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Super Smash Bros Ultimate è l'esport perfetto?
06 ago 2019
Il titolo di Nintendo ha portato la scena competitiva nata con Melee ad un altro livello.
(articolo)
13 min
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Ci sono alcuni personaggi dei videogiochi che rimangono incastonati nell’immaginario collettivo, e non solo come icone del mondo videoludico. Ed è probabile che se provaste a chiedere a un passante qualsiasi di nominarvene alcuni, molti menzionerebbero un personaggio dell’universo di Super Smash Bros. Tra Super Mario, i Pokémon, Zelda, PAC-MAN, Donkey Kong, e Ken e Ryu di Street Fighter, è verosimilmente il videogioco con il maggior numero di crossover tra videogiochi di successo. Tutti uniti in un unico titolo che da vent’anni riesce a coniugare competizione e divertimento con un successo quasi unico.

Era il 1999 quando il primo capitolo della serie veniva lanciato su Nintendo64, dopo aver venduto nel solo Giappone oltre un milione di copie. Dodici personaggi disponibili in tutto, contro i 77 dell’ultimo capitolo uscito a dicembre 2018, tutti creati da Nintendo, o da sviluppatori terzi, pronti a darsele di santa ragione con le proprie abilità. Una brawl, rissa, è il termine corretto del genere, appartenente al più ampio e conosciuto dei picchiaduro. Parente, dunque, di titoli come Street Fighter e Tekken: sotto molti punti di vista, però, lontanissimo dall’esserne simile.

Super Smash Bros è probabilmente insieme a Counter-Strike e Starcraft il titolo competitivo che meglio è invecchiato negli anni, riuscendo sempre a rinnovarsi e a catalizzare su di sé l’attenzione di vecchie e nuove generazioni. Una passione che ha attraversato gli ultimi vent’anni fino all’uscita dell’ultima versione: Ultimate.

E nonostante la natura competitiva insita naturalmente nelle dinamiche del gioco, Nintendo non è mai intervenuta in prima persona lasciando ampi margini di manovra alla comunità di videogiocatori, che da sola lo ha portato nell’olimpo degli esports più seguiti. Il picchiaduro Nintendo è oggi riconosciuto come una delle serie più fortunate, merito prima di tutto della sua accessibilità alle meccaniche di gioco. In altre parole: è un titolo semplice da comprendere, pensato per le sfide familiari e con amici. Al tempo stesso può raggiungere un livello di difficoltà estrema tra i migliori giocatori, ed è questo aspetto che più ha contribuito nel tempo a creare una scena competitiva affiatata.

Le regole sono semplici. Uno, due o più personaggi si sfidano su una piattaforma sospesa nel vuoto, scambiandosi non solo pugni e calci ma utilizzando le proprie abilità peculiari di ogni personaggio. Il danno da caduta è una percentuale che cresce per ogni botta ricevuta: superata la soglia critica, il proprio avatar perde una vita ma non la partita: è necessario perderle tutte e tre per uscire definitivamente dallo stage.

Presentazione di Super Smash Bros Ultimate per Nintendo Switch.

In principio era Melee

Il titolo con cui l’universo sportivo di Super Smash Bros è fiorito è stato inizialmente Melee, definito da molti come “The Golden Game”, ovvero il miglior prodotto esport che Nintendo abbia mai rilasciato. Nell’arco dei suoi 17 anni di vita Melee è stato infatti capace di regalare alcune delle più interessanti storie e rivalità del gaming, nate da eventi prodotti da e per la community.

Melee ha rappresentano uno dei rarissimi casi in cui il successo della scena competitiva è arrivato senza il supporto diretto della casa produttrice. Al contrario: è stato il risultato della dedizione di una comunità che ha scoperto negli anni metodologie e strategie di gioco che gli sviluppatori nemmeno avevano preso in considerazione. Scoperte avvenute sempre attraverso la collaborazione e l’aperto confronto a cui ha contribuito anche l’utilizzo sempre più intensivo di Reddit. E così su Super Smash Bros Melee sono iniziate a svilupparsi tecniche di gioco complesse, molte delle quali sono poi sopravvissute anche in Ultimate.

Un esempio è il wavedash, una tecnica che vale sia in Melee che in Ultimate, che consiste nel "parare l’aria in modo trasversale rispetto al terreno": una forma lessicale complicatissima che in realtà in modo molto semplice consente al personaggio di scivolare per una breve distanza. Da un punto di vista di programmazione del gioco questa tecnica trasferisce le proprietà dell’air dodging sull’asse orizzontale, non potendo più cadere, e conferendo al personaggio un tempo di immunità di appena qualche frame, sufficienti per mitigare i danni avversari e inizializzare le combo d’attacco. Si tratta di porzioni di gameplay che non si pensava fossero possibili: tecnicamente un errore di programmazione, in realtà una di quelle sfumature che ha reso Melee uno dei giochi più amati dall’intera comunità videoludica.

Un amore che gli ha consentito anche di essere ammesso per diversi anni all’EVO, il più importante circuito internazionale dedicato ai picchiaduro, la cui organizzazione nel 2013 aveva deciso di inserire un nuovo titolo lasciando agli spettatori l’onore e l’onere della scelta: il titolo con più donazioni avrebbe ricevuto un posto nell’olimpo, alla pari di Street Fighter. La raccolta fondi per Melee raggiunse la cifra di 100.000 $, diventando un appuntamento fisso del circuito competitivo. Rimasto sul trono per sei lunghi anni, per la prima volta nel 2019 non sarà presente.

Un cambio di rotta deciso dagli organizzatori sostanzialmente per tre ragioni. Negli ultimi tre anni il numero di partecipanti al torneo era calato drasticamente, passando dai 2.400 del 2016 ai 1350 dell’anno successivo, quasi la metà. Una crisi controbilanciata dall’aumento delle presenze agli eventi minori che nel frattempo, anche in Italia, hanno iniziato a diffondersi. Prendendo come esempio la scena nordamericana, la più competitiva e innamorata dei titoli di Super Smash Bros e pertanto la più significativa, nel 2016 i tre principali tornei hanno registrato più di 1.500 partecipanti ciascuno, cifra che nessuno dei tre ha raggiunto nel 2018. Dall’altra però negli stessi anni i sei principali eventi minori raggiungevano almeno 600 partecipanti nel 2016, cresciuti a sette eventi nel 2018. Infine la terza, e forse più ovvia, spiegazione: l’arrivo di Ultimate.

Nintendo usa Ultimate: è superefficace

Gli appassionati di Super Smash Bros hanno quindi dovuto attendere quasi 17 anni per avere un titolo rinnovato e innovativo, ma che al tempo stesso mantenesse lo stesso spirito di Melee. Le versioni Brawl e per Wii della saga di SSB non avevano infatti convinto, rimanendo relegate al ruolo di semplici giochi. Al tempo stesso Melee con gli anni iniziava a diventare funzionalmente arretrato: per giocarlo al meglio era necessario il caro vecchio GameCube e, anche utilizzando la nuova console Switch, l’esperienza di gioco non era certo la stessa non essendone nativo.

Ultimate si è invece subito presentato al momento dell’uscita, nel dicembre 2018, come il nuovo e finalmente atteso degno erede di Melee, sia per i casual gamer che per i giocatori competitivi. Il frutto, ha dichiarato Nintendo al momento del lancio, di «vent’anni di studio, programmazione di meccaniche, anche inaspettate, analisi della scena competitiva: in Ultimate si trovano sia gli elementi che rendono unica l’esperienza della serie di Super Smash Bros che le caratteristiche che hanno reso Melee così apprezzato dai giocatori».

Un documentario su Super Smash Bros di più di quattro ore, se siete DAVVERO interessati.

D’altra parte, dopo le esperienze di Brawl e Smash 4, le aspettative sul nuovo titolo erano altissime. Un peso che ha accompagnato Masahiro Sakurai, game director del gioco, per tutta la durata della sua realizzazione fino all’uscita ufficiale. In un’intervista rilasciata su TheVerge ha raccontato che non si trattava semplicemente di «realizzare una versione più completa dell’amata serie di Super Smash Bros. L’idea di partenza era di inserire tutti i personaggi che nell’arco di vent’anni hanno attraversato la serie, coinvolgendo così in modo trasversale gli amanti di Zelda, Super Mario, ma anche della serie Metal Gear Solid. Cercando però di parlare anche ai giocatori più esigenti, che sono anche coloro che si fanno sentire di più e che ambiscono a un ruolo da protagonisti nella scena competitiva».

Tra i ritorni eccellenti la meccanica dell’airdodging spiegata in precedenza che tanto aveva fatto la differenza su Melee tra un giocatore di alto livello e uno inferiore. La spiegazione è semplice: i titoli tra Melee e Ultimate avevano meno opzioni di movimento per i propri personaggi, rendendo le strategie più prevedibili e di conseguenza più facilmente punibili dagli avversari. In un certo senso, erano giochi “più perfetti” ma per questo più prevedibili ,e con meno margini di crescita nel mondo del gaming competitivo. L’avere nuovamente l’airdodging, o il wavelanding e un salto extra per tornare sullo stage sono meccaniche che aiutano ad ampliare il numero di scelte possibili. È come se a scacchi dalla classica scacchiera si passasse al doppio delle caselle per lato: le possibili combinazioni aumenterebbero esponenzialmente.

Smash, insomma, è un gioco che premia i giocatori che hanno un’ottima reazione e sanno rapidamente adattarsi nel leggere le situazioni di gioco nell’istante in cui stanno per accadere. Per uno spettatore qualsiasi i comandi impartiti dai giocatori sembrano quasi casuali e senza un preciso senso logico, tanto sono rapidi e immediati. Merito anche di Ultimate che ha reso i movimento limpidi sullo schermo, con una risposta che garantisce al giocatore di sapere esattamente in ogni momento cosa e come farlo e allo spettatore di poter seguire meglio le varie azioni. Un miglioramento netto rispetto a Melee in cui il gioco in certi momenti arrivava a rallentare.

La meccanica del gaming, però, è solo un aspetto attraverso cui leggere il successo di Smash. Un altro, ancora più semplice e immediato, è la risposta del pubblico e del mondo competitivo.

Prove di Super Smash Bros Ultimate durante l’E3.

In particolare, secondo quanto riportato da The Esports Observer, nella prima settimana su Twitch, la popolare piattaforma di streaming, Super Smash Bros Ultimate ha totalizzato 3 milioni di ore visualizzate dagli utenti. Un picco determinato indubbiamente dall’uscita del titolo che ha poi subito una fisiologica caduta fino a raggiungere la sua stabilità intorno alle 600.000 ore visualizzate. Determinare se sia stato effettivamente un successo rispetto ai titoli differenti è piuttosto difficile, essendo usciti in epoche pre-Twitch. Un dato, tuttavia, risulta significativo ed è determinato dalla vendibilità che le personalità dello streaming acquisiscono grazie a un gioco: nell’era degli influencer, nemmeno i videogiochi ne sono esenti. Il più seguito, con più di 2 milioni di ore è Gonzalo “Zero” Barrios, giocatore dei Tempo Storm che in carriera ha vinto più di 180.000 $ in tornei, quarto di sempre. Altro artefice del successo di Ultimate è stato Nairoby “Nairo” Quezada, del team NRG: 107.000 $ all’attivo in carriera e la sponsorizzazione di Wendy’s, catena di fast food, per i suoi streaming su Ultimate. Ultimo esempio, ma non meno importante, è quello di William “Leffen” Hjelte, leggenda del Team SoloMid e della versione Melee che, oltre ai circa138.000 $ conquistati nei tornei competitivi, è diventato uno degli streamer più seguiti.

L’esport di Ultimate

Nell’era moderna del videogioco un altro importante indicatore della sua bontà è la componente competitiva. E in questo senso, Ultimate rappresenta per Nintendo la prima interferenza diretta nella scena esports. Negli anni precedenti, come già menzionato, l’organizzazione di una struttura competitiva su Melee era sostanzialmente stata lasciata nelle mani della comunità di giocatori senza che la casa madre avesse voce in capitolo. Nonostante ciò, nessuno dei circuiti precedenti ha resistito più di qualche anno, sintomo che la community da sola non può realizzare una struttura sostenibile nel tempo. E allora, con l’uscita di Ultimate, viene da chiedersi: perché uno sponsor o un tournament organizer dovrebbero investire nella scena competitiva di un videogioco che non ha il supporto della casa produttrice?

Come dichiarato a ESPN da Matthew "MattDotZeb" Zaborowski, responsabile dell’organizzazione delle Shine Series, uno dei più importanti eventi dedicati a Smash, la sfida più importante è la sostenibilità: «Non è possibile sopravvivere nel lungo periodo per ogni singolo torneo. Nonostante amiamo gli eventi più piccoli, necessitano ugualmente di raccogliere fondi per continuare a esistere. È arrivato il momento di unire le forze e unificare i vari tornei per avere maggiore appetibilità con eventuali sponsor: il gruppo avrebbe una probabilità superiore della somma individuale di ognuno nel contrattare con un investitore».

L’entrata in campo di Nintendo conferisce alla scena competitiva un futuro più chiaro, facendo intendere a potenziali investitori che la musica è cambiata. La sua presenza, e soprattutto il suo supporto diretto, è un incentivo per chiunque a realizzare un circuito competitivo, con notevoli opportunità di investimento. Sempre su ESPN, Sheridan Zalewski, responsabile dei tornei Genesis, ha risposto chiaramente: «Nella scena esport possono sorgere così tanti problemi che un circuito ben organizzato saprebbe risolvere. Non solo: avrebbe i mezzi per creare una struttura narrativa e raccontare la passione di una community, le rivalità tra i giocatori, le eccellenze e le storie dietro ogni singolo giocatore».

La risposta di Nintendo alla richiesta di creare una scena competitiva non è stata solo quella di annunciare un torneo, ma si è concentrata in primo luogo sul creare un gioco bilanciato. Il bilanciamento è un aspetto fondamentale dell’esport che enfatizza la bravura dei singoli giocatori piuttosto che la superiorità di un personaggio rispetto a un altro. La differenza non è l’arma o l’abilità di Luigi, Link, Snake o Wario ma la conoscenza approfondita del gameplay e delle strategie che si possono utilizzare. Ogni personaggio ha talmente tante combinazioni tra abilità, peso, velocità e range d’azione che i giocatori partono quasi alla pari. È chiaro che alcuni personaggi nel lungo periodo risultano poi più adatti di altri in determinate situazioni, ma Ultimate è indiscutibilmente uno degli esports in cui la differenza netta la fa l’abilità del giocatore.

Il mondiale di Super Smash Bros Ultimate

La seconda risposta di Nintendo è stata l’organizzazione di un circuito mondiale, basato sulle nazioni. Un esperimento, il primo, che ha Nintendo ha voluto condurre per testare la risposta del pubblico, degli appassionati e soprattutto di se stessa, per capire se fosse stata in grado di organizzare un evento esport moderno come tante altre case produttrici già fanno. Nintendo ha proposto un circuito che partisse da ogni singola nazione per poi promuovere i campioni nazionali sul palcoscenico continentale e infine mondiale. Un percorso realizzato in parallelo con un altro titolo Nintendo, Splatoon2, che si sono conclusi entrambi all’E3 a inizio giugno con le finali mondiali e la consegna del primo titolo iridato.

Le finali mondiali di Super Smash Bros Ultimate durante l’E3 2019 a Los Angeles.

In particolare in Europa in dodici paesi si sono disputate le rispettive qualifiche nazionali che hanno determinato i campioni italiani, inglesi, francesi e via discorrendo. I rispettivi vincitori sono stati così invitati a inizio maggio ad Amsterdam per la European Super Smash Ultimate Ball Cup per determinare quale rappresentativa fosse la miglior squadra europea e portare la bandiera del Vecchio Continente al mondiale. Teatro dell’evento il Beuers Van Berlage in pieno centro storico, solitamente adibito a concerti ed esibizioni, diventato il centro nevralgico del nuovo esport targato Nintendo. Un luogo in realtà non nuovo all’esport: appena un anno prima nelle stesse stanze si erano infatti disputate le fasi finali del mondiale di Hearthstone.

Palco centrale, schermi su quattro lati visibili da ogni spettatore, telecronaca in streaming in 10 lingue per permettere a ogni appassionato di tifare la propria nazione anche da casa. Giocatori trattati come star: interviste, backstage, postazioni di allenamento, grafiche dedicate e presentazioni da urlo. Un risultato scenico impressionante per essere il primo evento esport dedicato a Super Smash Bros Ultimate.

Una chiara prova dell’interesse serio e determinato che Nintendo ha iniziato a coltivare per l’esport, riuscendo a coniugarlo con la parola chiave che ha sempre contraddistinto i suoi titoli: il divertimento. Perché il gioco, da spettatore, è divertente da seguire e coinvolgente, merito della facilità di comprensione delle azioni di gioco. E poi per la generazione cresciuta tra gli anni ‘80 e ‘90 esiste un sogno videoludico più grande che vedere la principessa Peach e Ash dei Pokémon prendersi a pugni?

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