Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Masvidal e Diaz hanno combattuto tre round epici
05 nov 2019
05 nov 2019
Un’analisi degli incontri principali di UFC 244.
Dark mode
(ON)

La lezione di Masvidal

di Giovanni Bongiorno

Il main event di UFC 244, nella cornice del Madison Square Garden di New York (con la presenza, non gradita a tutti, del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump) che ha assegnato la cintura di “Baddest Motherfucker” è stato epico, un instant classic della storia delle MMA e della promotion. Nonostante abbia avuto un finale non soddisfacente - come non può esserlo mai uno stop medico tra un round e l’altro, indipendentemente da quanto si possa essere o meno d’accordo con la decisione del medico - l’incontro fra Jorge Masvidal e Nate Diaz ha messo in chiaro alcune cose.

Anzitutto Masvidal ha dominato tre round in maniera netta, assestando colpi pesantissimi a Diaz, che sembrava potesse venir fuori nei championship round, notoriamente territorio di sfogo del suo motore diesel. E se non si è arrivati al quarto round la colpa è anche di un inizio a dir poco concitato che Diaz ha pagato caro.

https://twitter.com/ufc/status/1190849971265798145

Masvidal era così sicuro di sé che mandava baci al pubblico nelle fasi di clinch.

Nei primissimi secondi Diaz fa un passo laterale con una postura bassa che spinge Masvidal a fintare un inizio simile a quello dell’incontro contro Ben Askren (in cui dopo meno di dieci secondi lo aveva mandato KO con una ginocchiata volante che ha incontrato il tentativo di takedown dell’avversario); allora Nate Diaz fa un movimento in arretramento e Masvidal sorride. Diaz però non perde tempo e prendere subito l’iniziativa, anche grazie alle sue lunghe leve.

In guardia southpaw, Diaz avanza ma Masvidal, che a mio avviso è fra i migliori pugili puri fra la categoria dei leggeri e quella dei welter (un primato conteso forse da Dustin Poirier e Conor McGregor), mostra immediatamente la propria velocità, centrando al volto Diaz prima con una ginocchiata, poi con delle gomitate corte che gli fanno tremare le gambe.

Dopo una gomitata corta dal clinch Diaz barcolla, quasi si accascia, e Masvidal ne approfitta per incontrarlo con un calcio al volto che gli apre l’arcata sopraccigliare. Da terra, con due tagli che già gli solcano il volto, Diaz abbozza una difesa e la concretizza riuscendo a tornare in piedi. Ma insomma a quel punto deve aver capito che non sarà una serata semplice.

L’incontro è stato scandito anche da un altro colpo ricorrente di Masvidal: il middle kick che grazie alla sua capacità di calcolo delle distanze impatta più volte con grande violenza sul costato o sul fegato di Diaz, causandone addirittura l’atterramento in uno dei casi.

Diaz ha invitato più volte Masvidal ad entrare nella sua guardia a terra, per guadagnare qualche secondo e contando in ogni caso sul suo grande bjj. Masvidal, però, ha preferito spingere con la gamba avanzata fra le gambe di Diaz, limitandone la difesa e iniziando a colpirlo in ground and pound.

In piedi Diaz ha risposto bene con jab e diretti, prontamente assorbiti da Masvidal, che ha risposto in più occasioni aumentando la forza e variando i propri colpi immediatamente dopo essere stato raggiunto. Nelle battute finali della seconda ripresa, Diaz ha provato a ribaltare Masvidal e ad afferrargli la gamba per tentare una sottomissione, ma Masvidal si è girato, ha accorciato su Diaz (non dandogli così possibilità d’estensione) ed ha continuato a colpirlo.

Diaz era partito bene nel terzo round, toccando Masvidal più volte, ma non è riuscito a completare un’azione offensiva senza subire il counterstriking. Mentre Diaz attaccava, dunque, Masvidal rispondeva con middle kick, ma anche con colpi al volto che contribuiscono ad allargare le ferite di nate, che alla fine della terza ripresa gronda sangue da una ferita apertissima. Prima dell’inizio della quarta ripresa il medico ha controllato l’occhio di Diaz e scelto per lo stop. Nate non sembrava eccessivamente contrariato, Masvidal sembrava attonito e sorpreso.

https://twitter.com/DAZN_IT/status/1190939174569857024

Un TKO deciso dal medico al termine della terza ripresa, dovuto a tagli fra zigomo ed arcata sopraccigliare di Nate Diaz, dunque, consegnano a Jorge Masvidal la cintura di BMF - simbolicamente consegnata da The Rock - che vale probabilmente anche come attestato di prossimo sfidante al titolo dei pesi welter UFC. Entrambi i fighter hanno parlato di un possibile re-match che però non sembra interessare alla UFC. A noi spettatori resterà sempre l’amaro in bocca per il quarto e quinto round mancanti, perché non sapremo mai come sarebbe andata, se Diaz sarebbe davvero tornato nel match nonostante le ferite. Ma, come si dice, la saluta prima di tutto.


Il ritorno di Till (così così)

Di Gianluca Faelutti

C'erano grandi aspettative riguardo al match fra Darren Till e Kelvin Gastelum e fra i molteplici motivi d'interesse c’è era innanzitutto il fatto che si trattava del primo test nei Pesi Medi dell’inglese., peraltro molto attendibile, per Till. Tanto più che veniva dopo due sconfitte consecutive avvenute prima del limite nei Welter, contro fighter di altissimo livello come l'allora campione Tyron Woodley e Jorge Masvidal.

L’americano di origini messicane Kelvin Gastelum garantiva un rilancio immediato del sue ambizioni. Ma anche Gastelum, che veniva da una prova molto convincente contro quello che adesso è il campione di categoria Israel Adesanya, comunque conclusasi con una sconfitta, doveva trovare nuove certezze in una sfida di altissimo livello.

Entrambi mancini, le differenti proporzioni fra i due erano la prima cosa evidente: otto centimetri di differenza in altezza che si palesavano nella differenza di allungo (71” a 74”).

Till e Gastelum sono fighter notoriamente aggressivi e anche per questo era lecito aspettarsi un match aperto, costellato da scambi pesanti e momenti di grande tensione sportiva. E forse proprio per la vicendevole pericolosità e predisposizione al KO entrambi i fighter hanno avuto un atteggiamento guardingo, dove in termini di efficacia ha prevalso maggiormente la fase difensiva. Ne è venuto fuori un incontro meno spettacolare del previsto.

Strano.

Un match quasi difficile da commentare tanto scarsa è stata l’incidenza dei colpi da una parte e dall’altra: Gastelum ha insistito molto con il clinch ricavando un buon numero di colpi (14) ma nulla di davvero significativo, mentre Till ha fatto valere il suo maggiore allungo con un buon uso del jab, ma anche una precisione superiore chiudendo con 34 colpi a 26.

Ad emergere sono state soprattutto le doti difensive, la solidità dei due sfidanti e la loro capacità di trovare contromisure adeguate al proprio avversario. Soprattutto Till è stato bravissimo a difendersi nelle fasi di clinch imposte a più riprese da Gastelum, ad alzarsi tempestivamente senza subire nemmeno un colpo ogni qualvolta ha subìto un atterramento e infine ad impedire a Gastelum di chiudere la distanza e far valere la potenza dei suoi colpi. D’altro canto anche Gastelum è stato efficace nell’eludere il terribile uno-due di Till.

Ed è stato un match ancora più difficile da giudicare. Emblematica è stata la split decision che ha visto un giudice dare la vittoria 30-27 a Gastelum, un altro 30-27 a Till e un terzo, decisivo, nel dare a favore dell’inglese un 29-28, premiando probabilmente il maggior peso dei colpi di Till, che è andato a segno più spesso al volto del suo avversario con 19 colpi a 8.

È stato un match abbastanza soporifero, che ha l’aggravante di non averci dato tutte le risposte che cercavamo, ma che piazza comunque Till ai piani alti dei pesi medi e non ridimensiona particolarmente Gastelum, che se non ha divertito ha venduto come sempre cara la pelle.




Il manifesto delle qualità di Stephen Thompson

Di Giovanni Bongiorno

Il ritorno alla vittoria di Stephen Thompson passa attraverso una prestazione attenta, matura, precisa, depurata da ogni difetto. Il suo avversario, Vicente Luque, era partito molto bene ma col passare del tempo e grazie ad un rapido adattamento con il quale ha palesato tutte le sue abilità, Thompson ha costruito la solita prestazione fatta di controllo totale delle distanze, colpi in linea verticale, footwork veloce e cambi di direzione e stance fulminei.

È frustrante per ogni suo avversario e a volte, devo ammetterlo, anche per chi lo osserva. Andare a caccia di Thompson, per chi gli sta davanti, dev’essere come andare a caccia di un animale particolare; un animale che sembra individuabile e colpibile, ma che all’ultimo momento si sposta, apre angolazioni imprevedibili ed è capace di abbattere con un colpo solo il suo cacciatore.

È stata la volta di Luque, a UFC 244: il brasiliano ha tentato fin da subito di imporre il proprio gioco, una muay thai adattata alle MMA molto solida e pressante, che mirava probabilmente a chiudere Wonderboy vicino alla parete e a colpirlo variando il livello ed i colpi. Ma la maggior parte dei suoi colpi è andata a vuoto, cercando di colpire un bersaglio mobile virtualmente irraggiungibile.

Dopo un primo round equilibrato nel quale i due hanno prendono le misure e nel quale, forse, è proprio Luque a passare in vantaggio in virtù di ottimi leg kick, è stato lo statunitense a far sua l’inerzia dell’incontro. Mentre nel primo round Thompson ha subito suo malgrado diverse iniziative del brasiliano, già dalla seconda ripresa la musica è cambiata. Thompson è riuscito sia ad accorciare bene i colpi, specie con le braccia, che ad estenderli. Il match diventa un tiro al bersaglio in counterstriking sulle iniziative di Luque, con Thompson che ha messo in mostra le proprie abilità con ben due i side kick che, con tempismo perfetto, hanno messo a sedere un Luque sempre più spaesato.

Nel terzo round il lavoro di in-&-out da parte di Wonderboy si è fatto ancora più sciolto e preciso. Luque ha rallentato a causa del passare delle riprese e la frustrazione si è fatta più evidente. La prestazione di Thompson è stata tra le sue migliori, un dominio essenziale, non un movimento in più, non un’esposizione azzardata, pura scienza del combattimento applicata al contesto MMA. Il KO subito da Anthony Pettis ha forse giovato all’ennesima prova di maturità di Thompson, un fighter completo, creativo, ma soprattutto concreto. E che, con una vittoria per decisione unanime, dimostra ancora di essere fra i migliori nella divisione dei pesi welter.


Mai sottovalutare Kevin Lee

di Gianluca Faelutti

Gregor “The Gift” Gillespie si presentava a questo match con tantissimo hype, dato dalle 13 vittorie senza sconfitte e soprattutto dalle prestazioni sempre più convincenti in UFC, culminate con la vittoria, ancora una volta schiacciante, su Yancy Medeiros.

Gillespie aveva palesato un grappling stellare: il suo wrestling asfissiante aveva polverizzato le resistenze avversarie, il suo ground game fatto di sottomissioni, come quelle inflitte a Vin Pichel e a Jason Gonzalez (Arm Triangle Choke), ma anche di un’infinità di colpi, ha fatto soccombere i suoi sfidanti.

Il peggior avversario per un grappler, specie se un po’ monodimensionale come Gillespie, è però un altro wrestler, capace di far confluire il match nelle fasi di striking. Per questo motivo, oltre al valore assoluto di un fighter come Kevin Lee, erano le sua caratteristiche a dover preoccupare Gillespie in quanto difficilmente, visto il valore del suo grappling, sarebbe riuscito ad imporsi con la medesima efficacia.

A inizio incontro Gillespie ha tentato subito il one leg takedown che Lee ha eluso con estrema facilità, e non è un caso che da quel momento Gillespie non abbia tentato più alcun takedown: il suo gameplan già prevedeva, salvo complicazioni, un match di striking. Il problema però è stato che lo striking di Gillespie si è palesato molto prevedibile e altrettanto impreciso: prima del KO impressionate di Kevin Lee, Gillespie era andato a bersaglio con soltanto il 19% dei suoi colpi e alla fine il maggiore estro di Lee, è stato determinante.

https://twitter.com/ufc/status/1191105325790875648

La reazione di Joe Rogan al calcio di Kevin Lee che stende Gillespie

Prima il destro, poi l’high kick, fulmineo e devastante e Lee è tornato in corsa nel giro che conta, mentre si è arrestata la grande ascesa di Gillespie. Lee è a mio parere un fighter che ha raccolto meno di quanto avrebbe presupposto il suo talento: parliamo di un atleta che non soltanto possiede un wrestling e una fisicità eccezionale, ma che in piedi ha più volte dimostrato la sua pericolosità (mettendo, fra le altre cose, in enorme difficoltà un certo Tony Ferguson).

Questo match ci ha dato da una parte un'altra prova del talento di Lee, ma ha anche dimostrato quanto la completezza sia indispensabile per accedere all'élite, in particolare in categorie di peso agguerrite come questa. È una regola che nelle MMA difficilmente fa eccezione, la monodimensionalità, anche se sopraffina come in questo caso, presto o tardi, paga i suoi limiti.


Quanto pesa il destro di Anderson

di Gianluca Faelutti e Giovanni Bongiorno

Una piccola, ma doverosa menzione per quanto è successo nei preliminari della card, nella quale l’esperienza e la forza di Corey Anderson hanno costretto ad una brusca battuta d’arresto il lanciatissimo Walker, che si è fatto sorprendere nelle fasi di stand up da un destro pesantissimo.

https://twitter.com/ufc/status/1190806782383407104

Anderson è stato fulmineo nell’accorciare la distanza e poi magnifico nel capitalizzare prima con un gancio mancino che ha mandato knockdown Walker, poi dal successivo ground and pound e soprattutto dalla fase di clinch, che ha definitivamente chiuso il match.

Le aperture lasciate da Walker dopo aver subito il primo colpo al mento hanno incoraggiato Anderson, che ha preso l’iniziativa e, da vero grinder, si è abbattuto con una ferocia inaudita su un poco lucido Walker, ancora in fase di ripresa. Il brasiliano non ha trovato più il tempo per contrattaccare, ha sbracciato e lasciato spazi sempre più profondi, concedendo il fianco ad un galvanizzato Anderson che sapeva di non potersi far sfuggire un’occasione simile.

Esagerato il festeggiamento forse, per il quale lo stesso Anderson ha poi chiesto scusa tramite un tweet, ma la vittoria è stata chiara e limpida ed il treno dell’hype di Walker pare essere deragliato.


Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura