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Giovanni Bongiorno
Dricus Du Plessis è il nuovo campione dei pesi medi UFC
22 gen 2024
22 gen 2024
Dopo cinque round sanguinolenti con Sean Strickland a UFC 297.
(di)
Giovanni Bongiorno
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IMAGO / ZUMA Press
(foto) IMAGO / ZUMA Press
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Il primo round era stato a senso unico. Strickland, campione dei pesi Medi, ha imposto il proprio ritmo ed il proprio jab, la sua arma principale, descritto così dal suo avversario: “Sembra che ti colpisca una pietra”. I risultati erano stati molto evidenti sul volto dello sfidante, Dricus Du Plessis, in particolare sull’occhio sinistro. Anche nel “check” dei calci alle gambe (la parata con cui si evita di subire danni più duri), Strickland era stato davvero perfetto: nessun low kick di DDP è andato a segno. Il campione in carica sembrava, come dicono i commentatori anglosassoni, “laser focused”: concentrato al massimo, come un laser, senza concedere alcuna sbavatura, capace di far sembrare Du Plessis uno sgraziato picchiatore che cercava di aggredire, spesso a vuoto, un fine schermidore, e che finiva per essere colpito a tradimento. Tutto questo, nei primi cinque minuti. Poi, le cose sono cambiate

L’incontro che vedeva in palio il titolo dei pesi Medi tra Sean Strickland e Dricus du Plessis prometteva fuoco e fiamme già dalla sua promozione. Negli ultimi anni UFC è stata criticata per il modo in cui prova a ricalcare alcuni schemi narrativi da wrestling, in particolare per il trash talking con cui molti atleti promuovono i loro eventi e il proprio “personaggio” a discapito dei reali valori che le arti marziali dovrebbero trasmettere. Strickland e Du Plessis erano arrivati a scatenare una rissa in mezzo al pubblico di un altro evento UFC, dopo che il primo aveva giocato con commenti omofobi sul bacio tra Du Plessis e il suo coach, e dopo che Du Plessis aveva tirato in ballo gli abusi subiti da bambino da parte di Strickland. Entrambi aveva superato, di molto, la linea immaginaria della decenza. I due, però, si sono chiariti prima del match nella hall dell’hotel nel quale erano ospiti, battendo i guantini in segno di rispetto prima dell’inizio del combattimento e lasciando che a parlare fossero solo le rispettive qualità gladiatorie. Come detto, il primo round non faceva immaginare che Dricus Du Plessis avesse alcuna chance di mettere in difficoltà Strickland. Ma a partire dal secondo round le cose sono cambiate. Du Plessis ha iniziato ad accettare di subire il primo colpo (il jab) pur di accorciare la distanza e incrementare il volume dei suoi colpi, arrivando a segno sia al volto che al corpo. Grazie alla “Philly shell”, la particolare guardia che ha reso famoso Strickland nelle MMA (ma che, ad esempio, adotta anche Mayweather jr nella boxe), inizialmente è riuscito a deviare ogni colpo pericoloso che Du Plessis lasciava partire in counterstriking. Du Plessis è stato intelligente: ha iniziato ad attendere e non esporsi per capire meglio il ritmo e la distanza preferita di Strickland, poi nella seconda parte del secondo round ha cominciato un lavoro di in&out di grande efficienza, seppur poco ortodosso. Du Plessis ha un’estetica tanto strana quanto efficace quando porta i colpi, che alle volte può farlo sembrare prevedibile ma che, se il suo avversario commette l’errore di sottovalutarlo, può essere letale. Si chiude, quasi si accartoccia su sé stesso, in un movimento che dovrebbe fare da campanello d’allarme perché da lì, senza punti di riferimento o vezzi particolari, il sudafricano fa partire i propri colpi. Trattandosi di un fighter estroso e versatile, nonostante il fisico massiccio, prova anche colpi in girata, overhand potentissimi ed headkick dopo aver fintato il cambio di livello, oltre a low kick molto rapidi. Questo oltre ai tentativi di takedown andati a segno, anche se Strickland si è spesso rialzato molto bene.

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Se nel secondo round Du Plessis ha preso le misure, nel terzo un leggero calo di Strickland ha favorito un suo ulteriore aumento di ritmo. Anche Strickland ha continuato a colpire con la solita efficacia, muovendo bene la testa e rientrando con dei buoni overhand, specie nella parte finale del terzo round, ma ormai l’inerzia dell’incontro sembrava cambiata. Così, il quarto round è stato (insieme al primo, a favore del campione) quello col risultato più netto: a seguito di un takedown e di una gomitata da parte di Du Plessis, un taglio nemmeno troppo esagerato ha contribuito a rendere Strickland una maschera di sangue. C’erano dei dubbi, considerata la fisicità di Du Plessis e il fatto che non avesse mai combattuto sui cinque round, sul fatto che potesse reggere un confronto così duro, così a lungo. La fisicità di Du Plessis e i suoi match precedenti potevano aver ingannato parte del pubblico, facendo credere che DDP non fosse pronto alla chance, che mancasse di cardio, di qualità. È un carro armato, si è detto più volte, ma avrà il cardio per impensierire una macchina da fiato e ritmo quale è Strickland? Alla fine la risposta è stata positiva. L’ultimo round è stato molto combattuto (tutti e tre i giudici lo hanno assegnato a Sean Strickland): Strickland è partito subito forte provando ad imporre il ritmo con i suoi soliti uno-due o con il jab che andava a stamparsi sul volto di Du Plessis, che da parte sua ha risposto riaprendogli la ferita sull’occhio sinistro. Strickland pareva avere qualche problema nel riacquisire la percezione delle distanze, sicuramente a causa del sangue che gli colava sugli occhi, ma ha comunque messo in mostra tutta la sua qualità nel wrestling difensivo, tenendo il match in piedi. Ai middle kick pesantissimi di du Plessis, Strickland ha risposto con degli overhand, inizialmente mirati, poi, nell’ultima parte del match, quando mancava poco allo scadere e Du Plessis aveva appena accennato ad invitare Strickland allo scambio, il match ha offerto la sua parte più caotica. A molti non piace l’estetica barbara dello scambio a viso aperto, secondo me invece quel tratto – la cui massima espressione resta il match tra Max Holloway e Ricardo Lamas a UFC 199, quando Holloway nei secondi finali, pur avendo la vittoria in tasca, ai punti, scelse di invitare Lamas a scambiare selvaggiamente al centro dell’ottagono – rappresenta la versione definitiva del combattimento, pur sportivamente parlando, all’ultimo sangue. Strickland e du Plessis nell’ultima porzione del match hanno dato tutto, con Strickland che si è lanciato sul suo avversario a suon di overhand e ginocchiate saltate e du Plessis che si è accartocciato come Balrog di Street Fighter (M. Bison in origine) per esplodere anche lui con gli overhand. Il finale ha giustamente scatenato una standing ovation, figlio di una risoluzione autenticamente istintiva per mano di due professionisti partiti come dei tecnici d’élite: perché il combattimento non è solo studio e strategia. Il senso del combattimento può disvelarsi anche nell’attimo in cui un fighter, in un’azione istintiva, lancia una gragnola di colpi sull’avversario attaccando il mento e sovvertendo un match che per quattro riprese gli era stato avverso. Ciò che rende speciale la chiusura di questo incontro è che i due (a differenza del sopracitato Holloway vs Lamas) avevano combattuto alla pari. Un match che, per decisione non unanime, ha decretato la vittoria di Dricus du Plessis, nuovo campione dei pesi Medi, il primo sudafricano della storia.

Ovviamente si è già parlato di Israel Adesanya – con cui, a proposito di trash-talking, Du Plessis ha già dato il peggio in uno scambio di vedute su chi fosse quello più africano, quello con il sangue africano ma cresciuto in un altro Paese o quello cresciuto nel continente ma con sangue colonizzatore. Forse, però, sarebbe più giusto un rematch immediato con Strickland. Strickland se lo merita, perché match di questo tipo non vedono mai un vincitore netto (anzi, in molti contestano il risultato della decisione, tra cui il presidente dell’UFC Dana White). Alla prova dei fatti, nel momento più difficile e al primo incontro sulle cinque riprese della carriera, Dricus du Plessis e la sua caratteristica più chiacchierata, il cardio, hanno risposto in maniera positiva: la cintura di campione per il momento è legata alla sua vita ma la concorrenza al limite delle 185 libbre è davvero spietata. E Sean Strickland è tutt’altro che una meteora.

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