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Come potrebbe finire il valzer delle panchine
08 mag 2024
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Dalla Juventus al Genoa: tutti sembrano alla ricerca di un nuovo allenatore.
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Ci avviciniamo alla metà di maggio e la maggior parte delle squadre italiane non ha ancora deciso il proprio allenatore per il prossimo anno. Un’incertezza inusuale. Per un motivo o l’altro quasi tutte le squadre della parte sinistra della classifica possono dirsi insoddisfatte della propria annata, a parte la vincitrice, l'Inter. A parte le romane, che hanno già cambiato in corsa, tutte le altre sono alla ricerca di una svolta. Di un allenatore in grado di trasformare l’identità e la competitività del club, creare un nuovo entusiasmo, la prospettiva di un progetto. L’idea di una futura felicità. Abbiamo provato a immaginare un incastro possibile, in questo gigantesco valzer di panchine: non il più realistico, non il migliore, ma quello che ci piacerebbe vedere. Abbiamo immaginato il nuovo allenatore delle squadre di cui, si dice, sono in cerca di un nuovo allenatore, o che potrebbero essere costrette a farlo, e quindi: Juventus, Milan, Bologna, Atalanta, Napoli, Fiorentina, Torino e Genoa.Juventus: Gian Piero GasperiniSe nelle prossime settimane il suo fantastico ciclo con l’Atalanta dovesse culminare in un trofeo, non sarebbe il momento perfetto per lasciare? E, se Gasperini dovesse lasciare l’Atalanta, quale posto migliore di casa? ___STEADY_PAYWALL___ Gasperini è nato a Grugliasco, praticamente periferia di Torino, è cresciuto nella Juventus dai 9 anni fino alla prima squadra. Quando ha iniziato ad allenare, ha iniziato nelle giovanili della Juventus, prima di lanciarsi nella brillante carriera che gli riconosciamo. Si fa tanto parlare di DNA bianconero e, insomma, questo mi sembra proprio DNA bianconero, se è una cosa che esiste. Si è discusso molto se Gasperini possa o non possa allenare una grande squadra, e il precedente con l’Inter non è certo allettante, ma la Juventus, soprattutto questa Juventus, è molto diversa da quell’Inter e dall’ideale di “grande squadra” classico. La rosa è infatti povera di campioni affermati, che magari avrebbero potuto storcere il naso davanti ai metodi spicci di un allenatore con poco pedigree (vedi l’esperienza con Sarri), ma è ricca di talenti che hanno bisogno di affermarsi nel contesto italiano ed europeo e che per farlo sarebbero ben disposti a buttarsi nelle fiamme dell’inferno gasperiniano per uscirne forgiati. Anche quello che è forse il suo vero limite, quello comunicativo, all’interno del contesto Juventus sarebbe naturalmente smussato. Almeno se in estate verrà fatta maggiore chiarezza riguardo alle gerarchie all’interno della società. Già oggi, senza particolari ritocchi, la Juventus ha una rosa molto adatta al tecnico e alla sua idea di calcio. È mediamente giovane ma non inesperta, è grande e grossa (per altezza media la quarta della Serie A, l’Atalanta è la seconda) e soprattutto sprizza atletismo da tutti i pori. Le ultime due stagioni al ritmo compassato di Allegri potrebbero aver distorto la percezione, ma questa è una rosa che è ben contenta di giocare un calcio intenso e verticale che nasconda le lacune tecniche che ci sono, un gioco di recuperi alti e duelli individuali. Lo si è visto nelle rare circostanze in cui la Juventus ha giocato un calcio aggressivo. Gasperini troverebbe quindi una squadra disabituata a giocare al suo ritmo, ma tutt’altro che inadatta al suo 3-4-3 (o varianti del caso): Bremer è perfetto, Locatelli molto adatto, Rabiot, se resta, ci è praticamente nato dentro, altrimenti Fagioli va benissimo. Vlahovic, poi, non può che giovare di un allenatore che sposta il gioco 30 metri in avanti. Anche intorno a quest’asse Gasperini avrebbe dei discepoli tra cui pescare senza andare troppo sul mercato: Gatti e Danilo in difesa (ma volendo anche Huijsen), Kostic e Weah sugli esterni, McKennie e Cambiaso tipo jolly, Yildiz e Soulé sulla trequarti. Forse l’unico che andrebbe un attimo collocato è Chiesa, ma - chissà - magari si scopre essere il perfetto esterno di Gasperini (scherzo). Forse mancherebbe un po’ di alternativa sulla trequarti, qualcuno che possa fare il titolare accanto a Chiesa, ma già si parlava di Koopmeiners e con Gasperini sarebbe facile immaginarlo in bianconero. Poi, chissà, bisogna vedere che tipo di mercato vuole fare Giuntoli: Gasperini sa che giocatori vuole. È vero, alla Juventus sarebbe difficile fare il padre e padrone come a Bergamo, ma a livello tattico la sua esperienza è stata molto meno ortodossa di quello che si dice. Nelle varie stagioni è sempre stato abile nel ritoccare la propria tela, che è quella, per inserire giocatori di talento (vedi Ilicic, ma anche ora con De Ketelaere) o per adattare le sue idee al materiale a disposizione. L’Atalanta di oggi, per dire, è meno estrema di quella del passato. Gasperini è quindi sì un allenatore con un’identità chiara su cui non transige, ma non è un allenatore dogmatico, che rischia di buttare tutto all’aria se non è esattamente come vuole lui. Il profilo perfetto per ridare un po’ di vitalità a una squadra che negli ultimi anni, più che forte o scarsa, è sembrata spenta, ammutolita. Milan: Sergio ConceiçaoNel casting per la panchina del Milan si è passati in fretta da una parte all’altra della penisola iberica. Dopo il grande caos scatenato dal possibile arrivo di Lopetegui, ora i nomi che circolano sono tutti portoghesi, e due in particolare sono più insistenti: Paulo Fonseca e Sergio Conceiçao. Due allenatori che incarnano il meglio della scuola portoghese. Eppure c’è una grande differenza di percezione fra i due. Fonseca viene considerato dai tifosi una scelta di ripiego, segno di scarsa ambizione e quasi certificazione del fatto che il Milan non voglia competere per il titolo. Conçeiçao, d’altra parte, viene considerato già un allenatore d’élite.I due curriculum non sono troppo distanti. Entrambi hanno vinto titoli nazionali e condotto grandi campagne europee. Entrambi sono andati oltre le possibilità teoriche delle proprie squadre. Tatticamente sono due allenatori diversi: Fonseca più organizzato col pallone, Conçeiçao senza. Eppure i punti di contatto sono più di quanto si dica. Sono entrambi allenatori furbi e pragmatici, e anche Fonseca è diventato - dopo la Serie A - un allenatore capace di costruire fasi difensive scrupolose. Il suo Lille è la squadra che subisce meno tiri della Ligue 1, e la seconda con meno xG subiti.Nella diversa percezione pesa probabilmente il passato da calciatore carismatico, l’aver allenato una squadra d’alto livello come il Porto e l’aver spesso avuto la meglio su squadre italiane. A differenza di Fonseca, Conçeiçao non ha già allenato in Italia, ma ci ha giocato, e la sua formazione tattica sembra chiaramente influenzata dalla nostra scuola tattica. Il suo 4-4-2 reattivo con forte uso della zona rischia, per paradosso, di risultare controcultura in una Serie A diventata nel frattempo tutta di marcature a uomo.

Soprattutto, Conçeiçao ha dimostrato di saper forgiare squadre difficilissime da affrontare in Europa, specie nel doppio confronto. In carriera si è preso lo scalpo della Roma, della Juventus e lo scorso anno è stata la squadra che più si è avvicinata a eliminare l’Inter - non riuscendoci davvero per dettagli. Sta bene nei panni dell’underdog, ma quando c’è da attaccare le sue squadre sono comunque efficaci e capaci di valorizzare i talenti offensivi a disposizione. Le sue versioni del Porto sono squadre tenaci, magnetiche, con un’energia spigolosa da grande squadra latina nelle notti di Champions. Il suo Porto quest’anno domina la classifica dei cartellini della Liga Portoghese, 84 gialli e 9 rossi. Non esattamente il DNA Milan nella forma, ma nella sostanza è un allenatore che può permettere ai rossoneri di essere difficili da gestire nelle serate di Champions.Per il contesto italiano, Conçeiçao aumenterebbe la diversità dell’ecosistema tattico italiano, proponendo una versione aggiornata di alcuni tratti identitari tipici del nostro campionato.Napoli: Vincenzo ItalianoCosa potrà andare storto, tra un allenatore stressatissimo e una piazza sull’orlo di una crisi di nervi? Tra un allenatore che vive tutto coi nervi a fior di pelle, e una squadra che sembra svuotata di tutte le energie?Ci sono molti motivi per pensare che Italiano al Napoli sia una brutta idea. Eppure nessun allenatore somiglia tanto alla migliore faccia, quella più luminosa, della gestione De Laurentiis. Un allenatore ancora giovane, che non ha dimostrato del tutto il proprio valore, ma con idee interessanti e un calcio che si sposa bene con la rosa e la recente filosofia del club. Del resto sono anni che si parla di Italiano al Napoli, che rappresenta una fissa di De Laurentiis da quando il suo Spezia vinse una partita al San Paolo.Il Napoli è una squadra dall’alto patrimonio tecnico che gioca un calcio offensivo. Nell’ultimo anno questa cosa rischiamo di essercela dimenticata, e l’ultima sessione di mercato potrebbe aver impoverito troppo il Napoli. Non è detto, però, che siamo già arrivati al punto di rottura. La squadra ha ancora una rosa buona per il 4-3-3 di Italiano. Le ali, in particolari, sono di altissimo livello e hanno l’attitudine a risolvere individualmente imperfezioni collettive. Quello che Italiano non ha alla Fiorentina.Italiano ha il pregio di organizzare in modo iper-efficiente il pressing della squadra e il recupero alto del pallone. Come sappiamo, le sue peggiori Fiorentine hanno fatto coincidere questo con una fragilità insanabile in transizione - con gol subito in modo talvolta imbarazzante. Una fragilità nata però spesso dall’imprecisione, dalla fretta, dalla mancanza di idee in fase offensiva. Un gatto che si è spesso morso la coda in modo clamoroso. Non è però mai stato chiaro quanto i limiti della Fiorentina fossero tattici o tecnici, individuali o collettivi.

Già quest’anno Rudi Garcia ha provato a impostare un Napoli più intenso ed efficiente in pressing. Non ci è riuscito per vari motivi, tra cui forse una mancanza di intensità di alcuni giocatori, le difficoltà individuali in transizione difensiva, specie nella linea difensiva. Problemmi che certo il Napoli dovrebbe risolvere sul mercato. Eppure non siamo lontani da una forma tuttora molto competitiva. Osimhen sembra la cessione più possibile, tra quelle che farebbero male, ma dai suoi soldi si potrebbe ricostruire una squadra attorno a un allenatore ancora giovane e ambizioso. Servirebbe almeno un difensore centrale (meglio due), un paio di terzini e un paio di rotazioni in più a centrocampo. Oltre a un nuovo attaccante, ma considerando che Simeone e Raspadori di loro rappresentano una coppia di per sé intrigante (Simeone col lavoro in fase difensiva, lo stile di gioco enfatico sembra nato per giocare da 9 di una squadra di Italiano).Vincenzo Italiano alla Fiorentina ha dimostrato pregi e difetti piuttosto chiari, ma ha ottenuto risultati innegabili, soprattutto nelle coppe. Diamo per scontato che gli allenatori siano quelli, che non possano evolvere e migliorare, nonostante la realtà ci suggerisca il contrario. Italiano non ha chiarito ancora del tutto se è un grande allenatore, ma ha dimostrato di meritare una squadra ambiziosa e che creda in lui.Fiorentina: Alberto GilardinoAlberto Gilardino è l’allenatore ad aver fatto meglio in questa stagione di cui si è parlato di meno. Siamo agli sgoccioli del campionato e il Genoa è comodamente al 12esimo posto della classifica, a soli due punti dal Monza di Palladino, nonostante una situazione societaria poco chiara e un portiere che sembra essere più spettacolare che efficace (se si escludono Turati, Consigli e Scuffet, Josep Martinez è il peggiore tra i portieri titolari del campionato per differenza tra post-shot Expected Goals e gol effettivamente subiti). Prima dell’inizio di questo campionato ci si aspettava un campionato di sofferenza per il Genoa: 3-5-2, difesa all’arma bianca in area, tentativi di transizione lunghe e disperate. In realtà, però, già la scorsa stagione in Serie B aveva rivelato un lavoro meno banale di quanto potesse sembrare a uno sguardo poco attento. “Parlare dei rossoblu solo come di una squadra solida non rende però giustizia al lavoro di Gilardino, che la scorsa stagione ha messo in campo una squadra con un impianto di gioco solido e sofisticato”, scriveva per esempio Angelo Pisani proprio qui su Ultimo Uomo, nella guida che avevamo dedicato al “Grifone”.L’annata del Genoa ha confermato l’impressione di una squadra ricca e divertente, che si esalta quando viene sostenuta dal proprio pubblico. Sono state diverse le prestazioni memorabili che hanno puntellato la sua stagione: la vittoria svanita solo negli ultimi minuti contro il Napoli di Rudi Garcia, il 4-1 travolgente inflitto alla Roma, il rocambolesco 3-3 arrivato solo pochi giorni fa a San Siro contro il Milan. Certo, in quasi tutte le sue partite migliori il Genoa ha rivelato una certa dipendenza da Albert Gudmunsson - dal suo talento elettrico ed imprevedibile, che sembra fuori scala in una squadra che teoricamente lotta per non retrocedere, ma anche da un punto di vista tattico. Sono principalmente i movimenti senza palla di Gudmunsson a rendere imprevedibile il Genoa, che oscilla sempre tra un 4-3-3 piuttosto propositivo a un più italiano 3-5-2, o addirittura un 3-6-1 nelle situazioni più disperate. Gilardino potrebbe replicare una stagione così positiva senza il suo giocatore migliore, in una piazza esigente come quella di Firenze?È una delle tante incognite che accompagnerebbe alla Fiorentina Alberto Gilardino, un allenatore giovane, alla sua prima esperienza in una squadra con ambizioni di classifica alta, e che sarebbe chiamato a colmare il vuoto lasciato da Vincenzo Italiano, che diventerebbe ancora più grande nel caso in cui la Fiorentina riuscisse a vincere la Conference League. Ognuna di queste incognite però potrebbe anche nascondere un’opportunità, che poi è l’ottimismo che andrebbe assunto quando ci si prende un rischio sul mercato. Innanzitutto, visto che la Fiorentina è stata già vicina a prendere Gudmunsson nel calciomercato di gennaio, non è detto che non sia proprio Gilardino il fattore decisivo per convincerlo a trasferirsi a Firenze. Se ci pensate avrebbe senso: Gudmunsson continuerebbe ad essere allenato dal tecnico che ha fatto fiorire il suo talento in Italia, e in una squadra che gli garantirebbe uno step intermedio di carriera meno impegnativo da un punto di vista delle aspettative e della pressione di una squadra come l’Inter (o qualsiasi altra grande squadra si interesserà a lui nelle prossime settimane). Anche senza Gudmunsson, comunque, Gilardino avrebbe il lusso di girare una nuova pagina di storia alla Fiorentina. Certo, è probabile che alcuni pezzi grossi della rosa se ne vadano con Italiano, ma questo significherebbe anche avere uno spazio di manovra ancora più ampio per ricostruire la squadra a propria immagine e somiglianza, con una società alle spalle che ha buone possibilità economiche. Insomma, Gilardino non dovrebbe adattarsi a un progetto pensato per un’altra persona, e credo per un allenatore giovane non ci siano condizioni migliori per affrontare una sfida così impegnativa come la Fiorentina oggi. Anche per la società viola, riportare Gilardino in una delle squadre che più ha reso celebri le sue sviolinate sarebbe un’operazione dall’impatto sicuro, in un’epoca in cui gli ex in panchina vanno moltissimo. D’altra parte, non è solo superficiale nostalgia: Gilardino alla Fiorentina potrebbe funzionare, e se funzionasse sarebbe una grande storia. Bologna: Thiago MottaCon la sua decisione di restare al Bayer Leverkusen, Xabi Alonso ci ha svegliati dalla nostra ipnosi. Dal pensiero che con quello che ha dimostrato, era naturale che scegliesse una squadra più grande da allenare. Ma qual era una squadra più grande del Bayer Leverkusen, che impresa più grande ci può essere che provare a vincere trofei con una squadra che non ne ha mai vinti, avendone la possibilità?Appiccicare questo stesso discorso su Thiago Motta è stato già fatto e mi rendo conto: è capzioso e forzato. Non si può paragonare una squadra che compie un’impresa a qualificarsi in Champions a un’altra imbattuta da quasi 50 partite. La forza economica, il patrimonio tecnico delle due realtà non è minimamente paragonabile.C’è però un nocciolo duro di senso nella vicenda di Xabi Alonso che vale anche per Thiago Motta, e cioè che la propria storia personale, e il modo in cui questa si lega a un club, è più importante dei risultati sportivi. O quanto meno si può trovare un equilibrio più virtuoso del passare subito alla cassa. Thiago Motta è molto desiderato ma è un allenatore ancora giovane. Quest’estate non sarà il suo ultimo treno per una grande squadra, se crede nelle proprie capacità. Il treno per giocarsi l’esordio in Champions League col Bologna, la squadra che lui stesso ha costruito, quello sì che passa una volta sola.

Già nostalgici?

«Ho ancora del lavoro da finire», ha detto Xabi Alonso in riferimento al Leverkusen, e questa frase mi sembra ancora più vera per Thiago Motta, che dovrebbe essere seduto sulla panchina nelle notti europee che i tifosi rossoblù sognano da più di un decennio. La rincorsa europea del Bologna è stata lunga e sofferente. Ci ha messo del tempo Saputo a trovare la formula giusta per costruire una squadra competitiva. Sarebbe triste se ora tutto saltasse in aria nel giro di un anno. I tifosi del Bologna meritano più di una sola stagione ben fatta.Certo, Motta dovrebbe ricevere rassicurazioni sul mercato. Saputo dovrebbe garantirgli di avere la forza di non cedere nessuno di insostituibile, e i giocatori insostituibili nel Bologna non sono poi molti. Mi rendo conto che questo è l’augurio più ottimistico, ma stiamo parlando di sogni, no?Atalanta: Raffaele PalladinoA volte un allenatore rimane così a lungo su una panchina che si inizia a parlare di dinastia. Gian Piero Gasperini è l’unico in Italia a potersi avvicinare a questa parola e se dovesse vincere un trofeo con l’Atalanta (evito di pronunciarne i nomi così da evitare riti apotropaici) cos’altro potrebbe chiedere alla sua esperienza a Bergamo? Se lo vincesse, insomma, non sarebbe troppo implausibile immaginare che passasse lo scettro a un suo erede e nessuno in Italia ha più eredi di Gasperini. Certo, le cose nel calcio raramente sono così semplici, ma è naturale pensare che l’Atalanta come suo successore possa pescare tra uno dei suoi tanti discepoli. Tatticamente avrebbe senso: la squadra non correrebbe il rischio di crisi di rigetto di nuovi sistemi e potrebbe evolvere senza dover abbandonare principi ormai interiorizzati da anni e anni di lavoro. Certo, nonostante il gasperinismo abbia ormai dilagato, la cerchia di possibili discepoli non è così larga come sembra. Con Thiago Motta che sembra ormai destinato alla Juventus, o comunque a una squadra di primo profilo in Europa, e Juric che viene dall’ennesima stagione senza acuti al Torino, l’unico discepolo gasperiniano che sembra avere le potenzialità per poter prendere una panchina importante come quella dell’Atalanta è Raffaele Palladino. Palladino è giovane, viene da due grandi stagioni al Monza nonostante una situazione societaria incerta, ed è stato già cercato da alcune squadre di rango più alto che sembravano proprio volere un discepolo di Gasperini. Prima la Lazio, che alla fine è atterrata su Tudor; poi - si dice - il Torino, che potrebbe in questo modo abbandonare la versione satanica del gasperinismo per quella più sfumata e ariosa di Palladino. “In un ipotetico spettro del gasperinismo potremmo dire che Juric e Palladino si collocano su due poli opposti”, scriveva Emanuele Mongiardo qualche tempo fa “Il primo ne rappresenta la versione più distruttiva, feroce, imperniata sull’efficienza della fase di non possesso e sull’impatto atletico. Palladino, invece, è la versione più tecnica del calcio di Gasperini”. Un calcio quindi meno concentrato sull’intensità, sulla sopraffazione atletica dell’avversario, sulle transizioni e che cerca di valorizzare di più le connessioni tecniche tra i giocatori, il rapporto dell’uomo con il pallone e con i suoi compagni. All’Atalanta potrebbe funzionare? Chissà forse Palladino potrebbe aiutare Gianluca Scamacca a esplorare tutto il bagaglio tecnico a sua disposizione. Non solo il centravanti diventato finalizzatore spietato che stiamo vedendo in questo periodo di grazia, ma anche il trequartista mascherato in grado di associarsi con i compagni tra le linee, e di creare superiorità numerica con un’invenzione nello stretto. Non solo Scamacca, anche giocatori come De Ketelaere e Miranchuk potrebbero affermarsi definitivamente ad alti livelli in un calcio meno concentrato sulla verticalità, per non parlare di Koopmeiners, sempre che rimanga a Bergamo. Trovare il modo che la somma del talento di questi giocatori faccia più del totale potrebbe davvero portare l’Atalanta in una nuova dimensione, che adesso è difficile persino da immaginare. Palladino potrebbe contribuire anche con il calciomercato a costruire una squadra che ormai ha una sua reputazione in Europa, e che vuole salire ulteriormente di livello. Un club che cerca quindi di arricchire la propria rosa a livello tecnico per un allenatore più concentrato sul possesso e che negli scontri europei potrebbe avere altre armi a sua disposizione, oltre alle marcature a uomo a tutto campo. Questo a voler vedere il lato luminoso della luna, ovviamente. La transizione tra i due allenatori, infatti, potrebbe anche essere dolorosa per qualcuno. Penso per esempio a due colonne portanti dell’Atalanta gasperiniana, come De Roon e Pasalic, che in un calcio più tecnico come quello di Palladino avrebbero meno senso, o alla nutritissima batteria di esterni robot, con l’allenatore del Monza che sembra preferire profili meno atletici ma tecnicamente più complessi. Non è detto che questa evoluzione sia facile come sembra, insomma. C’è da dire, poi, che se c’è una squadra che il Monza ha sofferto in queste due stagioni è proprio l’Atalanta di Gasperini. Contro il suo maestro, Palladino ha sempre perso e, se si esclude l’ultimo confronto (1-2), sempre in maniera netta (gli altri due precedenti sono finiti 5-2 e 3-0), come a rivelare una certa debolezza contro quell’esuberanza fisica da cui teoricamente il nuovo allenatore potrebbe allontanarsi. Il calcio, soprattutto il calcio italiano, è stato plasmato negli ultimi anni dall’importanza dei duelli individuali, anche fisici, dalla rottura delle linee di difesa per favorire le marcature a uomo, dalla ricerca della verticalità - principi su cui si basa il credo di Gasperini e che forse potrebbero finire per divorare uno dei suoi stessi figli.

A proposito di valzer delle panchine, una foto che non sembra invecchiata di un giorno.

Insomma, non mancherebbero i rischi ma da un certo punto di vista è anche per questo che la scelta di Palladino fa intravedere un futuro. D’altra parte, se siamo qui a parlare dell’Atalanta come una delle più importanti squadre della Serie A è proprio per una scommessa, e forse persino più radicale di questa. Otto anni fa l’Atalanta aveva scelto Gasperini dopo che aveva già fallito ad alti livelli, senza sapere che la sua rinascita l’avrebbe accompagnata in una nuova fase della sua storia. La squadra e l’allenatore in un certo senso sono cresciuti insieme, e chissà che con Palladino non possa succedere lo stesso. Un allenatore giovane, ambizioso, che vuole affermarsi ai massimi livelli incontra una squadra appena entrata nell’élite del calcio italiano, che vuole salire un altro gradino anche in Europa. La speranza, a Bergamo, è che il meglio debba ancora venire. Torino: Paolo VanoliL’ultimo prodotto del “contismo” italiano ha avuto un percorso strano. Cresciuto come un allenatore della federazione - uno di quei professori interni e sconosciuti - ha poi fatto da collaboratore di Antonio Conte all’Inter. Si è seduto sulla prima panchina da panchina allo Spartak Mosca, seguendo quindi le orme di Massimo Carrera. A Mosca ha vinto una Coppa di Russia con Marco Donadel come vice, poi è scoppiata la guerra e sappiamo com’è andata. È arrivata la chiamata del Venezia che sedeva in fondo alla classifica di Serie B, e Vanoli ha portato la squadra - è il caso di dire miracolosamente - ai playoff, dove poi è stato eliminato dal Cagliari di Ranieri.Di Vanoli al Torino si parla da ormai qualche settimana, da quando cioè è diventato più plausibile separarsi da Juric, e il Venezia continua a stare ai piani alti della classifica. La squadra si giocherà all’ultima giornata le residue possibilità di promozione diretta, altrimenti dovrà affrontare i playoff. Solo un’epica stagione del Como sta beffando i lagunari.Vanoli è riuscito a rianimare una squadra morta, ritrovatasi a lottare per obiettivi non suoi, con un lavoro non solo mentale ma anche tattica. L’identità è stata subito chiara: 3-5-2 imperniato su giocatori dalla gamba frizzante, e con un gioco piuttosto diretto sulle punte. Ha alternato due terminali offensivi a una coppia più classica, con seconda e prima punta. L’idea è stata valorizzare le qualità fuori scala di Joel Pohjanpalo, capocannoniere della B e autore di una stagione alla Lewandowski in Bundesliga. Prendendo Vanoli il Torino scommetterebbe su un allenatore finora ai margini del nostro calcio, ma con una formazione d’alta scuola, che ha lavorato in contesti altamente professionali e con una preparazione tattica profonda. Un allenatore che ha fatto il bagno nel 4-4-2 sacchiano in federazione (finale europeo Under-19 con Dimarco e Locatelli, e sconfitta in finale con la Francia di Mbappé) e poi nel 3-5-2 contiano. Forse i tifosi del Torino avranno la nausea a immaginarsi per altri anni col 3-5-2: un’identità granata ormai radicata, sebbene non abbia portato alcun risultato di rilievo finora, a parte una qualificazione ai playoff di Europa League con Mazzarri. Vanoli ha detto che «il sistema di gioco lo fanno le caratteristiche dei giocatori» ma è difficile che arrivando al Torino non riproponga il 3-5-2. Ha però dimostrato di poter creare una squadra efficiente offensivamente, che ha oggi il miglior attacco della B. Non solo grazie al talento di Pohjanpalo ma anche, per esempio, ai movimenti senza palla delle mezzali e al lavoro incessante degli esterni. Sarebbe una scommessa interessante per una squadra oggi un po’ ingrigita.Genoa: Vincenzo VivariniC’è un allenatore che ha portato il Catanzaro dalla C alla B giocando un calcio iper-organizzato ed efficace. Un calcio persino bello da vedere. Questo allenatore è rimasto imbattuto per un tempo lunghissimo, dall’inizio della stagione 2022/23 fino a febbraio del 2023. Questo allenatore, a Catanzaro, ha ottenuto il record di punti in Serie C e una differenza reti pazzesca di +81. Questo allenatore, poi, ha permesso al Catanzaro di raggiungere la salvezza virtuale in Serie B già a febbraio, pur con una squadra non particolarmente rinforzata rispetto alla C. Oggi la squadra è in piena zona playoff e non sembra accontentarsi. Un paio di settimane fa ha messo i bastoni fra le ruote al Venezia di Vanoli che sembrava avviato verso la promozione diretta.Di questo allenatore, cioè di Vincenzo Vivarini, si parla poco. Nonostante sia considerato da anni uno dei più preparati del calcio italiano, non ha mai avuto una possibilità in Serie A. Il suo è un percorso di gavetta, che come quello di Giampaolo e Sarri sembrava poter passare da Empoli per il lancio definitivo. Nel 2017, dopo un avvio impressionante sulla panchina dei toscani,

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