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Tutti i difetti dei Minnesota Timberwolves
12 dic 2016
La sconfitta con Golden State è solo l’ultimo episodio di una stagione che sembra compromessa.
(articolo)
11 min
(copertina)
Foto di Elsa/Getty
(copertina) Foto di Elsa/Getty
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Secondo i pronostici di inizio stagione, la partita di ieri notte tra Golden State Warriors e Minnesota Timberwolves poteva proporsi come un assaggio di un potenziale primo turno di playoff. Invece, data la carenza di risultati dei T-Wolves, la sfida si è ridotta a essere un classico scontro pre-natalizio tra una testa di serie e una squadra in crisi di identità.

Gli Warriors si presentano alla partita nella seconda notte di un back-to-back a seguito di una sconfitta di 20 punti contro Memphis, una partita tanto brutta quanto fuorviante della stagione dei campioni della Western Conference. Steve Kerr è ancora senza Zaza Pachulia, fermo ai box per un infortunio al polso, ma invece di Anderson Varejao - partito titolare a Memphis - al suo posto schiera Kevon Looney, alternandolo via via con ogni giocatore della panchina, che a turno prova a battere il tempo del compagno a cui è subentrato prima di racimolare due falli e uscire di nuovo.

Come spesso accade, gli Warriors affrontano una squadra che contro di loro prova a dare il 110%, considerando che vincere contro Golden State porta con sé un carico sicurezze aggiuntive che fanno sempre comodo per il resto della regular season. La partita che ne viene fuori risulta essere incerta e combattuta, ricca di errori da parte di Golden State che sembra arrugginita e sulle gambe dal doppio impegno consecutivo, mentre per i T-Wolves i problemi strutturali che li affliggono da tutto l’anno riemergono nel finale, costando loro la partita.

Attacchi a confronto

Nelle ultime partite i Warriors hanno fatto affidamento su un attacco capace di sfornare assist a ripetizione e una difesa in cui si cambia continuamente. I T-Wolves invece iniziano la maggior parte dei loro giochi con un pick and roll centrale che, se non porta a risultati concreti in pochi secondi, passa a uno dei giochi chiamati per i migliori tre giocatori, che si distribuiscono in modo quasi egualitario possessi e tiri. Ieri Andrew Wiggins, Karl-Anthony Towns e Zach LaVine hanno registrato 25 punti a testa e ognuno di loro sembra aver capito finalmente quali caratteristiche sfruttare per essere efficiente in attacco.

LaVine è ormai diventato un tiratore affidabile, con una capacità di stacco da terra fenomenale. Da catch-and-shoot supera il 42% stagionale, ma quando entra in ritmo e non forza l’azione risulta efficiente anche dal palleggio. Ieri era in una di quelle serate in cui non era semplicemente possibile passare sotto ai blocchi...

...né tantomeno dimenticarselo in angolo.

Wiggins tra i tre è ancora il giocatore col potenziale più inesplorato e con maggior facilità di entrare in “tunnel vision” col canestro, ignorando di conseguenza tutti gli altri presenti in campo. Ma la consapevolezza nei suoi mezzi si nota anche dal fatto che ormai inserisce la sua spin move d’ordinanza in quasi tutte le azioni in cui mette palla per terra: Wiggins ha una rotazione del corpo sul perno velocissima, forse la più rapida che mi ricordi, e la usa sia per smaterializzarsi e comparire sotto canestro come i Saiyan in combattimento, sia per creare separazione col marcatore diretto, costretto ad arretrare di un passo o a commettere fallo.

Towns invece ha una rapidità di gambe e di piedi unita a un controllo del corpo quasi ingiusta per uno della sua taglia. Nell’azione qui sopra lo si vede balzare leggiadro a centro area facendo sembrare pesanti e impacciati Curry(!) e Thompson (!)

Le difficoltà di KAT però arrivano nella capacità sua e dei Wolves di procurarsi dei tocchi migliori. Towns non si allarga quasi mai dopo un blocco, preferendo di gran lunga gettarsi dentro o prender posizione per andare in post e attirare un raddoppio. I suoi jumper arrivano troppo spesso da isolamento frontale col marcatore, magari a seguito di un palleggio. E per quanto la sua rapidità di gambe gli consenta di creare spazio con tempi frustranti per gli umani, non ha la mano così educata da sfruttare frequentemente la situazione. Ciò che ne viene fuori, per ora, è un giocatore di grande energia e strapotere fisico, ma senza essere davvero di aiuto per i compagni che lo usano più come un attaccante talentuoso più che come un crack fisico e tecnico.

Difesa da rivedere

I problemi dei T-Wolves però sono quasi tutti in fase difensiva, con degli abbagli collettivi davvero sconfortanti. Giocare contro gli Warriors, sebbene una versione “sulle gambe”, porta a mettere ancor più in mostra le loro carenze difensive. E nonostante molti ieri abbiano giocato la miglior partita in difesa nella stagione, le enormi falle strutturali hanno di fatto costato la partita a Minnesota.

Pronti via e LaVine affronta una transizione difensiva senza mai guardare il suo marcatore diretto. Thompson ha tutto il tempo di trotterellare accanto a Durant per chiedergli palla e tirare incontrastato. La difesa in transizione di Minnie per tutta la stagione è stata costellata di questi enormi abbagli e nel silenzio del Target Center le urla di Thibs in veste di Supercattivo Dei Cartoni rende tutto quasi tragicomico.

I T-Wolves concedono un abbacinante 47.3% al tiro agli avversari, che li posiziona come penultimi nella categoria davanti ai soli Lakers. Sono anche tra le peggiori cinque squadre per liberi e triple concesse e in generale sono la quart’ultima difesa NBA: il lavoro di Thibs sembra essere stato completamente inefficace su tutta la linea in quella che di norma è la specialità della casa. A sua parziale discolpa, il materiale difensivo a disposizione è quantomeno carente.

Sulle linee e in aiuto Minnie sarebbe pure una difesa presentabile, ma la maggior parte dei giocatori è semplicemente imbarazzante per letture difensive, posizionamento e attitudine. Wiggins è penultimo tra le ali piccole per Defensive Real Plus-Minus a quota -4.0, con l’unico giocatore peggiore di lui che è il compagno di squadra Shabazz Muhammad (-4.2). Per capirci: Mario Hezonja, Doug McDermott e Kyle Singler hanno tutti dei numeri difensivi migliori dei suoi.

Ma ieri il trofeo di Calamità Naturale In Difesa è andato all’unanimità a Gorgui Dieng.

Dieng deve aver perso lo scouting report o in alternativa si è rifiutato di guardare qualunque partita degli Warriors negli ultimi due anni. Ha passato gran parte della nottata a guardare Draymond Green a quattro passi di distanza, prima facendosi battere dal palleggio tentando di recuperare, poi concedendogli sistematicamente il tiro da 3 indisturbato: Green ha tirato 5 su 8 dall’arco.

La sua prestazione difensiva è stata talmente imbarazzante da convincere gli Warriors a metterlo in mezzo in ogni pick and roll e facendolo punire perfino da JaVale McGee, che credo sia l’equivalente NBA dello sbucciare una montagna di patate in qualsiasi cucina del mondo. Viene da pensare che una volta rientrato Nemanja Bjelica le rotazioni dei lunghi subiscano una profonda rivoluzione, o quantomeno ce lo si dovrebbe augurare.

Il problema dei secondi tempi

Di solito il tracollo psicofisico per Minnesota arriva nel terzo periodo, dove i ragazzi di Thibodeau hanno racimolato delle prestazioni imbarazzanti in uscita dal riposo: 91 di rating offensivo, e 114 di difensivo, ovvero ultimissimi in difesa e penultimi in attacco nel terzo periodo (di contro gli Warriors sono il primo attacco tra il 24esimo e il 36esimo minuto di gioco). A differenza del previsto però i Wolves non solo hanno retto bene l’impatto con il secondo tempo, ma hanno addirittura surclassato gli avversari nel parziale: Minnesota infatti è passata dal -9 di inizio ripresa al +11 di inizio 4° periodo, coronando il tutto con un parziale finale di 14 a 1.

Gli Warriors infatti dovevano fare i conti sia con una prestazione deludente al tiro di Durant, sia con un esacerbato problema a rimbalzo data l’assenza di Pachulia e l’incontrollabile voglia di McGee di fare fallo a qualsiasi cosa si muova sopra un parquet.

Anche quando le voragini difensive dei Wolves lasciavano un corridoio verso il canestro ieri per KD era “una di quelle serate”. Fino al quarto periodo, ovviamente…

Gli Warriors si presentavano per la sesta volta in stagione in svantaggio ad inizio quarto periodo, con le quattro sconfitte stagionali tutte figlie delle cinque situazioni precedenti. Nei 12 minuti finali però le energie e la concentrazione nelle due squadre hanno fatto un testacoda: gli Warriors hanno serrato i ranghi in difesa e punito gli spazi lasciati aperti in attacco; Minnesota ha perso il controllo della partita, andando a cozzare contro un muro di persone sotto canestro e perdendo palloni a ripetizione.

C’è da dire che Golden State ha passeggiato in difesa per i precedenti tre periodi lasciando Rubio libero di fare ciò che voleva e raddoppiando immediatamente KAT. Il risultato è che spesso i T-Wolves hanno trovato come miglior soluzione possibile un tiro di Rubio, ma quella è una non-soluzione perché è esattamente ciò che la difesa vuole.

I problemi al tiro di Rubio sono ormai impietosi per chiunque lo guardi: non c’è una volta che la parabola del suo tiro sia identica a un tiro precedente e spesso è comunque troppo bassa. Gli Warriors che incrociavano un suo jumper si preoccupavano di fare qualunque altra cosa.

A peggiorare la situazione ci ha pensato la presenza di Muhammad, che è un tiratore perfino peggiore di Rubio con un imbarazzante 21% da 3 punti. Thibs di fatto non li fa giocare mai assieme per evitare di concedere quindi una difesa 5 contro 3 agli avversari, ma alternandoli nelle rotazioni Minnie gioca sempre con un uomo in meno in attacco, e non fosse per il talento pazzesco degli altri 4 sarebbero un attacco pure peggiore.

Il cambio di marcia in difesa degli Warriors ha mandato completamente in tilt l’attacco dei T-Wolves. Iggy, che quest’anno è praticamente un peso morto in attacco, si è reso protagonista di un paio di chiusure mostruose su LaVine, che invece di tornare a giocare dietro ai blocchi e sugli scarichi si è intestardito e ha attaccato a testa bassa consegnando un paio di possessi in mano agli avversari.

La differenza di classifica tra le due squadre è tutta nei 7 minuti di inizio periodo finale, quando i Warriors passano da -9 a +11 chiudendo la partita. I T-Wolves si sono dimenticati di eseguire in attacco e di comunicare in difesa, e una partita abbondantemente sotto controllo è stata persa nel giro di una manciata di possessi. Gli Warriors, ovviamente, hanno esperienza e tecnica per ragionare in attacco e trovare soluzioni migliori, ma Minnesota ha perso completamente ritmo e visione di gioco. A fine partita i Warriors contano 30 assist e 8 palle perse, per Minnesota 17 assist per 14 palle perse.

A coronamento del periodo di confusione totale una transizione difensiva in cui Shabazz si preoccupa più di andare ad agitare un braccio vicino a Durant piuttosto che seguire Klay Thompson che va a tirare incontrastato da 3. Un incipit perfetto per il libro “Perdere l’inerzia di una partita for Dummies”, su cui probabilmente i T-Wolves sarebbero in copertina.

Stagione compromessa?

Nelle previsioni di inizio stagione Minnesota era considerata una squadra boom or bust: se avesse trovato la quadratura del cerchio, avrebbe potuto reclamare con merito un posto ai playoff, altrimenti sarebbe andata in crescita ma lontana da un record positivo. Al momento Minnie ha lo stesso record di Philadelphia e sarebbe ultima ad ovest non fosse per Dallas che gioca un campionato a parte. I T-Wolves stanno facendo peggio di quanto chiunque si sarebbe potuto aspettare e i problemi a cui mettere mano, invece di diminuire, sembrano aumentare giorno dopo giorno.

Thibs ha in mano una quantità troppo esigua di materiale utile per mettere su una difesa vagamente passabile, e i miglioramenti mostrati si sono dimostrati tutti essere temporanei. Il problema dei secondi tempi è sintomatico di una squadra giovane che non ha idea di come controllare il vantaggio di una partita, e il collasso nel quarto periodo di ieri sera è quasi da psicosi avanzata.

Oltre a tutto ciò, le rotazioni non sono nemmeno lontanamente rassicuranti. Rubio consegna di fatto superiorità numerica in attacco, ma i suoi sostituti non sono affatto migliori. Kris Dunn sta mostrando tiepidi miglioramenti rispetto al disastroso esordio, ma ha ancora l’abitudine a palleggiare un milione di volte prima di fare qualcosa e i ritmi di attacco muoiono quando lui è il direttore d’orchestra. Tyus Jones al momento sembra la PG più credibile tra le tre, ma non ha né lo status né la difesa di Rubio per riuscire a soffiargli il posto. Inoltre, nelle volte in cui LaVine porta palla, Wiggins viene sistematicamente escluso dalla maggior parte dei giochi e sembra stare male ogni volta che non tira nelle rare volte in cui riceve un tocco.

La rotazione dei lunghi è un altro dei tanti grattacapi di Thibodeau: Towns gioca sensibilmente meglio senza Dieng in difesa, ma molto meglio con questo in attacco. Il rientro di Bjelica viene atteso come un’ancora di salvezza, nella speranza di poter mischiare le rotazioni e provare delle lineup differenti spostando KAT da 5. A questo punto della stagione, siamo davvero vicini al punto in cui è lecito chiedersi se valga la pena provare a smuovere qualcosa sul mercato o alzare bandiera bianca e concentrarsi sul futuro. I Wolves della scorsa seconda metà di stagione erano una squadra sorprendentemente solida e convincente, ma viene ormai da chiedersi se ciò non fosse semplicemente dovuto all’aver incontrato un numero maggiore di squadre già abbondantemente con la testa in vacanza.

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