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Tim Cahill non ha paura di niente
27 feb 2018
27 feb 2018
La leggenda del Millwall è tornata a casa, con l'idea di giocare i Mondiali.
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Sul rooftop di uno dei grattacieli di Sydney palleggia svogliatamente, sotto la minaccia di un cielo plumbeo, nel pieno dell’estate australe. Poi tira qualche dritto immaginario, come se di fronte avesse il fantasma di Jack Dempsey, o una bandierina del corner. Si lascia fotografare a petto nudo, indossa solo un paio di pantaloni eleganti. Ha il fisico scolpito e qualche ruga sulla fronte. Ogni frase suona neniosa, eppure imponente, come ricoperta da una patina filamentosa di autorevolezza. Quando si parla di calcio, in Australia, nessuno ha più voce in capitolo di Tim Cahill.

 



 






 



 

E anche nella storia recente, se l’Australia è riuscita a centrare la qualificazione, è grazie all’esperienza di Tim, che con la fascia da capitano al braccio ha demolito i sogni innocenti della Siria con un uno-due letale, sfoggiando peraltro



 



 



 

Nel corso della sua carriera Tim Cahill ha sempre dimostrato di avere una cultura del lavoro molto radicata. I successi - per quanto pochi - che ha raccolto, le soddisfazioni, la reputazione che si è costruito: ogni mattone è stato edificato più sull’applicazione che sul talento, in rispettosa osservanza della massima hemingwayana secondo la quale il genio è 1%



 

Con coerenza, allora, per farsi trovare pronto per il prossimo Giugno ha mollato il Melbourne City, la squadra nella quale ha giocato le ultime due stagioni - ovviamente portandola a vincere una coppa nazionale, solo sette anni dopo la loro fondazione - e ha deciso, con una mossa molto retorica ma anche coerente con la sua onestà, di mettersi in discussione,



 

L’apprendistato al



 

Nel discorso sulla Nazionale, invece, ha perso smalto e sicurezza, preferisce non parlarne: «



 

Al netto del sentimento della vendetta rancorosa, la scelta di Tim Cahill somiglia a quella di Rocky Balboa che si immerge nella tundra ostica prima di affrontare Ivan Drago. Entrambi, per spingere il loro fisico al massimo dell’allenamento, scelgono un contesto estremo,



 

Al tempo stesso, però, Millwall e tutto ciò che ne consegue - le foto con gli ex-compagni-ora-diventati-suoi-allenatori, l’ammirazione dei giovani cresciuti nel vivaio -  lo sta circondando da un’aura romantica.

 





 

Il Tim Cahill che ha appena ri-esordito con il Millwall è ovviamente un altro uomo rispetto a quello che vent’anni fa ha fatto la prima comparsa, giovanissimo, in Division One. A quei tempi, per dirne una particolarmente suggestiva, non era neppure - calcisticamente - australiano.

 

La palingenesi del suo piccolo mito minore è però una storia che merita di essere raccontata dall’inizio, cioè da quando i suoi genitori sono andati in banca a chiedere un prestito di 6000 dollari australiani (quasi 4000 euro) per permettere al figlio di coltivare ciò che a quell’età, ecco, come si fa a capire se è un capriccio, un sogno o la trasfigurazione di un’ambizione genitoriale?

 



 

In Australia ha conosciuto Sisifo, una ragazza samoana. Hanno avuto due figli maschi e una femmina. E Tim. Non è per niente facile, e meno virtuoso di quanto possa apparire, appassionarsi al calcio quando si cresce in un contesto culturale simile, nell’emisfero australe e in una famiglia con forti ascendenze samoane, anziché al rugby. Sisifo proibisce a Tim di giocare con la palla ovale perché lo trova



 

Tim, insomma, è un ragazzo che prova un sentimento di passione per il



 





 

«



 

C’è una strana coincidenza di destini in questa metonimia che è Cahill al Millwall, una squadra operaia, agli albori della carriera. Dove non arriva l’estro subentra l’abnegazione, la prepotenza atletica. «Devi avere un carattere particolare per giocare per il Millwall. Devi esporti con intensità, spirito di sacrificio e passione».

 

«I miei cugini, i miei fratelli: sono tutti samoani belli grossi. Io non ho quella genetica, ma nella testa, là non ho mai avuto paura. Mi sono sempre tuffato anima e corpo negli obiettivi. Al Millwall ho imparato che devi stringere i denti e tirare avanti. Mi ha aiutato a farmi da solo».

 

Oggi, nello spogliatoio, è il totem di generazioni di calciatori cresciuti tifando la loro squadra con in campo l’avatar più giovane di Cahill. Allora, ricorda, doveva pulire le docce, lucidare gli scarpini dei compagni.



 



 





 



 





 





 



 



 



 

I dirigenti della federcalcio samoana, invece, avevano visto in quel



 



 



 



 





 



 




 



 





 



 



 



 



 



 



 

In quel momento non immagina ancora che quella sarebbe stata la penultima partita del suo primo passaggio al Millwall.

 





 



 

 

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