Lunedì scorso allo Stadio “Ferracci” di Torre del Lago, frazione di Viareggio, veniva scritta una piccola pagina di storia: per la prima volta una squadra africana, la nigeriana Beyond Limits, alzava al cielo il Burlamacco - trofeo che richiama una delle maschere del celebre carnevale - al culmine della 74esima edizione del Torneo di Viareggio.
È una notizia che è stata appresa con una certa depressione dai più nostalgici, secondo cui il torneo di Viareggio non è più quello di una volta. In effetti l’edizione appena conclusa è stata senz’altro la "più Viareggio Cup" e la "meno Coppa Carnevale", per così dire, che si ricordi. La finale tra i nigeriani del Beyond Limits e i congolesi del Centre National Brazzaville non solo è stata la prima tutta straniera nella storia, ma ha anche riportato una squadra internazionale a vincere il torneo dopo undici anni, dai tempi dell’Anderlecht di Jordan Lukaku e Leander Dendoncker.
Per dire quanto sono cambiate le cose negli ultimi tempi basti ricordare che la prima squadra africana in Versilia è stata l’Algeri, addirittura quarant’anni fa, e che la sua avventura si concluse con l’ultimo posto nel girone e una dozzina di gol incassati nelle due gare d’esordio con Fiorentina e Torino. Destino simile per il Nairobi (Kenya), che nel 1986 si rese però protagonista di un’insperata vittoria (2-1) contro gli uruguaiani del Nacional, decisiva per consegnare la qualificazione all’Inter, che vincerà il torneo. Da allora sono in totale 40 le rappresentative africane che hanno preso parte alla competizione, ma solo di recente con risultati degni di nota: sono tutte degli ultimi sette anni, infatti, le nove qualificazioni alla fase ad eliminazione diretta (la prima nel 2016 dell’Ujana, della Repubblica Democratica del Congo), di cui cinque solo nell’edizione appena conclusa.
La vera frattura nella storia del torneo di Viareggio è stata in realtà la pandemia di Covid-19 che solo negli ultimi mesi ci siamo (con fatica) lasciati alle spalle. Per questa ragione la competizione ha chiuso i battenti per due anni consecutivi, per poi realizzare un timido ritorno nel 2022, quasi dimezzando le squadre in gara, scese a 24, e restringendo in via inedita l’ingresso alle formazioni Under 18. Nonostante l’apparente ritorno alla forma nell’anno successivo, in cui si è ristabilita la partecipazione delle Primavere fino a un totale di 32 (numero comunque inferiore ai 40-48 club del pre-lockdown), per l’edizione 2024 ecco una nuova inversione a U, che ha riproposto la brusca rottura rispetto al passato.
C’è da dire che l’assenza delle formazioni Under 19 è in parte è dovuta anche alle riforme del Campionato Primavera 1 attuate dalla FIGC proprio nel corso degli ultimi anni, ampliato prima da 14 a 16 e infine a 18 squadre, aumentando di conseguenza il numero di partite per le “big”, impegnate anche nella nuova Youth League. “Big” che di conseguenza dall’essere presenze abituali sono diventate le grandi assenti del torneo, lasciando via via il posto a club più piccoli. La rappresentanza italiana è sempre stata variopinta, raccogliendo club a tutti i livelli della piramide (per citarne alcuni: Lucchese, Ascoli, SPAL, Paganese); quello che semmai è avvenuto di recente è la progressiva diminuzione di club dalla massima serie. Nell’ultima edizione, per esempio, non sono mancate Fiorentina, Torino e Sassuolo, che possono vantare un palmarès complessivo di 17 vittorie a Viareggio; ma non si sono comunque fatte vedere istituzioni quali Inter, Milan e Juventus, numericamente sostituite da Imolese, Pontedera e Carrarese.
Parallelamente a questo nuovo scenario “interno”, il torneo si è internazionalizzato come mai prima d’ora: l’edizione appena conclusa ha visto per la prima volta una partecipazione a maggioranza straniera, ben 15 squadre su 24. World Football Tournament di nome e di fatto, quindi. Un'evoluzione che va oltre la visione "italocentrica" che scorge il declino del torneo nella scomparsa delle grandi squadre del nostro campionato, ignorando che storicamente i grandi club stranieri non sono mai stati una parte centrale di Viareggio (chi si è mai lamentato dell’assenza di Barcellona, Real Madrid o Bayern Monaco?).
La metamorfosi del Viareggio sta avendo un impatto non indifferente sul nostro immaginario. Nella dissacrante “Analisi del declino della manifestazione” pubblicata da La Stampa e firmata Nicola Balice, ad esempio, lo scenario è dipinto a tratte fosche. “La manifestazione giunta all’edizione numero 74, ma che a onor di cronaca sembra aver intrapreso una parabola discendente che non appare potersi fermare in fretta”: l’immagine restituita già dalle prime righe è quella di un film vicino ai titoli di coda, e con un finale non all’altezza. Un evento allo sbando, e non per fattori economici - o almeno, l’analisi non contiene dati che lo suggeriscano - quanto per una questione identitaria. “Perché la Viareggio Cup di oggi non ha niente a che vedere con il Torneo di Viareggio che raggiungeva il massimo splendore negli anni Novanta e nel primo decennio degli anni Duemila: niente grandi squadre italiane, solo proposte sperimentali dall’estero”.
Pure in quello che avrebbe dovuto essere un freddo comunicato sulle semifinali, diramato da ANSA e rilanciato tra gli altri da Corriere dello Sport e Tuttosport, si avverte una certa fatica, quasi insofferenza, nel riportare l’exploit africano: “Tre squadre della Nigeria e una del Congo. È questo il quadro delle semifinaliste del Torneo di Viareggio, o Viareggio Cup come viene chiamata adesso, competizione che, da più di 70 anni, è una vera e propria classica del calcio giovanile. Che, va detto, con il passare del tempo si è sempre più internazionalizzata fino alla realtà di oggi con il dominio delle squadre africane, frutto anche di una superiorità fisica che, a questi livelli, appare evidente”.
Se non sono più i grandi nomi ad attirare l’interesse dei tifosi, a garantire visibilità non è più d’aiuto nemmeno “mamma RAI”, partner tradizionale del torneo. Mentre nel decennio scorso la TV di Stato era solita offrire un’ampia copertura, trasmettendo su Rai Sport almeno due partite al giorno, oltre a ottavi, quarti, semifinali e finale, dopo la pandemia si è limitata a trasmettere la gara inaugurale e le “final four”; per poi mollare completamente la presa nelle ultime due edizioni, dando spazio al solo confronto finale. Dal 2022, per seguire la competizione è necessario affidarsi allo streaming su YouTube o Facebook, usando i link segnalati dai profili social del torneo.
Da dove nasce il successo delle squadre africane
Venendo ai giorni nostri, per arrivare al successo del Beyond Limits è necessario partire dal 2022, l’anno della riapertura. Un’edizione anomala, sia in quanto al regolamento che al calcio giocato, grazie all’impresa senza precedenti dell’Alex Transfiguration, la prima squadra africana a raggiungere semifinali e finale del torneo.
L’accademia di Lagos dal nome curioso (Alex è il nome del suo presidente e la "trasfigurazione" consiste nel metaforico passaggio da bambini ad atleti) è nata nel contesto di una chiesa cattolica locale e dalla volontà del presidente di dare una seconda opportunità ai bambini della diocesi. Non iscrivendosi ad alcun campionato locale si è optato per Viareggio, ma l’iscrizione in origine prevista per il 2020 è stata posticipata per via della pandemia.
I ragazzi di Alex hanno quindi esordito due anni fa con un pesante 6-2 rifilato alla Fiorentina, per poi pareggiare 1-1 contro il Monterosi e suggellare il primo posto con un 2-1 al Pisa. Come se gli ottavi non costituissero già un successo, i nigeriani hanno poi battuto nettamente la Rappresentativa Serie D (3-0) e il Bologna (4-0), hanno superato ai rigori l’Empoli in semifinale, e solo nella finalissima hanno trovato la sconfitta, sempre ai rigori, contro il Sassuolo. Neroverdi che l’anno seguente, questa volta con la Primavera, si sarebbero presi il terzo Viareggio in cinque edizioni.
La delusione per il trionfo sfiorato, comunque, non ha cancellato l’incredibile impresa: l’Alex ha infatti riportato in Nigeria il Golden Boy del torneo (Ayomide Ogungbe, ora in terza divisione portoghese), il miglior difensore (Emmanuel Lekan Oyedele), il miglior tecnico (Joseph Olumide Ajibolade, tenetelo a mente) e un certo Ebenezer Akinsanmiro, che circa due anni dopo avrebbe fatto il suo esordio in Serie A con la maglia dell’Inter.
Di fronte a un tale sconvolgimento dell’ordine costituito, il direttivo del torneo non ha avuto altra scelta che ampliare le opportunità per le formazioni africane. Già l’anno seguente sono state quattro (un record), ma il miracolo dell’Alex Transfiguration non si è ripetuto: solo i nigeriani del Mavlon hanno superato il primo turno, finendo la corsa agli ottavi di finale. Arriviamo quindi a quest’anno, in cui il cambio di paradigma può dirsi definitivamente completato.
Innanzitutto, delle 15 straniere ben un terzo nel 2024 sono state africane: oltre al ritorno dell’Alex Transfiguration e del Mavlon, Viareggio ha dato il benvenuto ad altre due nigeriane, il già menzionato Beyond Limits e l’Ojodu City, e una congolese, il Centre National Brazzaville. Nonostante le buone premesse, però, in pochi prevedevano che si potesse replicare l'exploit del 2022, e nessuno si sarebbe mai aspettato quella che si può definire un’edizione egemonizzata.
Tutte queste squadre hanno superato più o meno agevolmente il girone, chi facendo piazza pulita e chi affidandosi al ripescaggio delle migliori terze. Per vedere la loro affermazione completa, però, si è dovuto aspettare gli ottavi di finale, dove l’en plein subsahariano ribalterà qualsiasi pronostico. L’Ojodu City ha rispedito il Westchester United in Pennsylvania con un sonoro 5-0 (tripletta dell’inarrestabile Ibrahim); il Brazzaville ha interrotto la caccia al terzo Viareggio consecutivo del Sassuolo; la Fiorentina si è arresa alla tripletta dell'attaccante del Mavlon, Charles Agada, in un 3-2 deciso allo scadere; completano il quadro i successi in scioltezza di Beyond Limits e Alex Transfiguration.
Il tabellone dei quarti di finale, così, ha offerto una situazione a dir poco surreale: cinque africane, due italiane (Torino e Rappresentativa Serie D, quest’ultima a caccia della sua prima semifinale dopo 14 anni) e un’ungherese, la consueta Honvéd. Di lì a poco le squadre africane hanno completato l’opera: ancora una tripletta di Ibrahim, le italiane che guardano da fuori (per la prima volta) le fasi finali del torneo, un inedito match tutto africano in cui l’Alex Transfiguration ha ceduto al Mavlon (e all’ottavo gol di Agada). E dunque, in questo mare di prime volte, eccoci davanti a una “final four” tutta africana: il teatro del trionfo del Beyond Limits.
Beyond Limits, letteralmente
Il Beyond Limits è nato nel 2016 come accademia giovanile dei professionisti del Remo Stars FC, con sede a Ikenne, nello stato nigeriano di Ogun. Pur essendo pochi gli anni di attività, la società può già vantare un palmarès di tutto rispetto: due volte campioni della Nigeria Professional Football Youth League (corrispettivo del Campionato Primavera, per intenderci), tre volte della The Creative Championship (torneo privato tra squadre delle divisioni inferiori e importante palco per giovani talenti). Attualmente stanno lottando per il primo posto nel girone della Nigeria National League, sperando di raggiungere a fine stagione la squadra madre, Remo Stars nella massima divisione nazionale.
Inserite nel Girone 2 insieme a Fiorentina, Stella Rossa e Carrarese, il Beyond Limits non si è lasciato intimorire dalle avversarie e ha da subito dato prova delle loro potenzialità: 9 punti, 15 reti in tre partite e un dominio assoluto. La Carrarese, pur avendo il fattore campo dalla sua parte (per quello che conta al torneo di Viareggio), si è vista segnare ben sei gol da cinque giocatori diversi, la diga serba è invece riuscita a subirne "solo" tre, mentre i viola sono stati protagonisti loro malgrado di uno scoppiettante 6-4 (tripletta di Ogundare e terzo gol consecutivo di Ayodele).
Agli ottavi di finale l’abitudine di segnare tre reti a partita non è scemata, e contro un Avellino coraggioso e sfortunato (autorete al 18’) è stato il solito Ayodele a chiudere la pratica allo scadere. Raffaele Biancolino, tecnico degli irpini, ha salutato facendo i complimenti agli avversati: "Al Beyond Limits auguro di andare avanti e di vincere il torneo", e ha decisamente portato fortuna. Avanzando nella sua marcia, il Beyond Limits non ha risparmiato nemmeno il Torino sei volte campione, in una partita più combattuta del previsto decisa nuovamente da un Ayodele inarrestabile (2-1). Da menzionare anche il giovane talento Arierhi, che nelle ultime due partite ha avuto l’occasione di brillare ed entrare nella top-5 della classifica marcatori: apre le marcature sia nella semifinale contro i nigeriani dell’Ojodu (2-1) che nella fatidica finale contro il Brazzaville, terminata poi 2-0 con l’autorete dei congolesi.
E dunque, al termine delle due settimane, la storia del Beyond Limits può dirsi conclusa. Che poi forse sarebbe meglio dire iniziata, vista l'età dei giocatori. Oltre a vedere il proprio nome scolpito negli annali della competizione, i ragazzi di Olumide - eletto per la seconda volta in tre anni miglior tecnico del torneo - sono stati premiati dal comitato organizzativo: il portiere Favour Apoutaziem, solo a volte semplice spettatore e autore di alcuni grandi interventi, come miglior portiere, mentre a Victory Iboro il riconoscimento di miglior difensore. Per quanto riguarda Arierhi, Ayodele e Ogundare, forze trainanti di una formazione che ha letteralmente superato i limiti, non c’è da stupirsi che le loro prestazioni abbiano attirato l’attenzione di tanti osservatori.
La storia del Centre National Brazzaville
Parlare della squadra sconfitta, il Centre National Brazzaville, non è solo per vacuo “onore ai vinti”, come si dice, quanto piuttosto per rendere omaggio a una storia molto particolare, a partire dalla guida tecnica italiana della squadra. Dalla Brianza nello specifico, dove è nato e cresciuto - anche calcisticamente - quel Fabrizio Cesana che nelle ultime settimane abbiamo visto nei panni di allenatore del Brazzaville, ma che nella vita ormai da dieci anni si occupa di dare un futuro al movimento di un intero Paese, la Repubblica del Congo (ex Congo francese).
Il Centre National Brazzaville è una selezione dei migliori giovani del centro tecnico federale dello Stato dell’Africa Centrale. Un po’ come se da Coverciano venisse spedita una rappresentativa con i ragazzi più promettenti, insomma. A mettersi in mostra sono stati soprattutto Digne Pounga, centrocampista premiato con il Golden Boy, e Declan Rayan Moussavou, tra gli attaccanti più prolifici dell’edizione corrente con cinque reti segnate, incluso il gol decisivo nella semifinale contro il Mavlon (1-0). Ad Alex Lebo, invece, è stato consegnato il premio Gianluca Signorini, che spetta al miglior difensore della finale.
Il percorso verso la finale è iniziato in maniera morbida, con l’8-0 rifilato all’UYSS New York (che ha chiuso il girone con 0 gol segnati e 18 subiti) nella gara d’esordio, ma da quel momento è stato decisamente adrenalinico. Anche, loro malgrado, per i tifosi delle “nostre” squadre: dopo il ripescaggio tra le migliori terze, infatti, sono arrivate la rimonta contro il Sassuolo (2-1) e poi nei quarti l’eliminazione ai rigori della Rappresentativa Serie D.
Con il “cucchiaio” di Vincenzo Lettieri (esterno offensivo del Gozzano di proprietà dell’Empoli) parato da Chelcy Bonazebi inizia la festa dei congolesi.
E così nella prima finale di sempre senza italiane, curiosamente, è stata una squadra congolese a fare gli onori "di casa", per via dello staff tecnico quasi completamente italiano. Non solo il già citato allenatore, Fabrizio Cesana, ma anche il figlio Lorenzo (nello staff) e il team manager Roberto Venturini; e dietro le quinte, Brianza Sport & Salute e la Polisportiva Moving, che da oltre tre anni collaborano con il Centre National Brazzaville - grazie ai legami di vecchia data di Cesana con Rudy Malberti e Peppo Sala - per la fornitura di medicinali, dispositivi medici, acqua e attrezzatura.
La connessione tra Italia e Congo ha preso forma nel 2013, quando il tecnico brianzolo aveva appena ottenuto l’abilitazione da allenatore professionista di prima categoria-UEFA PRO, a Coverciano. Terminata nel ’92 la carriera da calciatore (in Serie D), le sue prime esperienze in panchina erano state con le giovanili di Novedrate e Meda, e poi con le prime squadre di Vis Nova Giussano, Pro Lissone, Seregno, Caratese, Caronnese e Ponte San Pietro. Superato l’esame per il patentino, poi, è arrivata quella che a tutti gli effetti è stata un'occasione della vita. Non solo per l’incarico di vice allenatore delle nazionali giovanili congolesi (Under 17 e Under 20), affidate quell’estate a Paolo Berrettini; ma anche, a posteriori, per l’impatto che avrà sulla stessa vita di Cesana. Il tempo di consegnare la tesi a Coverciano - non a caso uno studio della struttura e della programmazione dei settori giovanili europei - e si sarebbe trasferito a Brazzaville, che da allora è la sua casa.
Per Berrettini il continente africano non era una novità. Dopo quasi un decennio sulle panchine dell’Italia Under 16, Under 19 e Under 20, nel 2006 aveva preso le redini del settore giovanile dell’A.S.C. De Camberene, seconda divisione senegalese (le vie del calcio sono infinite). È tornato dalle nostre parti per i tornei di Viareggio del 2007 e del 2008, in cui ha raccolto un “bottino” di zero vittorie, zero pareggi e sei sconfitte (altri tempi), passando alla cronaca più che altro per la fuga di sei ragazzi minorenni.
«La vera avventura è cominciata nel 2014», ha spiegato in un’intervista di qualche anno fa «quando ho firmato un triennale con il Ministero dello Sport per allenare e selezionare la Nazionale Under 17 e Under 20 della Repubblica del Congo». In Senegal, a Dakar, ci tornerà tre anni più tardi e fonderà l’Academie Football Club Baobab; non prima, però, di aver ottenuto la prima storica qualificazione alla Coppa d’Africa Under 20, raggiungendo anche i quarti di finale. «È stata dura», continua Berrettini «Non avendo in Congo settori giovanili sono dovuto andare di villaggio in villaggio per scovare calciatori. A livello tattico erano anarchici, dal punto di vista alimentare non abituati a seguire una dieta da atleti, era tutto molto difficile. Io venivo criticato, essendo l’unico allenatore italiano in una colonia francese volevano che tornassi a casa. Poi sono arrivati i primi risultati e le cose sono cambiate: la fiducia e il rispetto nei miei confronti sono aumentati, e oggi tutti mi vogliono un gran bene».
Nel 2013 e nel 2014 la sua Under 17 si è fatta vedere, indovinate un po’, a Viareggio, ma ancora con risultati ben lontani dagli standard attuali: un punto al primo giro (contro il Milan), tre sconfitte al secondo. Al di là delle gite in Versilia, però, a Brazzaville le radici italiane sono andate sempre più in profondità col passare degli anni. Anche dopo la partenza di Berrettini, nel 2017, con il contestuale passaggio di Cesana in cabina di regia. Fino a diventare, di fatto, l’architetto del futuro calcistico del Paese. Il progetto lo ha coinvolto tanto sui campi dei centri federali, nella capitale, quanto nelle strade, nei campetti e nelle scuole delle regioni più remote. «Nella Repubblica del Congo il calcio è di fatto lo sport nazionale, ci sono ragazzini che rincorrono una palla ovunque nei vari villaggi, spesso giocando a piedi nudi. Il mio compito è scovare i più promettenti e portarli nel centro di formazione a Brazzaville, una struttura che ospita centinaia di ragazzi tra i 14 e 17 anni di età, ai quali viene fornita tutta l’assistenza necessaria per portare avanti il loro sogno di diventare calciatori professionisti».
Il lavoro, nel tempo, sta dando i suoi frutti. La crescita del movimento congolese - passato ancora una volta in Italia nel 2019, per la Coppa Quarenghi - è testimoniata dagli ottimi risultati dell’anno scorso: i quarti di finale raggiunti nella Coppa d’Africa sia dall’Under 17 sia dall’Under 20. Un sigillo di qualità per la struttura plasmata da Cesana, ma anche un’anticipazione di quanto accaduto nelle scorse settimane. A Viareggio si è presentata una rosa composta interamente da giocatori sotto età, che ha superato le aspettative più rosee raggiungendo la finale. Le speranze si sono ridotte a un lumicino al 26esimo, quando il Brazzaville ha incassato lo 0-2 con lo sfortunato, goffo (e di kompanyana memoria) autogol di Christian Mafoulou.
Mai come nel calcio giovanile, però, il percorso è più importante dell'approdo. E dietro questo percorso, nei racconti dello stesso allenatore, c'è l’enorme passione per il gioco che ha trovato in Congo. «Capita spesso, andando nei vari territori, che mi ritrovi centinaia di ragazzi ai provini, e molti di loro si sono fatti ore e ore di cammino a piedi per arrivare fin lì. C’è un grande impegno, vedo dei sacrifici per giocare a calcio che sono semplicemente inconcepibili in Europa. Al centro di formazione abbiamo ragazzi che quotidianamente si sciroppano sette, otto chilometri a piedi, sotto il sole cocente, per venire all’allenamento».
Insomma, sarebbe superficiale sminuire le imprese di queste squadre, soprattutto alla luce dei numerosi mutamenti che il torneo ha attraversato in quest'ultima edizione, relegarle a successo vuoto in una competizione snaturata che non ha più nulla da dire. Le storie del Beyond Limits o del Centre National Brazzaville, al contrario, rinfrescano la storia di un torneo storico, che potrebbe avere ancora un futuro radioso. Pazienza se non è più il Viareggio di una volta, se la tradizione delle grandi squadre italiane sembra ridimensionata, se in definitiva le cose cambiano. D'altra parte, come potrebbe guardare al passato un torneo giovanile? Alla fine Viareggio non significa “big”, media, tradizione. Viareggio è, e resterà, il torneo della gioventù, da qualunque angolo del mondo essa provenga.