
Fino al 1997 per l’Italia a qualificarsi alla Champions League era solo il vincitore della Serie A. Era un mondo certamente più semplice: la tua squadra vinceva lo Scudetto, tu festeggiavi per la vittoria, e poi la stagione successiva eri impegnato il mercoledì sera. Non era un brutto impegno, certo, ma era consequenziale: eri campione, partecipavi alla Coppa dei Campioni. Poi le squadre italiane qualificate sono salite a due. E allora è stato un po’ più difficile. Se la tua squadra vinceva lo Scudetto, tu festeggiavi e poi eri impegnato il mercoledì sera, ma se la tua squadra perdeva lo Scudetto, non è che festeggiassi più di tanto. Che la stagione successiva fossi impegnato il mercoledì sera era più una consolazione che un obiettivo. Certo, era una bella consolazione, ma comunque non un trofeo vero e proprio.
Poi dal 1999 le squadre italiane ammesse in Champions League sono salite a quattro, nel 2012 sono scese a tre, poi di nuovo quattro o addirittura cinque, come la scorsa stagione. Dal mercoledì sera, si è passati al martedì o il mercoledì, alle 18:45 o alle 21:00. È in questo passaggio che è diventato tutto più nebuloso per un tifoso. Se prima il posto in Champions League era il risultato di una lotta scudetto vinta, e poi di una lotta scudetto vinta o persa, ora cos’è?
Negli ultimi 90 minuti di questa Serie A 2024/25, Juventus, Roma e Lazio si giocheranno una cosa che non possono alzare, la otterranno o la perderanno per un punto probabilmente. A fare la differenza sarà qualcosa di aleatorio, come un errore di un attaccante, un colpo di sfortuna, una svista arbitrale. Nessuna di queste tre squadre porterà a casa qualcosa che si possa toccare, eppure due saranno tristi e una felice. Ma felici per cosa?
Lo so che dire agli altri come e cosa festeggiare è la peggior forma di paternalismo nello sport, anzi è anche peggio, è praticamente un crimine. Sono colpevole, ma anche realista. Un posto in Champions League è qualcosa da celebrare anche oggi, certo, ma più che per la gioia del traguardo, mi sembra lo sia diventato per il sollievo della sopravvivenza.
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