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Una finale molto inglese
03 giu 2019
03 giu 2019
Con un gol di vantaggio per tutta la partita, il Liverpool di Klopp ha controllato la finale lasciando la palla al Tottenham.
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Foto di Laurence Griffiths / Getty Images
(foto) Foto di Laurence Griffiths / Getty Images
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Per il Liverpool di Jürgen Klopp la vittoria della Champions League, con il 2-0 in finale sul Tottenham, rappresenta la chiusura di un cerchio aperto da un’altra partita contro gli “Spurs”: quella finita 0-0 a ottobre del 2015, che aveva segnato l’esordio del tedesco sulla panchina dei “Reds”. Klopp era subentrato a stagione in corso, con il Liverpool decimo in classifica, quando la gestione di Brendan Rodgers aveva esaurito l’energia che aveva portato i “Reds”, nella stagione 2013/14, a contendere la Premier League al Manchester City fino all’ultima giornata. Poco più di tre anni e mezzo dopo il suo esordio contro il Tottenham, le idee di Klopp e gli investimenti fatti per potenziare la squadra hanno regalato al Liverpool la sesta Champions League della sua storia, aggiornando una bacheca che non veniva riempita dal 2012 (con la League Cup). Tra la squadra con cui ha esordito Klopp e quella che ha giocato la finale di Champions non ci sono quasi punti di contatto. Soltanto in due hanno partecipato a entrambe le partite: James Milner e Divock Origi. Nel 2015 erano entrambi titolari, nella finale sono invece entrati dalla panchina, anche se questo non ha impedito a Origi di chiudere la partita con il gol del 2-0. Il rientro di Firmino al centro dell’attacco, a completare il tridente con Salah e Mané, ha tolto a Origi la possibilità di partire titolare, mentre a centrocampo Klopp ha preferito avere un po’ di tecnica in più con Wijnaldum, che ha completato il centrocampo con Fabinho e Henderson, mandando appunto in panchina Milner. Con i recuperi di Kane in attacco e di Winks davanti alla difesa, anche il Tottenham ha potuto schierare la formazione migliore, assicurandosi la presenza di due riferimenti preziosi per eludere il pressing del Liverpool e risalire il campo. Per la scelta del sistema, Pochettino si è fatto probabilmente guidare dall’ultima sfida giocata contro i “Reds”, in cui era intervenuto passando al 4-2-3-1 e migliorando notevolmente la prestazione della sua squadra dopo un primo tempo dominato dalla squadra di Klopp (in cui il Tottenham era schierato con il 5-3-2). Stavolta, quindi, Pochettino ha scelto dall’inizio il 4-2-3-1: Winks ha affiancato Sissoko a centrocampo e mentre sulla trequarti Eriksen stringeva la posizione partendo da destra per dare spazio all’avanzata di Trippier, a sinistra Son restava più aperto, con Dele Alli che cercava di inserirsi negli spazi creati da Kane. Venti secondi di caos Sono bastati però poco più di 20 secondi per cambiare la partita e forse anche i piani degli allenatori. Il tipico lancio lungo sul calcio d’inizio del Liverpool ha innescato una serie di duelli per la conquista della palla. Il Tottenham ha provato per tre volte a uscire dalla fascia destra della sua metà campo, ma ogni tentativo si è scontrato con gli anticipi dei giocatori di Klopp, che alla terza occasione, dopo il duello vinto da van Dijk su Kane, hanno trovato il momento giusto per servire il classico taglio di Mané tra terzino destro e difensore centrale. Winks si è trovato preso in mezzo tra Wijnaldum e Henderson, perché Sissoko era rimasto più indietro a protezione della difesa dopo aver provato ad allontanare la palla intervenendo su un colpo di testa di Fabinho, e Alli ed Eriksen si erano alzati sperando di poter ricevere un passaggio da Kane se fosse riuscito a proteggere il pallone con van Dijk alle spalle. A vincere il duello è stato invece il difensore olandese e, dopo il suo colpo di testa, Wijnaldum ha anticipato Winks e permesso a Henderson di dosare il passaggio alto sullo scatto di Mané. Qualche istante dopo, il tentativo di cross dell’esterno senegalese è finito sul petto e sul braccio largo di Sissoko, generando il rigore che Salah ha trasformato nel gol dell’1-0.

Winks prova a contendere la palla, ma è in mezzo a Wijnaldum e Henderson. Quest’ultimo può alzare la testa e lanciare dietro la difesa del Tottenham, servendo lo scatto di Mané tra Alderweireld e Trippier.

Il Liverpool è sembrato da subito più preparato a gestire il disordine creato dalle contese per la palla dopo un lancio lungo, una situazione ricorrente soprattutto nei primi minuti. Anche in un’azione all’apparenza confusa come quella che ha portato al rigore segnato da Salah è possibile vedere l’esecuzione di un piano preciso. Non è un caso che Henderson abbia servito Sadio Mané dietro la linea difensiva del Tottenham (ci aveva già provato qualche secondo prima, ma il suo colpo di testa era stato intercettato da Alderweireld) o che i giocatori del Liverpool fossero posizionati meglio o fossero più pronti a vincere i duelli, impedendo al Tottenham di uscire dalla sua metà campo. Sono le idee di Klopp, la sua predilezione per la riconquista della palla in alto e per la ripartenza con le linee avversarie disordinate, che si combinano con un’intesa ormai solidissima tra i giocatori, che si conoscono bene e sanno come trovarsi in un attimo, lasciando quindi agli avversari un margine ridotto di tempo per leggere la situazione e intervenire. Una sorta di ordine Al quarto minuto, con il primo possesso consolidato del Tottenham, la partita ha iniziato ad avere una struttura più definita. Gli “Spurs” hanno iniziato a controllare la palla, mentre il Liverpool con il suo pressing provava a ostacolare la risalita del campo, senza però puntare alla riconquista in alto del pallone. Non possiamo sapere quanto abbia influito il gol segnato subito sul contesto che si è venuto a creare, se cioè Klopp e Pochettino avessero preparato la partita in un certo modo e abbiano cambiato i loro piani dopo il rigore di Salah: alla fine però il Tottenham ha chiaramente dominato il possesso, tenendo la palla per il 64,6% del tempo, mentre l’altezza del baricentro (45,6 metri) e del recupero della palla del Liverpool (30,9 m) sono rimaste molto basse. Il rigore segnato da Salah ha caricato il Tottenham di maggiori responsabilità nella gestione del possesso, mentre il Liverpool ha potuto adeguare l’altezza del suo pressing aprendo il campo in avanti a Salah e Mané. Il che non significa che la squadra di Klopp abbia subìto la strategia degli “Spurs”, anzi al contrario il Liverpool ha avuto il controllo pur rinunciando al pallone, e in tutto il primo tempo ha concesso solo due tiri, da lontano, a Sissoko ed Eriksen, entrambi finiti fuori dallo specchio. Il pressing del Liverpool aveva un potenziale punto debole alle spalle del tridente offensivo, e forse è stata questa una delle ragioni principali che hanno convinto Pochettino a scegliere il 4-2-3-1, formando un quadrilatero con i due difensori centrali (Alderweireld e Vertonghen) e i due centrocampisti (Winks e Sissoko) che si occupasse di superare la prima linea di pressione preparata da Klopp. Il pressing calmo del Liverpool Le posizioni e i movimenti del tridente offensivo del Liverpool sono fondamentali per indirizzare l’azione avversaria, bloccando contemporaneamente le linee di passaggio centrali e quelle verso i terzini, mentre i tre centrocampisti tendono a rimanere più staccati a protezione del centro, orientandosi a seconda dello sviluppo dell’azione. Il sistema di pressing che il Liverpool ha perfezionato in questi anni prevede che Firmino si occupi di pressare il difensore centrale coprendo al tempo stesso il mediano alle sue spalle, un’azione necessaria a non scoprire il centro facendo uscire fuori una delle due mezzali, mentre Salah e Mané si posizionano col corpo per impedire i passaggi verso i terzini, tenendo così il pallone al centro del campo, nella zona più facile da congestionare. Schierando due mediani, Pochettino voleva costruirsi un vantaggio nella zona alle spalle di Firmino, obbligando una mezzala a uscire sul centrocampista lasciato libero dal 9 del Liverpool, oppure creando spazio per uno tra Winks e Sissoko, nel caso in cui la mezzala del Liverpool avesse preferito restare in posizione di fianco a Fabinho. Per i movimenti previsti dal Tottenham in possesso era soprattutto Henderson ad avere difficoltà a staccarsi dalla sua zona, dovendo gestire tre diverse possibili scelte a seconda dello sviluppo della manovra degli “Spurs”: alzarsi su Winks, uscire lateralmente su Rose e coprire la verticalizzazione su Dele Alli alle sue spalle. A destra, invece, Wijnaldum poteva alzarsi con meno timori su Sissoko, lasciando a Robertson il compito di marcare Eriksen e concedendo il cambio di gioco su Trippier, che si alzava nello spazio liberato da Eriksen. Nei secondi che la palla impiegava per arrivare a Trippier, le linee del Liverpool facevano in tempo a scivolare verso sinistra e a riorganizzarsi per impedire al Tottenham di avanzare.

In questo caso Winks riesce a liberarsi dietro Firmino e l’azione avanza arrivando a sinistra da Son, che porta la palla nei pressi dell’area del Liverpool e crea i presupposti per il tiro da fuori di Sissoko.

Cosa è mancato al Tottenham? Per alcuni minuti i movimenti di Winks o Sissoko dietro la prima linea di pressione e la posizione alta di Trippier hanno creato qualche problema al Liverpool, permettendo al Tottenham portare la palla negli ultimi metri, ma agli “Spurs” è sempre mancato lo spunto decisivo in rifinitura per creare un’occasione. L’azione più pericolosa è arrivata al 20’, in una situazione diversa, quando il Tottenham ha manovrato in zone molto basse dopo una rimessa corta di Lloris, uscendo a destra con Trippier, che ha trovato finalmente in Kane un riferimento intermedio per la risalita del campo. L’attaccante inglese si è abbassato per ricevere il passaggio in diagonale di Trippier portando fuori posizione van Dijk e, dopo aver protetto la palla, ha appoggiato a Eriksen, che ha quindi potuto servire il taglio in profondità di Son. È stata forse l’unica volta nella partita in cui le qualità migliori dei giocatori offensivi del Tottenham si sono combinate in modo naturale. Kane ha protetto la palla e aperto spazi per i compagni alle sue spalle, Eriksen ha potuto guardare in avanti e trovare un passaggio in verticale con la precisione che lo contraddistingue, Son ha dato profondità e si è trovato da solo contro Alexander-Arnold. Il terzino inglese però è stato eccezionale, innanzitutto a contenere in campo aperto la velocità di Son e poi, sul tentato cambio di direzione dell’attaccante sudcoreano, a non farsi saltare allungando la gamba destra.

Il momento in cui Son cerca di superare Alexander-Arnold, senza però riuscirci. Fosse passato, l’attaccante sudcoreano si sarebbe trovato da solo in area contro Alisson.

Col passare dei minuti, però, la qualità del primo pressing del Liverpool si è alzata e ha complicato i meccanismi di uscita dalla sua metà campo del Tottenham, anche perché Sissoko non sempre agevolava la costruzione muovendosi dietro Firmino, tendendo invece ad allargarsi nello spazio liberato da Trippier. Così Firmino aveva solo Winks da coprire alle spalle, mentre Salah e Mané continuavano a bloccare i passaggi verso le fasce, tagliando fuori Sissoko e rendendo vani i benefici pensati da Pochettino con la presenza di due mediani dietro Firmino. Qui sotto c’è un tentativo di costruzione dal basso del Tottenham al 36’, dopo che il pressing del Liverpool aveva spinto indietro il possesso degli "Spurs" fino a tornare da Lloris.

Sissoko è aperto a destra, ma il passaggio in ampiezza viene oscurato da Mané, che allo stesso tempo può alzarsi a pressare Alderweireld. Dietro Firmino resta solo Winks e sul movimento a entrare dentro il campo di Sissoko è pronto a uscire Wijnaldum. Il Tottenham prova a uscire con un cambio di gioco di Alderweireld verso Rose, ma la palla viene intercettata da Henderson. Al Tottenham, insomma, è mancato un giocatore in grado di collegare l’uscita dalle zone arretrate con la manovra avanzata. Qualche volta Winks e Sissoko riuscivano a eludere la pressione portando la palla avanti con una conduzione, ma entrambi hanno finito più che altro per facilitare la prima circolazione, preparando il cambio di gioco dei difensori centrali verso Trippier o Rose, o i lanci sugli scatti in profondità di Alli e Son. La ricerca di una costruzione diretta e poco palleggiata è sembrata più un successo dei meccanismi di pressing del Liverpool che una precisa strategia del Tottenham per far arrivare il pallone velocemente in zone avanzate. La squadra di Klopp non ha trovato molte occasioni per ripartire ma ha interrotto le connessioni con i giocatori più pericolosi del Tottenham e non ha concesso nulla. Kane ha toccato la palla soltanto 11 volte nel primo tempo, meno di qualsiasi altro compagno, Eriksen non riusciva a ricevere tra le linee e a gestire i tempi della manovra in zone intermedie, soffrendo in un contesto che forniva poche possibilità di palleggiare, Alli si è fatto notare con un paio di inserimenti che però non hanno creato pericoli. In pratica l’unico a dare l’idea di poter trovare la giocata decisiva con qualche iniziativa palla al piede era Son, ma anche lui alla fine ha inciso poco: ha tirato in porta più di tutti (3 volte), ma soltanto nei minuti finali, e ha completato un solo dribbling sui cinque tentati. Pochettino ha provato a cambiare Già alla fine del primo tempo Pochettino ha provato a intervenire cambiando posizione ai suoi trequartisti. Son si è spostato a destra, per provare a dare un’alternativa ai cambi di gioco verso Trippier ma anche per gestire meglio le avanzate di Robertson, che al 38’ aveva approfittato dello spazio concesso dal Tottenham sulla sua fascia destra per portare la palla fino al limite dell’area e calciare in porta. Con Son a destra, Eriksen è scivolato al centro, per avere un po’ di influenza in più sul possesso e non dover più seguire Robertson, mentre Alli si è allargato sulla fascia sinistra per attivare qualche combinazione ricevendo in verticale da Rose, o per tagliare dietro la difesa del Liverpool come già faceva quando giocava al centro. Il Tottenham ha iniziato il secondo tempo con questa disposizione, che però non ha migliorato granché le connessioni con i giocatori avanzati, spostando soltanto un po’ di più il peso delle responsabilità in costruzione su Trippier, che poteva ricevere in posizione più arretrata e lanciare gli attaccanti. Anche cambiando posizione ai giocatori avanzati, il Tottenham ha finito per spezzarsi in due, senza avere nessun collegamento intermedio che unisse la prima costruzione e i quattro giocatori che si muovevano in avanti.

Una delle combinazioni su cui probabilmente puntava Pochettino spostando Son a destra. La palla arriva a Trippier, che verticalizza sul taglio del sudcoreano dietro Robertson.

Una finale senza centrocampo Di fatto tutte e due le squadre hanno rinunciato a giocare a centrocampo. Il Tottenham, pur avendo il controllo della palla, non riusciva a portarla avanti in modo ordinato e saltando continuamente le zone intermedie ha isolato i suoi giocatori più forti. Una manovra così verticale ha oltretutto impedito di abbassare ancora di più il Liverpool con fasi di possesso prolungate nella sua metà campo che spingessero all’indietro Salah e Mané, limitando la loro pericolosità in ripartenza. Il Liverpool, che in pratica ha sempre giocato con un gol di vantaggio, ha puntato da subito ad attaccare solo in transizione, arrivando velocemente da Salah e Mané, una strategia che ha lasciato pochi margini di intervento ai centrocampisti e a Firmino, più utile nel primo pressing che come riferimento per far scorrere la manovra muovendosi tra le linee. Non è un caso che i tre giocatori ad aver perso più volte la palla siano stati tre terzini: Alexander-Arnold (31), Robertson (21) e Trippier (20). Tutte e due le squadre si sono appoggiate molto ai terzini per portare avanti la palla, ma la ricerca continua di lanci e verticalizzazioni ha moltiplicato gli errori. A fine partita la precisione dei passaggi del Liverpool era appena del 64,3%. https://twitter.com/OptaJoe/status/1134929206553583622

L’ultima squadra a vincere la Champions League lasciando il possesso agli avversari era stata l’Inter di Mourinho.

Col passare dei minuti Pochettino ha provato a forzare la ricerca del gol del pareggio intasando il centro di attaccanti (il Tottenham ha finito con Kane e Llorente come coppia d’attacco, supportati alle spalle da Lucas e Son) e alzando i terzini; Klopp invece ha abbassato il baricentro e coperto meglio le fasce con un centrocampo a quattro, spostando Mané come esterno sinistro e allargando Milner sulla fascia destra. Origi si è abbassato per ripulire i palloni in uscita dalle zone arretrate, mentre Salah è andato a fare il centravanti per non sprecare energie in fase difensiva e minacciare la difesa del Tottenham con i suoi scatti. Proprio Milner avrebbe potuto approfittare dello sbilanciamento del Tottenham al 69’, quando Mané ha esposto i limiti difensivi di Eriksen, abbassato a centrocampo dopo l’ingresso in campo di Lucas, aggirandolo facilmente e avanzando fino a portare la palla sui piedi di Salah, girato spalle alla porta appena dentro l’area: l’egiziano ha appoggiato all’indietro a Milner e la sua conclusione ha sfiorato il palo alla sinistra di Lloris. Il Tottenham ha concentrato tutti gli sforzi per segnare negli ultimi minuti e in un paio di occasioni ha impegnato Alisson, soprattutto all’80’, su una conclusione da lontano di Son e un tiro da centro area di Lucas dopo che Rose aveva raccolto la respinta del portiere brasiliano. Un paio di minuti prima, invece, Alli aveva colpito di testa da buona posizione ma non aveva inquadrato la porta. Alla fine, però, gli "Spurs" sono stati puniti dal gol di Origi all’87’. Lo sviluppo dell’azione ha sottolineato una debolezza che il Tottenham aveva già mostrato in questa stagione, ovvero la difesa della sua area negli istanti successivi alla battuta di un calcio piazzato, quando la squadra avversaria riesce a recuperare la respinta e a rimettere il pallone in area. Proprio nella gara di ritorno in Premier League, il Liverpool aveva trovato il gol del 2-1 con un cross di Alexander-Arnold che aveva trovato libero Salah sul secondo palo, dopo una respinta di testa di Kane sul calcio d’angolo battuto dallo stesso terzino inglese. Anche sul gol di Origi il Tottenham non è sembrato molto organizzato nell’uscita in blocco dall’area dopo il primo colpo di testa di Son sul calcio d’angolo di Milner. La palla è rimasta per qualche secondo in aria, poi è arrivata a Origi, defilato a sinistra ma senza avversari vicino. L’attaccante belga si è spostato il pallone sul sinistro e poi ha tirato a incrociare infilando la palla all’angolino più lontano, uno dei pochi gesti tecnici di alto livello in una partita tecnicamente poco spettacolare.

Nessuna delle due squadre ha avuto una partita brillante dal punto di vista offensivo.

La Champions League si è quindi conclusa con una finale che non ha regalato le emozioni e i colpi di scena che avevano caratterizzato le partite dei turni precedenti. Al terzo tentativo, dopo le finali perse nel 2013 col Dortmund e l’anno scorso con il Liverpool, Klopp è quindi riuscito a mettere le mani sulla coppa più ambita. La crescita dei “Reds” negli anni della sua gestione è stata impetuosa e ha raggiunto il culmine in questa stagione, chiusa con la vittoria della Champions e lo storico traguardo dei 97 punti in campionato, che solo per una prestazione ancora più incredibile del Manchester City, che ha conquistato un punto in più, non ha assicurato il primo posto in Premier League. L’esito della finale non può comunque rovinare la stagione del Tottenham, straordinaria già solo per il fatto di essere arrivato a giocarsi la Champions League fino all’ultimo atto. Negli oltre tre anni e mezzo passati da quando ha ospitato al White Hart Lane l’esordio di Klopp con il Liverpool, il Tottenham è cambiato solo in minima parte: sette titolari di allora erano titolari anche nella partita di sabato, e altri due giocatori che hanno iniziato la finale (Winks e Trippier) erano in panchina in quel pomeriggio dell’ottobre del 2015. Dovrebbe bastare questo a mettere in prospettiva il lavoro fatto da Pochettino in questi ultimi cinque anni al Tottenham.

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