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Emanuele Atturo
5 giocatori dell'Italia U-19 che speriamo giochino di più
18 lug 2023
18 lug 2023
Giocatori che si sono messi in luce nella squadra che ha vinto il torneo.
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Emanuele Atturo
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L’Italia alla fine ce l’ha fatta a vincere un trofeo giovanile. Ce l’ha fatta alla coda di un’estate che ha mandato messaggi contrastanti sulla salute del nostro movimento, almeno se usiamo le nazionali giovanili come una delle cartine di tornasole più affidabili per capire chi siamo e a che punto siamo. I risultati dei tornei giovanili non dovrebbero essere presi troppo in considerazione, ma in qualche modo ci dicono che direzione sta prendendo la formazione e lo sviluppo del talento in Italia. Quest’estate le squadre che sono andate bene sono anche quelle che hanno mostrato i giocatori e le idee più promettenti.A maggio l’Under-17 di Corradi è stata eliminata in un girone molto duro da Serbia e Spagna. L’Under 20 di Carmine Nunziata invece si è spinta fino in finale, poi persa nettamente contro l’Uruguay. Era però stata l’Under-21 ad avere il rendimento più scioccante in negativo, mostrando una serie di tic e idiosincrasie tipiche del calcio italiano: l’ossessione per il 3-5-2, la scarsa attenzione data alla tecnica, la mancanza generale di coraggio e ambizione. Poi è arrivata questa Under-19 che ha vinto l’Europeo, ed era la squadra su cui sinceramente riponevamo meno aspettative. Una squadra, però, che ha mostrato che quell’Under-21 vista poche settimane fa era una parentesi. Non da ignorare, visto che è espressione di una serie di idee ancora consistenti nel nostro calcio, ma comunque affiancata da altri modelli.La classe del 2004 sembrava la meno promettente e l’Italia non vinceva l’Europeo di categoria da vent’anni. L’ultima vittoria risaliva al 2003, un anno prima che nascessero la maggior parte dei giocatori dell’attuale Nazionale. Questo nonostante gli Europei Under-19 si giochino con frequenza annuale. In panchina c’era Paolo Berrettini e in squadra c’erano Giorgio Chiellini, Alberto Aquilani, “Ciccio” Lodi, Giampaolo Pazzini. A esclusione di Chiellini, una generazione a posteriori non così fortunata, che ha vissuto tanti ritiri precoci. Come quella volta, anche domenica l’Italia ha battuto in finale contro il Portogallo: nel 2003 erano stati i gol di Della Rocca e Pazzini, ieri è bastato il gol di Michael Kayode. Prima della finale, va detto, l’Italia partiva sfavorita. Se non altro perché aveva perso 5-1 nel girone proprio contro il Portogallo, suggerendo una differenza di talento molto grande, che in finale non si è vista.

È successo proprio l’inverso di quanto successo nel 2019, quando l’Italia di Nicolato batté il Portogallo nei gironi per poi perdere 4-3 in finale (doppietta di Kean e gol di Scamacca, per il Portogallo uno Jota sugli scudi, miglior giocatore del torneo, oggi ovviamente in Arabia Saudita).

L’Italia aveva meno talento a disposizione, ma come accade nelle migliori versioni della nostra Nazionale, ha mostrato una pianificazione tattica di ferro. Un gioco meno radicale e spettacolare dell’Under-20 di Nunziata, ma al contempo un’organizzazione curata nei minimi dettagli, rara in una Nazionale, figuriamoci in una giovanile. Anche qui il merito va soprattutto ad Alberto Bollini, che potrebbe essere il nuovo allenatore della selezione Under-21, e che ha costruito una squadra molto a suo agio senza palla. Contro il Portogallo l’Italia non si è mai difesa in modo passivo, concedendo alla fine quasi nessuna occasione agli avversari. Il Portogallo che non è riuscito a far gol in finale ne aveva segnati 14 in 4 partite. Il valore di una Nazionale giovanile non sta però tanto nel risultato finale, o nella capacità di aver proposto una fase difensiva attenta, quanto di aver messo in mostra alcuni giocatori interessanti. E per quanto possiamo essere felici della vittoria dell’Europeo, nessuno dei titolari gioca nei rispettivi club. Abbiamo raccolto qualche nome che si è messo in luce: niente di troppo esoterico, giocatori che si conoscono anche da un po’ da chi segue il calcio giovanile, ma che non trovano spazio tra i professionisti, restando ancora in primavera. Abbiamo escluso Cher Ndour, appena passato al PSG, perché ne avevamo già scritto e perché la sua carriera è ancora strana. Abbiamo escluso anche Giacomo Faticanti, che meritava almeno la menzione.Michael KayodeDopo essere cresciuto nel settore giovanile della Juventus, Kayode ha deciso di andare a giocare in Serie D, nel Gozzano: uno dei tanti club falliti nelle serie inferiori. Nel 2021 la squadra del novarese è fallita e Kayode è stato avvicinato da diverse squadre. È finito poi alla Fiorentina, dove è diventato uno dei punti fermi del settore giovanile di Angeloni e della primavera di Alberto Aquilani. Kayode ha segnato il gol vittoria in finale, con un bell’inserimento di testa, ma si è distinto soprattutto per la capacità di sovrapporsi e vincere i duelli fisici con i diretti avversari, mantenendo sempre una grande attenzione difensiva. Bollini lo ha schierato nella strana posizione di esterno alto, anche se lui in teoria gioca terzino - il suo agente dice che si ispira un po’ a Cafu. In alcune fasi delle partite si scambiava la posizione con Missori, abbassandosi. Nella partita contro la Polonia ha invece giocato a sinistra. Insomma, Kayode è duttile e potenzialmente molto a suo agio nei 3-5-2 che vediamo in Serie A.

In questo cross per Esposito colpisce soprattutto la lettura di un cross morbido e preciso.Qui invece un cross più teso contro Malta.

Pare che lo scorso anno un paio di squadre di Bundesliga abbiano provato a prenderlo. Quest’anno Italiano lo ha già portato in prima squadra in occasione di qualche partita di fine stagione. Sarebbe bello vederlo giocare di più. Samuele VignatoQuesti tornei giovanili estivi ci hanno portato una notizia che forse non immaginavamo: i numeri 10 in Italia non sono morti. Sia l’under-20 che l’under-19 hanno espresso giocatori tecnici, bravi nel primo controllo e nel dribbling. La notizia non è stato tanto vederli quanto che fossero così centrali e influenti nelle rispettive squadre: Pafundi e Baldanzi in Under-20, Vignato, D’Andrea e Hasa nell’ Under-19.Samuele Vignato è il fratello di Emanuele del Bologna. Uno dei più giovani debuttanti della storia della Serie A. Se Emanuele però brilla soprattutto per la visione di gioco, per l’abilità nell’ultimo passaggio, Samuele è palla al piede che fa la differenza. Non solo per la sensibilità di tocco in conduzione, ma anche per la velocità, davvero devastante nei primi metri (soprattutto per quanto siamo abituati noi: fa impressione vedere un giocatore così veloce con la maglia dell’Italia). Questa, per esempio, la sua accelerazione contro la Polonia, culminata nell’assist ad Hasa.

Anche in finale, però, Vignato ha saputo a tratti da solo tenere alto il baricentro dell’Italia con i suoi strappi palla al piede. Iniziative individuali vitali per la squadra di Bollini: quando Vignato era stanco dalla panchina entrava Koleosho, un altro profilo interessante per dribbling e accelerazioni. Ciò che colpisce è la facilità con cui Vignato riesce ad accelerare e strappare nei corridoi centrali, e non defilato sulla fascia. Quando gli spazi si restringono Vignato non rinuncia comunque alla sua verticalità, ad accelerare senza allungarsi mai troppo la palla. Qualcosa che lo rende potenzialmente pericoloso non solo in transizione ma anche contro difese più basse.Nel Monza ha giocato solamente 56 minuti quest’anno. A 19 anni, con un talento simile, almeno all’apparenza, il prossimo anno dovranno per forza essere di più. È il classico giocatore che non gioca perché - almeno si dice - “troppo gracilino”.Luis HasaHasa gioca col numero 7 e gli piace muoversi un po’ come preferisce. Parte da sinistra o si muove a sinistra, ma è uno di quei giocatori versatili che si spostano sempre in relazione al pallone, che ama associarsi con i compagni in spazi brevi, per poi rifinire con l’ultimo passaggio o provare la conclusione.Hasa è stato il regista avanzato dell’Italia Under-19, il giocatore più influente per risalire il campo grazie a una capacità davvero raffinata di ripulire il possesso. Veniva spesso anche incontro in zone arretrate, creando sulla sinistra una zona nevralgica del possesso dell’Italia. Se Vignato è un giocatore di strappi e verticalità, Hasa riusciva anche a dare la pausa all’Italia. La sua partita contro la Spagna è forse stata la miglior prestazione individuale del torneo fra i giocatori italiani.

Non è velocissimo, ma la capacità di usare il corpo lo rende difficile da fermare quando porta palla. Convergendo da sinistra con l’interno del destro sa trovare traiettorie sempre pericolose. È un giocatore intelligente, che non ha uno spunto devastante, ma che è ordinato e che sa fare molte cose. C’è ancora spazio per giocatori così nel calcio di oggi?Alessandro DellavalleAl centro della difesa dell’Italia, prodigiosa nella finale col Portogallo, giocavano due cugini: Lorenzo e Alessandro Dellavalle. Lorenzo gioca alla Juventus, Alessandro al Torino. Entrambi sono nati a Carignano, comune di 9mila abitanti. Se non vi sembra eccezionale questo fatto, di per sé, posso aggiungere che hanno giocato entrambi un ottimo Europeo. È difficile dire chi sia meglio tra i due, ma Alessandro forse è quello che ha giocato il torneo più impressionante. Uno di quei centrali aggressivi, che esultano in faccia agli attaccanti dopo un intervento in scivolata. Lorenzo è invece più tecnico col pallone e più composto negli interventi. Se Torino e Juventus non hanno spazio per loro speriamo possano andare in prestito da qualche parte. L'incubo - per loro come per tutti i giocatori in questa lista - sarebbe se rimanessero in Primavera. Sono tutti 2004: per qualche astrusa ragione, sarebbe ancora legalmente possibile.

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