Totaalvoetbal
L’evoluzione del Calcio Totale e il suo progresso tattico, culturale e storico. Dall’Olanda degli anni 60 fino ai giorni nostri.
L’Eredità del Totaalvoetbal
L’identità del calcio totale è l’identità del calcio moderno, e quella che determinerà il calcio del futuro. C’è un forte legame, tattico e filosofico, fra l’Ajax di Michels ed il recente Bayern Monaco di Guardiola. Come un testimone passato da allenatori a giocatori, che a loro volta sono diventati allenatori, i dogmi tattici ed una certa ‘superiorità morale’—come la chiama David Winner—dell’Ajax e dell’Olanda degli anni 70’ sono arrivati fino a giorni nostri.
In questo viaggio alle origini del calcio totale si è rivelata fondamentale l’importanza di Amsterdam e dell’Ajax, città-sistema e squadra-sistema che hanno dato vita a questa filosofia. Il Michels giocatore (122 reti in 264 presenze con l’Ajax fra il 46’ ed il 58’) ereditò i pensieri dell’allenatore inglese Reynolds. Nel 1965 Michels diventa l’allenatore di una generazione di campioni e l’architetto di un calcio di cui Cruijff e Neeskens diventano i giocatori simbolo. Michels e Cruijff, allenatore e giocatore, crescono insieme, ma si scontrano anche amaramente. Molto aveva a che fare con la personalità di Cruijff, che trovava i diverbi stimolanti. Ancora una volta una tensione, anche fra i due maggiori artefici del calcio totale, l’allenatore e il suo giocatore simbolo.
Quando nel 1971 Michels se ne va, Kovács diventa allenatore aiutando la maturazione e lo sviluppo dei suoi giocatori aumentandone le libertà individuali e solidificando l’idea che il calcio totale fosse libertà, piuttosto che una contrapposizione.
Tra gli episodi che hanno creato questa estetica, troviamo una giocata diventata il simbolo di quella libertà riconquistata dai lancieri dopo l’addio del “colonnello” Michels. I palleggi di Gerrie Mühren al Bernabeu nella semifinale del 73’, dipinti come un passaggio di consegne fra il grande Real Madrid ed il piccolo Ajax, in realtà furono il canto del cigno della più grande squadra olandese di tutti i tempi. Più tardi, con la fine dell’epopea Ajax, furono il Barcellona di Michels (e di Cruijff e Neeskens) e la nazionale olandese del 1974, i portabandiera del calcio totale. Dopo quegli anni, per almeno altri dieci, furono i club inglesi e tedeschi, con il loro calcio più tradizionalista a dominare la scena. Nell’82 vinse l’Italia imponendo il ritorno al catenaccio, bisognerà aspettare la stagione 1985-86—cioè l’inizio della carriera da allenatore di Cruijff—per ritornare ad ammirare il calcio totale.
L’Ajax vince in quegli anni 2 coppe d’Olanda e una Coppa Coppe, con un 3-3-1-3 avanguardista per l’epoca. Un modulo, ma soprattutto dei principi di gioco (un solo giocatore in ampiezza per esempio) che influenzeranno anche il decennio successivo. I giocatori simboli di quell’Ajax anni 80’ furono Van Basten e Rijkaard oltre che il non più giovanissimo Arnold Mühren (fratello minore di Gerrie), anello di congiunzione con l’Ajax di 15 anni prima.
Nel 1988 la nazionale olandese, vince gli Europei. Michels torna in panchina, e trova oltre all’inossidabile A. Mühren, i gioielli Van Basten e Rijkaard. Negli stessi anni nasce il Milan di Sacchi—nel quale Van Basten e Rijkaard sono pedine fondamentali—che riprende i concetti del calcio totale, elaborato in una nuova versione. L’approccio difensivo e il pressing di Sacchi diventeranno poi un momento di svolta nel calcio moderno.
Nei primi anni 90’ Cruijff ritorna a Barcellona per completare il suo percorso iniziato da giocatore blaugrana 20 anni prima. Il 3-4-3 in campo regala spettacolo grazie alle qualità individuali di Romario e Stoichkov su tutti. Ma la mentalità offensiva è una caratteristica anche dei difensori: insieme al centrale Koeman, gli altri sono dei terzini che spingono e salgono anch’essi in fase di manovra. Il giocatore cardine è tuttavia Guardiola, e già allora si intravedono le sue qualità di leader. Con il Dream Team blaugrana assistiamo una delle massime espressioni di questo tipo di calcio per occupazione degli spazi e dominio del pallone. Un’evoluzione rispetto all’Ajax anni 70’, maggiormente efficace nelle tattiche difensive, grazie a pressing e fuorigioco meglio organizzati.
Infografica realizzata da The 6th.
All’Ajax nel frattempo, sulla scia di Cruijff, esplode il fenomeno Van Gaal, giovane allenatore vero e proprio erede di Michels come approccio alla panchina e alla disciplina di squadra. Vince tre campionati e una coppa Uefa, e raggiunge due finali di Coppa Campioni consecutive, vincendo la prima nel 1995 proprio contro il Milan. Il calcio totale olandese è di nuovo padrone del mondo. In campo a dirigere le operazioni c’è ancora Rijkaard, trait d’union fra l’Ajax di Cruijff, il Milan di Sacchi ed appunto l’Ajax di Van Gaal. Dal punto di vista tattico Van Gaal continua con il 3-3-1-3, in cui assume un ruolo fondamentale il trequartista: Bergkamp prima e Litmanen dopo. Trequartisti incursori pronti a trasformarsi in punta, degli shadow striker 20 anni dopo il maestro Neeskens. Anche gli scambi di ruolo fra Rijkaard stesso e Blind (centrocampista e difensore) di questo Ajax ricordano quelli di vent’anni prima. Van Gaal inoltre passa alla storia per aver lanciato giocatori fenomenali ed in alcuni casi fondamentali per lo sviluppo e l’eredità del calcio totale: Davids, Seedord, F. De Boer all’Ajax; Xavi, Puyol, Iniesta e Victor Valdes al Barcellona, Thomas Mueller al Bayern Monaco. David Winner definisce Van Gaal “a systems’ man”, si dice sicuro che «Van Gaal è stato fortemente influenzato da Cruijff, anche se non lo riconoscerebbe mai».
Dopo la finale di Roma persa dall’Ajax di Van Gaal contro la Juventus (1996), il calcio totale torna in letargo. Come spesso accade dopo ogni innovazione tattica, sono le contromosse difensive le prime a prendere piede e ad espandersi in mondo calcistico sempre più globale. Sono gli anni del 4-4-2 rigido ed in linea, pressing alto e fuorigioco, giocatori fisici e di quantità. Sono gli anni in cui scompaiono i trequartisti, poi in parte riscoperti con l’esplosione del 4-2-3-1 (e degli shadow striker) ad inizio anni 2000.
Nel 2006 è ancora Barcellona la città in cui rinasce il calcio totale: arriva un altro allenatore olandese, Rijkaard, il suo vice è Neeskens. Vinceranno la Champions League 2006 contro l’Arsenal, con Xavi in mezzo al campo a comandare le operazioni. Passano pochi anni ed il nuovo allenatore blaugrana diventa Guardiola.
L’avevamo lasciato giocatore del Dream Team di Cruijff, ora è pronto per allenare. Dice di portare l’eredità emozionale del profeta e suo ex allenatore, ma l’eredità tattica è quella di Van Gaal, che allenò il Barcellona in due periodi dal 1997 al 2003. Nell’allenatore catalano troviamo la sintesi di quel dualismo che ci ha guidato lungo tutto questo percorso: talento individuale ed organizzazione collettiva. La ricerca spasmodica della superiorità posizionale e del possesso palla, il falso nove ed un solo giocatore in ampiezza; ma anche pressing alto e riaggressione feroce ed organizzata. Il Barcellona 2008–2010 è stato forse per qualità individuali, mentalità e principi tattici la più alta espressione del calcio totale. Xavi ed Iniesta, i giocatori simbolo, quelli che in futuro potrebbero portare avanti quest’idea di calcio. Forte é anche la propaganda catalana nell’ideale di calcio di Guardiola «giochiamo un calcio di sinistra, tutti devono fare tutto».
Negli ultimi anni, il Bayern Monaco di Van Gaal prima e Guardiola poi, con Lahm come giocatore cardine, sono stati portatori degli ideali del calcio totale. Gli ultimi due mondiali vinti da Spagna (Xavi ed Iniesta) e Germania (Lahm) hanno forse in parte restituito al totaalvoetbal quel titolo mondiale sfuggito all’Arancia Meccanica degli anni 70’. Ed il futuro? Guardiamo al Manchester City di Guardiola, ma anche al lavoro di Spalletti, di Paulo Sousa, al movimento degli allenatori spagnoli e sudamericani e di tutti gli altri che stanno portando avanti questa filosofia di gioco, permettendone l’evoluzione. Moduli fluidi, giocatori polifunzionali ed un mix fra tattica collettiva e libertà individuale. Siamo tutti figli di Cruijff, ma anche il profeta ha avuto i suoi maestri. Sarebbe stato bello chiedergli cosa ne pensava Johan di tutto questo, dell’identità del calcio totale. Ci provò David Winner, mandando all’Olandese volante una copia di Brilliant Orange tradotta in olandese, ma non ricevette mai risposta.