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Fulvio Paglialunga
Tigri e galletti
20 apr 2016
20 apr 2016
Un imprenditore malese ha appena comprato la Bari, ma chi è e cosa sta succedendo?
(di)
Fulvio Paglialunga
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Era il 2009 e il Bari sembrava destinato a sognare, grazie a un mecenate arrivato dall’estero. Si chiamava

. Non il regista amante del fiabesco (solo assonanza, nemmeno omonimia) molto presto premiato con il Leone d’oro alla carriera, ma un imprenditore texano che si era detto pronto a versare 25 milioni di euro per comprare la società. Pronto e in volo.

 

Arrivò in aeroporto e

duemila persone ad accoglierlo, lo slogan “Passo a Tim” dei tifosi sognanti. Quando il texano disse: «Già amo Bari» e dei 25 milioni aveva già detto, chi aveva scelto di credergli (cioè, tutti) aveva già ipotecato i prossimi campionati e immaginato giorni di grandezza.

 

Posò con la sciarpa del Bari.

 



 

Andò in tribuna d’onore con Matarrese, allora proprietario.

 



 

Cominciò, tramite il suo advisor, ad

gli orizzonti: «Ci sarà anche un socio arabo. Le potenzialità economiche sono notevoli».

 

Il 18 agosto

il preliminare, incontrò in Comune il sindaco Michele Emiliano, ricevette una medaglia ed un libro su San Nicola e disse che a settembre avrebbe reso noto il suo megaprogetto per il club.

 

Emiliano (a proposito: in rete sembrano tutte rimosse le foto di quell’incontro) scrive un appassionato

per la Gazzetta del Mezzogiorno. «È pure un miliardario e – devo ammetterlo – è anche simpatico con uno sguardo sincero», si legge. Poi va oltre: «Se Superman avesse avuto i capelli di quel colore, avrei detto che il nuovo presidente del Bari gli somiglia».

 

Riportare gli altri passi dell’articolo sarebbe accanimento, perché Tim Barton che a settembre doveva presentare il mega progetto è lo stesso che poi, a fine settembre, nel giorno in cui doveva firmare l’assegno da un milione, praticamente come caparra, si presentò sprovvisto di tutto. Di idee e di soldi. E in Texas

lo conosceva.

 

Gli onori, le foto, la gloria di qualche giorno, l'affetto sulla fiducia, i sogni mirabolanti finiscono quando il bluff è scoperto e, in fondo, non sembra colpa di nessuno, se non di chi lo ha chiamato senza sapere di cosa si stesse parlando. Perché i tifosi non controllano le disponibilità economiche dell'aspirante proprietario: si fidano di ciò che si dice, sanno che le promesse sparatissime sono in realtà un quarto di quello che si potrà realmente realizzare, ma va bene anche quella porzione lì, perché spesso i miliardari presunti arrivano per società che sono in bilico, tra la fragilità economica e la mal sopportazione del proprietario ormai logoro.

 

Infatti la storia finisce con il Bari che non passa mai di mano dai Matarrese (la loro gestione è durata trentasette anni) e finisce in

, a marzo del 2014 e all’

finisce a Gianluca Paparesta, per 4,8 milioni.

 

Su quell’asta e i soldi impiegati per l’acquisto c’è, ormai abbondantemente appurato, l’

di Infront e Mp&Silva, pronti ad allungare le mani su un club appetibile con corpose anticipazioni, e la

di Lotito. Con calma, a maggio scorso, ci è

anche la Guardia di Finanza, con tanto di

.

 

Il quadro è che, già sul finire della passata stagione, Paparesta aveva bisogno di ulteriori anticipazioni da Infront (500mila euro, è agli atti dell’inchiesta per ostacolo all’attività dell’autorità di vigilanza» della Covisoc» della Procura di Milano) per poter pagare gli stipendi senza incorrere in penalizzazioni.

 

Vuol dire che le riserve sono finite, le anticipazioni non bastano più e il denaro, nonostante i soccorsi come un

organizzato in fretta e furia con Milan e Inter (le più prestigiose della “galassia Infront”), non è sufficiente e andare subito in serie A per sostenersi con i diritti tv non è così scontato (e già un progetto naufragato nel primo anno).

 

Paparesta deve vendere e tornano di nuovo mille voci di acquirenti esteri, secondo una strana abitudine un po' diffusa di parlare di una nazionalità (lo stesso Paparesta si accostò all'asta facendo riferimento a “

” che lo avrebbero sostenuto) per non parlare di soldi, attività, provenienza, solidità.

 

Si arriva, però, a un

: Noordin Ahmad, un imprenditore malese che dicono avere vari interessi. Un nuovo magnate nel pallone, un’operazione però senza numeri certi: dicono che il 50 per cento delle quote di Paparesta (che è titolare del 95 per cento del Bari) stia costando dai dieci a dodici milioni di euro. La cessione è stata però annunciata prima ancora di una valutazione reale del Bari (tuttora in corso) e prima ancora che Noordin potesse verificare i conti. La fretta contro le procedure.

 

Non ci sono molte altre informazioni, all’annuncio dell'accordo per il passaggio di quote, perché la conferenza stampa è fissata il giorno dopo. Si sa, per certo, che in qualche modo Lotito entra anche in questa vicenda. Quantomeno come “amico” di Noordin, visto che a

il malese era arrivato a Formello e aveva detto di essersi innamorato del mondo Lazio: «Vogliamo ritornare ad essere un'eccellenza nel calcio, anche il Primo Ministro malese la pensa come me. E nella Lazio pensiamo di aver trovato il partner ideale». Da investire in un’alleanza con la Lazio a investire nel Bari. Dal fronte Noordin dicono che Lotito non c'entra

. Che è solo un'amicizia comune, come spesso è capitato di sentire quando il patron di Lazio e Salernitana e braccio destro di Tavecchio e di molte altre cose, è stato accostato al Bari per incroci tecnici o economici.

 

La

alla conferenza stampa, una diretta sul sito del Bari che fa venticinquemila visualizzazioni e la visita al sindaco (che non è più Emiliano, ma Antonio Decaro) sembrano qualcosa di già visto. E, come tutti i magnati che annunciano di voler prendere una società, anche Noordin Ahmad non riesce a trattenersi. Sta prendendo una squadra al momento al terzo posto in serie B e

che in cinque anni la porterà in Champions.

 

Dicono anche qualcosa in più, anche se “in Champions in cinque anni” fa più titolo: «Il governo è felice di promuovere la Malesia» racconta l’imprenditore, annunciando l'arrivo dei fondi sovrani e lasciandolo cadere lì, come virgolettato del momento, prima delle foto in cui posa con la

donatagli da Paparesta (che però come nome ha “Datò”, che è un titolo onorifico malese, un po’ come se ci fosse scritto “baronetto” sulla maglia di un inglese), prima di andare anche allo

, mostrare la sciarpa ai tifosi che lo avevano

già con uno striscione e una

nella partita precedente, con il Cesena, quando la voce di un possibile arrivo si era diffusa.

 

Però Barton è già passato e coltivare il dubbio è sano.

 

Dunque, dei milioni da versare sette dovrebbero provenire da uno sponsor (Petronas, società petrolifera statale malese) e il resto da investimenti del governo della Malesia. Potrebbe essere, ma andrebbe avvisato l’ambasciatore italiano a Kuala Lumpur, Mario Sammartino, che quando Repubblica gli pone delle

cade dalle nuvole. Dice due cose che seminano dubbi: «Noordin Ahmad non si è rivolto all'ambasciata per informarla della sua missione in Italia ed io non lo conosco» e «Io non sono a conoscenza di progettati investimenti malesi in Italia nel prossimo futuro». Il mistero è anche sulle imprese, di Noordin Ahmad. L’unica informazione è che sarebbero tante («miriadi», è stato detto), varie, che i soldi da mettere nel Bari siano però suo patrimonio personale (che poi contrasta con la commistione Petronas-governo della Malesia). Nessun riferimento chiaro, se non quella sorta di referenza delle collaborazione ventennale con Finmeccanica sbandierata in conferenza stampa. Secondo il braccio destro Iannarelli sarebbe «il massimo della garanzia», secondo Finmeccanica, risposta data a chi ha

la società aerospaziale del Ministero dell’Economia, si sta parlando di una consulenza risalente a una decina di anni fa, senza altri particolari.

 

Nella nebbia dei dubbi c’è solo un tentativo di diradare tutto, di chiarire l’identità di questo imprenditore che vorrebbe investire in Italia per

nei confronti dei medici italiani (a dicembre, a quanto racconta, gli hanno salvato la vita a Roma, intervenendo a seguito di un infarto), c’è un deputato

dal

in collaborazione col quotidiano malese

. Si chiama Annuar Musa, è stato ministro ed è presidente a sua volta di una squadra di calcio (il Kelantan Fa). Dice: «Siamo amici dal 1972, abbiamo fatto insieme il college militare dove eravamo compagni di classe e abbiamo anche giocato a rugby qualche volta. Siamo ancora in contatto e proprio ieri eravamo al telefono», ma non fa chiarezza sulle proprietà di Noordin e sul suo patrimonio. Solo un «abbiamo grandi piani, vedrete: tutto sarà rivelato presto».

 

La vaghezza eletta a metodo, seguita dal solito folclore tipico di ogni nuovo ingresso, quando il patron eventuale diventa sempre protagonista di momenti simpatici, dal pranzo a base di ricci a Polignano a Mare alla gita in Valle d’Itria. Di quelli che fanno fico e non impegnano, come l’immancabile aneddoto da spogliatoio: «Noordin aveva predetto il 3-0 con il Como», hanno

dopo la vittoria del Bari. È tutto il resto, che è difficile da prevedere. E sembra difficile districarsi nei numeri: di certo a Paparesta servivano soldi, e subito, per pagare gli stipendi a calciatori e dipendenti ed evitare la penalizzazione. Che è la stessa situazione in cui il Bari si è trovato costretto a chiedere, esattamente un anno, fa l’ulteriore anticipazione a Infront ora sotto la lente degli inquirenti.

 

Ad aprile, al Bari servono soldi. Per questi stipendi doveva essere vitale, per ammissione di Paparesta, la caparra di 2,5 milioni che Noordin avrebbe dovuto versare già venerdì e che invece martedì

è ancora arrivata. Quando si è visto che era in ritardo a riempire per tempo le casse del Bari dovevano essere gli introiti della Lega dei diritti tv e del premio di 1,4 milioni. Alla fine gli stipendi sono stati pagati lunedì, in tempo per la scadenza, con un esborso di 800mila euro che non arrivava né dalla caparra di Noordin, né dal soccorso della Lega, pare.

 

Per cercare di rimuovere i dubbi si è anche caricata di significato la presenza a Bari di Giulio Violati, marito di Maria Grazia Cucinotta e figlio dell’ex proprietario della Ferrarelle. Violati

di aver conosciuto Noordin Ahmad, proprio in occasione della sua venuta a Roma a dicembre, poco prima del passaggio dell’imprenditore da Formello e del mezzo impegno preso con la Lazio, che di Violati è la squadra del cuore al punto da

«ossessionato» dai biancocelesti. Violati, che dopo la partita con il Como ha detto «è la prima volta che esulto per una squadra diversa dalla Lazio», sa che ai tifosi basta anche meno di un “Champions entro cinque anni”. Conosce il mondo, perché da interessato lo ha sempre vissuto da vicino, e quindi una delle prime cose che annuncia è il ritorno del galletto come logo, perché i tifosi sono sempre conquistati dalle tradizioni. Ma solo i soldi diventeranno argomento credibile. Intanto, si potrebbe cominciare dalle risposte alle domande inevase.

 

 

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