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(di)
Matteo Gagliardi
Tyson dopo Tyson
23 set 2013
23 set 2013
La vita straordinaria del pugile per antonomasia. Ma interessa ancora a qualcuno?
(di)
Matteo Gagliardi
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Mike Tyson entra scendendo lentamente i quattro gradini dello studio muovendo le gambe in uno strano effetto bicicletta. Ha una camicia bianca e un completo nero impercettibilmente gessato che gli sta malissimo. La giacca è lunga, i pantaloni sono larghi e gli fanno i piedi piccoli. Così travestito il suo corpo è deforme. Si morde le labbra e s’impegna a non sbagliare nessun passo. Arrivato al centro della scena fa segno alla ballerina Elena Coniglio di avvicinarsi, con il dito della mano destra. L’altra mano la nasconde dietro la schiena. Mentre Elena con le braccia intorno al collo scende e sculetta, l’indice di Mike comincia a segnare dei cerchi in aria. Poi mano nella mano balla composto, spostando ora il piede sinistro avanti ora l’altro, alternando il movimento alle spalle che ruotano sul tronco. Si prepara a prendere Elena e la sorregge senza difficoltà mentre esegue la ruota; da quel momento fino alla conclusione dell’esibizione oscilla sul posto come l’orso Baloo. L’immagine finale è composta da Elena piegata in un casquè e Tyson che mostra il muscolo del braccio destro in una parodia di un KO. Nei pochi istanti in cui la telecamera riprende il viso affaticato di Mike e il suo inconfondibile sorriso con diastema mi ritorna in mente la sua faccia severa nel 2000 quando davanti a un microfono minaccia Lennox Lewis: «Sono il più brutale, il più feroce, il campione più spietato che sia mai esistito. Nessuno può fermarmi. Lennox è un conquistatore? No! Io sono Alessandro! Sono il migliore di sempre. Sono Sonny Liston. Sono Jack Dempsey. Non c’è mai stato nessuno come me. Nessuno mi può eguagliare: il mio stile è impetuoso, la mia difesa è inespugnabile, sono feroce. Voglio mangiarmi il suo cuore, voglio mangiargli i figli. Lode ad Allah!» Quando il ricordo svanisce, ritorno nello studio di “Ballando con le stelle” dove tra gli applausi la voce fuori campo di Milly Carlucci urla: «L’intero pubblico è in piedi, perché è stato troppo grande!»

Nella tournée che portò Tyson in Italia nel gennaio del 2010 “Iron” Mike fu l’ospite di “Ballando sotto le stelle” e “Chiambretti Night”. Tyson ha sempre avuto bisogno di soldi: nel 1998 aveva partecipato a un incontro di Wrestling come membro della scuderia chiamata Generazione X per arrotondare, ma i tre milioni di cachet erano svaniti in un attimo e già nel 2003 aveva dichiarato pubblicamente bancarotta, mentre era ancora in attività. I quasi 30 milioni a incontro dell’epoca d’oro, i ’90, erano finiti e gliene servivano altri per pagare avvocati, cocaina, alcool e cauzioni. Subito dopo il ritiro dai pro, si trasferì in Ohio per alcuni match celebrativi. Non fu un gran successo e durò soltanto un anno. Per la sua partecipazione al cinquantacinquesimo festival di Sanremo nel 2005, l’edizione condotta da Paolo Bonolis, ricevette novanta mila euro per un’intervista. Più interessante della chiacchierata tra i due, fu la polemica prima e dopo. Adnkronos scrisse: «Un vero e proprio scandalo i soldi dati al condannato per violenza carnale Mike Tyson». L’opinionista al Festival Iva Zanicchi disse che l’aver invitato Mike Tyson (definito da lei «un personaggio negativo») era stata una scelta inspiegabile: «Ma come, non era in galera? Uno come lui non c’entra niente: se si voleva un ex campione di qualcosa se ne poteva scegliere uno senza precedenti penali, gente positiva come Tomba o Thoeni». Riguardando le partecipazioni di Tyson a quel tipo di programmi sembra che nessuno sapesse bene cosa farsene. Paolo Bonolis cercando di abbassare i toni prima dell’intervista a Sanremo chiarì che sarebbe stato «un momento di bella tv indagare sulle origine della rabbia». Bonolis «voleva capire lo stato d’animo di chi deve affrontare la vita nascendo nel Bronx», intervistando un pugile nato però vicino Brooklyn. Anche lo stesso Tyson non sapeva perché l’avessero invitato: «Non ho nessuna idea del perché mi abbiano chiamato, ma sono molto contento di essere qui. Forse hanno saputo che sono un appassionato di musica e quindi mi hanno invitato per quello». L’ospite Tyson nelle nostre trasmissioni tv veniva truccato, travestito, giudicato, deriso con frasi intraducibili, perché secondo opinione di molti, doveva tornare a essere presentabile. Tyson da parte sua era pronto a qualunque tipo di redenzione, consapevole che il suo percorso di riabilitazione dovesse passare anche attraverso le offese di Iva Zanicchi e le battutine di Chiambretti. «Devo proprio andare adesso», ha detto chiudendo l'intervista del “Chiambretti Night”, «Business is business. Il tempo è denaro, ora è scaduto e devo tornare dalla mia famiglia». A “Ballando sotto le stelle” Tyson se se lo era davvero sudato il cachet, visibilmente affaticato dopo un’esibizione durata poco più di un minuto. Milly Carlucci salutò la moglie di Mike, Kiki, confermandole quanto fosse stato bravo suo marito. Mike non disse una parola e nessuno gli chiese niente. Paolo Belli intervenendo da dietro la presentatrice disse: «Sono proprio curioso di vedere se la giuria gli darà meno di dieci». Risero tutti, e partì l’applauso. Fabio Canino gli diede il massimo dei voti paragonando la prova di “King Kong” Tyson al «miglior Baryšnikov e Nureev», Ivan Zazzaroni un 9 e Lamberto Sposini nascondendosi dietro due palette formò 100 con il 10 e lo 0. Al termine della votazione, mentre Mike Tyson si sedeva, la telecamera indugiò ancora su Paolo Belli che simpaticamente fece con tutte e due le mani il gesto della “strizza”, prima di andare in pubblicità.

A differenza di altri colleghi la parte sportiva, sul ring, e quella biografica, fuori, hanno sempre coinciso in un’inscindibile personificazione della brutalità. Leggendo le agiografie di molti fighter si incontra spesso il capitolo sulla famiglia e sul quartiere degradato in cui hanno vissuto, Tyson è convinto addirittura che sia «impossibile essere un campione se nasci in una famiglia agiata». E se la vita fuori dal ring di questi sportivi si costruisce su passaggi condivisi (la galera, la violenza, l’abuso di alcol etc.), abbiamo col tempo e anche con giusto disinteresse imparato a separarla da ciò che avviene durante un match. Con Tyson è stato impossibile: nonostante fosse il pugile per antonomasia, una sorta di Ronaldo della boxe era ritenuto brutale perché brutale era fuori dal ring. Da quel morso a Evander Holyfield molti che lo seguivano ebbero la conferma che l’animale si era comportato da animale. Il pugile Tyson è stato sempre profondamente sottovalutato. Non è riuscito a convincere gran parte del suo pubblico che il suo modo di combattere non era bestiale, ma era frutto di un lavoro preciso e costante in palestra, che non era soltanto merito di una forza naturale ma che era diventato “Iron” Mike con gli anni, con gli allenamenti, con gli «insegnamenti dei maestri», di cui parla in ogni intervista. E se si esclude l’episodio di Holyfield, Mike Tyson era un pugile sempre corretto sul ring perché non aveva bisogno di altro oltre la sua bravura. Se ha sbagliato qualcosa è stato nell'aver voluto essere il numero uno a ogni costo, dimenticandosi spesso quanto avesse dovuto lavorare per raggiungere quel risultato. «Non è facile essere il migliore in qualcosa», ha spiegato a Chiambretti: «Perché tutto il resto entra in secondo piano. Mio figlio mi ha detto che morirebbe pur di diventare un campione, ma non funziona così. Bisogna morire per cercare di diventare un campione». Famoso per la sua velocità nel buttare giù gli avversari, Tysonera feroce ma controllato. Basta vedere l’incontro contro Peter McNeeley del 19 agosto 1995. McNeeley si avventa su Tyson da subito frenetico, e mentre smanaccia Tyson attende e piazza colpi precisi e pesanti che stordiscono l’avversario. La velocità con cui porta i colpi è bellissima e la torsione del busto è da virtuoso. È talmente forte che non solo sbatte McNeeley due volte al tappeto in pochi secondi ma addirittura costringe il suo allenatore a gettare la spugna prima della fine del primo round. Tyson è stato tanto rapido a chiudere gli incontri quanto a diventare campione del mondo dei pesi massimi. È stato il primo pugile heavyweight a vincere il primato a vent’anni e il primo a detenere tre cinture differenti: WBA, WBC e IBF. L'intelligenza di Tyson sul ring veniva dal suo allenatore. Quando nell’intervista con Chiambretti gli viene chiesto perché secondo lui «dopo Mike Tyson non c’è stato e non ci sarà più nessun campione così importante tra i pesi massimi», risponde: «Io sono stato allenato da una leggenda, gli altri questo privilegio non l’avranno mai. Sono stato benedetto». Tyson incontrò Cus D’Amato quando aveva dodici anni ed era in riformatorio. Quando la madre di Mike muore di cancro, Cus lo adotta legalmente e lo porta con sé nella sua casa a Catskill. Tyson era più basso rispetto alla media dei suoi colleghi dei massimi e il rischio di prendere qualche diretto lungo mentre si avvicinava per un corpo a corpo era altissimo se si usava una guardia classica con un solo guantone a coprire il viso. Così insieme a Cus lavorarono alla tecnica del “Pick-a-Boo”. La postura di Mike era compatta e solida perché i guantoni in difesa erano tenuti all’altezza di entrambi gli zigomi, prediligendo una posizione frontale e non obliqua e avanzando con i gomiti stretti lungo il busto. Questa particolare tecnica che a un occhio inesperto può apparire scomposta si rivelava straordinariamente efficace se accompagnata da un avanzare sicuro in direzione dell’avversario, come un ariete pronto a sfondare. Tyson entrava nel metro quadrato del nemico, e con una velocità anomala per quel tipo di “peso” faceva partire i colpi. Si abbassava con ottimi riflessi sulle ginocchia per schivare e torceva il busto come frusta per caricare. La sua intelligenza consisteva nel mantenere la calma in ogni situazione: gli incontri che ha perso sono stati quelli in cui non ha mantenuto il controllo, o ha sottovalutato l’avversario perdendo la concentrazione.

Bill Simmons ha coniato l’efficace locuzione “Tyson zone” per parlare del tipo di reazione causata nel pubblico dalle notizie riguardanti la vita del pugile. Si legge su Urban Dictionary: «È il momento in cui il comportamento di una celebrità diventa talmente folle che non c’è proprio più nulla che possa sconvolgere o sorprendere». Il dizionario prosegue, specificando: «Prende il nome dal pugile Mike Tyson, che un tempo campione del mondo dei pesi massimi ha poi 1) sposato un’attrice semi-famosa 2) è stato accusato di stupro 3) ha divorziato 4) ha masticato l’orecchio di un altro pugile durante un match 5) si è fatto un tatuaggio sulla faccia 6) possiede sul tetto del suo appartamento di New York una colombaia. Il primo incontro della vita di Mike Tyson è all’età di undici anni a Brownsville. All’inizio del novecento era un luogo disabitato, la zona est di Brooklyn, dove si incontravano spacciatori e gangster. Negli anni sessanta e settanta si era insediata la comunità afroamericana. Quando era ancora molto piccolo, dopo che il padre se ne era andato lasciando la famiglia in mano alla moglie alcolizzata, Mike in quel quartiere non riesce a fare amicizia con nessuno. La madre muore pochi anni dopo e di lei Mike ricorda: «Non ho mai visto mia madre felice o orgogliosa di me. Non ho mai avuto l’occasione di parlarle e conoscere qualcosa di lei. Mi riteneva soltanto un ragazzo della strada». A scuola lo prendono in giro perché indossa ogni giorno gli stessi vestiti. Gli unici amici del piccolo Tyson sono i piccioni dei quali si prende cura (passione che conserva ancora oggi: Larry Merchant dopo il KO subito contro Buster Douglas, un incontro in cui l’occhio di “Iron” si era gonfiato a dismisura, disse: «Se Tyson che ama così tanto i piccioni ne stesse cercando uno, be’ in questo momento non riuscirebbe mai a trovarlo»). Un giorno un compagno di scuola di nome Gary Flowers, «un coglione» ricorda Mike in un’intervista, per fargli un dispetto prese uno dei suoi piccioni e gli strappò via la testa. Tyson da quel pomeriggio diventò il ragazzo più temuto di tutta Brownsville e non aveva ancora compiuto dodici anni. Quando gli hanno chiesto se picchiare Flowers era stato decisivo per la sua carriera pugilistica, Tyson ha risposto: «Lì ho realizzato di essere uno stupido, non un pugile. Tutti erano lì a gridare ad applaudirmi. È stato bello vincere certo, per liberarmi di alcuni pesi, per sentirmi meglio, mi piaceva che stessero applaudendo proprio me. E ho vissuto molti anni con quel tipo di applausi, ma adesso non ce la faccio più. Tutto quello che sento adesso sono energie negative. Io non voglio più vivere così. Io voglio trascendere».

Quando il 26 gennaio 2010 Tyson è ospite della trasmissione “Chiambretti Night” entra sorridendo e Chiambretti lo accoglie con due guantoni da pugile. Appena Tyson si siede, gli dice: «Caro Mike, welcome on board. I speak english very well ma ho una fifa bestiale». Ridono in sala, Mike s’incanta guardando in alto mentre attende la traduzione nell’orecchio. Poi dolcemente dice al presentatore di «non preoccuparsi, andrà tutto bene». Chiambretti continua: «Sto tranquillo ma so che lei è nervoso perché la frutta è arrivata in camerino con cinque minuti di ritardo». Mike sorridendo ancora aspetta la traduzione e Piero sottovoce strappa un altro applauso al pubblico dicendo: «Aiuto… che paura… io ogni volta che mi guarda così…». Poi quando glielo traducono, Tyson risponde semplicemente: «Non è vero». Chiambretti a quel punto se ne esce con un'intraducibile: «È gentile, sembra Suor Germana». Mike non sembra a suo agio. A metà intervista Chambretti gli sventola in faccia un foglio A4 con stampato sopra un orecchio in bianco e nero, senza dire niente. Tyson risponde ridendo: «Ma no dai! Questo non è lo stesso! Questo è di un bianco abbronzato!» Dodici anni e mezzo prima (28 giugno 1997) quando Mike Tyson strappò un pezzo di carne di Holyfield e lo risputò sul ring impiegarono parecchio tempo prima di ritrovarlo; riuscendoci soltanto dopo aver sgombrato il quadrato. Fu praticamente impossibile riattaccarlo al proprietario tanto era stato lacerato, e Hoolyfield fu costretto a ricorrere alla chirurgia plastica. Durante quel match Tyson aveva già provato a morderlo, nel terzo round, cercando di azzannare l’orecchio sinistro. Non ci era riuscito e gli avevano già tolto due punti. Appena ricominciato il match Mike finalmente gli strappa via un pezzo del destro e Holyfield salta dal dolore. Holyfield aveva giocato sporco durante tutto l’incontro, non visto dall’arbitro. Nei frequenti abbracci tra i due, Holyfield assestava altrettante testate a Tyson che non riusciva a concentrarsi diventando colpo dopo colpo sempre più rabbioso. Mettersi a giocare sul piano della scorrettezza con Tyson non si era rivelata un’idea geniale. Quest’evento spedì Tyson in cima alle classifiche del peggior sportivo di sempre, facendo dimenticare a molti spettatori che aveva occupato per molto tempo i piani alti di quelle del “miglior pugile della storia”. Dopo l'incontro sospeso con Holyfield, Tyson chiese scusa il giorno dopo: «Domenica sera è stata la peggior sera della mia carriera di pugile professionista e scrivo questa dichiarazione oggi per chiedere scusa, per supplicare le persone che si aspettavano qualcosa di diverso da me di dimenticare, dimenticare quel morso. Chiedo scusa a tutti. Non posso spiegarvi perché ho fatto quel che ho fatto; so solo che avevo paura di perdere a cause delle continue testate di Holyfield che avevano lacerato il mio sopracciglio, e ho reagito male. […] A tutti quelli tra di voi che pensano che non dovrei più combattere, posso solo rispondere che ho 31 anni, sono nel pieno della mia carriera, e l'ho fatto perché non avevo altre scelte. Sono cresciuto in strada. Ho lottato per andarmene e non tornarci più. Ho dovuto sopportare le cose più difficili nel mio passato perché ho avuto la sfortuna di non avere accanto persone che mi aiutassero quando ne avevo più bisogno. Da oggi continuerò ad allenare non soltanto il mio corpo ma anche la mia mente, e se sarà possibile mi butterò un giorno tutto questo alle spalle. Chiedo solo che voi mi perdoniate come avete fatto o fareste con altri sportivi così che io possa avere finalmente la possibilità di una redenzione, ora che la mia famiglia, i miei amici e più di tutti Dio mi dicono che sono pronto».

Quando nel 1991 venne arrestato con l’accusa di aver violentato Desirée Washington nella camera di un albergo scontò tre anni nel penitenziario dell’Indiana: il Plainfield Correctional Facility. Un periodo che Tyson ricorda con dolore, tra i più orribili, ancora dodici anni dopo in un’intervista per Fox è palpabile l'odio verso la donna che con una bugia gli aveva rovinato l’esistenza: «Sono sempre stato innocente, ma lei mi ha causato tantissimi problemi. Ora sì che la violenterei davvero». In un articolo su La Repubblica a commento finale della notizia si legge dopo l’elenco di condanne, divorzi, risse, violenze sessuali, e l’episodio dell’orecchio di Holyfield, un caso di “Tyson-zone”: «Le ultimissime dichiarazioni dovrebbero non sorprendere visto il curriculum». Negli anni passati in galera Tyson legge molto e si converte all’Islam. È il periodo più delicato nella sua formazione umana. Quando nel 1995 tornerà a essere un uomo libero, sceglierà Malik Abdul Aziz come suo nome musulmano. Chiambretti durante l’intervista gli chiede: «Spesso quando parliamo di mussulmani ci viene in mente il terrorismo. Se tu incontrassi Bin Laden in un aeroporto un uppercut glielo rifili?» Anche qui Tyson risponde serio: «Io non conosco Bin Laden e non so cosa gli farei. Quello che è successo non rappresenta i mussulmani». Quando al termine dell’intervista il presentatore gli propone di fare un gioco Tyson accetta senza preoccupazioni. Dalla regia parte il filmato di uno spezzone di Alì, il film di Michael Mann, in cui recita Will Smith. La richiesta di Chiambretti consiste nel dare un giudizio tecnico al modo in cui l’attore boxava, di valutarne l’attendibilità e il realismo. Quando il filmato inizia la regia indugia spesso su Tyson che si distrae. Quando lo spezzone di Alì finisce, le luci si accendono in studio e lui risponde freddamente che «quella è finzione, non è la realtà» e lui non la sa giudicare. Poi racconta a Chiambretti di quando ha incontrato davvero Muhammed: «A dieci anni, quando ero in riformatorio. È venuto a visitare l’edificio e ha voluto fare visita a tutti i ragazzi. Noi l’acclamavamo, l’ammiravamo. Mi sembrava impossibile, eppure era vero, era lì davanti a me. Il più grande. Mi sono detto “voglio diventare come lui”. Ho sentito qualcosa in quel momento, e da allora è diventato il mio obiettivo. Non ho mai perso la speranza». Anche Tyson è stato omaggiato dal mondo del cinema: c'è l’episodio parodia di Million Dollar Baby in Scary Movie IV dove la sfidante della protagonista è un uomo travestito da donna identico a lui, con tanto di tatuaggio sull’occhio che strappa via le orecchie di tutti gli spettatori sputandole oltre le corde del ring fino a formare una montagnola di carne; c'è Scary Movie V dove partecipa in prima persona all’episodio di Cinquanta sfumature di grigio con un collare ortopedico; c'è il primo capitolo di Una notte da leoni, la scena in cui uno dei protagonisti incula una delle sue tigri mentre lui non è in casa (Tyson rivelò di aver partecipato a quel film soltanto per comprarsi la cocaina); c'è il secondo capitolo di Una notte da leoni dove alla fine del film Tyson canta a un matrimonio ed è visibilmente dimagrito, non più un peso massimo.

Qualche settimana fa i giornali italiani ha riportato la notizia: «Mike Tyson sta morendo». La verità era stata leggermente modificata, Tyson in realtà aveva raccontato di aver abusato ancora di droga e alcool e di aver rischiato di perdere sul serio tutto stavolta. Al tempo stesso diceva di aver cominciato un nuovo ciclo riabilitativo da sei giorni. A nessuno sembra interessare poi tanto. Il primo commento che leggo all’articolo dice: «Ma veramente chissenefrega! Al mondo ci sono persone che muoiono di fame e questo, dopo aver sperperato più di 300 milioni di dollari, dice che sta morendo di alcol e droga; ci sono persone che dormono sotto i ponti xchè [sic] hanno perso il lavoro e non ne trovano un altro; persone che si suicidano xchè [sic]non riescono a pagare le tasse e, non essendo delinquenti, si sentono come se lo fossero. Questo, invece, che è pure stato condannato per stupro vuole essere perdonato». Sulla parte destra della pagina del Corriere.it c’è scritto che il 45% dei lettori, dopo aver appreso la notizia, si è sentito “triste”.

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