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Fabio Barcellona
Tra le migliori quattro
23 apr 2015
23 apr 2015
È bastata un'ottima fase difensiva alla Juventus per tornare in semifinale dopo 12 anni.
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Fabio Barcellona
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La Juve arrivava alla vigilia della partita di ritorno contro il Monaco con il solito dilemma sul sistema di gioco da adottare: sarebbe stato più opportuno schierare una difesa a 4 e il rombo di centrocampo o il 3-5-2 ereditato da Antonio Conte. In maniera piuttosto convenzionale, la decisione riguardava la scelta tra un calcio propositivo e orientato alla ricerca del gol (4-3-1-2) e una partita difensiva a protezione del gol di vantaggio derivato dalla partita di andata (3-5-2). La scelta è ricaduta sulla difesa a 3, con Barzagli a formare il trio difensivo con Bonucci e Chiellini e l’esclusione di Pereyra.

 

Sull’altra panchina, Leonardo Jardim ripropone Martial come centravanti, con Berbatov sempre in panchina. Le fasce del suo 4-2-3-1 sono occupate a destra da Bernardo Silva e a sinistra da Ferreira Carrasco, in mezzo Toulalan rientra a far coppia con Kondogbia, e in difesa Raggi sostituisce l’indisponibile Carvalho al centro.

 


La scelta è fatta: il 3-5-2 (5-3-2…) della Juventus schierato.



 



Già dopo 40 secondi di gioco le scelte tattiche di Jardim sono evidenti: il Monaco pressa altissimo la Juventus e a sostegno di tale decisione pareggia in pressione i tre difensori bianconeri in possesso palla, alzando Moutinho su Chiellini, con Martial su Bonucci e Ferreira Carrasco su Barzagli.

 


Moutinho abbandona Pirlo e si alza in pressione su Chiellini. La prima azione di pressing frutta al Monaco lo scivolone (recidivo... è per Chiellini un problema tecnico-coordinativo) e l’ammonizione per fallo di mano del difensore bianconero.



 

L’allenatore del Monaco gestisce il controllo di Andrea Pirlo progettando di tagliare i rifornimenti dal trio difensivo verso il numero 21 bianconero e, in caso di ricezione, alzando uno dei due interni in pressione.

 

A completare l’intero progetto tattico in fase di non possesso, l’allenatore del Monaco gioca sulle debolezze tecniche della Juventus individuando in Chiellini e Lichtsteiner gli anelli deboli su cui potere puntare. Il pressing è feroce e senza sosta su tutta la squadra, ma viene particolarmente accentuato con la palla in viaggio verso Chiellini e il difensore è attaccato senza sosta sulle sue ricezioni. Lichtsteiner è invece scelto come l’uomo a cui concedere, senza troppo rischiare, maggior libertà: pareggiando gli uomini contro il trio arretrato della Juve, con Ferreira Carrasco a giocare su Barzagli e con uno dei due interni spesso costretto a uscire alto su Pirlo, è il terzino svizzero l’uomo che viene lasciato libero per ripristinare superiorità numerica al centro della difesa e non lasciare costantemente in parità numerica i centrali contro Morata e Tevez.

 


Pirlo riceve palla e su di lui esce forte l’interno Kondogbia.



 

La scelta di Jardim è chiara ed aggressiva: bloccare più in alto possibile le fonti di gioco della Juventus, non permettere il consolidamento del possesso palla del rombo arretrato bianconero e attaccare la difesa avversaria con ripartenze brevi e sfruttando gli inevitabili sbilanciamenti dello schieramento juventino successivi alle eventuali palle perse.

 

In fase di possesso palla il Monaco gioca un 4-2-3-1 in cui Moutinho, in analogia a quanto fa in fase di non possesso palla si sposta frequentemente nella zona di centro-destra dell’attacco, disegnando, con Kondogbia sul centro-sinistra e Toulalan in mezzo, una sorta di 4-3-3.

 

La struttura di gioco è piuttosto semplice e prevede una circolazione sicura del pallone per farlo giungere all’esterno e il conseguente sfruttamento delle fasce laterali per colpire  la difesa della Juventus.

 



Gli ultimi 20 minuti della gara di Torino erano stati giocati dalla Juventus con il 3-5-2 e anche grazie al cambio di sistema di gioco il Monaco era stato reso inoffensivo. Anche sulla base di tali indicazioni l’allenatore della Juventus ha scelto la difesa a 3, cercando probabilmente di raggiungere tre scopi:

 

1) la copertura della zona esterna in fase di non possesso, sostenendo gli esterni con il lavoro delle mezzali e del centrale di zona. Il rombo a centrocampo avrebbe comportato maggiori difficoltà a coprire l’ampiezza del campo;

2) evitare situazioni di parità numerica nelle ripartenze del Monaco, cosa che si è verificata, specie nei primi venti minuti, nella partita di Torino;

3) gestire in sicurezza il possesso palla sfruttando il rombo arretrato, in analogia magari con l’ottima porzione di gara di Dortmund giocata col 3-5-2, quando coi due esterni larghissimi e il rombo interno la Juventus era riuscita molto bene a superare il pressing del 4-2-3-1 del Borussia.

 

I primi due obiettivi sono stati raggiunti, il terzo è assolutamente fallito.

 



La scelta molto aggressiva in fase di non possesso palla di Jardim è stata praticata ottimamente, almeno per 60 minuti, dai suoi giocatori. Il pressing del trio avanzato Ferreira Carrasco, Martial e Moutinho aveva tempi e angoli di approccio al portatore di palla eccellenti. Così il Monaco ha tagliato le linee di passaggio sicure dei tre difensori verso Pirlo, o verso gli esterni. Generalmente, nella migliore delle ipotesi, i difensori della Juventus sono stati costretti a cercare la giocata diretta verso le punte. Il risultato della qualità della pressione del Monaco, sommata agli errori tecnici in fase di costruzione, specie a carico Chiellini, più la scarsa serata di vena degli attaccanti bianconeri nel riciclare i palloni provenienti dalle retrovie (16 e 13 i palloni persi rispettivamente da Morata e Tevez secondo SICS), è stato un recupero costante e veloce del pallone da parte del Monaco.

 

I dati SICS ci indicano che il Monaco finirà la partita con un’altezza media di recupero pari a 41 metri e ben 23 palloni recuperati nella metà campo avversaria.

 


Il pressing di Moutinho su Chiellini si estende fino alla linea di fondo.



 

L’obiettivo di Allegri di gestire il possesso palla non viene assolutamente centrato e il pallone è molto più frequentemente nei piedi del Monaco e nella metà campo della Juventus. Anche alle spalle della prima linea di pressione il Monaco gioca molto bene: il senso tattico di Toulalan, unito ai mezzi atletici di Kondogbia, hanno permesso di coprire amplissime porzioni di campo, difendendo efficacemente sia correndo in avanti, sia nelle occasioni in cui sono costretti a ripiegare.

 



Per una volta Marchisio riesce a liberarsi alle spalle del centrocampo monegasco ed è raggiunto da un passaggio di Pirlo. I due interni del Monaco però sono abilissimi a correre all’indietro e a contrastare la mezzala bianconera.



 

Tutta la pressione del Monaco, però, non riesce a tradursi in pericoli per la porta di Buffon. Alla fine della partita i tiri totali dei monegaschi saranno solo 8, di cui 1 nello specchio e 3 da dentro l’area, tutti di testa.

 

La Juventus gioca in maniera piuttosto conservativa. In fase di possesso palla alza pochi uomini ed è particolarmente attenta alle coperture preventive, per questo anche le palle perse forzate dalla pressione del Monaco e dagli errori tecnici dei giocatori juventini, non trovano la squadra sbilanciata sulle ripartenze, anche corte, dei monegaschi.

 


L’immagine è riferita a una ripartenza lunga del Monaco successiva a una brutta palla persa della Juve. Come all’andata è Ferreira Carrasco ad allungare la squadra e a correre forte sulla corsia sinistra. All’andata era più volte capitato che a dovere coprire sull’esterno fosse costretto Bonucci. A Monaco la Juve, anche dopo una palla persa malamente, si trova in superiorità numerica (5 vs 4) e coperta centralmente. Uno degli obiettivi del 3-5-2 di Allegri è centrato.


 

In fase di possesso palla, la squadra di Jardim trova difficoltà enormi a rendersi pericolosa. La Juventus non concede parità numerica sugli esterni dove le catene terzino-esterno del Monaco, arma principale dei monegaschi in fase di attacco posizionale, vengono costantemente messe in inferiorità numerica dal trio di giocatori bianconeri: difensore centrale, esterno più mezzala.

 

Centralmente, Barzagli, Bonucci e Chiellini sono sempre in superiorità numerica, dominano lo scontro fisico con Martial e chiunque si presenti dalle loro parti, e difendono in maniera precisissima su tutti i cross provenienti dall’esterno. Notevolissimi i numeri dei tre difensori della Juventus: Barzagli vince 6 duelli su 7, Chiellini 12 su 18. Bonucci 12 su 15. Almeno contro il Monaco la fase difensiva della Juventus è sembrata difficilmente superabile. In condizioni tatticamente disagevoli, il Monaco non ha le qualità tecniche e la varietà tattica per potere giocare un possesso palla efficace contro la difesa schierata della Juventus.

 


Barzagli-Lichtsteiner-Marchisio contro Kurzawa-Ferreira Carrasco. 3 vs 2, Kurzawa non ha nemmeno una linea di passaggio utile, prevale la Juventus. Un altro degli obiettivi di Allegri è raggiunto.



 

Dal lato opposto del campo l’estrema prudenza degli uomini di Allegri nei movimenti senza palla rende estremamente complessa la possibilità di superare la pressione dei monegaschi e, superata questa, di supportare con pericolosità i due attaccanti, in zone avanzate. Troppo spesso i giocatori della Juventus sono costretti a portare palla e infine a perderla, per lo scarso movimento dei possibili ricevitori, più preoccupati di tenere la posizione e prepararsi alla fase di transizione difensiva che di creare utili linee di passaggio. Questo uno dei motivi, insieme alla pressione del Monaco e a un numero elevato di errori tecnici, della povera prestazione della Juventus in fase di possesso palla, sia in termini di gestione del pallone sia in quelli di capacità di creare pericoli per la porta di Subasic.

 

L’Indice di Pericolosità SICS sarà al termine della partita pari a 37 per il Monaco e solamente a 15 per la Juventus. Gran parte del contributo all’IPO per la squadra di Jardim è fornito dall’elevato numero di cross giocati, ben 15, di cui solo 2 riusciti.

 


Evra porta palla. Morata, Tevez e Marchisio rimangono fermi nelle loro posizioni: mancano profondità, ampiezza e sostegno. Manca tutto.



Evra è costretto dalla mancanza di linee di passaggio utili, ad avanzare. Finisce inevitabilmente in mezzo a tre giocatori del Monaco.



 

Lo scenario tattico non cambia di molto con le prime sostituzioni di Jardim, che sostituisce Toulalan con Berbatov, mantenendo però il suo 4-2-3-1 con Moutinho al fianco di Kondogbia, Martial sull’esterno destro e Bernardo Silva alle spalle del centravanti bulgaro.

 

Quasi conscio di avere ancora poco tempo a disposizione, il Monaco forza la pressione nel primo quarto d’ora/venti minuti del secondo tempo. Esaurite le energie, l’intensità della pressione cala, la Juve comincia a gestire il pallone e a guadagnare metri di campo. Gli ultimi 30 minuti di partita vedono la squadra di Jardim sempre più impotente e incapace di mettere in difficoltà i campioni d’Italia, che riescono finalmente a giocare un possesso palla conservativo, pur mantenendo le precedenti difficoltà nel rendere in qualche maniera pericoloso il predominio lentamente conquistato. Interessante è notare come l’IPO del Monaco raggiunga il suo valore finale esattamente a metà del secondo tempo e da quel momento in poi rimanga costante, indice dell’incapacità di creare pericoli nell’ultimo quarto di partita.

 



«Chi vuole divertirsi… ci sono gli spettacoli al circo… io non è che vado in panchina per divertirmi. Noi abbiamo l’obiettivo di passare il turno». Parole di Massimiliano Allegri nella conferenza stampa post-match della gara d’andata. L’allenatore della Juventus nella sua stagione bianconera sta mostrando i tratti tradizionalmente italiani del suo modo di allenare: grande attenzione alle piccole cose, che in uno sport a punteggio bassissimo come il calcio sono fondamentali, strategie di gara parecchio orientate a massimizzare le debolezze avversarie e a minimizzarne i punti di forza. Le sue parole al termine della gara di Torino vinta per 1-0, mostravano, nemmeno troppo in controluce, una certa soddisfazione per l’esito della partita: l’obiettivo di vincere e non fare segnare un gol in trasferta al Monaco era stato centrato e non era certo fondamentale il fatto di avere sacrificato un po’ di brillantezza per raggiungerlo.

 

La scelta del 3-5-2 come sistema di gioco sembrava presagire le intenzioni di Allegri, l’interpretazione in campo le ha confermate. Segnare un gol per la Juventus avrebbe significato qualificazione quasi certa, ma non subirne avrebbe dato la sicurezza. Di sicuro Allegri non ha rinunciato a priori alla possibilità di segnare il suo gol in trasferta, ma ha dato priorità a contrastare tatticamente i punti forti del Monaco e a evidenziarne le debolezze al fine di limitare quanto più possibile i rischi. La condotta di gara conservativa, il sistema di gioco adottato, la difesa bassa e il possesso palla più orientato alle fase successive alla perdita della sfera che allo sviluppo verticale della manovra, hanno annullato la abilità in ripartenza del Monaco e costretto la squadra di Jardim ad attaccare costantemente la difesa schierata, cosa poco gradita dagli uomini della squadra del Principato. E se la pressione del Monaco ha per gran parte del match impedito la possibile e desiderata gestione del pallone da parte della Juve, questo è stato considerato da Allegri probabilmente un male minore a fronte dei vantaggi tattici derivanti dal rendere inoffensivi gli avversari.

 

La dichiarazione di Allegri sembrava dire in qualche maniera: «Giudicatemi dal risultato e questo quello per cui io lavoro». Il risultato è ottenuto e, a dispetto della scarsa brillantezza in fase di possesso palla e del vantaggio finale di un solo gol, in maniera più agevole di quanto appaia, in virtù di una strategia di gioco adattata sulle caratteristiche degli avversari e di una prestazione puramente difensiva effettivamente di livello elevato. La Juventus è tra le prime quattro di Europa e visti i doppi confronti con Borussia Dortmund e Monaco, piuttosto meritatamente.

 
 



 
 

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