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Anche il torneo di Roma ha un problema con gli scommettitori molesti
13 mag 2025
Analisi di un fenomeno in espansione.
(articolo)
10 min
(copertina)
Foto di Andrea Staccioli / Imago
(copertina) Foto di Andrea Staccioli / Imago
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La partita è così bella che dallo stadio centrale salgono su in cima, fino agli ultimi posti, per affacciarsi e dare un’occhiata ai tennisti piccoli piccoli che si scambiano una palla invisibile. Il Pietrangeli è una bolgia. La fila per provare a entrare si allunga diversi metri oltre il campo e le persone attendono anche senza speranze di poter entrare.

Dentro giocano Corentin Moutet e Holger Rune, una partita trascinatasi fino al terzo set seguendo le bizze mentali di Rune, appannato fisicamente e mandato fuori fuoco dal gioco irregolare di Moutet. Sugli spalti c’è un tifo da Coppa Davis. Ci sono almeno tre diversi cori per ciascun giocatore dopo ogni punto. Il Pietrangeli tende storicamente a diventare un’arena molto calda, unica nel calendario tennistico, e soprattutto a empatizzare con degli underdog assoluti come è in quel momento Moutet - tennista che non arriva al metro e 80 con un servizio da circolo - che infatti è il più tifato tra i due. Mettiamoci poi che la partita è incredibile, ricca di colpi di scena e cambi di punteggio, e allora il tifo può essere radicale.

Eppure c’è qualcosa in più. C’è un’energia che non è del tutto spiegabile e che si mescola ai fattori che abbiamo appena descritto. Le grida arrivano in prossimità del servizio, si fischia fra la prima e la seconda e il tifo, insomma, sembra un po’ troppo estremo anche per gli standard del Pietrangeli. Allora viene il sospetto che in tribuna non ci siano solo semplici tifosi e appassionati di tennis, ma persone che hanno scommesso sulla partita e nutrono interessi economici verso quello spettacolo.

Se ne sta parlando tanto in questi giorni, agli Internazionali, ed è forse questa una delle conseguenze più frustranti del fenomeno: è difficile distinguere un pubblico genuinamente entusiasta per il tennis da uno a cui della partita non interessa niente, se non per interessi personali.

Chi è stato a Roma in questi giorni ha imparato a riconoscerli. Gruppetti di maschi tra i 20 e i 40 anni sparsi sugli spalti che parlano dei match in termini di quote, che hanno scommesso sulla lunghezza della partita o dei set o sul numero dei game giocati; che talvolta scommettono su cose così specifiche che è difficile anche capire di cosa stiano parlando; che altre volte fanno, semplicemente, un tifo sfacciato per uno dei due tennisti, più spesso lo sfavorito, quello con la quota meglio pagata.

Una scena a cui ho assistito qualche giorno fa: uno scommettitore riesce a sedersi sul Pietrangeli, mentre il suo amico rimane bloccato in fila, allora si scambiano informazioni gridando tra un punto e l’altro, per lo più numeri: “due, sette, cinque”, “no, aspetta”, “due, nove, cinque”, “aspetta”, “aspetta”, “ok, mandala”. I più estremi di loro non si accontentano di questo. Si siedono invece in prima fila, sul lato corto degli impianti, per poter avere accesso diretto all’orecchio dei giocatori. Si mettono lì e non si limitano a tifare: cercano di condizionare direttamente la partita, di turbarne lo svolgimento. Insultano i tennisti, parlano nel momento in cui stanno caricando il servizio, cercano di provocarli. L’etichetta di silenzio durante il gioco - una convenzione storica del tennis - rende ancora più moleste questi comportamenti.

I casi sono stati diversi in questi giorni, il primo durante l’incontro fra Taberner e Popyrin, con un pubblico decisamente aggressivo. Non si può dire con certezza che si trattasse di scommettitori, ma al contempo non fare questa supposizione significherebbe davvero far finta di niente. Giudicate anche voi da questo video.

Durante il bellissimo match fra Nardi e De Minaur il tennista australiano ha dovuto fermarsi, appena prima di servire la seconda di servizio, per redarguire le due persone che dietro di lui continuavano a disturbarlo. È dovuto scendere dalla sedia anche il giudice arbitro, minacciando di cacciare dallo stadio l’individuo in questione. L’idea era far sbagliare il tennista contro cui si è giocato, peggiorarne la performance, e questa è chiaramente la differenza grande tra una situazione accettabile e una inaccettabile, che non pensavamo avremmo visto in un torneo importante come Roma. Ricordiamo che col recente status di “Supermille” stiamo parlando di uno dei sei o sette più prestigiosi tornei al mondo.

Ho assistito a uno sguarnito serale tra Opelka e Tien e la SuperTennis Arena sembrava un ippodromo. Anzi, una versione parodistica di un ippodromo, che può essere anche un luogo ben più signorile. Sullo stesso campo è successo un altro episodio nella partita di Jakub Mensik contro Fabian Maroszan. Anche in questo caso il tennista ha dovuto fermarsi per battibeccare con degli spettatori che continuavano a disturbarlo. Non troppo curiosamente, sembrano esseri umani tutti molto simili: giovani maschi con un abbigliamento street, vagamente gangster, che hanno sempre lo smartphone in mano e una power bank nel borsello.

Non è certo solo un problema esclusivo della SuperTennis Arena o del tennis maschile. Anche Clara Tauson, nella partita contro Mirra Andreeva, ha dovuto mettersi a litigare con qualcuno che aveva esultato sguaiatamente a un suo doppio fallo. Nella sua partita contro Sebastian Korda sulla Grand Stand Arena, Jaume Munar continuava a essere insultato. Grida, fischi e anche un «maledetto spagnolo» che si è sentito distintamente. Per la prima volta la sicurezza del torneo ha preso provvedimenti e scortato l’individuo fuori dallo stadio in un coro di «scemo scemo» provenienti del resto del pubblico.

Di certo il danno di immagine per il torneo è grande. È una situazione che sta innervosendo i giocatori, ma anche il pubblico internazionale che sui social si sta interrogando su cosa stia succedendo col pubblico di Roma. È stato costretto a intervenire anche il direttore del torneo, Paolo Lorenzi, con un comunicato in cui promette che "(…) La nostra Federazione implementerà ulteriormente i controlli già in essere, fornendo tutto il supporto alle forze dell’ordine e all’ATP affinché episodi come quelli segnalati non si ripetano".

Gli appassionati chiedono provvedimenti, ma non è una situazione semplice da gestire. Sono persone che hanno spesso un atteggiamento sfidante e il rischio di far scivolare l’evento nel caos è concreto. Esiste in teoria una squadra anti-betting ATP e WTA in ogni torneo ma è complesso, appunto, farli intervenire. Intervistato nel podcast Doppio Misto, Jacopo Berrettini ha auspicato soprattutto un cambiamento culturale, visto che non sarebbe bello arrivare al punto di dover far intervenire ufficiali della polizia in un torneo. Una pratica che comincia a vedersi in qualche torneo.

Al Challenger di Napoli Jacopo Berrettini è stato protagonista di una scena straziante. Disturbato durante il tiebreak decisivo contro Giovanni Fonio, ha spaccato la racchetta a terra dopo la sconfitta. L’anno prima, sempre a Napoli, la vittima era stata Raul Brancaccio, che in quanto giocatore di casa ha sofferto in modo particolare l’abuso psicologico.

Nonostante qualcuno abbia provato a circoscrivere il fenomeno al torneo di Napoli, al Challenger di Monza si sono verificate situazioni simili. E del resto non è nemmeno un problema esclusivamente italiano. Al Challenger di Madrid Norbert Gombos si è arrampicato sugli spalti per litigare con un gruppo di ragazzi che continuavano molestarlo durante il gioco.

Il problema delle scommesse nel tennis è grande e conclamato. Stiamo parlando del terzo sport più scommesso al mondo, dopo il calcio e le corse dei cavalli. I tennisti e le tenniste ricevono spesso abusi online da parte degli scommettitori, e dal 2014 la WTA ha fatto partire un’iniziativa per provare a proteggere le giocatrici dagli abusi online, che il più delle volte riguardano appunto scommettitori frustrati. In un post sui social Caroline Garcia fa notare che l’esistenza dei social media ha aumentato l’accesso ai giocatori, e dunque anche questo tipo di comportamenti: «Diventano aggressivi, ti minacciano. Il più delle volte dopo una sconfitta, ma a volte anche dopo una vittoria». Nel 2017 il tennista Stefano Napolitano ha denunciato alla polizia postale un utente che era arrivato a minacciarlo di morte dopo una sconfitta.

Il tennis è uno sport fortemente piramidale, e più si scende in questa piramide e più naturalmente la situazione si fa critica. Ho sentito per questo articolo Teo Filippo Cremonini, speaker di Un podcast sul tennis, dedicato soprattutto al circuito Challenger: «A livello Challenger ma soprattutto circuito ITF a vedere le partite ci sono poche persone. Quando hai davanti 20 persone a disturbarti in un campo con 20 spettatori non è sempre facile mantenere il controllo». Gli scommettitori vanno lì soprattutto per scommettere live: chi vince questo set? Chi vince questo game? Chi vince questo punto? Quest’ultima scommessa sarebbe tecnicamente illegale per chi è presente nei tornei, ma secondo Cremonini non è difficile aggirare la geolocalizzazione dei siti di scommesse che dovrebbe bloccare alcuni tipi di puntate. È il fenomeno del "microbetting", che è quello più disturbante per i tennisti.

Chi sta seguendo la vicenda degli scommettitori molesti a Roma può farsi l’idea che tutti gli Internazionali siano diventati un gigantesco ippodromo. In realtà si tratta di una parte residua del pubblico, che però nelle partite con meno spettatori diventa particolarmente evidente e chiassosa. Soprattutto, è una parte in costante crescita. È un fenomeno che esiste da almeno un paio d’anni ma che in questa edizione ha visto una notevole crescita. Per ogni scommettitore rumoroso che sentiamo e vediamo, quanti ce ne sono presenti allo stadio? È un fenomeno legale, direte voi. Certo, ma ha un costo sociale.

Negli ultimi anni quella delle scommesse sportive non è solo un’industria estremamente remunerativa, ma è ormai una cultura. Non è un caso che questi esseri umani si somiglino tutti: condividono un linguaggio, dei codici estetici, uno stile di vita, una postura verso il mondo.

È particolarmente evidente negli Stati Uniti, dove il problema sta raggiungendo proporzioni mostruose. Spesso colleghiamo il mondo del betting sportivo a quello del gioco d’azzardo - e quindi dei casinò, del poker online. È certamente un prodotto di quel mondo, ma ne è l’evoluzione successiva, che si avvicina anche sinistramente al mondo del trading e dei broker finanziari. Come fa notare un recente articolo di The Current Affairs, dalla pandemia è emerso un certo tipo di sottocultura, formata da maschi bianchi in fissa con la speculazione finanziaria, le criptovalute e, appunto, le scommesse sportive. Al vertice di questa piramide ci sono talvolta laureati in matematica o in scienze dure, che usano le proprie competenze per arricchirsi in queste economie.

Il fatto che stiamo parlando di una cultura sempre più significativa ce lo dimostra l’importanza che negli Stati Uniti stanno prendendo Dave Portnoy e il suo sito, Barstool Sports, diventato sempre più importante nel panorama dei media americani. Anche in Italia, come sapete, cominciano a emergere influencer legati al mondo delle scommesse, i famigerati tipster. Dai loro seguitissimi canali Telegram negli scorsi giorni è stata diffusa la notizia, rivelatasi poi falsa, che uno spettatore avesse finto un malore durante il match De Minaur-Dellien apposta per allungare il set e vincere una scommessa. Piuttosto che scandalizzarci di fronte a chi ha abboccato alla notizia, dovremmo chiederci quanto siamo lontani da un universo in cui una cosa del genere possa succedere. I casi più estremi e squallidi che stiamo osservando in questi giorni a Roma sono la conseguenza della sempre maggiore diffusione e legittimazione non solo di una pratica ma di un universo culturale. Voler separare i due fenomeni, parlando magari di “mele marce”, significherebbe non capire l'estensione del fenomeno.

I tipster vengono invitati ai tornei, magari dai brand in cerca di pubblicità, e un anno fa si è verificato anche il caso assurdo di uno scommettitore invitato direttamente da un giocatore, Holger Rune, durante il torneo di Montecarlo. Allora dovremmo capire bene dove indirizzare la nostra indignazione.

Nel frattempo le due maggiori associazioni che gestiscono il tennis stringono accordi espliciti con le agenzie di scommesse. La ATP ha sancito un accordo di cinque anni con SportRadar per la fornitura di dati e i diritti per lo streaming; la WTA ha invece un accordo con FanDuel. Due anni fa Djokovic aveva sollevato il problema dell'ipocrisia di un sistema che non permette ai giocatori di sponsorizzare siti di scommesse e aveva proposto che una parte dei proventi andasse a loro. Un modo anche per contenere il fenomeno delle partite truccate. Nei comunicati di ATP e WTA riguardo questi accordi si comunicano scopi chiari: migliorare l’engagement degli spettatori, fornire un’esperienza sportiva più completa.

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