Nel febbraio dello scorso anno, quando la pandemia di Covid-19 sembrava ancora lontana, il Mondiale di biathlon disputato ad Anterselva, vicino Bolzano, riuscì a conquistarsi l'attenzione dei media per merito dei due ori vinti da Dorothea Wierer. Le cose si erano messe bene per l'altoatesina sin da subito, grazie all’argento ottenuto nella gara di apertura, la staffetta mista, insieme con Lisa Vittozzi, Lukas Hofer e Dominik Windisch. Un altro bel risultato di squadra dopo i due bronzi vinti dall’Italia nel 2014 e nel 2018 sul palcoscenico olimpico.
Alla IBU, la federazione internazionale di biathlon, l’idea di organizzare una gara in cui si alternassero donne e uomini della stessa nazione era venuta in mente già nel 2005: la staffetta mista disputata in Russia, a Chanty-Mansijsk, nel corso dell’ultima tappa di Coppa del Mondo, assegnò anche il primo titolo mondiale. Quella prima apparizione ha innescato una sorta di effetto domino, tanto che in soli nove anni la nuova specialità del biathlon è diventata olimpica. A testimonianza di una tendenza più generale, ai Giochi invernali del 2014 anche lo slittino e il pattinaggio di figura hanno visto il debutto di competizioni riservate a team composti sia da uomini che da donne.
Le specialità miste oggi
Oggi le specialità miste sono sempre più una realtà, sia per gli sport invernali che per quelli presenti ai Giochi estivi. Innanzitutto, ci sono le gare a squadre, in cui i componenti del team sono chiamati a ripetere quanto fanno in occasione delle corrispondenti gare individuali (o a coppie, nel caso del pattinaggio di figura). Il punteggio finale si ottiene sommando le singole prestazioni negli sport di tiro, nel freestyle e nel salto con gli sci, mentre è frutto di confronti contro avversari dello stesso genere nel già citato pattinaggio, nel judo e nel parallelo a squadre dello sci alpino.
La competizione mista proposta dal salto con gli sci ha dei risvolti interessanti. Se si guarda alla lunghezza dei salti non si nota la differenza tra uomini e donne delle squadre più forti. Ad esempio, a Oberstdorf (Germania), nel febbraio di quest’anno, in occasione della gara che assegnava il titolo iridato, il salto più lungo per la Germania vincitrice lo ha messo a segno Katharina Althaus (104.0m), mentre Markus Eisenbichler e Karl Geiger si sono dovuti “accontentare” di 100.0m e 99.5m, rispettivamente. Questo non significa che il salto con gli sci sia già riuscito a ricucire il gap accumulato dalle saltatrici nei confronti dei colleghi maschi in cento anni di ostracismo verso la pratica della disciplina al femminile. L’equità di genere nel contributo dato al team è facilitata dall’espediente di far partire le atlete da una quota maggiore (un gate con numero più alto, in gergo tecnico), in modo che queste abbiano una rincorsa più lunga. Un espediente che, tra l'altro, garantisce anche una maggiore spettacolarità all’evento.
Un altro cospicuo gruppo di mixed-gender team events, come li chiama il CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, è costituito dalle gare a staffetta. Anche in questo caso la prestazione globale è frutto della somma delle prestazioni dei singoli e delle singole. La competizione, però, non ha pause e, quindi, il ritardo o il vantaggio di una squadra rispetto alle altre contendenti viene aggiornato in tempo reale durante la gara. Questo aumenta il coinvolgimento reciproco all’interno del singolo team e veicola maggiormente l’idea che la forza di una Nazionale debba misurarsi attraverso la capacità di proporre atleti e atlete di alto livello.
Un esempio classico dal nuoto. Staffetta 4x100 misti mista, Europeo Budapest 2021: all'inizio della gara si vede la scelta strategica diversa da squadra a squadra di mettere un uomo o una donna nella iniziale frazione a dorso.
Ci sono ovviamente alcune differenze tra le gare proposte dalle varie discipline. Nello slittino, ad esempio, concorrenti di nazioni differenti non possono giocoforza condividere la stessa pista e, inoltre, c’è uno squilibrio di genere perché a darsi il cambio sono una singolarista, un singolarista e un doppio maschile per squadra. In altri casi (snowboard cross, biathlon, triathlon) c’è il confronto diretto con le squadre avversarie, ma c’è obbligo di genere, nel senso che uomini e donne devono correre delle frazioni prestabilite. Nella staffetta 4x100 misti mista del nuoto o nella staffetta 4x400 mista dell’atletica leggera, invece, questo vincolo non c’è. Può così capitare che un velocista e una quattrocentista lottino spalla a spalla o che una Federica Pellegrini e un Caeleb Dressel siano vicini di corsia. Questo contatto diretto è certamente l’aspetto più stimolante di queste gare, anche in un’ottica di “sfida di genere” perché permette alle atlete di confrontare le loro prestazioni con quelle dei colleghi maschi (e viceversa) in gare che assegnano titoli e allori.
C’è, infine, un ultimo gruppo di specialità che prevedono all’interno della coppia una interazione continua. Sono quelle che vantano una più lunga tradizione in sede olimpica, ovvero il doppio misto di tennis e badminton, danza su ghiaccio e coppie di artistico del pattinaggio di figura. A queste discipline si sono aggiunte di recente il doppio misto del curling e la classe velistica Nacra 17. Queste gare trasmettono in maniera immediata l’idea che sia l’amalgama uomo-donna alla base del successo o dell’insuccesso finale. Non siamo però ancora all’interscambiabilità di ruoli, tanto meno al ribaltamento di genere: sui pattini l’uomo farà sempre il porteur, mentre sarà sempre la donna a essere lanciata o sollevata. Si rimane, quindi, sullo stereotipo classico: forza da una parte, leggerezza dall’altra.
Diverso invece il discorso nel duo misto del nuoto artistico (l’ex nuoto sincronizzato), che in Italia abbiamo imparato a conoscere per merito di Giorgio Minisini, Manila Flamini e Mariangela Perrupato, che hanno vinto l'argento agli Europei di Londra del 2016. Nelle sequenze di gambe fuori dall’acqua, ad esempio, obiettivo della componente maschile è quello di sembrare aggraziato quanto la controparte femminile. Inoltre, al Mondiale di Gwangju del 2019, accanto agli usuali sollevamenti della partner da parte del maschio, il duo turco, quello giapponese e persino i vincitori Gurbanberdieva/Mal'cev hanno proposto nel corso dell’esercizio libero un sollevamento maschile in cui è stata la sincronetta a far emergere dall’acqua il proprio compagno. La specialità incoraggia, quindi, una maggiore fluidità di genere e non è detto che non sia proprio questa caratteristica alla base delle difficoltà incontrate a rientrare nel programma olimpico ufficiale. Il duo misto, infatti, non sarà presente né a Tokyo, né a Parigi 2024, mentre c’è qualche speranza per Los Angeles 2028.
Le competizioni miste in futuro
Probabilmente in futuro le competizioni miste cresceranno ancora. Molte delle gare citate saranno in programma a Tokyo in questi giorni o ai prossimi Giochi invernali di Pechino. D’altra parte, da quanto in alto provenga la spinta a includerne un numero sempre maggiore in occasione delle grandi manifestazioni internazionali è chiaro dalle raccomandazioni contenute nell’Olympic Agenda 2020, documento approvato nel 2014 nel corso della 127° sessione di lavoro del CIO.
Uno dei principali strumenti individuati dal Comitato Olimpico per aumentare la partecipazione femminile è, infatti, quello di infittire di mixed-gender team events il programma di Giochi invernali ed estivi. E, visto che il numero totale dei titoli assegnati non può crescere a dismisura, capita di veder soppresse specialità che vantano una lunghissima tradizione. Un esempio è il tiro a segno, che in sede olimpica, a partire da Tokyo, sacrificherà due gare maschili, la carabina a terra e la pistola dai 50 metri, per far posto a due prove a squadre miste.
L’innovazione delle prove miste porta con sé una competizione con le prove “tradizionali”, se così si può dire, e quindi anche a una inevitabile opposizione. Lo si è visto ai recenti Mondiali di Cortina di sci alpino, con i commentatori RAI che consigliavano di sopprimere il gigante parallelo a squadre se non si fossero riusciti a riposizionare nel calendario i due Super-G rinviati per maltempo, e questo nonostante l’Italia fosse bronzo mondiale in carica. Insomma, in quelle discipline in cui sono semplicemente aggiunte, le competizioni miste rischiano di essere trattate come gare di secondo piano da media e addetti ai lavori, almeno inizialmente.
D’altra parte, è noto come il mondo dello sport sia estremamente conservatore e digerisca con estrema lentezza qualsiasi novità, anche se inserita con l’obiettivo a lunga gittata di dare anche allo sport femminile e alle atlete una visibilità (e, quindi, una spendibilità anche in termini economici) paragonabile a quella da sempre riservata agli sportivi maschi. Le gare puramente miste, che mettono cioè in diretta collaborazione e competizioni atlete e atleti, non sono certo una novità. Un esempio recente felice ai colori azzurri è quello della Beretta Cup 2020, gara internazionale di tiro a volo, dove Mauro De Filippis ha vinto nella fossa olimpica solo al termine di uno spareggio con l’azzurra Jessica Rossi, che oltretutto nella vita è sua moglie (e nella cerimonia d'apertura di Tokyo 2020 è stata portabandiera della delegazione italiana). Jessica Rossi e De Filippis, tra l'altro, sono anche tra i favoriti per la gara mista del tiro a volo nella fossa olimpica che si gioca tra pochi giorni. Un altro nostro fiore all'occhiello per quanto riguarda le gare miste è quello rappresentato dalla coppia Ruggero Tita e Caterina Banti, campioni europei in carica, che nella specialità velistica Nacra 17 il prossimo 3 agosto forse si giocheranno una medaglia.
Questa è invece la finale delle ultime Olimpiadi, vinta dagli argentini Santiago Lange e Cecilia Carranza Saroli.
Ma anche gli esempi sono diversi anche quando parliamo di competizione tra atleti di sesso diverso. Al già citato Mondiale di Gwangju del 2019 la vincitrice dei tuffi dalla piattaforma, la cinese Chen Yuxi, sarebbe stata quarta dopo cinque turni nella corrispondente gara maschile. Federica Brignone nel Super G valido per la combinata alpina maschile al recente Mondiale di Cortina avrebbe fatto segnare il 29° tempo e si sarebbe messa dietro dieci atleti. Allora, perché non si segue, laddove possibile, anche la strada del confronto diretto tra donne e uomini, come ormai, in sede olimpica, fa solo l’equitazione? Certo non è sempre facile, e non in tutte le discipline è ancora possibile per via del gap accumulato nel corso dei decenni, ma nulla più del fiorire di competizioni senza vincoli di genere (e senza disparità di genere nella possibilità di accedervi) veicolerebbe l’idea di una uguaglianza de facto nel mondo dello sport, strumento utile per provare successivamente a decostruire altri stereotipi legati alle categorie uomo/donna e presenti nella società.
Il problema è che, quando Comitato Olimpico e federazioni varie parlano di gender equality, sembrano soprattutto guardare a un sistema che, in occasione delle manifestazioni internazionali, garantisca che il numero di atleti e di atlete partecipanti sia lo stesso e che sia lo stesso anche il numero di competizioni e, quindi, di ori e di medaglie riservati agli uni e alle altre. Cosa che, sia ben chiaro, solo fino a venti anni fa era impensabile e fino a quaranta anni fa neanche in agenda, ma che in parte alimenta e riproduce anche in ambito sportivo la separazione tra uomo e donna. Le gare miste, soprattutto quando mettono in diretta competizione atleti e atlete, possono invece spezzare questa catena, evitando di riproporre sul palcoscenico olimpico quegli schemi che negli ultimi decenni hanno allargato il gap tra sport maschile e femminile.