è costretto a una circolazione perimetrale. Il fatto è che, per quanto ben organizzate, troppe direttrici verticali diventano facilmente tracciabili dagli avversari.

 

Non a caso, una buona variabile ai soliti pattern offensivi sono i tagli palla al piede di Gaya verso il centro del campo, che in qualche modo riescono ad aprire prospettive diverse al Valencia. Si tratta comunque di casi isolati, sporadici nel corso dei 90' minuti. Un giocatore che invece non ha paura di assumersi responsabilità creative e di portare palla tra le linee è sicuramente Goncalo Guedes. Lo scorso anno, con gli stessi pattern di gioco, il portoghese riusciva a far saltare il banco grazie alla propria capacità di ricevere nei mezzi spazi. Anche lui però non è al meglio; ha giocato parte del secondo tempo col Betis ma non si sa se giocherà con la Juventus.

 



Una soluzione al problema della sterilità potrebbero essere le transizioni offensive, collaudate da Marcelino al pari della fase di attacco posizionale. I riferimenti verticali del 4-4-2 permettono di risalire velocemente il campo e, contemporaneamente, offrono uno sbocco laterale grazie alla coppia di esterni di centrocampo. La capacità di Rodrigo di venire incontro e indirizzare l'azione in con un dribbling o con un'apertura rende ancora più facile la vita del Valencia in campo aperto.

 

Marcelino ha costruito una squadra capace di pressare alto, ma a suo agio anche quando si tratta di difendere la propria metà campo grazie a una densità e a un'aggressività di primo livello. Non sarebbe sorprendente, nonostante il fattore campo, vedere il Valencia concedere il possesso ai bianconeri. Se Guedes dovesse rientrare, le transizioni diventerebbero ancora più pericolose, grazie a un giocatore capace come pochi di guadagnare velocità palla al piede. Se la Juve dovesse poi alzare la linea difensiva, Bonucci e Chiellini, che spesso preferiscono difendere vicino alla propria porta, potrebbero trovarsi a disagio contro le conduzioni veloci di Rodrigo e i tagli di Gameiro alle loro spalle.

 

In Italia non c'è una squadra offensivamente simile al Valencia. Per principi difensivi invece è molto simile al Napoli di Sarri. Lo scorso anno la Juventus ha dimostrato di subire le squadre aggressive sin da subito come il Napoli o il Tottenham. Quest'anno però Allegri avrà due registi arretrati come Cancelo e Bonucci.

 

Preparare un piano gara sulle debolezze dell'avversario stavolta sarà abbastanza difficile per Allegri, perché nonostante un inizio poco prolifico il Valencia è una squadra iper organizzata, capace di effettuare una transizione difensiva in pochissimi istanti. Sarà importantissimo allora mettere i singoli nelle condizioni di liberare tutto il proprio talento. I mezzi per forzare un sistema consolidato come quello di Marcelino non mancano. D'altro canto, il Valencia ha le armi per poter colpire chiunque.

 

 

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