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Francesco Scaccianoce/LiveMedia/NurPhoto via Getty Images
Fondamentali Emanuele Mongiardo 4 aprile 2022 10'

Il talento ha fatto la differenza tra Atalanta e Napoli

La squadra di Gasperini si è scontrata sui suoi limiti sulla trequarti.

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In Italia esiste un unico modo di vincere le partite considerato da grande squadra e di perderle invece da piccola. Sono quelle gare dove non si può dominare il contesto, ma si resta aggrappati alla partita e la si gira dalla propria parte con la solidità difensiva e gli episodi. Questo è la vittoria per eccellenza secondo la tradizione italiana più ortodossa. In questo senso, Atalanta-Napoli potrebbe essere considerato il più limpido esempio di vittoria da grande squadra: ostaggio dell’Atalanta nella propria metà campo, gli uomini di Spalletti hanno sfruttato un paio di incertezze del sistema difensivo avversario per costruire il vantaggio e chiudere la contesa con un contropiede all’81esimo. Per come si è svolta la partita, però, per le pieghe che avrebbe potuto assumere con scelte diverse in zone calde del campo, l’1-3 del Gewiss Stadium parla soprattutto della distanza tra l’Atalanta e le prime quattro e, in particolare, della distanza tra l’Atalanta 2021/22 e quella delle ultime tre stagioni.

 

Certo, non bisogna commettere l’errore di ridimensionare dopo una sola partita l’Atalanta, che rimane anche quest’anno la miglior squadra italiana in Europa. Per quanto avvenuto in campo, però, più che il Napoli a vincere da grande è stata l’Atalanta a perderla da “piccola”: come quelle squadre, cioè, che impongono il proprio ritmo, dominano il pallone, sprecano numerose occasioni e alla fine vengono punite in modo crudele dalla maggior precisione degli avversari. Una sconfitta che avremmo potuto aspettarci dalla prima Atalanta di Gasperini, non da quella esperta e in grado di vincere senza grandi affanni in casa del Bayer Leverkusen. Se la maturità dei nerazzurri non è in dubbio, la sconfitta di domenica testimonia una regressione a livello tecnico che forse spiega gran parte del distacco del loro distacco dalla zona Champions.

 

Il pressing dell’Atalanta e il rischioso equilibrio delle marcature

Entrambi vittime di assenze eccellenti, né Gasperini né Spalletti hanno offerto novità tattiche e si sono mantenuti sui soliti binari. Il Napoli, davanti a Ospina, oltre ai titolari Koulibaly e Mario Rui ha schierato Zanoli al posto dell’infortunato Di Lorenzo e Juan Jesus al posto dello squalificato Rrahmani. Il terzetto di centrocampo, invece, era costituito da Lobotka, Zambo Anguissa e Zielinski, con quest’ultimo a fare da pendolo tra la posizione di trequartista e quella di mezzala sinistra in fase difensiva. Fabian Ruiz, di ritorno da problemi fisici, è partito dalla panchina. In avanti, oltre a Politano e Insigne sulle fasce, il riferimento centrale è stato Mertens, sostituto dello squalificato Osimhen.

 

Nell’Atalanta, invece, Demiral non era al meglio, così da centrale di destra al fianco di Palomino e Djimsiti ha giocato il classe 2003 Scalvini. Gli esterni erano Zappacosta a sinistra e Hateboer a destra, mentre la coppia di mediani era quella di sempre, con De Roon e Freuler. Il 3-4-1-2 nerazzurro era completato da Koopmeiners da trequartista, Muriel da punta sinistra e Malinovskyi da punta destra.

 

Sin dalle prime battute, si è capito che l’assenza più pesante per la partita era quella di Osimhen. Senza il nigeriano, le opzioni del Napoli con la palla contro una squadra come l’Atalanta erano dimezzate. Osimhen sarebbe stato utile per vincere qualche duello aereo in più, ma soprattutto sarebbe stato una minaccia costante in profondità. Contro squadre con riferimento sull’uomo in fase difensiva, avere una punta in grado di sfruttare lo spazio alle spalle dei difensori, ma anche di allontanare tra sé gli avversari e di dare più spazio ai compagni, è vitale. Fino all’azione del rigore, il Napoli non ha mai trovato il modo di uscire dalla propria metà campo e il pressing di Gasperini riusciva sempre a mettere in crisi la costruzione dal basso degli azzurri.

 

I riferimenti del pressing dell’Atalanta erano piuttosto naturali: le due punte sui centrali e il trequartista Koopmeiners su Lobotka. Da destra a sinistra, cambia invece la rigidità dell’orientamento a uomo. Da una parte, infatti, Hateboer si alzava subito su Mario Rui. Dall’altra, invece, c’era più flessibilità su come andare a prendere Zanoli. Anche a seconda della posizione di Zambo Anguissa, al terzino classe 2000 dovevano provvedere o Freuler – che scivolava verso la fascia – o Zappacosta – che invece si alzava sul suo rispettivo avversario. Particolarmente fruttuosa, poi, è stata la marcatura di Palomino su Mertens. Nel primo tempo il centrale argentino non ha mai dato al belga l’opportunità di creare separazione e di ricevere in maniera pulita: in questo modo inizialmente l’Atalanta ha spesso trovato l’intercetto col Napoli aperto in impostazione.

 

Le marcature dell’Atalanta, con Koopmeiners e Muriel che stavolta si scambiano l’uomo. Malinovskyi abbandona Juan Jesus per pressare Ospina.

La pressione costringe Ospina ad un lancio strozzato verso Mertens, intercettato agevolmente da Palomino.

Nei primi dieci minuti, insieme a Mertens, a soffrire di più è stato Zambo Anguissa che, costretto sempre a ricevere di spalle, ha ricordato il giocatore che aveva regalato a Griezmann il gol dell’1-0 nella finale di Europa League tra Atletico e Marsiglia. Il camerunese ha perso un paio di palloni sanguinosi sul limite dell’area. Il primo, provando ad allargare a memoria per Zanoli, con Freuler che ne ha letto le intenzioni, staccandosi dalla marcatura per intercettare.

 

 

Il secondo, provando a sfruttare il corpo a corpo per saltare l’uomo, come sa fare bene lui: Freuler però ha retto, favorendo il raddoppio di Malinovskyi e l’Atalanta ha recuperato un possesso pericoloso. Per fortuna del Napoli, però, i nerazzurri non sono mai riusciti a convertire il pressing in occasioni chiare.

 

Intorno al 10’, però, la prima sbavatura dei bergamaschi nelle scalate sull’uomo ha portato in vantaggio il Napoli. La flessibilità delle marcature sulla sinistra, in questo caso, ha creato confusione. Per una volta, Palomino non ha seguito il movimento incontro di Mertens, che è stato trovato da Ospina con un bel lancio liftato nonostante la pressione avversaria. Mertens ha fatto da terzo uomo e di testa ha allargato per Zanoli inizialmente libero, come fa spesso l’Atalanta col terzino del lato di Freuler.

 

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Zappacosta è basso sulla linea dei difensori, così tocca allo svizzero allargarsi su Zanoli. Freuler ci arriva con qualche attimo di ritardo, perché era rivolto verso il centro del campo, concentrato sul lancio per Mertens. La pressione di Freuler è blanda, così Zanoli lo prende controtempo e lo salta verso l’interno. Il problema, a quel punto, diventa la scelta di Zappacosta. Politano ha fatto un taglio interno-esterno e ha portato con sé Djimsiti, il suo marcatore. Anche Zappacosta, però, si è fatto attrarre dal movimento e si è allargato. A quel punto per Zanoli si apre un largo canale in cui condurre fin sulla trequarti del Napoli.

 

 

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Mentre il terzino porta palla, Mertens scatta alle spalle di De Roon. Palomino forse sopravvaluta le doti in conduzione di Zanoli e gli si para davanti sui trenta metri. Il problema è che Mertens taglia dietro di lui e Zanoli lo trova con un bel pallonetto. Mertens anticipa Musso e guadagna il rigore dell’1-0.

 

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Gli errori da parte della difesa di Gasperini sono diversi. Abbiamo già detto dell’inspiegabile scelta di Zappacosta di allargarsi, con Politano già in custodia del suo marcatore, ma bisognerebbe anche aggiungere che se Palomino avesse coperto la profondità forse il Napoli non sarebbe passato in vantaggio: Zanoli ha giocato un’ottima partita, sembra un terzino solido, ma lasciargli il pallone sulla trequarti sarebbe stato meno pericoloso di concedere un comodo taglio a Mertens alle spalle della difesa.

 

A quel punto l’Atalanta ha esasperato il proprio assedio alla trequarti avversaria. Il Napoli si è schiacciato in un 4-5-1 in cui spesso anche Mertens rientrava fin sul limite dell’area e dove gli uomini di Spalletti non avevano grandi idee per allentare la pressione. Senza Osimhen e con Mertens costretto a giocare, se va bene, di prima, sarebbero dovute essere le ali a conservare il pallone e a far risalire la squadra con dribbling e conduzioni. Politano e Insigne, però, non hanno quasi mai battuto il diretto marcatore in dribbling. Insigne, in particolare, è stato un buco nero di palloni persi e il più delle volte recuperati da Scalvini. La loro partita in questo senso è piuttosto paradossale: da una parte sono stati loro a decretare la vittoria del Napoli con i loro gol, ma dall’altra il loro contributo è stato piuttosto negativo, lasciando in apnea la propria squadra. I dribbling e le conduzioni delle ali sono il modo migliore per rendere scomoda la partita all’Atalanta, ma il Napoli non ci è praticamente mai riuscito.

 

Il risultato, allora, si spiega attraverso due chiavi di lettura. La prima, il cinismo con cui gli azzurri hanno sfruttato le uniche occasioni del primo tempo in cui si sono inceppati i riferimenti del pressing nerazzurro sull’uomo; la seconda è che basta davvero il minimo squilibrio nelle scalate a punire l’Atalanta. Proprio questo domino ha portato anche alla punizione del 2-0: dopo un recupero palla nella propria metà campo, Mario Rui ritorna da Koulibaly. Muriel è largo vicino a Zanoli e dovrebbe stringere sul senegalese. Koopmeiners però non aspetta, abbandona Lobotka e si alza su Koulibaly. Il capitano del Napoli, con freddezza, gioca in verticale sul vicino Zambo Anguissa che stavolta riesce a fare da terzo uomo per Lobotka, libero da marcature per via della scelta di Koopmeiners. Lo slovacco prende controtempo Freuler che prova a scivolare su di lui e lo salta con una prima virata.

 

 

Mertens si sposta verso il centro per allontanare, più avanti, De Roon da Palomino e aprire così un corridoio al compagno in possesso. Lobotka si produce in una di quelle conduzioni che lo avevano reso uno dei migliori centrocampisti della Liga al primo anno di Celta Vigo, taglia anche la linea composta da Palomino e De Roon, e costringe l’argentino a commettere fallo sui venticinque metri. Spalletti, nel post partita, ha fatto un bel ritratto del suo centrocampista: «Quando pensano di portargliela via lui inverte la direzione di corsa. Quando esce da lì e decide di allungare ha anche passo oltre che forza per fare strada con la guida della palla. Quando è tutto chiuso, quando tutti hanno i riferimenti come fa l’Atalanta, avere la possibilità di uno che salta una postazione e va a correre nello spazio diventa lo sbocco di qualsiasi situazione».

 

L’imprecisione dell’Atalanta sul limite dell’area

La seconda chiave attraverso cui leggere la vittoria del Napoli è l’imprecisione dell’Atalanta sul limite dell’area, dettata in parte dalla scarsa qualità delle scelte nerazzurre negli ultimi metri. Certo, il Napoli è stato molto compatto in fase difensiva e non ha commesso sbavature o errori individuali – con un Mario Rui eccellente nelle diagonali. L’Atalanta, in teoria, il modo di scardinare il blocco del Napoli lo aveva anche trovato, sia col pressing alto che col possesso ragionato. Il problema è che, al momento della giocata decisiva, c’era sempre un errore che impediva di sfruttare o creare occasioni nitide. La presenza sulla trequarti di Koopmeiners e Miranchuk (entrato nel secondo tempo al posto di Malinovskyi) invece di Ilicic e Gomez, due giocatori geniali che hanno fatto le fortune dell’Atalanta, si sente molto ed è difficile da sostituire. Anche Malinovskyi e Muriel, che hanno qualche arma in più, non sono sempre stati lucidissimi.

 

In attacco posizionale, i nerazzurri hanno creato buone occasioni ogni volta in cui trovavano l’uomo tra le linee. Mentre sul centro sinistra Muriel galleggiava in maniera più statica tra centrocampo e difesa del Napoli, sul centrodestra l’Atalanta faceva salire un uomo da dietro invece di occupare in maniera fissa lo spazio. In entrambi i casi, comunque, la ricezione tra le linee costringeva il Napoli a stringersi e a lasciare più spazio in ampiezza. Se la palla arrivava sulla fascia, l’esterno dell’Atalanta allora aveva più spazio per calibrare il cross. E quello spazio dava il tempo agli altri giocatori offensivi di occupare in massa l’area del Napoli. In questo modo l’Atalanta riusciva a convertire quasi sempre il cross in un tiro.

 

Freuler pesca Muriel tra le linee, Politano stringe su di lui.

Muriel si gira con un bel controllo orientato e si lascia Politano alle spalle. A quel punto può allargare per Zappacosta che stringe fin sul lato corto dell’area. Tutto quello spazio prima che la palla arrivi a Zappacosta dà il tempo a Koopmeiners, Freuler e Hateboer di attaccare l’area.

Lo spazio che il Napoli lascia in ampiezza dà il tempo a Zappacosta di rientrare sul destro, il piede forte, e calibrare il cross preciso sulla testa di Malinovskyi. Ospina salva in tuffo.

 

Anche il 2-1 è nato da un cross calibrato con tanto spazio a disposizione. In questo caso, l’azione è stata innescata da una sbavatura di Insigne, che ha consegnato il pallone a Scalvini. La palla è arrivata a Zappacosta che è rientrato verso l’interno ha attirato Mario Rui. Zappacosta ha scaricato per Koopmeiners che di prima ha trovato Miranchuk. Il trequartista russo si è sfilato sulla fascia, con tanto spazio per rientrare sul sinistro e preparare il cross, dopo che Mario Rui aveva stretto per seguire Zappacosta. Quando parte il cross in area del Napoli ci sono cinque giocatori azzurri contro cinque giocatori dell’Atalanta.

 

 

A quel punto Gasperini ha inserito Boga, che ha offerto immediatamente un’arma in più. Gasperini inizialmente lo ha inserito a destra al posto di Hateboer, ma poi lo ha quasi subito spostato a sinistra, dove riusciva ad associarsi bene con Muriel, un’intesa che potrebbe rappresentare una svolta per l’Atalanta anche in futuro. Entrambi infatti sono formidabili in conduzione: se uno dei due prova a convergere, l’altro gli libera spazio con un taglio. La conduzione verso l’interno e i dribbling dei due ieri hanno abbassato il Napoli e hanno permesso all’Atalanta di portare più uomini vicino l’area.

 

Muriel, peraltro, è riuscito spesso a convergere per trovare Miranchuk sul lato debole. Il russo, spesso isolato sul limite dell’area sia con lo specchio aperto che con il compagno libero sull’esterno, ha però commesso diverse imprecisioni nell’ultimo passaggio oppure ha toccato troppe volte il pallone prima di decidere cosa fare, permettendo al Napoli di ribattere i suoi tiri o i suoi passaggi.

 

Un paio d’occasioni in cui Miranchuk spreca gli isolamenti costruiti da Muriel. Nella seconda foto sbaglia uno stop che avrebbe potuto portare a un’occasione pericolosa.

 

Anche Koopmeiners non è riuscito a dare la sufficiente qualità sulla trequarti. Il centrocampista olandese ha ottime doti balistiche e grande intelligenza, ma ieri il suo tocco è stato spesso troppo grezzo, e spesso in momenti decisivi in cui c’era la possibilità di prendere la difesa avversaria di sorpresa. Koopmeiners non è mai riuscito a eseguire un controllo orientato pulito, o una conduzione, e a volte non riusciva nemmeno a mettere il corpo davanti all’avversario una volta recuperata palla: insomma, tutto il contrario di quello che faceva Ilicic.

 

Anche quando l’Atalanta riusciva a creare i presupposti per produrre occasioni nitide c’era sempre un tocco sbagliato a rovinare tutto. In questo modo, la scarsa qualità sulla trequarti ha tagliato le gambe ai nerazzurri alle porte dell’area di rigore.

 

Un paio di recuperi palla non trasformati in palle gol dall’Atalanta. Prima Malinovskyi che invece di calciare da dentro l’area prova a sterzare sul difensore.

Poi Muriel lento a decidere cosa fare che dà il tempo a Lobotka di sfilargli palla da dietro.

Gasperini ha provato a rimediare all’assenza di qualità invitando più spesso i suoi centrocampisti a sganciarsi. Se il Napoli si schiacciava sulla sua area, Freuler e De Roon avevano più spazio per condurre e magari arrivare al tiro con una triangolazione: un’altra volta, le cattive esecuzioni e le scelte sbagliate hanno impedito all’Atalanta di segnare. Freuler e De Roon sono due pilastri del sistema di Gasperini, ma anche loro hanno dei limiti giunti sui sedici metri, una zona dove la squadra di Gasperini ha bisogno di fantasia come acqua nel deserto.

 

Sarebbe bastato davvero un pizzico di precisione in più per trovare un altro gol. Alla fine la differenza tra le squadre da Champions e le altre la fa anche il talento individuale.

 

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Emanuele Mongiardo nasce a Catanzaro nel 1997. Scrive di calcio su "Fuori dagli schemi" e di rap su "Four Domino".

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