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Se è del tutto superfluo sottolineare l’importanza di un derby, le ragioni di classifica, con Roma e Lazio separate da appena un punto, avevano accresciuto il peso della partita di ieri. Alla vigilia le parole dei due tecnici avevano sottolineato la necessità di non accontentarsi: Inzaghi aveva parlato di un “Derby da vincere” nel cui avvicinamento tutti dovevano dare il massimo in allenamento per metterlo in difficoltà; Spalletti aveva risposto per le rime, sottolineando quanto questo Derby fosse ancora più importante perché giocato tra due squadre “di alta classifica” e dunque non solo per la supremazia cittadina.
Schiarirsi le idee
Per quella che da molti era ritenuta forse la partita più importante della sua giovane carriera, Inzaghi ha scelto il 4-3-3, il modulo più utilizzato in questo inizio di stagione assieme al 3-5-2. In difesa non ce l’ha fatta De Vrij, per cui nella linea a quattro davanti a Marchetti, Wallace e Radu hanno giocato centrali, con Basta a destra e Lulic a sinistra. A centrocampo ha invece recuperato Milinkovic-Savic, che ha ricoperto il ruolo di mezzala destra, con Biglia regista e Parolo mezzala sinistra. In avanti spazio all’atteso tridente con Felipe Anderson a destra, Keita a sinistra e Immobile da punta centrale.
Vista l’assenza di un giocatore chiave come Salah (infortunato così come Florenzi e Paredes), Spalletti ha ridisegnato la Roma e almeno al fischio d’inizio ha optato per il 3-5-1-1. Rudiger, Manolas e Fazio hanno formato la difesa a tre a difesa della porta di Szczesny, mentre Bruno Peres a destra e Emerson a sinistra hanno agito sulle corsie laterali. Nei primi 15 minuti con De Rossi mediano, Nainggolan, che secondo le previsioni avrebbe dovuto affiancare Perotti alle spalle di Dzeko, ha invece giocato in un ruolo più da mezzala, alternandosi con Strootman, schierato sul lato opposto, nel supportare la manovra offensiva. Il bosniaco in posizione di centravanti ha completato lo schieramento giallorosso.

La Roma schierata in apertura con il 3-5-1-1, si è poi riorganizzata in un 4-2-3-1.
Al fischio d’inizio è stata la Lazio ad uscire con più convinzione dai blocchi, mostrando una buona intensità, ben evidenziata dal fallo di Biglia dopo appena quattro secondi di gioco. La Roma inizialmente è parsa un po’ sorpresa dall’approccio dei rivali e ha faticato a trovare il giusto schieramento in campo, non riuscendo né a costruire le proprie azioni offensive né a ripartire con efficacia, concedendo campo alla Lazio.

Quasi tutte le occasioni della Roma sono scaturite da situazioni in cui in giallorossi hanno approfittato della perdita dei riferimenti difensivi da parte dei biancocelesti, uno dei punti deboli sottolineati nell’analisi di Federico Aqué.
È stato subito evidente che se in fase difensiva a sinistra Emerson era praticamente sempre allineato ai tre centrali, dall’altro lato Bruno Peres era posizionato leggermente più in avanti, forse per aggredire più alto Lulic in modo da impedire le sovrapposizioni con Keita sulla fascia. Ma questa asimmetria è presto cessata, anche per le difficoltà di Perotti nel disturbare Biglia. L’ex Anderlecht riusciva a farsi trovare libero con fin troppa facilità, per poi aprire il gioco lungo le corsie proprio come chiesto da Inzaghi.
Per ovviare a questa situazione, Spalletti ha abbandonato la difesa a tre, tornando ad una più congeniale difesa a quattro. Dopo circa un quarto d’ora infatti, Bruno Peres è rimasto stabilmente sulla linea dei centrocampisti, con Rudiger che si è allargato a destra da terzino, pur rimanendo piuttosto bloccato in fase offensiva per consentire ad Emerson sul alto opposto di sganciarsi in avanti con maggiore libertà e frequenza. Anche Perotti ha abbandonato il ruolo di trequartista allargandosi definitivamente a sinistra.
Aridità
La Roma ha quindi difeso con il tipico 4-4-2/4-4-1-1, con Nainggolan che ha affiancato Dzeko nel pressing, comunque raramente portato fin sulla trequarti avversaria. Da quando Spalletti ha trovato il giusto assetto i giallorossi hanno trovato maggiore stabilità difensiva, senza però ovviare ai problemi di pericolosità. D’altro canto nemmeno la Lazio, che puntava forte sulle fasce laterali e le individualità di Keita e Felipe Anderson, ha creato occasioni particolarmente pericolose, con il brasiliano che ha completato appena un dribbling sui cinque tentati. Basti pensare che il primo tempo si è chiuso con un computo di 0,3 xG a 0,1 xG in favore della Lazio.

La mappa degli expected goals delinea una gara avara di occasioni importanti.
Più in generale tutti i 90 minuti sono stati piuttosto avari di occasioni: i 18 tiri complessivi, 11 della Lazio e 7 della Roma, hanno generato rispettivamente 0,5 e 0,6 xG. Tra l’altro la gran parte del bottino dei giallorossi è dipeso dalla “big chance” di Strootman, regalata dalla madornale leggerezza di Wallace, che ha clamorosamente indirizzato il Derby.
Ma non poteva essere che così se si considera l’approccio delle due squadre che hanno praticamente abbandonato l’idea di sviluppare il gioco al centro cercando l’opportunità giusta giocando per lo più sulle corsie. La Lazio ha sviluppato solo il 20% dei suoi attacchi attraverso il terzo centrale di campo, favorendo nettamente il lato destro (47% delle azioni), dove però Felipe Anderson non è stato molto incisivo (2 passaggi chiave, ma un solo dribbling riuscito sui 5 tentati e un solo tiro, tra l’altro da fuori area).
Ancora più monocorde l’approccio della Roma, che ha sviluppato addirittura il 60% delle sue azioni sulla fascia sinistra. Una scelta dipesa dallo schieramento in campo: con Rudiger che come detto difficilmente lasciava la propria metà-campo, erano Emerson, Nainggolan e Perotti a dover sostenere il peso della manovra offensiva, con Bruno Peres che doveva fungere da corridore in transizione o rendersi disponibile per qualche cambio di gioco.

Se si analizza la rete di passaggi e le posizioni medie dei giocatori in campo è immediatamente evidente lo sbilanciamento della Roma verso sinistra, con Emerson giocatore più coinvolto in assoluto.
Probabilmente il timore di concedere il centro alle fulminee ripartenze avversarie è stato tale che entrambe le squadre hanno deciso di evitarlo nei propri sviluppi offensivi: perdere palla in fascia è certamente meno pericoloso, ma il rovescio della medaglia è rappresentato dalle maggiori difficoltà a rendersi pericolosi in fase offensiva.
Lo sgretolamento della Lazio
Come spesso succede in questi casi è stato un episodio a decidere la partita: l’errore di Wallace non ha solo spianato la strada all’1-0 di Strootman, ma ha destabilizzato la propria squadra dal punto di vista mentale, come dimostra il parapiglia seguito al vantaggio giallorosso.
In teoria il tempo per recuperare c’era (l’olandese ha segnato al 64.esimo), ma è subentrato un gran nervosismo che ha impedito alla squadra di Inzaghi di ricompattarsi alla ricerca del pareggio. Quando Nainggolan ha raddoppiato approfittando di un altrettanto clamoroso errore di Marchetti, colto fuori posizione dalla conclusione dalla distanza del belga, la Lazio è stata trascinata direttamente nel baratro. Al 32.esimo del secondo tempo la partita si è di fatto conclusa, con gli ingressi di Patric, Lombardi e Kishna che hanno aggiornato il tabellino ma non il risultato.
L’Inzaghi del post-partita è apparso molto rammaricato ed ha ammesso di non aver digerito la sconfitta, soprattutto perché rimediata per mano di una Roma “senza meriti”. Capitalizzare al massimo gli errori dell’avversario è pur sempre un merito e Strootman prima e Nainggolan poi hanno deciso il derby nonostante un’opaca prestazione di squadra. La Lazio può recriminare solo a riguardo della propria mancanza di lucidità: anche la fase offensiva avrebbe beneficiato di minore frenesia, soprattutto visto l’alto numero di decisioni infelici prese dai giocatori biancocelesti.
La Roma tiene dunque invariato il distacco dalla Juventus e si porta a 32 punti a braccetto con il Milan, prossimo avversario all’Olimpico prima della sfida dello Juventus Stadium. Ma il derby ha evidenziato quanto sarà complicata la sostituzione di Salah in termini di produzione offensiva, ieri la peggiore stagionale. Senza l’egiziano, che tornerà a febbraio, la Roma è sembrata priva di sbocchi in profondità e non è chiaro quale elemento della rosa potrà provare a rimpiazzarlo. La Lazio rimane a 28 punti a pari merito con il Napoli: se riuscirà a mettere da parte questa dolorosa sconfitta ha comunque tutte le carte in regola per continuare a lottare per un piazzamento europeo e continuare ad insidiare i rivali.
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