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Top XI: Liga 2020/21
19 mag 2021
I migliori giocatori del campionato spagnolo, scelti ruolo per ruolo.
(articolo)
15 min
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Negli ultimi anni i club di Liga hanno progressivamente perso potere d'acquisto, i grandi giocatori sono diventati più rari e questo livellamento verso il basso è aumentato dopo il Covid. Con una pandemia in corso, giocando in stadi vuoti, con giocatori in campo una volta ogni tre giorni, senza vera preparazione pre-stagionale, con stipendi dilazionati per la crisi economica, era impossibile chiedere una Liga del livello a cui eravamo abituati a metà anni ‘10.

Difficile trovare squadre che hanno giocato bene per un periodo più lungo di una dozzina di partite. Ci sono stati picchi di rendimento memorabili, e una corsa per il titolo incerta fino all’ultima giornata. Abbiamo scelto gli undici giocatori migliori e li abbiamo schierati in un 4-3-1-2. L'unica accortezza è stata quella di sceglier un massimo di due giocatori per squadra.

Portiere: Jan Oblak (Atlético Madrid)

La Liga assegna ogni anno il premio Zamora al miglior portiere della competizione, in onore al mitico portiere Ricardo Zamora, pioniere del ruolo, ma in questo caso Oblak dovrebbe ricevere anche il premio di MVP, visto che è stato il giocatore col migliore rendimento lungo tutta la stagione.

Storicamente si contano sulle dita d'una mano le stagioni di un portiere così decisivo per la propria squadra. Oblak è stato il motivo principale per cui l’Atlético ha tenuto tanto tempo in vetta pure quando gli attaccanti faticavano a segnare. Non sarà mai un fenomeno col pallone tra i piedi, ma all’Atlético non è un aspetto fondamentale. Ha raggiunto le 100 parate in stagione, come nessuno. E tenuto gli avversari a secco per 18 partite, record stagionale. Ha giocato sempre e l’Atlético non ha mai subito più di 2 gol. Se c’era un punto debole nel suo gioco - se così vogliamo chiamarlo - era che parava pochi calci di rigore. In questa stagione ne ha parati 4 e forzato un altro sul palo. Per Statsbomb i suoi gol salvati sopra la media della Liga sono 8, per capirci quelli di Thibaut Courtois sono 4,9.


Terzino destro: Marcos Llorente (Atlético Madrid)

Non è propriamente un terzino, anzi il suo compagno di squadra Kieran Trippier paradossalmente è stato tra i migliori della competizione quando ha giocato, e ci sarebbero potuti stare altri nomi che giocano in quella zona del campo con continuità, come l’eterno Jesus Navas col Siviglia o il brasiliano Emerson del Betis. Però inserire qui Llorente serve proprio per mostrare la sua incredibile stagione: doppia cifra in gol e assist con una flessibilità assoluta di zone di impiego. Simeone ha trovato la scorsa stagione in Llorente un’arma tattica fondamentale per il suo sistema grazie alla scoperta del suo intuito per gli inserimenti in area e all’infinito sforzo fisico che è in grado di mettere in campo. In questa stagione ha sfruttato appieno la sua pedina, portando Llorente a giocare in ogni altezza del campo nel versante destro dello schieramento dell’Atlético.

A 26 anni Llorente è molto più di quello che l’Atlético sperava di aver comprato dal Real Madrid - pagandolo comunque 30 milioni nell’estate 2019. Se l’anima della squadra è Koke e il giocatore risolutore Luis Suárez, la determinazione dell’Atlético è incarnata da Marcos Llorente. Un moto perpetuo, che copre il campo con una facilità disarmante lungo tutta la partita incurante della fatica. Simeone non ne ha potuto fare a meno, anche a costo di tenere in panchina giocatori più talentuosi come Joao Félix o Correa negli scontri diretti per il titolo. Llorente ha giocato partite da seconda punta, ala destra, mediano e anche esterno destro a tutta fascia in caso di difesa a 3. La sua capacità di attaccare gli spazi, con e senza palla, e i suoi mezzi atletici hanno impressionato tanto che nelle qualificazioni al Mondiale 2022 di marzo Luis Enrique l’ha fatto giocare come terzino destro titolare della Spagna.


Difensore centrale destro: Jules Koundé (Siviglia)

Uno dei fattori principali che hanno portato la squadra di Lopetegui a lottare per la vittoria della Liga, e soprattutto a essere sempre competitiva negli scontri diretti, è stata la presenza di Jules Koundé, il miglior difensore centrale della stagione. Con il suo sistema di gioco Lopetegui ha responsabilizzato Koundé nonostante i soli 22 anni, e lui ha risposto. In una stagione in cui il compagno di reparto Diogo Carlos è sceso di livello, il francese ha invece alzato il proprio e tenuto in piedi tutto il reparto difensivo di una squadra abituata a difendere con la linea alta e a far alzare molto i due terzini. A difendere insomma in inferiorità numerica se viene superata nella prima pressione. Il talento di Koundé nei duelli individuali maschera questa debolezza: sorprendentemente sicuro nei contrasti aerei nonostante l’altezza (arriva a malapena al metro e ottanta), l'esplosività nel salto e il tempismo gli permettono di uscirne vincitore per il 60% di quelli tentati a partita. Nelle coperture in campo grande, e nell’uno contro uno offre il meglio, per caratteristiche fisiche e letture difensive.

Con la palla Koundé dà un’altra dimensione alla manovra del Siviglia per la sua tranquillità nella gestione sotto pressione e soprattutto per le improvvise conduzioni in avanti da cui ha anche tirato fuori occasioni da gol. Per una squadra abituata a controllare il pallone per disordinare gli avversari, le folate in avanti di Koundé con scambi nello stretto rappresentano una valvola di sfogo. Il suo carisma lo rende un giocatore di culto.

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Difensore centrale sinistro: Pau Torres (Villarreal)

A 24 anni, alla seconda stagione come titolare della squadra in cui è cresciuto e di cui è tifoso, Pau Torres ha avuto l'annata della consacrazione. Oggi può essere considerato il difensore centrale spagnolo migliore della sua generazione. Il suo livello nelle letture col pallone rasenta la perfezione. In fase di costruzione della manovra la squadra di Unai Emery ha diversi giocatori su più altezze per fare un’uscita pulita, con Dani Parejo da regista e gestire il tutto. Pau Torres è il primo passaggio, quello che deve raccogliere il pallone dal portiere e iniziare l’uscita dalla difesa. Per questo deve essere preciso e soprattutto in grado di cambiare spartito a seconda della pressione avversaria, trovando compagni nel corto o partendo lui in conduzione se vede spazio o punendo con i lanci lunghi verso le punte a seconda del momento. Uno dei pochi centrali della Liga che genera vantaggi continui pur sotto pressione.

Ma dove il lavoro con Emery ha aiutato maggiormente Pau Torres è probabilmente nell’aspetto puramente difensivo, con ancora margini di miglioramento nella marcatura pura, soprattutto in area di rigore. Da sempre a suo agio in campo aperto, uscendo in anticipo nei contrasti aerei o andando a coprire la profondità vista l’agilità rispetto all’altezza, in questa stagione Pau Torres ha mostrato una migliore inclinazione a lavorare col reparto, scegliendo l'azione più giusta quando in linea.


Terzino sinistro: Javi Galan (Huesca)

Dopo anni nelle serie minori, a 26 anni è tornato per la seconda volta in Liga con l’Huesca neopromosso ed è risultato la rivelazione della stagione. Ha giocato come terzino sinistro con Michel nel girone d’andata e come esterno a tutta fascia con Pacheta in quello di ritorno. Classico terzino brevilineo, veloce e tecnico di scuola spagnola, è nato come ala ed è stato poi abbassato a terzino. Una tendenza sempre più comune in Spagna. Galan non si limita però alle conduzioni lungo la fascia, ma cerca di generare superiorità numerica o disordinare gli avversari anche muovendosi in conduzione diagonale verso il centro.

Galan è uno dei terzini col più alto volume di dribbling d’Europa, non soltanto in Liga, dov’è dietro soltanto a Leo Messi in termini di dribbling tentati e riusciti (l’ordine di grandezza cambia seconda della fonte di raccolta dei dati ma siamo sempre attorno ai 150 tentati e 120 riusciti). Per una squadra da zona retrocessione come l’Huesca avere un giocatore in grado di generare da solo tanti vantaggi col pallone è oro colato. Galan si è dimostrato spesso l’unico modo sicuro per far avanzare il pallone in zona di rifinitura; da lì è capace di creare un’occasione da gol per le due punte Rafa Mir e Sandro attraverso la tripla minaccia: dribbling, triangolazione nello stretto o cross.


Mezzala destra: Frenkie de Jong (Barcellona)

Fin dal primo giorno Koeman ha fatto capire che de Jong sarebbe stato al centro del suo progetto tecnico, che sarebbe stato il Barcellona di Messi, ma anche di de Jong. Così è stato. Frenkie de Jong ha superato i 3000 minuti giocati in Liga, giocando un po’ ovunque. Il ruolo per lui è relativo, il suo movimento costante nel campo lo porta sempre a mantenere la sua enorme influenza nella manovra della squadra: secondo giocatore della Liga dopo Jordi Alba per palloni toccati, superati i quota 3000. Sa far avanzare la manovra sia con le verticalizzazioni nello stretto, che soprattutto con le sue conduzioni improvvise a creare spazi dove non sembrano esserci: secondo giocatore della Liga per distacco dopo Messi per progressive carries (le conduzioni palla al piede per far avanzare il pallone).

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Ci sono state diverse fasi della stagione tante quanti sono stati i diversi sistemi provati da Koeman, che ha chiesto a de Jong di sfruttare di volta in volta le diverse sfaccettature del suo talento. A inizio stagione gli chiedeva di dare continuità alla manovra muovendosi incontro a ricevere palla; a inizio 2021 è diventato un incursore per dare profondità in area; in primavera con l’infortunio di Piqué e Araujo è stato utilizzato come regista della squadra, pur partendo al centro della difesa a 3, da cui poteva salire palla al piede e impostare la manovra. Ma la sua posizione variava anche all’interno della stessa partita, in alcuni momenti è stato spostato sull’esterno, in altri seconda punta. Il trucco per avere il migliore de Jong è stato insomma quello di sfruttare tutte le funzioni che può ricoprire in campo. La prima stagione di Koeman lascia in dote al Barcellona il migliore centrocampista della Liga.


Mediano: Renato Tapia (Celta)

Nato in Perù e trasferitosi per giocare nei Paesi Bassi a 18 anni nel Twente, da lì è passato anche per il Feyenoord. Si mise in mostra già al Mondiale 2018 col coraggioso Perù di Gareca e nell’agosto del 2020 il Celta, da tempo attento al mercato nordeuropeo, lo ha raccolto a parametro zero facendone uno degli affari dell’anno. Tapia da solo rappresenta un enorme vantaggio competitivo per il Celta nei duelli individuali a centrocampo, dove per letture e dispendio fisico è sembrato uno dei pochissimi a non risentire del calendario fitto della pandemia.

Praticamente da solo si occupa della transizione difensiva di una squadra marcatamente offensiva: avendo spesso un rombo a centrocampo con Denis Suárez, Nolito, Beltrán, Aspas e Santi Mina, tutti giocatori offensivi, sempre in campo. Il gesto con cui si è reso famoso alla sua prima stagione è il frapporsi tra il passatore o tiratore per bloccare il pallone: Tapia scatta non appena la squadra perde palla per individuare dove andranno a giocare gli avversari nel primo passaggio e lì va in copertura, provando quindi almeno a rallentare la manovra avversaria prima che arrivi il passaggio chiave.

Guida con carisma anche l’uscita del pallone dalla difesa, dove il suo movimento costante è uno degli aspetti della manovra dove ha avuto più successo il lavoro di Coudet. Il Celta esce in maniera fluida e sicura dalla difesa anche e soprattutto perché Tapia con la palla è coraggioso, pur non essendo pulitissimo tecnicamente non ha paura della pressione avversaria ed è tranquillo nei cambi di gioco.


Mezzala sinistra: Sergio Canales (Betis)

Dal suo arrivo, Pellegrini ha messo le mani sul Betis per rendere più flessibile e allo stesso tempo più semplice la manovra. Negli ultimi anni la squadra si era un po’ arrovellata su sé stessa quando aveva il pallone, finendo incagliata a metà classifica. Se nella prima parte di stagione le cose sono andate come al solito, nella seconda il lavoro di Pellegrini ha dato i suoi frutti. La squadra è salita nella fiducia e macinato punti fino a qualificarsi in Europa.

I giocatori che hanno cambiato l'inerzia sono tanti, ma l’unico trascinante anche nei momenti iniziali di difficoltà è stato il regista della squadra: Sergio Canales. Sempre a testa alta, con eleganza e tranquillità, tra controlli orientati, conduzioni e filtranti, guida la manovra del Betis dalla costruzione dal basso fino alla zona di rifinitura. Canales è un compendio di come si può sfruttare tecnica nella conduzione e visione di gioco per far avanzare la manovra della propria squadra.

La Liga è ancora il campionato delle mezzali registe, ovvero dei giocatori che ordinano la propria squadra con il pallone muovendosi nel mezzo spazio dietro la seconda linea di pressione avversaria più che al centro davanti alla difesa. Ho inserito Canales anche per premiare in generale il Betis, ma ci sarebbe potuto stare tranquillamente Toni Kroos del Madrid, Dani Parejo del Villarreal o Joan Jordán del Siviglia, solo per menzionare altre eccellenze del ruolo.


Trequartista: Leo Messi (Barcellona)

L’unico candidato possibile per il ruolo. Vederlo toccare palla muovendosi per il campo, vederlo scambiare palla nello stretto con Busquets, vederlo cambiare gioco per l’accorrente Jordi Alba, vederlo cambiare improvvisamente ritmo abbassando la testa per puntare la difesa palla al piede, sono ancora azioni che generano terrore nelle difese della Liga. Messi rimane il giocatore più forte della Liga ma abbiamo scoperto che il tempo non risparmia nessuno e anche Messi a 33 anni ha perso una frazione di secondo nel gesto. Certo, da quando è entrato a pieno regime fisicamente è tornato a macinare numeri fuori scala, ma quella frazione di secondo persa ha pesato negli scontri diretti durante la stagione tanto quanto gli errori difensivi di tutto il pacchetto arretrato e le palle al bacio sprecate dai compagni d’attacco.

Tutto questo non ha comunque impedito a Messi di trascinare la squadra fuori da una situazione che in inverno sembrava critica e che in primavera si è invece sistemata, col Barcellona attivo partecipante della corsa alla Liga e che ha alzato la Coppa del Re. Da gennaio 2021 nella Liga Messi ha segnato 23 gol e servito 7 assist (ha chiuso la stagione raggiungendo i 30 gol in Liga per la nona volta in carriera), ha finito il campionato con una dozzina di passaggi chiave in più rispetto agli altri giocatori della Liga, una trentina di dribbling riusciti in più e risultando di gran lunga il giocatore con più conduzioni in avanti. Praticamente basta inventare un indice offensivo e Messi risulterà tra le prime posizioni anche in questa stagione, che potrebbe essere l’ultima della sua carriera in Liga.


Prima punta: Karim Benzema (Real Madrid)

Luis Suárez con l’Atlético, Alexander Isak con la Real Sociedad, Youssef En-Nesyri col Siviglia hanno fatto tutti una Liga di altissimo livello. Hanno segnato tanto e sono risultati decisivi per il piazzamento delle loro squadre (Luis Suárez all’inizio anche come giocatore che più fa la differenza). Sarebbero tutti stati candidati credibili. Purtroppo per loro però giocano nella stessa competizione di Karim Benzema. Un giocatore che va oltre gli stati di forma e condiziona le difese avversarie con la sua sola presenza. Nessuno è in grado di abbinare il controllo del pallone, del corpo possente e le letture in ogni zona del campo in cui si muove. Benzema è per l’attacco del Real Madrid il rifinitore e il finalizzatore, quello che detta i tempi e che fa salire la squadra nei momenti di difficoltà. In un Madrid che più di tutti ha patito infortuni continui, lui ha tenuto sulle spalle tutto il peso dell’attacco mentre i compagni attorno cambiavano nomi e posizioni.

Con il tempo ha imparato a gestire le forze, a capire quando e dove fare gli sforzi atletici, quando rallentare e lasciar correre gli altri, quando tentare il dribbling e quando invece appoggiarsi al compagno. In questa stagione più di tutte si è vista la sua maturità nella gestione all’interno delle partite. Ci sono momenti in cui si occupa maggiormente di cercare lo spazio, altri in cui chiede il pallone sui piedi e altri ancora in cui viene incontro per addomesticare i lanci del portiere. Esce da ogni azione con qualcosa di utile in tasca. A questo va aggiunta l’ennesima stagione sopra i 20 gol, compreso quello più importante dell'anno, di tacco contro il Barcellona.

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Seconda punta: Gerard Moreno (Villarreal)

Questa è stata la scelta più difficile della formazione, perché sarebbe potuto starci (come ogni anno) Iago Aspas, testa, piedi e cuore del Celta che ha chiuso la stagione in doppia cifra di gol e assist. Alla fine però il fatto che Gerard Moreno abbia superato i 20 gol nella Liga e si sia infilato in mezzo a mostri sacri come Suárez, Benzema e Messi, ha fatto pendere il piatto della bilancia dalla sua parte. Visto poi che accanto a Messi e Benzema come stile di gioco e movimenti in campo ci sta benissimo. Perché come scritto da Marco D’Ottavi in un pezzo a lui dedicato: «Nella squadra di Unai Emery, Moreno non gioca da riferimento centrale, ruolo occupato da Paco Alcacer o Bacca, ma ha grande libertà di muoversi sul lato destro del campo per aiutare la risalita della palla, ripulire il gioco, creare corridoi per i compagni, servire l’ultimo passaggio. Se infatti sta vivendo una stagione realizzativa importate, viene da dire che la finalizzazione non sia l’aspetto migliore, o più importante, del suo gioco».

Gerard Moreno è uno di quegli attaccanti infaticabili che ogni allenatore vorrebbe. Si spende anima e corpo per la squadra in ogni fase di gioco. È in grado di dare profondità in un’azione e tornare indietro a recuperare palla a centrocampo in quella dopo. Al tutto aggiunge una qualità tecnica nei controlli e nel passaggio e doti aeree che lo rendono adattissimo a far risalire la squadra. Ad aiutarlo in fase realizzativa c’è una tecnica di calcio sobria e soprattutto c’è stata l’infallibilità dal dischetto, dove su 10 tentativi ha segnato 10 gol nella Liga. Avere una punta che non sbaglia mai un rigore è un vantaggio competitivo evidente in questo momento storico, e il Villarreal l’ha sfruttato a pieno.


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