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Daniele V. Morrone
Tremenda vendetta
22 apr 2015
22 apr 2015
Il Bayern è spaventoso.
(di)
Daniele V. Morrone
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È durato, quindi, appena sei giorni il crepuscolo di Pep Guardiola a Monaco di Baviera. Nel calcio di oggi basta sbagliare una partita importante per mettere in discussione il lavoro di mesi, il sistema, i giocatori in rosa. Il tecnico catalano non deve aver vissuto bene questi sei giorni, lui che da solo è sempre al limite della pressione che una persona può sostenere, consumandosi nel porre un’evoluzione continua al proprio lavoro. Mettendosi lui, prima di tutti, sempre in discussione.

 

Guardiola sapeva di aver sbagliato la gara d’andata, con una strategia che l’avversario, Lopetegui, ha letto bene, e di cui ha trovato facilmente le falle, difendendosi bene e forzando gli errori avversari. L’ammissione di aver sbagliato la gara di andata è arrivata non tanto con i nomi in campo per il ritorno di Monaco, quanto per la loro posizione e per la strategia impostata per la rimonta. Ad eccezione del centrale di difesa Badstuber, in campo da titolare per Dante, l’undici di partenza è uguale a quello del 3-1 di Oporto, solo che la disposizione non è più con il rombo a centrocampo, ma un 4-4-2 con Götze e Lahm sugli esterni. Di fatto ha aperto il centrocampo a rombo dell'andata (con Xabi Alonso alla base, Thiago Alcantara e Lahm da interni e Götze trequartista) coprendo tutta l’ampiezza del campo.

 



Il gioco in ampiezza è proprio quello che era mancato all'andata al Bayern, dove la squadra bavarese ha occupato solo la parte centrale di campo, aiutando il pressing della squadra di Lopetegui. Il tecnico, spagnolo, della squadra portoghese era stato abile nell’impostare un meccanismo a stringere dei tre giocatori offensivi (Jackson Martinez più i due esterni) per pareggiare numericamente l’uscita a tre dalla difesa utilizzata da Guardiola (Xabi Alonso che si abbassa tra i centrali), chiudendo con le mezzali la possibile ricezione di Thiago e Lahm.

 

Il Porto ha costretto il Bayern ad impostare male dalla difesa, mostrando i limiti di alcuni pezzi del sistema (Dante su tutti) e costringendo i centrocampisti a giocare poco fronte alla porta, con il risultato che di palloni giocabili puliti per la coppia Müller-Lewandowski ne sono arrivati pochissimi. L’incapacità del Bayern di allargare il campo per non permettere agli esterni bassi del Porto Alex Sandro e Danilo di venire al centro anche in fase di pressing ha fatto il resto.

 

Il Bayern ad Oporto ha subito gol su errori individuali, nati però dall’errata strategia di Guardiola, letta bene da Lopetegui (o se preferite dalla giusta strategia di Lopetegui).

 

http://www.dailymotion.com/video/x2msaq1_porto-v-bayern-munchen-1-0-quaresma_sport

L’errore di Xabi Alonso forzato dal pressing del Porto, che complica benissimo l’uscita del pallone dalla difesa del Bayern.



 



A fine partita il capitano del Porto Jackson Martinez, ancora sorridente per il 3-1, ha sintetizzato meglio di tutti il lavoro effettuato da Lopetegui nel preparare la partita: «Non rinneghiamo la nostra idea di gioco basata sul possesso, ma non possiamo neanche ignorare cosa in realtà significa affrontare il Bayern». Ovvero, pur non volendo intaccare l’idea di un calcio associativo che sta alla base del sistema, Lopetegui ha cercato di spingere la massima attenzione alla fase di recupero della palla, sapendo che affrontare una squadra come il Bayern ti costringe ad adattarti.

 

Quante volte Guardiola avrà rivisto quella partita, i gol subiti, le difficoltà in fase di impostazione, in questi sei giorni? Di certo, lo schieramento in campo di Monaco di Baviera è una risposta diretta agli errori di Oporto: cercare l’ampiezza per annullare il meccanismo di recupero palla del Porto.

 

La partita non si gioca più al centro, ma in orizzontale su tutto il campo, con Thiago Alcantara con totale libertà di movimento al centro per trovare la posizione che preferisce per ricevere, e Xabi Alonso liberato dalla necessità di impostare tra i centrali: sono i centrali stessi (sia Boateng che Badstuber hanno prodotto 4 passaggi chiave a testa, dietro solo a Thiago, con 7 nella partita) ad avanzare palla al piede per giocare la palla sugli esterni, dove Götze e Lahm sono pronti a ricevere.

 

Va detto, però, che le assenze dei due esterni bassi Alex Sandro e Danilo, fondamentali nel sistema del Porto, ha aiutato enormemente lo sviluppo del gioco del Bayern. Lopetegui li ha sostituiti con i due centrali Martins Indi a sinistra e Diego Reyes a destra, cosa che ha costretto la squadra ad una difesa bloccata e troppo lenta sugli esterni per poter gestire le sovrapposizioni dei pari ruolo del Bayern (a destra Diego Reyes, poverino, non è riuscito a vedere neanche la targa di Bernat, mentre a sinistra Martins Indi ha avuto la fortuna di trovarsi di fronte un avversario che spinge meno, Rafinha, visto che è Lahm che va al cross dal fondo in modo più continuo).

 


I centrali avanzano e impostano sugli esterni, in questo caso Badstuber calcia nella zona di Lahm sulla fascia opposta.



 



Il primo tempo è un massacro. Il possesso, la supremazia in campo e la gestione dei ritmi sono del Bayern. Inutile descrivere i cinque gol in 40 minuti con cui il Bayern ha chiuso la rimonta, la strategia iniziale di Guardiola ha pagato da subito, già con il palo colpito da Lewandowsi dopo dieci minuti di gioco. Il primo tempo si è chiuso con un

di 40 da parte del Bayern e di 3 da parte del Porto, che non ha mai neanche tirato in porta.

 

Il primo gol arriva proprio da un cross dall’esterno (Bernat trova bene Thiago Alcantara), come voleva Pep. Dopo venti minuti di gioco la partita è già sul 2-0 e la forza mentale del Bayern stritola ogni tentativo di reazione del Porto, con solo il capitano Jackson Martinez che sembra voler accennare movimenti di ripartenza, ma è anche il modo in cui è messo il Bayern in campo a bloccare il Porto.

 

Gli esterni Brahimi e Quaresma sono costretti a giocare bassissimi dal modulo ampio dei bavaresi; i tentativi di allargarsi in pressione da parte delle mezzali, Óliver Torres e Herrera, vengono facilmente aggirati dalla manovra del Bayern che parte da una fascia e fa girare il pallone rapidamente verso la zona libera. Difesa e centrocampo bloccato da parte del Porto, che non riesce a recuperare palla e quando lo fa non ha nessuno per ripartire, rimanendo preda facile per il pressing alto del Bayern (i dati SICS ci dicono che il Bayern ha recuperato ben 25 volte palla nella metà campo del Porto, con un’impressionante altezza media di 46 metri).

 


Lahm avanza per crossare, con i due attaccanti che vanno in area e Götze che si inserisce dall’esterno. Thiago si muove nello spazio alle spalle di Herrera, lasciato libero da Casemiro, a sua volta risucchiato dai movimenti di Müller senza palla.



 



È interessante notare come Guardiola ha consapevolmente abbandonato il livello di attenzione tattica richiesta di solito ai suoi giocatori, per una versione molto più libera per centrocampisti e attaccanti in fase di possesso.

 

Gli attaccanti sono stati cercati anche con lanci da parte della difesa, soprattutto per il petto di Lewandowski (una risorsa poco esplorata fino ad ora dal Bayern), Müller invece ha potuto muoversi sia dietro che in linea con il polacco. I centrocampisti centrali, più di tutti, hanno goduto di libertà impensabili nel gioco di posizione più ortodosso: Xabi Alonso poteva decidere tranquillamente se abbassarsi o se posizionarsi vicino ai centrali in fase di impostazione, a volte “togliendosi di mezzo” per permettere a Badstuber di avanzare palla al piede.

 

Badstuber non è rapido, e non è bello a vedersi palla al piede con il suo avanzare quasi robotico, ma è molto preciso e più volte ha aperto il gioco su Bernat, pescandolo alle spalle di Quaresma, ma troppo avanti per Reyes, che stava seguendo Götze. Una terra di nessuno che lo spagnolo ha fatto sua.

 

Il vero beneficiario del gioco del Bayern più libero del solito è stato Thiago Alcantara. Contrariamente a quanto possa far pensare il suo passato nella Masia del Barcellona, Thiago è un giocatore anarchico che soffre quando viene forzato in un ruolo di mezzala di possesso. Quando invece è libero di muoversi per il campo, decidendo dove ricevere e soprattutto potendo scegliere se saltare l’uomo o inserirsi senza palla dopo il passaggio effettuato da il meglio di sé.

 

Lo sa bene Lopetegui, che per primo gli ha regalato tante libertà nel vittorioso Europeo U21, dove Thiago ha distrutto il centrocampo dell’Italia in finale e adesso se lo è ritrovato contro nello stesso ruolo. Thiago ha coperto tutto il campo riuscendo ad incidere in più modi: i dati SICS che ci dicono che, oltre al gol, ha prodotto 6 dribbling riusciti su 6, 3 assist, 7 passaggi chiave (in tutte e tre le categorie il migliore della partita) e recuperato 9 palloni (migliore del Bayern), oltre a mostrare la visione e la tecnica necessarie per aprire di prima su Lahm nel gol del 3-0.

 


Anche se non sembra, Götze sta stoppando il pallone sgraziato ma preciso di Badstuber, tra i due esterni del Porto. Thiago si avvicina, pronto ad aprire nella zona lasciata vuota da Lewandowski e Müller, o ancora più esterno su Lahm. Sia i movimenti senza palla che le decisioni con il pallone sono lasciati alla creatività pura del centrocampista spagnolo, che quando gioca così libero dà il meglio di sé.



 



Uno dei protagonisti del cambio di strategia di Guardiola è stato ovviamente il capitano Lahm. Appena arrivato a Monaco di Baviera, Guardiola ha capito che i centrocampisti in rosa non erano adatti al gioco di posizione richiesto, mancando del controllo degli spazi e dell’intelligenza tattica richiesta, nonostante l’ottima tecnica. Come prima cosa ha spinto per accentrare gli esterni bassi in fase di possesso, il meccanismo dei “

”, così da permettere a Lahm di partecipare di più all’azione. Poi lo ha spostato direttamente a centrocampo, prima davanti alla difesa e poi da mezzala di possesso.

 

Il capitano, più di chiunque altro in rosa, ha la capacità di leggere gli spazi con il pallone e senza, potendo quindi legare meglio di tutti le fasi di gioco e, soprattutto, rendere razionale la fase di possesso. Spostandolo sull’esterno Guardiola ha chiesto a Lahm di gestire ancora il gioco della squadra, solo da una posizione nuova: quella da cui voleva colpire il Porto con i cross. A Lahm spettava il compito di decidere quando affondare per il cross, e quando invece riciclare il possesso per ricominciare l’azione.

 

Lahm rappresenta forse più di tutti il barometro della strategia che di volta in volta sceglie Guardiola. All’andata ha giocato da interno destro, cercando Guardiola lo sviluppo dell’azione per il centro, e al ritorno da esterno destro, volendo Pep sviluppare l’azione in ampiezza.

 

http://www.dailymotion.com/video/x2ngknm_bayern-munchen-v-porto-3-0-lewandowski-and-bayern-fantastic-combination-play-goal-21-04-2015_sport

Un gol meraviglioso, tutto di prima dall’apertura di Thiago, al cross di Lahm fino all’assist di Müller sulla testa di Lewandowski. L’azione dei sogni per chiunque abbia giocato a tedesca. No, forse in quel caso il polacco avrebbe dovuto segnare di spalla.



 



Il Porto era già fuori dopo i primi 45 minuti di gioco, sommerso dalla valanga bavarese. Lopetegui però ha dimostrato di essere un tecnico capace di assumersi le sue responsabilità, ha ammesso l’errore del doppio centrale sugli esterni (per quanto forzata, la presenza di Reyes ha aiutato più il Bayern che il Porto) facendo entrare l’esterno offensivo Ricardo Pereira, inizialmente nella posizione di terzino, modificando l’assetto tattico nell’intervallo disegnando tutta un’altra squadra.

 

Oltre a Pereira, Lopetegui ha inserito il giovane centrocampista abile nel possesso Ruben Neves al posto di Quaresma, disegnando un 3-5-1-1 con Casemiro al centro della difesa, mettendo Brahimi dietro Jackson Martinez.

 

Il Porto quindi è rientrato con un centrocampista tra i centrali di difesa, due centrocampisti di possesso (Neves e Torres) più Herrera libero di muoversi in pressione, sugli esterni Martins Indi e Ricardo posizionati nella zona di ricezione di Bernat e Lahm. Con il Bayern certamente più tranquillo dopo la sfuriata dei primi 45 minuti, il Porto ha comunque preso in mano il pallino del gioco per alcuni tratti della seconda parte. L’esterno Ricardo giocando più avanti ha anche prodotto 4 passaggi chiave, più di chiunque altro in squadra in tutta la partita.

 


Casemiro al centro della difesa imposta con con gli esterni alti a centrocampo fuori inquadratura e Neves che si abbassa per aiutare in caso la circolazione di palla e gestire il pressing del Bayern.



 



Il secondo tempo del Porto, forse, ha evitato un passivo superiore al 6-1 finale, con il Bayern che prima è passato a 3 dietro abbassando Xabi Alonso per poi ritornare al rombo della partita d'andata a causa delle difficoltà nel gestire il cambio di modulo avversario.

 

Il Porto ha ritrovato fiducia, chiudendo il secondo tempo con più possesso palla del Bayern, segnando anche il gol della bandiera come premio allo sforzo di Martinez lungo tutta la partita. Alla fine si può dire che siano riusciti a rialzare la testa dal cumulo di macerie lasciate dai primi 45' del Bayern. Ha chiuso il tempo con un IPO di 16 tirando in porta due volte con Martinez, una a rete e una di poco fuori, che rispetto a quello di 3 del primo tempo è un successo.

 

I minuti centrali del secondo tempo hanno mostrato un Porto capace, finalmente, di recuperare palla e giocarla pulita per i giocatori offensivi. Ha subito il gol finale su una bella punizione di Xabi Alonso, nata da un fallo di frustrazione di Marcano a partita praticamente finita. Il risultato finale è pesantissimo e, come sottolineato da Lopetegui nella conferenza stampa a fine partita, anche giusto, ma il tecnico spagnolo ha trovato il modo di motivare i giocatori nell’intervallo, e di rialzare la testa in vista della sfida scudetto del prossimo weekend contro il Benfica, a Lisbona. La Champions League del Porto resta di grande livello, avendo perso solo la partita di Monaco di Baviera e avendo fatto sudare Guardiola. Per una squadra giovane al primo anno di un progetto ambizioso, chiedere di più sarebbe ingeneroso.

 

Pep deve aver passato sei giorni infernali, ma ne è uscito ancora più forte. Il tecnico catalano ha dimostrato di non essere schiavo dei suoi dogmi e di essere prima di tutto uno studente del gioco, oltre ad essere il primo critico di sé stesso, due qualità che nel lungo periodo tendono a premiare chi le possiede. Il Bayern torna tra le quattro più forti d’Europa per il quarto anno consecutivo, dopo una prova di forza mentale e tecnica da far paura alle altre contendenti per la vittoria finale. Ma adesso arriva la parte più difficile. I prossimi rivali non saranno giovani ed inesperti come il Porto e sbagliare una delle due partite potrebbe essere fatale. Per arrivare alla finale di Berlino Guardiola non può permettersi altri passi falsi.

 
 



 
 

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