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Luca Soligo
Chi è e dove può arrivare Summer McIntosh
05 apr 2023
05 apr 2023
Da dove salta fuori la nuotatrice sedicenne che ha battuto due record del mondo in una settimana.
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Luca Soligo
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IMAGO / ZUMA Press
(foto) IMAGO / ZUMA Press
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I risultati che ha ottenuto Summer McIntosh ai Trials canadesi hanno dell’incredibile. In nemmeno una settimana di gare, la sedicenne di Toronto ha nuotato nell’ordine: 3:56.08 nei 400 stile, 2:06.89 nei 200 misti, 2:04.07 nei 200 farfalla, 4:25.87 nei 400 misti, 1.53.91 nei 200 stile. Per dare un’idea dello spessore delle sue prestazioni basta dire che sia nei 400 stile che nei 400 misti ha migliorato il record del mondo assoluto e che in tutte le altre gare ci è andata vicino (nei 200 misti, per esempio, è a 6 decimi) e ha comunque sempre migliorato il record del mondo junior, tabella che vale per gli atleti che non hanno ancora compiuto i 18 anni, come lei appunto. Una cosa così, nel nuoto, non si vedeva da parecchio tempo. Qualcosa di nuovo Più precisamente non si vedeva dai tempi di Michael Phelps e Ryan Lochte, gli ultimi atleti capaci di dominare e stabilire record del mondo in gare e distanze così diverse tra loro e in spazi di tempo così brevi. Ma anche senza scomodare i due miti del nuoto contemporaneo, per McIntosh è già iniziato quel passaggio necessario a tutti i giovani di talento: i paragoni. C’è chi parla di “nuova Hosszú”, chi la affianca a Katie Ledecky, chi - soprattutto dalle nostre parti - la accomuna a Federica Pellegrini. Nella sua pur breve carriera, Summer McIntosh ha già alle spalle una finale Olimpica nel 2021 (quarta nei 400 stile a Tokyo), quattro podi ai Mondiali e sei ai Giochi del Commonwealth nel 2022. Osservando queste gare, più le ultime ai Trials canadesi, possiamo dire che qualcosa su di lei si è già capito.

Summer McIntosh, per esempio, non è Katie Ledecky. L’americana ha saputo vincere spaziando dai 200 ai 1500, quindi dalla velocità prolungata al mezzofondo in vasca, ma solo nello stile libero, mentre la canadese sta nuotando tempi mondiali nello stile, nella farfalla e nei misti. Una carriera come quella di Ledecky, ventisei ori tra Mondiali ed Olimpiadi, è difficile anche solo da avvicinare, ma i punti di partenza tra le due sono molto diversi. Come diverso è anche l’atteggiamento in gara: Ledecky ha spesso ammazzato la competizione in partenza, soprattutto nelle distanze più lunghe, nuotando con una frequenza di bracciata insostenibile per le avversarie e con una potenza che spesso l'ha messa a paragone con i colleghi maschi. McIntosh non sembra avere questa prerogativa, il suo nuoto è più leggero e il suo fisico sembra essere più naturalmente longilineo, meno muscoloso. Katie Ledecky è stata ancor più precoce di Summer McIntosh, perché ha vinto il suo primo oro Olimpico a Londra 2012, quando aveva solo 15 anni, e già dagli esordi le si riconosceva una dote innata di carisma, un atteggiamento che metteva in soggezione le rivali fin da prima della partenza. Questa caratteristica, McIntosh per ora non ce l’ha, anzi nella sua routine pre gara si intravede ancora un po’ di sana tensione giovanile, ma non è detto che non la sviluppi con l’esperienza. Il loro duello nei 400 stile sarà uno dei più interessanti di questo biennio, forse l’ultima grande sfida per Ledecky, il primo scoglio per McIntosh. Anche il paragone con Katinka Hosszú è abbastanza zoppicante. Prendiamo come esempio l’ungherese nel suo prime, ovvero nel quadriennio che ha portato a Rio 2016: il suo dominio si estendeva dai misti al dorso, ma si trattava di un qualcosa di innaturale, costruito tramite la fatica massacrante di una vita completamente dedita all’allenamento, a partire dalla scelta di vivere e sposarsi con il suo coach, uno che le faceva pensare al nuoto giorno e notte in maniera, si è poi scoperto, spesso anche violenta. Hosszú ha guadagnato in acqua il soprannome di Iron Lady proprio perché ogni sua goccia di energia veniva impegnata nella competizione, dall’ultimo dei trofei di periferia fino alla finale Olimpica. Guardare una sua gara era sfiancante quasi al pari di nuotarla, e spesso il suo volto a fine competizione era del tutto trasfigurato dalla fatica. Summer McIntosh non trasmette nulla di tutto ciò: di sicuro si sottopone ad allenamenti massacranti, come tutti gli atleti di quel livello, e certo si spreme altrettanto anche in gara, ma non si ha l’impressione che la sua competizione sia un match di boxe di dieci riprese, come per Katinka Hosszú. McIntosh non prende a pugni l’acqua, la accarezza, non lascia dietro di sé schiuma e onde, piuttosto sposta le correnti sotto la superficie. A guardarla mentre nuota, sembra che sul suo viso ci sia un leggero sorriso, non la smorfia di dolore e cattiveria che aveva Hosszú. Ai Mondiali di Roma 2009, Hosszú vinceva l’oro nei 400 misti, ma ci ha messo altri sette anni per avvicinare e battere il record del mondo; per McIntosh quel tempo sembra solamente l’inizio. Poco calzante è anche il paragone con Federica Pellegrini. Ok per la precocità - Pellegrini è stata argento Olimpico a 16 anni - ma l’italiana non era per niente poliedrica, anzi ha scelto i 200 stile per quasi tutta la sua carriera, sfoltendo il programma fino a nuotarli come unica gara, cosa che non sembra proprio tra le intenzioni di McIntosh. Difficile dire se potrà mai rappresentare per lo sport canadese quello che Pellegrini è stata per l’Italia, anche al di là dei puri risultati. In Canada ci sono già almeno altre due nuotatrici contemporanee di fama enorme, Penny Oleksiak e Maggie McNeil, entrambe vincitrici di ori pesanti e molto popolari. L’hype che si sta creando intorno a McIntosh, però, è differente, e sembra proprio che per lei l’occhio di riguardo dei media, anche generalisti, possa essere maggiore. Da qui a trascinare un movimento per quasi un ventennio, però, ce ne vorrà molto. Come Pellegrini, anche McIntosh ha deciso di lasciare presto casa sua e la sua confort zone per trasferirsi in un ambiente che sembra avere le caratteristiche giuste per farla crescere. L’italiana andò da Venezia a Milano, la canadese è volata in Florida, dove ha trovato un allenatore, Brent Arckey, che parla poco e la tratta come una ragazza normale: «Riconosco il suo talento, so quello che può valere, ma mi sembra giusto che i ragazzi abbiano tutti le stesse possibilità e che siano innanzitutto delle persone, prima che dei nuotatori. Sono contento che abbia scelto di venire qui per il suo futuro, so che ci sono grandi pressioni ma lavoriamo con serenità». Anche dal suo rapporto con i tecnici, dipenderà molto del suo futuro.

È molto presto per dire chi è Summer McIntosh, perché tutte le sfide più grandi della sua carriera sono ancora nel futuro, e molto di quello che sarà come atleta dipenderà proprio da come affronterà e supererà queste situazioni. In realtà ha già ampiamente dimostrato di che pasta è fatta, e i due ori e un argento ai Mondiali dello scorso anno a Budapest ne sono testimonianza, ma c’è una bella differenza tra vincere un titolo da giovane emergente - nel Mondiale post Olimpico, quello meno selettivo - e confermarsi nel biennio che porta ai Giochi. Già quest’estate, ai Mondiali di Fukuoka, Summer McIntosh avrà tutti gli occhi puntati addosso, troverà avversarie molto più agguerrite e meno disposte a lasciare per strada medaglie e record, una su tutte Ariarne Titmus. L’australiana, alla quale McIntosh ha rubato il record del mondo nei 400 stile e con la quale ha già avuto un primo scontro ai Giochi del Commonwealth 2022, si è detta «non propriamente felice dell’aver perso il primato», e c’è già chi paragona la sfida che ci sarà nei 400 a Parigi tra loro due e Ledecky alla “gara del secolo”, ovvero i 200 stile di Atene 2004 (Thorpe vs van den Hoogenband vs Phelps). Bisognerà poi capire se la strada della canadese continuerà a essere quella della poliedricità oppure se deciderà di specializzarsi e ridurre il suo programma, scegliendo magari di escludere qualche impegno (al momento i 200 farfalla sembrano la gara più trascurabile). Ipotizzando che decida di nuotare tutte le distanze che ha fatto ai Trials in una settimana Mondiale o Olimpica, e supponendo che vada sempre fino in fondo, sarebbero 3400 metri di competizioni individuali, 13 turni tra batterie, semifinali e finali, staffette escluse. Significherebbe non avere quasi mai una mattina libera e quasi sempre doppi impegni nel pomeriggio: solo Phelps nella storia ha sostenuto con successo un’impresa simile, a Pechino 2008. Le etichette non fanno bene a nessuno, e anche nel nuoto sono sempre di più gli esempi di atleti di livello eccelso che non riescono a calibrare bene le pressioni pesando così sulla propria salute mentale. Da parte sua, Summer McIntosh sembra per ora essere la serenità in persona. È seguita da una famiglia che la supporta, nella quale lo sport recita un posto da protagonista (la sorella è nazionale canadese di pattinaggio sul ghiaccio e sta per esordire ai campionati Mondiali) e far parte di un team universitario nel quale si confronta e allena con dei coetanei potrebbe essere la scelta giusta per non caricarla di ulteriori responsabilità. Di lei, il suo coach dice che «non fa mai niente per caso, sa sempre quello che vuole e perché lo sta facendo, è giovane ma già molto consapevole». Nel suo mirino ci sono il record del mondo dei 200 misti, che ora è di Katinka Hosszu e dista sei decimi, e quello dei 200 stile, di Federica Pellegrini, che però è lontano un secondo. Ai Trials, fino ai 100 metri era sotto il tempo che Pellegrini stabilì a Roma 2009, ma nella seconda parte di gara la canadese ha mollato, non si sa se per mancanza di energie (era l’ultima gara della sua settima) o per mancanza di rivali. Quello che ha fatto finora è già straordinario, ma se McIntosh dovesse battere Ledecky e Titmus in gara, e contemporaneamente cancellare Hosszú e Pellegrini dai libri dei primati, magari in un contesto Olimpico, allora sì che sarebbe davvero eccezionale. Si potrebbe davvero parlare di storia del nuoto.

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