Questa è la seconda puntata di X&Os, la rubrica in cui analizziamo gli schemi più utilizzati dalle squadre NBA.
Il 13 novembre del 1967, gli Indiana Pacers stavano perdendo per 118-116 contro i Dallas Mavericks in una partita della neonata ABA. Con la rimessa da fondo campo e un secondo sul cronometro, il pallone capitò in mano a Jerry Harkness che, senza tempo né idee per organizzare nient’altro, lanciò in aria una preghiera lunga 26 metri che si appoggiò sul tabellone per poi insaccarsi dentro il canestro.
Quello fu il primo anno in cui venne introdotta la linea da tre punti – nel 1961 ci aveva già provato la ABL, ma l’esperimento durò mezza stagione – ma né i giocatori né i tifosi avevano ancora preso confidenza con l’idea di un tiro che valesse un punto in più, e molti dei 2.500 presenti sulle tribune si stavano già preparando al supplementare. Gli arbitri invece, dopo una brevissima discussione tra loro, convalidarono il canestro da tre punti tra lo stupore generale, consegnando la vittoria ai Pacers.
In questi 39 anni di acqua sotto i ponti ne è passata. Il tiro che il commissioner della ABA George Mikan aveva ribattezzato homerun perchè “faceva saltare i tifosi dalla sedia” – entrato in vigore nella NBA nel 1979 – nell’ultimo decennio ha cambiato radicalmente le geometrie e il modo di giocare a pallacanestro. Il 16 dicembre 2016, nella vittoria 122-100 contro i Pelicans, gli Houston Rockets hanno stabilito il record di triple realizzate e tentate in una sola partita (di regular season) con 24 centri su 61 conclusioni scagliate da oltre l’arco dei 7.25.
Il giorno dopo, impegnati in back-to-back contro i Timberwolves a Minneapolis, la truppa di Harden ha rimontato uno svantaggio di 12 punti con 2 minuti da giocare agguantando il supplementare e la vittoria con un parziale di 14-2, frutto – manco a dirlo – di 4 triple.
Non deve sorprendere: i Rockets sono una squadra ideata, progettata e assemblata per esasperare il concetto partorito dal proprio GM e ribattezzato “Moreyball” che si basa sulla ricerca ossessiva dei tiri a più alta percentuale – identificati in tiri liberi, tiri da sotto e tiri da tre punti, in questo ordine di “valore” per punti-per-tiro – evitando quanto più possibile i tiri dalla media distanza, ovvero quelli offrono una percentuale di successo di gran lunga inferiore e molto più spesso sono contestati.
Questo, però, non significa che ogni tiro da tre è migliore di ogni tiro dalla media. Mettersi a sparare senza criterio dal perimetro è facile, ma sarebbe una scelta folle anche per il più fanatico delle statistiche avanzate. Tutt’altro discorso è creare i presupposti per un canestro “facile” dai 7.25 con il movimento di palla e di uomini per aprire le difese, anche le più organizzate e inaccessibili, creando lo spazio per ricercare anche altre conclusioni remunerative e diversificare il proprio attacco.
Il tiro da tre come conseguenza del movimento di palla
Il modo migliore per costruire un tiro da tre punti è attaccare il canestro, costringere la difesa a fare una scelta e punirla con il tiro a più alta percentuale.
Durant spinge la transizione per gli Warriors e con un passaggio che taglia il campo serve Thompson; i Clippers si accoppiano male e Griffin deve fare una scelta: lasciare la tripla aperta a un giocatore che ha fatto 60 punti la partita precedente oppure lasciare i suoi compagni in inferiorità numerica 3 vs 2? Griffin sceglie la prima opzione, ma così facendo innesca una valanga di extra-pass il cui risultato è un tiro a più alta percentuale, con ognuno dei passaggi effettuati in grado di generare un tiro migliore di quello appena rifiutato. In tutta l’azione i Warriors eseguono 4 palleggi (di cui 3 di Durant nella propria metà campo difensiva), 6 passaggi, nessun blocco e Steph Curry, il miglior tiratore del pianeta, nemmeno tocca il pallone.
Un tiro da tre punti su scarico è l’esaltazione di un gioco corale, e il pick and roll è la forma di collaborazione offensiva più usata per innescare il movimento di palla e di uomini. L’errore più comune che si può commettere è pensare al pick and roll come un gioco a due: senza il movimento dei cinque giocatori in campo è una soluzione sterile, arginabile da qualsiasi difesa competente.
Chris Paul gioca pick and roll con DeAndre Jordan, che nell’andare a canestro si porta appresso 2 difensori e attiva Griffin. L’extra-pass per Mbah a Moute coinvolge il quarto giocatore e porta il principe africano a segnare una tripla dall’angolo con 3 metri di spazio.
Il cambio sistematico è una delle migliori strategie difensive per limitare l’efficacia dei pick and roll, a patto che la comunicazione e la collaborazione tra difensori sia impeccabile. In questo caso però Josh Richardson perde la visuale con il suo uomo e Jerebko è freddo nel punirlo con un taglio, che provoca una reazione a catena e porta al tiro da tre di Smart, un tiratore perimetrale da 28% che però non può esimersi dal segnare un rigore a porta vuota.
Da qualche anno un modo creativo di giocare il pick and roll è trasformare il terzo giocatore coinvolto in bloccante. Questo tipo di collaborazione è denominata “Spain Screen”: Sergio Scariolo l’ha sdoganata ad alto livello con la nazionale spagnola campione d’Europa del 2015 ed è quindi probabile che abbia avuto origine nel campionato spagnolo, da cui ha preso il nome.
Due giocatori giocano il pick and roll; il terzo, Ryan Anderson, blocca il difensore del rollante e poi si apre sul perimetro; tre giocatori dei Wolves si schiacciano in area e Anderson ne approfitta per aprirsi sul perimetro, ricevere il passaggio di uscita e sparare da tre. (N.B. Anderson è solito rimanere anche un metro oltre la linea per creare ulteriore spazio tanto ai suoi compagni quanto al suo tiro, rendendo più difficile il recupero della difesa. Fateci caso la prossima volta che guardate i Rockets)
Identica situazione: il blocco sul rollante di Marvin Williams è molto basso ma permette agli Hornets di comprimere la difesa dei Jazz in area, per poi dilatare lo spazio sul perimetro per una tripla piedi per terra.
In questa Spain Screen situation, Oladipo sta con Redick perchè ha paura del suo tiro: ne consegue uno scarico per un tiro ad altissima percentuale da sotto canestro.
In una lega in forte evoluzione, dove il concetto classico dei ruoli sta lasciando sempre più spazio alla versatilità dei giocatori, il pick and roll (e il pick and pop) non è più da intendersi come un gioco a due tra un piccolo ed un lungo, ma sempre più spesso è una situazione tattica adoperata per creare accoppiamenti vantaggiosi, rompere gli equilibri difensivi e innescare nuove opportunità per l’attacco.
Sul pick and roll James-Liggins, Hollis Thompson passa “in quarta” – dietro al portatore di palla, al bloccante e al suo difensore – perché lasciare il tiro dalla media a LeBron è comunque il minore dei mali (se va al ferro sono 2 sicuri, quando va male anche 3 punti). Il taglio di Mike Dunleavy, che vede il suo difensore flottato verso la minaccia con il numero 23, induce Embiid a staccarsi da Kevin Love quel tanto che basta per segnalare a James un compagno libero per un tiro migliore di quello che poteva prendersi dal gomito.
Ancora pick & roll tra James e un esterno, in questo caso Kyrie Irving: la difesa cambia, James individua nella marcatura Nance-Irving il mismatch vantaggioso, Irving infila il suo avversario in backdoor e potrebbe segnare un canestro facile, ma decide di servire Jefferson per una tripla dall’angolo ancora più facile (e più remunerativa) con 5 metri di spazio.
Parallelamente al pick and roll in ogni sua salsa e dinamica, anche il pick and pop è un’arma molto efficace nel produrre tiri da tre ad alta percentuale. Nel corso degli anni questo movimento ha visto fiorire una schiera di lunghi atipici in grado di aprirsi sul perimetro e condizionare le scelte difensive con la loro capacità di segnare con percentuali eccellenti da fuori.
Un classico pick & pop con lo stretch four, in questo caso Patrick Patterson, che dopo il blocco si apre, riceve e tira da tre.
Oggi la tendenza sempre più radicata, come per il pick and roll, è giocare questo tipo di situazione tra esterni, in modo più dinamico.
Da partenza Horns, Porter porta un blocco sulla palla per Wall, James Johnson “droppa” in area – ovvero difende con l’obiettivo di contenere Wall, facendo due passi verso il centro dell’area – e Porter “poppa” in punta per tirare con spazio da tre punti, anche grazie al provvidenziale blocco di contenimento di Gortat.
Tiro da tre come obiettivo
Sono numerosi i set offensivi che i coach NBA utilizzano per esaltare le caratteristiche dei propri tiratori e creare loro situazioni in cui poter ricevere in ritmo e lasciar andare un tiro da oltre l’arco.
Gli Hawks sono micidiali nell’innescare Kyle Korver con un semplice blocco lontano dalla palla che si presta, con le letture adeguate, a offrire una vasta gamma di opzioni.
Millsap scende a bloccare Korver che però è marcato faccia a faccia. Per Korver la lettura è molto semplice: anziché sfruttare il blocco di Millsap, è lui stesso a portare un blocco di contenimento per il compagno che ha due metri di spazio per prendersi il tiro.
Solita situazione: Korver stavolta ha spazio per sfruttare il blocco di Millsap, ricciola e spara da tre in quella che è la sua situazione di tiro preferita.
Quando una squadra è abile nell’“aprire la scatola” come fanno gli Hawks, il tiro da tre serve a creare spazi più vantaggiosi vicino canestro. Atlanta, ad esempio, ha sbancato la Chasepeake Arena di Oklahoma City con questo canestro di Millsap.
È una sequenza offensiva in cui il pick & pop iniziale tra Schröder e Millsap, seguito dal taglio backdoor di Sefolosha e concluso con il pick and roll consegnato tra Millsap e Korver, ha generato il canestro risolutivo della partita: un tiro in avvicinamento non contestato reso possibile dalla minaccia incombente di un tiro da tre che ha dilatato gli spazi.
Parlando invece di collaborazioni più complesse, uno strumento molto usato per trovare buoni tiri da tre punti è il cosiddetto Elevator Screen.
Il blocco ad ascensore è un movimento che si verifica quando un attaccante passa in mezzo a due compagni di squadra che si chiudono come le porte di un ascensore, ostacolando il difensore che cerca di recuperare. I Suns, dopo la prima sequenza di blocchi sfalsati per Barbosa, liberano al tiro Dudley chiudendo le porte dell’ascensore su cui si infrangono Galloway da una parte e Jones dall’altra.
Doc Rivers ama liberare al tiro un tiratore purissimo come J.J. Redick usando diversivi che spostano l’attenzione della difesa su un lato per poi punirla con un uscita dai blocchi sul lato opposto.
Paul chiama DeAndre Jordan per un pick and roll centrale, ma il centro dei Clippers una volta arrivato sulla palla cambia traiettoria, vira verso Redick (che poco prima stava facendo lo gnorri in angolo) e stampa sul suo difensore un blocco che permette a Redick di alzarsi da tre punti. Il tiro è sbagliato, ma la scatola è aperta e permette a Jordan di svettare a rimbalzo d’attacco e poi servire Griffin che schiaccia a canestro.
Solita situazione: Jordan finta di bloccare sulla palla, vira in direzione di Redick che sfrutta il blocco, mette a posto i piedi e stavolta manda a bersaglio dai 7.25.
Ancora finta di pick & roll Paul-Jordan, virata verso Redick che porta il suo difensore sul blocco, esce per il catch & shoot e segna con facilità. Insomma: la prossima volta che vi viene da pensare qualcosa di male su DeAndre Jordan, pensate anche a questi blocchi.
I San Antonio Spurs negli anni hanno affinato una particolare situazione tattica, detta Hammer, che permette di liberare in angolo sul lato debole un tiratore da tre punti che si muove verso la linea di fondo parallelamente alla palla – quasi a schiacciare la difesa come un martello che sbatte sull’incudine.
Gli Spurs liberano sul lato forte Leonard che attacca il canestro; allo stesso tempo Gasol porta un blocco cieco per Mills sul lato debole che si abbassa in angolo, raccoglie lo scarico di Leonard sulla linea di fondo e si alza per un tiro da tre in ritmo.
Come spesso accade, una cosa che funziona viene copiata, rivista e riproposta da chiunque.
Marc Gasol riceve in post e gioca l’uno contro uno; non appena attacca la linea di fondo, Randolph e Conley collaborano per liberare in angolo il play dei Grizzlies servito dello spagnolo per un comodo tiro da tre punti.
Bonus Track
Dietro a giocate spettacolari o canestri decisivi spesso si nasconde uno schema eseguito alla perfezione. Questa è la raccolta degli X&O che più ci hanno rubato l’occhio in questi due mesi di regular season.