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L'incontro tra Trump e la Juventus ha umiliato lo sport
19 giu 2025
Alla Casa Bianca è andato in scena un teatrino inquietante.
(articolo)
6 min
(copertina)
IMAGO / MediaPunch
(copertina) IMAGO / MediaPunch
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Ieri mattina ho fatto la foto della tv del bar in cui stavo prendendo il caffè. Mentre andava in onda il video di Around The World dei Daft Punk, con manichini-robot che sembrano usciti da un film di fantascienza a basso budget, con in sottofondo quella canzone ripetitiva, angosciante e al tempo stesso euforica, che oltretutto ha segnato una parte della mia giovinezza alla fine del secolo scorso, sulla pancia scorrevano notizie più o meno terribili che stanno segnando sempre di più la mia vita adulta a metà degli anni ‘20 del secolo nuovo. Il contrasto mi sembrava al tempo stesso assurdo e dotato di senso. Non sapevo quale senso potesse avere, forse il senso era proprio nel suo non senso, ma ero sicuro che quella foto dicesse qualcosa del modo in cui viviamo le tragedie.

La foto era questa.

Poi però ho visto una foto ancora più significativa, uno screenshot twittato da un utente anglosassone in cui si vedeva Trump con dietro giocatori e dirigenti della Juventus, con il commento: “Donald Trump sta letteralmente parlando della Terza Guerra Mondiale con la Juventus sullo sfondo”, più tre emoji morte dal ridere.

Era tutto troppo specifico e verosimile perché potesse trattarsi di una foto generata con l’intelligenza artificiale e ovviamente all’inizio ho riso. Ho riso anche quando ho guardato alcune clip surreali, i momenti più imbarazzanti, diciamo.

Trump che per portare avanti il suo discorso transfobico chiede se loro, i giocatori e i dirigenti juventini, lascerebbero giocare delle donne nella loro squadra (dimostrando profondo sprezzo per la complessità del tema, che di certo non si può ridurre ad un battuta, e che tra l'altro riguarda principalmente le donne trans, come ci ha ricordato il caso emblematico di Lia Thomas).

Locatelli e McKennie, quelli più vicini, si guardano in faccia come dopo un passaggio sbagliato, Trump si gira dall’altra parte e interroga il nuovo direttore generale, Damien Comolli. «Abbiamo un’ottima squadra femminile», risponde quello. «Sono molto diplomatici», commenta Trump.

Ho riso anche guardando l’intero video di sedici minuti.

In particolare quando Trump ha preso platealmente per il culo Gianni Infantino - ho sentito male o Trump pensa che si chiami Fantino??? - parlandogli degli stadi “sold-out”. Infantino ha riso fragorosamente ed è chiaro che stasera cercherà un bosco in cui gridare senza che nessuno possa sentirlo.

Una giornalista ha chiesto a Infantino se il “travel ban” imposto da Trump aveva avuto conseguenze sull’organizzazione del Mondiale per Club (diciamo che non è troppo complicato immaginare che questo, insieme alle azioni molto aggressive nei confronti di reali ma anche presunti immigrati illegali, compresi alcuni turisti, possa aver contribuito agli stadi vuoti di cui sopra), Infantino ha farfugliato qualcosa e Trump lo ha interrotto: «Non sa cosa sia il travel ban, Gianni dimmi cos’è il travel ban». Infantino ride di nuovo mentre il re ubriaco gli tira la cena per intrattenere gli altri commensali.

Dato che i giornalisti non avevano altre domande riguardo il Mondiale per Club, per il resto di quei sedici minuti Trump ha parlato del conflitto in atto da sei giorni tra Israele e Iran. E, in effetti, ha evocato lo spettro di una possibile Terza Guerra Mondiale con la Juventus sullo sfondo.

Non è questa la sede per addentrarci in discussioni più “serie”, ma se andiamo oltre l’ironia di John Elkann e Gianni Infantino che parlano di “momento storico”, riferendosi alla loro coppetta del mondo per club con gli stadi vuoti e i giocatori a cui fanno male le unghie dei piedi dal caldo, in un momento veramente storico per ben altre ragioni, possiamo trovare un altro senso a questo siparietto.

Cosa abbiamo visto davvero? Uno spot pubblicitario per la coppa di Infantino? Una collab tra la Juventus e Trump? A mio avviso è piuttosto chiaro che è Trump stava usando la Juventus e non viceversa. Usando in modo molto pratico e materiale: calciatori trasformati in cartonati, persone con una vita, un passato, una cultura, ognuna diversa dall’altra e da quella di Trump (Vlahovic, per dire, è nato pochi mesi dopo il bombardamento Nato di Belgrado, qualcosa avrà sentito dire in famiglia al riguardo) ridotti a manichini come quelli di Around The World.

Non è solo il contrasto tra la forma sempre più sciatta, sbrindellata, ridicola, cringe con cui il potere si mostra a noi, ma è la violenza con cui nega qualsiasi valore che non sia il potere stesso che contrasta con i valori profondi dello sport.

Lo sport, anzitutto, si basa sul rispetto reciproco delle regole. Codici condivisi e sottomessi a un’autorità terza. Un paragone al livello di quello di Trump quando ha chiesto a Comolli se permetterebbe di far giocare delle donne con degli uomini, rispetto alla situazione attuale, potrebbe essere: a voi andrebbe bene se una squadra avversaria decidesse di usare le mani per fare gol, non ascoltasse arbitro né tifosi diversi ai suoi e andasse avanti per la sua strada, per vincere la partita e prendersi dei punti in campionato?

Non c’è niente di più lontano dello sport, di quello che significa per chi lo ama, almeno, di una forma di potere che non riconosce organismi né leggi internazionali, in cui persino costituzioni e giudici vengono scavalcati o messi in discussione, in cui è caduta la distinzione tra militare e civile e quello che conta è solo il potere economico e militare, la legge del più forte (senza categorie di peso né campionati di livelli diversi) con ogni mezzo possibile (anche con le mani, se serve) e, apparentemente, senza limiti fisici o temporali.

Non c’è neanche bisogno di ricordare le volte in cui, in passato, lo sport è stato portatore di messaggi più grandi, anche in momenti di crisi, per rendersi conto di quanto umiliante e vergognoso sia il siparietto della Juventus con Trump. Non che sia colpa dei giocatori Juventus, sia chiaro: qualsiasi calciatore sarebbe stato a disagio in una situazione simile. Prendetelo piuttosto come un segno dei tempi, come una dichiarazione implicita di impotenza e sottomissione di un sistema che dimentica i propri valori, la propria ragion d’essere.

Non è un caso che il solo modo per Trump di parlare di sport è chiedere chi è il migliore: McKennie e Weah, i due americani della Juve, sono i più forti della squadra? Com’è il prossimo avversario della Juventus, forte? Ah è degli Emirati Arabi, allora hanno speso un sacco di soldi, sarà forte di sicuro.

Non è un caso che Infantino e Elkann usino lo stesso linguaggio di Trump, anche se la loro cravatta non è giallo-evidenziatore: al Mondiale per club ci sono le squadre migliori del mondo, per la prima volta qui negli Stati Uniti! È un bellissimo e grandissimo Mondiale per club! D'altra parte John Elkann, con l'acquisizione nel 2012 di Chrysler, cioè una delle tre grandi aziende produttrici di automobili negli Stati Uniti, è presidente di un'azienda che è ormai molto americana, ed era lì per un motivo.

Beh, sapete cosa? Non ci può essere nessun Mondiale durante una Guerra Mondiale. Sarebbe un peccato se saltasse, ad esempio, quello dell’anno prossimo, considerando tutti i soldi che ci sono in ballo, no?

Lo sport non ha solo bisogno di pace, come ci ricorda anche il messaggio olimpico. Persino le MMA, forse lo sport più amato da Trump, sono manifestazione della violenza dell’uomo e al tempo stesso un superamento della stessa. Lo sport significa, intrinsecamente, silenziosamente, per il solo fatto che due atleti, o ventidue, scendono in campo per confrontarsi lealmente, che la pace è possibile. Che gli uomini possono e devono trovare altre soluzioni rispetto al conflitto armato.

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