
«Questo è perché amiamo il calcio. Perché cose così possono accadere». Le parole sono di Troy Parrott, attaccante irlandese che domenica sera ha realizzato una tripletta storica, nell’ultima gara valida per le qualificazioni ai prossimi Mondiali. Con il 2-3 della Puskás Arena, la Repubblica d’Irlanda si è guadagnata il diritto di giocarsi l’accesso al Mondiale americano negli spareggi di marzo. Un 2-3 arrivato all’ultimo minuto, al 96’, in una partita che stava perdendo per 2-1 fino all'80' e che avrebbe dovuto vincere per avere quest'ultima chance.
Il gol è di quelli che si sognano prima di andare a dormire, da bambini. Allungando il piede davanti a tutti, dopo una sponda disperata, dopo un lancio disperato, con il telecronista che viene impossessato da un urlo ancestrale che coinvolge tutti: un centravanti, uno stadio, un Paese intero.
Quella contro l'Ungheria è stata una partita folle, una rincorsa fuori da ogni logica, il cui risultato non è stato solo frutto della gara di ieri, ma più in generale dell’ultima settimana in cui Parrott è diventato guida spirituale su un sentiero che potrebbe condurre negli Stati Uniti. Un giocatore che fino a quel momento aveva segnato 5 gol con la Nazionale in tutta la sua carriera (di cui solo uno in gare ufficiali) ne ha segnati cinque in due partite consecutive - due partite che l'Irlanda avrebbe dovuto perdere e che invece ha vinto.
All’avvio della pausa delle Nazionali di novembre, l’Irlanda si trovava a dover affrontare una salita impervia: la classifica del Gruppo F recitava Portogallo 10 Ungheria 5 Irlanda 4. Battendo l’Armenia nella prima gara del giovedì, l’Ungheria aveva di fatto tracciato l'unica strada possibile per gli irlandesi: a quel punto sarebbero servite due vittorie - contro Portogallo e Ungheria, appunto - per non aggrapparsi a calcoli non euclidei sulla differenza reti.
Prima della gara contro il Portogallo, il CT dell’Irlanda, Heimir Hallgrimsson, deve anche fare i conti con l'assenza di quello che teoricamente è il suo centravanti titolare, Evan Ferguson, che però sta combattendo con un infortunio alla caviglia. Il centravanti della Roma, nonostante le difficoltà incontrate in maglia giallorossa, con la Nazionale continua a essere un giocatore centrale. «L’avremmo chiamato in ogni caso, anche solo per averlo a disposizione per la seconda partita», dice Hallgrimsson in conferenza stampa «È la nostra chiave per segnare».
Ferguson, però, non gioca. Non recupera e guarda le partite dallo Scholar’s Pub dietro Via Del Corso, a Roma. Nel 5-3-2 schierato da Hallgrimsson contro il Portogallo, la coppia d’attacco è composta da Ogbene e Troy Parrott: «Non siamo in una situazione ideale, avremmo voluto essere in una posizione migliore, ma in un certo senso è eccitante», dice Parrott in un’intervista per RTE alla vigilia della sfida ai portoghesi «Dobbiamo scoprire in che modo le cose si svilupperanno. Abbiamo ancora una possibilità, dobbiamo andarla a prendere».
Mentre parla non fa trasparire grandi emozioni. Eppure in campo è uno dei giocatori più volitivi, anche al di là dei due gol che permetteranno all'Irlanda di vincere la partita. Scatta, sgomita, cerca in ogni azione l’azione decisiva.
Al 16’ parte dalla trequarti per andare a pressare e arriva a pochi metri da Diogo Costa. Parrott non si lancia alla disperata - non si butta a peso morto o in scivolata per cercare di togliere il pallone dai piedi del portiere - ma cerca con lucidità di chiudere la linea di passaggio. Il portiere portoghese non ci sta e prova comunque a forzarla e di fatto consegna il pallone al suo avversario. Parrott intercetta ma inizialmente non riesce ad allinearsi allo specchio della porta per calciare. Diogo Costa esce a valanga per chiudere lo spazio, Parrott poggia un ginocchio a terra e, con lo stesso movimento, si rialza ed evita la rimessa dal fondo. Il resto della squadra è troppo distante, la palla resta lì e Neves mette in calcio d’angolo.
Il pubblico dell’Aviva Stadium è una bolgia, esulta per il corner come se avesse segnato un gol. Parrott protesta per un possibile intervento falloso di Costa, ma non c’è nulla. Il centravanti irlandese è completamente nella zona, come dicono i cestisti NBA: non sembra stia ascoltando la spiegazione dell'arbitro e si sistema al centro dell'area in attesa del calcio d'angolo. Alla fine la palla viene lanciata in area e Parrott fa due passi misurati, come se sapesse esattamente dove arriverà il pallone. «È un aspetto del mio gioco che ho cercato di migliorare tanto negli ultimi anni. Cerco solo di essere nelle zone migliori per poter fare gol», dice nel post-partita.
Parrott aveva esordito in Premier League a diciassette anni, con la maglia del Tottenham. Cinque minuti contro il Burnley a dicembre 2019 - nella stessa partita in cui Son segnava questo gol senza senso - che gli valgono l’investitura di José Mourinho. L’allenatore portoghese gli aveva consegnato il pallone della partita, strappandolo dalle mani di Son.
Dopo il debutto, però, Parrott sparisce: passa qualche anno in prestito tra giovanili e League One, e nel 2023 si trasferisce in Olanda, all'Excelsior, dove va in doppia cifra alla prima stagione. Oggi gioca all’AZ Alkmaar dove si è trasferito nell’estate del 2024. In Eredivisie sta segnando con continuità: dopo i 14 gol dello scorso campionato, quest’anno è partito ancora più forte. Già a 6 reti in 7 partite, nonostante sia stato fermo a ottobre per un infortunio ai legamenti del ginocchio. Segnare gli viene naturale, almeno adesso.
Al 45’ controlla un lancio di alleggerimento proveniente dalla difesa. Partito in posizione regolare, guarda fin da subito la porta, tocca il pallone con l’esterno del piede per sentirlo vicino, preparare il tiro. La difesa gli concede spazio e lui fa partire un destro secco, rasoterra, sul primo palo. L’impresa adesso è davvero possibile. Parrott stringe le spalle, respira ancora un po’ della felicità che ha attorno.
Nella ripresa esce al 68’ ma fa in tempo ad assistere alla prima espulsione di Cristiano Ronaldo con la maglia della Nazionale. Nel post-partita, premiato come migliore in campo, Parrott dice che probabilmente si tratta della serata più bella della sua vita. È ancora ignaro del futuro. Fatica a parlare, biascica, travolto da un’emozione che non si aspettava di vivere. Lo scambio dura in tutto due minuti, ma il giornalista riesce a strappargli un: “I’m over the moon” che potrebbe rimanere nella storia.
Intanto però c'è da vincere una partita contro l’Ungheria e Troy Parrott ancora non sa che andrà oltre. Di fatto è uno spareggio. L’Irlanda si presenta alla Puscas Arena con un punto di distacco e gli ungheresi possono permettersi di pareggiare.
Dopo tre minuti Lukacs segna di testa e sembra mettere fine a ogni velleità irlandese. Troppi punti persi per strada prima, troppo da ottenere fuori tempo massimo. E invece già all’11’ si rimette tutto in equilibrio: il fallo di Szalai su Ogbene è ingenuo, ma netto. Dal dischetto si presenta, ovviamente, Troy Parrott. È uno specialista, ne ha segnati 24 su 26 in carriera. I due errori, però, sono arrivati il 26 ottobre e il 2 novembre di quest’anno. Se qualche certezza ha scricchiolato, però, non si nota: Parrott chiude il destro e batte Dibusz.
Parrott va subito a recuperare il pallone in fondo alla rete perché il lavoro da fare è ancora molto, e sembra tutta retorica spicciola quando al 36’ Varga si inventa un gol straordinario costringendo l’Irlanda ancora a sperare nell'impresa.
La ripresa cola via quasi senza occasioni. Sembra il finale mesto e prevedibile per una squadra che si è svegliata troppo tardi. Ma ancora una volta è Parrott a stravolgere il copione della partita.
All'80’ Azaz cerca un filtrante nello spazio. È un lancio morbido che trova l’inserimento del numero 7 che parte a fari spenti e si presenta a tu per tu con il portiere. La posizione è regolare e - così com’era successo con il Portogallo - Parrott abbina la qualità nella conclusione ad un’ottima abilità nel leggere la profondità, guizzando sul filo del fuorigioco. L'irlandese controlla con la suola, come un cestista in rimbalzo, e batte Dobusz con un tocco felpato di esterno destro.
Anche dopo il 2-2 Parrott non esulta. Indica qualcuno in tribuna e poi torna il più rapidamente possibile a centrocampo. Nessuno dei compagni si avvicina, nessun volto si increspa in felicità. Un gol separa l’Irlanda dall’impresa; dieci minuti più recupero sono tra l’Ungheria e il secondo posto.
Dall’87’ in poi si gioca in una sola metà campo. L’Irlanda tenta di far valere il fisico dei suoi interpreti, continuando a far piovere cross dalla trequarti. Allo scoccare del novantesimo capita una grande occasione sul piede di Kenny, ma Dibusz transenna la porta. Parrott allarga le braccia, disperato per un assist non recapitato. La difesa ungherese libera sempre con più apprensione man mano che scorrono i secondi. All’altezza del dischetto del rigore si crea un ingorgo di esseri umani che ricorda i sabati sera più intensi in via Petroni a Bologna.
93’. L’Ungheria opera una doppia sostituzione, con l’unico obiettivo di spezzare il ritmo. Un minuto scorre così, ne restano due. Ebosele - sì, quell'Ebosele - batte direttamente verso l’area una rimessa laterale e l’arbitro fischia il proverbiale fallo di confusione. Passano altri quaranta secondi. Ormai è un conto alla rovescia.
94:59. Orban rinvia alla cieca, sulla palla arriva Kelleher che controlla e supera la metà campo. L’ultima palla della partita parte dal piede del portiere, che butta in area una traiettoria che gronda disperazione. Scales salta più in alto di due difensori e colpisce di testa, prolungando.
Parrott è partito prima. Sul lancio del proprio portiere, la sua corsa era già cominciata. Arriva di slancio, dimenticato da una difesa statica, sulle gambe, intenta solo a respingere l’ennesimo traversone. Ci arriva con la punta, con l'ultimo dito del piede, usando tutti i muscoli della sua gamba per distendersi e anticipare Dobusz. Parrott sembra mosso da un’aura mistica, di chi si muove come se da ogni suo movimento dipendesse la sua stessa vita. All’ultimo minuto, dell’ultima partita. Il momento migliore per segnare, per non sporcare l’impresa con ulteriore sofferenza: ci sarà solo un ultimo lancio in area di Szoboszlai ma, come si dice, nulla di serio.
L'intervista post-partita di Parrott è una delle più belle che potrete vedere, che il calcio può offrire. Un uomo semplicemente stravolto dai sentimenti, che fatica a esprimersi con un linguaggio all'altezza di quello che sta provando.
L'Irlanda - che sta pensando di dedicare a Parrott un aeroporto - è stata fuori dal playoff per tutta la durata di entrambe le partite, ed è riuscita a rientrarci solo nell’attimo in cui Parrott ha deviato quel pallone in porta, con la suola. Il dettaglio più assurdo adesso è che l'Irlanda tecnicamente non ha ancora fatto niente.
Il meglio o il peggio deve ancora venire. Vediamo se Troy Parrott ha ancora qualche pagina di storia nel suo cassetto.