Nella vita - a parte rarissimi casi - non si può scegliere razionalmente quando provare amore e quando avere paura. Se ti cade il respiro a terra dalla tensione, questo accade senza che si possano trovare antidoti alla passione. Può succedere per una partita di calcio, per un concerto, per un tramonto sul mare, per il finale di un libro. Può accadere il giorno di ferragosto al Palio di Fermo mentre il fantino Alessandro Fiori in sella a Diamante Prezioso saluta la tribuna della contrada Pila dopo quarant’anni di sconfitte consecutive.
Fiori saluta i contradaioli prima di tagliare il traguardo (foto di Andrea Minnucci).
La prima volta che mi sono seduto sugli spalti in mezzo alle bandiere di Pila ho provato imbarazzo e commozione. Per l’abbraccio del cielo dipinto dai fazzolettoni biancocelesti; per la stretta dei ragazzi e delle ragazze all’ombra del Mascherone, il loro storico simbolo: per la scelta - obbligata - di passare ogni giorno di ferragosto qui insieme a una persona che Pila ce l’ha scritto nell’anima; per i sentimenti che si possono toccare, una pasta di emozione e nostalgia che sinceramente stringe il cuore. Mi sono sentito contemporaneamente al posto giusto e in un luogo in cui non meritavo di stare. Sono le coordinate esatte dell’appartenenza, vista un passo di lato, imparata da chi la vive sulla propria pelle senza alcuna possibilità di remissione.
La Cavalcata dell’Assunta - il nome ufficiale che quasi nessuno utilizza - è una corsa che contiene amori sconfinati e dolori, rivalità, fratellanza, goliardia, diplomazia, tensione, denaro, grida, pianti, gioia. Per la contrada Pila ha significato soprattutto un’attesa snervante in piedi dal 1982, quarant’anni senza vittorie che l’hanno resa praticamente la Nonna d’Italia dietro solo alla Contrada Ferruzza che al Palio di Fucecchio insegue una vittoria dal 1981. Tutto questo fino al 15 agosto 2023, una data che in tanti a Fermo terranno marchiata sulla pelle per sempre, anche fuor di metafora.
I contradaioli di Pila in festa (foto di Andrea Minnucci).
La tratta dei barberi - sabato 12 agosto
Poco prima delle ore 20 di sabato 12 agosto, Francesco Catini esce dalla sede di Pila sotto l’arco di Via Brunforte. È il priore della contrada e quando si affaccia sulla strada già vestito per la rievocazione storica è commosso fino alle lacrime. Questo probabilmente sarà il suo ultimo palio dopo sette anni di impegno e fatica a tenere in equilibrio una vita da operaio in fabbrica con tutti gli impegni che richiede questo ruolo. Il pianto accompagna la tensione del momento visto che mancano pochi minuti alla tratta dei barberi con l’assegnazione dei cavalli. Il corteo che sta per partire è composto nella sua totalità da un gruppo di ragazze e ragazzi che non hanno mai visto vincere un palio.
La prima riedizione della Cavalcata si è corsa nel 1982 con un tracciato rettilineo e completamente sull’asfalto. È stata questa l’unica volta in cui Pila ha scritto il suo nome nell’albo d’oro con la fantina Rosita Quintili in sella a Miseno. Una sua foto dai colori pastello campeggia nel piccolo museo allestito con i trofei biancocelesti. Sembra un altare ed è destinato a rimanere desolato ancora per pochi giorni ma questo ancora nessuno può saperlo. Al tempo di quell’unico trionfo non era ancora nato Francesco Matteo Paoloni, il ragazzo stritolato dall’abbraccio di tutti dopo essere stato scelto come fortunello. Nella tradizione, mutuata dal Palio di Siena, è lui a dover custodire con cura e attenzione il frustino da consegnare al fantino ingaggiato da Pila. Ma è lui anche a doversi impegnare per far arrivare sul Mascherone tutta la buona sorte che serve per vincere un palio. Qualcuno, al tramonto del 15 agosto, quando da questo momento sembra passata una vita intera, dirà che «più che un fortunello, è stato un fortunatissimo!».
Il popolo di Pila fa il suo ingresso in piazza dopo un lungo corteo in salita accompagnato da canti tradizionali e cori colorati da una modesta dose di fumogeni e qualche tamburo che fa uscire gli abitanti del centro storico dalle finestre. Dentro Piazza del Popolo, la contrada ha un suo posto riservato che nessuno si azzarda a occupare. È qui che comincia la tensione, è in questo esatto istante che si può individuare il vero e proprio inizio di tutto. Nel 2023 al bando per il Palio di Fermo potevano iscriversi cavalli anglo arabi dai 4 ai 12 anni pronti a misurarsi su un percorso lungo 850 metri in leggera salita con l’asfalto ricoperto da sabbia. La partenza è al canapo e le contrade vengono divise in due batterie da cinque: passano le prime due di ogni batteria più la contrada che vince il sorteggio tra le terze classificate. A guidare l’albo d’oro sono la contrada di San Bartolomeo e Torre di Palme che hanno trionfato sei volte; poi ci sono Capodarco e Campiglione con cinque; Campolege, Fiorenza, Molini Girola sono ferme a quattro; segue Castello con tre, San Martino con due a appunto Pila con solo una vittoria.
Uno dei numerosi cortei dei contradaioli di Pila (foto di Andrea Minnucci).
Circolano fogli, pizzini, note sul telefono, schermate con i nomi dei cavalli scritti in ordine dal migliore al peggiore. Tutti hanno sentito qualcosa, letto, capito, intuito e il bombolone deputato è Audace da Clodia della scuderia Muzzi ma a Pila sono sicuri di non pescarlo. «Semo troppo sfigati», dice una ragazza vestita con maglia, fazzolettone e cappello della contrada. È lei uno dei simboli perfetti per provare a descrivere cos’è Pila, un luogo che oscilla costantemente tra un entusiasmo impareggiabile e un pessimismo cosmico insegnato a forza da quarant’anni di sconfitte. L’urna come sempre non accompagna le speranze perché Audace da Clodia tocca in sorte a Fiorenza mentre per Pila c’è Diamante Prezioso della scuderia Tobra, un cavallo all’esordio al Palio di Fermo. Non c’è un solo sguardo che sia felice fino a che sul gruppo Whatsapp ufficiale della contrada non arriva la chiamata alle armi «Venite tutti a salutare il cavallo». Perché se il fantino viene sempre guardato con sospetto dal primo all’ultimo minuto - è un uomo, può essere comprato e anche qui vive l’essenza del palio - il cavallo viene rispettato, amato e spesso divinizzato sopra ogni cosa. Per questo al Foro del Mascherone di Santa Caterina - una stalla costruita dalla contrada alcuni anni fa - vanno tutti e ci rimangono fino all’una di notte anche se il box è all’avanguardia e può contare su un sistema di videosorveglianza sempre attivo.
La mattina dopo in città ma anche sull’intero lungomare di Porto San Giorgio si rincorrono chiacchiere e leggende su Diamante Prezioso. L’episodio più affascinante riguarda un foglio bagnato e quasi illeggibile che è stato ritrovato dai proprietari di un ristorante che si affaccia su Piazza del Popolo: accanto a ogni cavallo, la grafia incerta riporta laconici commenti e Diamante Prezioso è battezzato da «Buona schiena» mentre per tutti gli altri si trovano solo punti deboli. Basta questa piccola scintilla di magia per accendere un fuoco forse immotivato ma che divampa ormai senza controllo.
La cena di contrada - domenica 13 agosto
La presentazione ufficiale del fantino avviene in occasione della cena di contrada. Nella salita di Via Brunforte ci sono quasi seicento persone, numeri ancora lontani da quelli delle contrade di Siena ma che c’entrano poco o nulla con Fermo dove solitamente ci si ferma anche sotto la metà. Si canta, si mangia, si beve e fa il suo ingresso sotto l’arco Alessandro Fiori vestito con la giubba lucente di biancoceleste.
Fiori è nato a Sassari nel 1989 e prima di diventare fantino ha anche giocato a calcio arrivando a sostenere qualche provino con Juventus e Cagliari. È giunto a Fermo dopo aver vinto il Palio di Buti a gennaio e quello che colpisce, soprattutto all’inizio, è il suo grande distacco. I commensali gli dedicano cori, lo cercano con lo sguardo, provano a scuoterlo ma lui rimane seduto al posto affidando le sue emozioni a un discorso stringato e quasi di circostanza che non voleva nemmeno pronunciare. Anche questo è uno dei piccoli dettagli che costruiranno la vittoria del 15 agosto. Fiori è concentrato, i suoi cinquantuno chilogrammi di peso sono tutti bilanciati verso la vittoria, e non sembra avere né il tempo e né l’energia per fare altro. Segue una dieta ferrea e rifiuta gentilmente anche il brindisi di rito. Si scioglierà solo dopo la corsa, in un pianto liberatorio e paradossale per un ruolo, quello del fantino, che solitamente lascia ben poco spazio ai sentimenti.
Il fantino Alessandro Fiori vestito con la giubba di Pila (foto di Andrea Minnucci).
Alla fine della cena prende la parola James Marcaccio, la guida del Gruppo Corsa all’interno della contrada che nella vita è responsabile di un negozio di abbigliamento sportivo. La sua non è la chiamata alle armi trionfale e sensazionalistica che ci si aspetterebbe ma un discorso molto misurato. «Abbiamo lavorato tanto per il Palio. Rimaniamo equilibrati ma allo stesso tempo godiamoci questi giorni e cerchiamo di viverli al massimo. C’è bisogno di ognuno di noi». James guida un gruppo di persone che durante l’anno gira l’Italia per vedere più palii possibile e quando non ci riesce si affida allo streaming. Ogni settimana ci sono riunioni, direttivi, telefonate ai fantini amici e alle scuderie, ognuno sacrifica il proprio tempo libero per una corsa che dura un minuto e pochi secondi.
Il gran cerimoniere della festa invece è Pierpaolo Paoloni, 31 anni, laureato alla Bocconi, una vita tra Milano, Bologna e Roma prima di tornare a casa a Fermo. Nel 2017 ha scritto l’inno della Pila che intona in ogni occasione ufficiale e che canterà anche la sera di ferragosto dopo che i contradaioli hanno impiegato poco tempo per sfrattare dal palco una band ingaggiata per intrattenere i fermani la sera di ferragosto in piazza. Né il frontman e né il bassista hanno capito cosa stava succedendo ma l’unica cosa da fare è stata lasciare campo libero a lui e a tutta la gioia incontenibile. Alla fine della cena, è Pierpaolo che annuncia lo spettacolo pirotecnico, i fuochi d’artificio salgono in aria luminosi, esattamente come le grandi speranze di tutti i contradaioli.
La benedizione del cavallo - lunedì 14 agosto
Nel tardo pomeriggio della vigilia di Ferragosto, centinaia di persone hanno rinunciato a uno degli ultimi aperitivi al mare per stare ancora una volta vicini a Diamante Prezioso, il cavallo che la sorte ha assegnato a Pila. Tocca a Don Sergio, il parroco di Santa Caterina, benedire il barbero che strizza gli occhi e un po’ si innervosisce per l’acqua benedetta finita sul muso. Il prete la sera di ferragosto l’ha anche ammesso candidamente. «Dopo la benedizione di lunedì sono entrato in macchina e ho chiesto alla Madonna di far vincere il Palio a tutti questi ragazzi». Solitamente dopo la benedizione il cavallo viene mostrato ai contradaioli con qualche sgambata. Addirittura nel 2022 furono provate diverse partenze al canapo per abituare un barbero un po’ agitato. Quest’anno invece Fiori - in accordo con la scuderia e il Gruppo Corsa - sembra voler tenere nascosto Diamante Prezioso e così si concede solo per qualche passeggiata. Il cavallo si è sciolto di prima mattina, lontano dagli sguardi di tutti, un altro piccolo tassello utile a capire che Diamante Prezioso ha iniziato subito a far intuire la sua classe.
Al termine del corteo storico serale, il sindaco Paolo Calcinaro estrae le batterie e Pila si guadagna il posto nella seconda, lontano dalle favorite Fiorenza e San Bartolomeo. «Il Comune di Fermo spende circa 150mila euro per organizzare la corsa e tutte le attività correlate. Seppur si possa ancora migliorare dal punto di vista turistico e promozionale, l’investimento rende Fermo una città viva tutto l’anno. Le contrade sono centri di aggregazione, di cultura, di sport e sono un presidio fondamentale per bambini e ragazzi ma non solo». Calcinaro è al suo ottavo palio da primo cittadino ma sembra vivere ancora tutto con grande trasporto emotivo. «Nella mia vita da fermano ho saltato solo due palii: uno perché avevo la febbre a quaranta, l’altro perché la Fermana era appena stata promossa in Serie B per la prima volta e il 15 agosto giocava la prima partita di Coppa Italia a Como. L’unica sabbia che conosciamo a ferragosto è quella del tracciato», mi spiega al telefono. Ha ragione, come ha ragione una delle più celebri maglie dei contradaioli di Pila che recita Ogni maledetto ferragosto.
Il Palio - domenica 15 agosto
«Vi ricordo che siamo all’interno della nostra chiesa madre, vi prego di tenere un comportamento consono alla situazione», viene annunciato all’interno del Duomo di Fermo quando da poco sono passate le venti. Dentro sta accadendo qualcosa di un po’ più rumoroso di una messa con centinaia di contradaioli di Pila ad adorare il Palio appena vinto e a cantare sull’altare. Non c’è cattedrale che possa contenere questa gioia: attesa, pura, liberatoria, del tutto inaspettata. Cantano i ragazzi, i bambini con i genitori, gli anziani, canta anche chi non è nato a Santa Caterina ma ci è arrivato grazie a un fidanzato o a una fidanzata. La vittoria di Pila ha il potere di essere ecumenica perché di tutti ma anche esclusiva. Una soddisfazione così può appartenere fino in fondo solo a chi ha perso per quaranta volte senza scomporsi. «Questa vittoria significa liberazione, felicità, commozione ma anche un grande sapore di vuoto - mi spiega Pierpaolo Paoloni sudato dappertutto - perché credo che un po’ di questa magia adesso svanirà. Abbiamo trovato l’appartenenza nella sconfitta, nell’esserci nonostante tutto e adesso forse abbiamo smarrito il senso della nostra esistenza». C’è una grande onestà in questo, una presa di coscienza malinconica che però sembra soffocare subito dopo il prossimo coro e il prossimo corteo.
La festa di Pila all’interno del Duomo di Fermo (foto di Andrea Minnucci).
La vittoria è stato un trionfo dominato, il combinato disposto di quello che deve funzionare per vincere un palio. In primo luogo Diamante Prezioso, un cavallo che al canapo ha mostrato la tranquillità di un veterano e sul percorso ha sprigionato la freschezza atletica di un esordiente. Ha stradominato la batteria arrivando primo di due o tre lunghezze con tutti i contradaioli che oscillavano tra la gioia di quella prestazione e la paura di rimanere delusi da un’altra finale maledetta. Ha vinto in scioltezza anche la finale conducendo dalla partenza fino al traguardo. Poi c'è Alessandro Fiori, condottiero velocissimo, abile nelle curve del tracciato e feroce nella voglia di vincere; infine la sorte, per una volta, perché Pila ha vinto la batteria per merito ma anche grazie a un sorteggio che le ha allontanato le due favorite. A tenere tutto insieme la fondamentale capacità della contrada di fare il palio. Pila è arrivata in finale forte di una grande batteria e ha trattato come doveva. Vincere un Palio è anche - e soprattutto - questione di diplomazia, rapporti, e denaro. Per spuntarla a Fermo serve investire al momento della mossa, esattamente come in ogni altro palio. Poi è necessaria la potenza di fuoco e quella deve vivere nella gambe del cavallo e nel coraggio del fantino. Per quello visto a Fermo, Diamante Prezioso è un fuoriclasse e Fiori anche, fiero di salutare gli spalti affollati di contradaioli che come sempre hanno monopolizzato la tribuna dopo l’ultimo curvone.
Diamante Prezioso esce dall’ultimo curvone prima del traguardo (foto di Andrea Minnucci).
L’invasione biancoceleste del tracciato è cominciata quando ancora i cavalli non erano arrivati al traguardo. Sono iniziati così i festeggiamenti che hanno preso la notte e la mattina, e poi ancora una notte con altri fuochi d’artificio, cortei su cortei, in auto a salutare beffardamente le sedi delle altre contrade e a piedi a invadere pacificamente il mercato di piazza del giovedì sera. La gioia di Pila non vuole finire e nel suo essere eccessiva ha il pregio di diventare identitaria senza escludere. È una felicità che non va contro a nessuno ma è ripiegata trionfalmente su dieci, venti, trenta o quarant’anni di delusioni. Fabio Abbruzzetti, uno dei componenti del Gruppo Corsa che ha ereditato la passione per i colori biancocelesti da suo padre Guglielmo e che ora vive a Milano lavorando nel mondo della moda, aveva incitato i contradaioli a un mese esatto dalla corsa. «La contrada Pila è lieta di invitarvi, il 15 di agosto… alla vittoria del Palio!». Il video di quella cena adesso gira tra i cellulari di tutti, e la profezia che sembrava un gioco dettato dall’euforia contiene qualcosa di profetico.
La provincia è così, trasforma gli scherzi in leggenda e aumenta l’intensità di ogni cosa. Si racconta di un contradaiolo che il giorno del Palio si è fumato sessanta sigarette per la tensione e un altro a cui si sono bloccati i nervi delle mani. Il diciassette di agosto a Fermo non si trova più un quotidiano locale già dalle prime ore del mattino e la sede di Pila - rinnovata a inizio estate - non chiude le sue porte da giorni. Tutti i contradaioli che si incontrano per strada ripetono - e ripeteranno per giorni - «Non è più la nonna», la frase che il cronista Andrea Zanoboni ha urlato nella diretta tv mentre Diamante tagliava il traguardo.
Diamante Prezioso e la sua somiglianza con Miseno (foto di Andrea Minnucci).
Una turista romana in mezzo ai ragazzi di Pila poco prima della seconda batteria camminava a fatica per raggiungere il suo posto.
«Deve essere importante questo paese con tutti i tifosi che ha!», ha detto stravolta ma divertita.
«Siamo solo un quartiere, signora!», gli ha risposto un ragazzo a petto nudo, con gli occhiali scuri a mascherare la tensione.
L’ultimo tocco di magia è sempre per Diamante Prezioso. In molti giurano di aver capito subito che avrebbe vinto dopo avergli visto sul muso una macchia marrone con un rombo bianco in alto e le linee che arrivano fino alle narici. Ne aveva una uguale anche Miseno, il cavallo vincitore nel 1982. Che sia vero o non sia vero conta poco. Il Palio, come la vita, ha bisogno di sogni. Quello della Pila durava da quarant’anni ed è diventato finalmente realtà. La storia adesso sono loro, nessuno si senta escluso.