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Davide Mancini
Il power ranking definitivo dei personaggi di Street Fighter II
25 set 2019
25 set 2019
La classifica dei sedici lottatori che hanno definito il genere dei picchiaduro.
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Davide Mancini
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Nei primi anni '90 le sale giochi italiane sono dei luoghi antropologicamente interessanti, abitate da sottoculture che condividono lo stesso spazio per ragioni sociali diverse, ma che subiscono la stessa fascinazione per i videogiochi presenti nei cabinati, di gran lunga la punta di diamante di un’offerta di intrattenimento elettronico che a livello domestico è ancora di molto inferiore a quella a gettoni.

 

Nel 1991 negli angoli arcade di bar, sale giochi, stabilimenti balneari e sale da bowling arriva dal Giappone un cabinato che, come

negli anni ’80, è destinato a cambiare la percezione dei videogiochi:

di Capcom. Sebbene non sia il primo videogioco di combattimenti uno contro uno a incontri, quello ideato da Akira Nishitani e Akira Yasuda rivoluziona, o meglio, definisce i canoni del genere picchiaduro.

 

Al di là di una realizzazione tecnica fuori scala per l’epoca, i veri punti di forza sono due: la possibilità di effettuare, per la prima volta nella storia, serie di mosse concatenate (le cosiddette

) e quella di poter scegliere il proprio personaggio tra una rosa di lottatori contraddistinti da uno stile di combattimento unico, un set di mosse ben preciso e anche una piccola storia personale. L’unione di questi due aspetti ha trasformato il semplice “giocare a Street Fighter II” in una vera e propria arte, dove la simbiosi tra giocatore e personaggio diventa una danza letale, scandita da un ritmo ben preciso, che bisogna sentire e imparare a sfruttare partita dopo partita, con buona pace delle banconote da mille lire da convertire in gettoni, almeno fino all’arrivo, nel 1992, della sua splendida conversione per Super Nintendo.

 

L’aspetto più buffo della storia è che il concetto stesso di combo è nato per caso, come effetto collaterale di un tentativo di rendere più facile l’esecuzione delle mosse speciali (lo

, nella fattispecie, ovvero l’uppercut in salto di Ryu e Ken), considerate troppo complicate dai giocatori del primo Street Fighter. Nishitani, designer del gioco, sostiene che «non deve essere per forza così. Se rendiamo le mosse speciali più semplici da eseguire, il gioco sembrerà migliore e meno governato dalla fortuna».

 

Un’intuizione geniale, dato che allungando il tempo di tolleranza entro cui è necessario concludere il movimento dello stick direzionale e la pressione dei tasti, se si è abbastanza bravi e precisi diventa possibile concatenare diverse mosse di seguito senza dover attendere la fine delle animazioni. Una mossa che rappresenta una svolta epocale per il genere, perché da quel momento in poi la padronanza delle mosse di un singolo lottatore diventa fondamentale per sbaragliare gli avversari.

 

Se nel primo Street Fighter al giocatore 1 veniva sempre assegnato Ryu e all’eventuale sfidante il suo amico/nemico Ken, in Street Fighter II scegliere un lottatore diventa una questione identitaria, nonché strategica, e la frase «here comes a new challenger» (ecco un nuovo sfidante) che compare sullo schermo alla pressione del tasto start del giocatore 2 assume davvero il valore di un moderno guanto di sfida.

 

Nella scelta molto dipende da dove si gioca, dalla qualità dei comandi a disposizione (a casa o al bar? I tasti funzionano tutti bene? Joystick o joypad?), dal gusto personale e dalle proprie qualità tecniche. È un momento sacro, che spesso accompagna un giocatore per mesi o anni. Street Fighter II è a tutti gli effetti uno dei primi giochi pensati per essere competitivi, perfetto per misurare le abilità dei giocatori e dare vita a una scena di tornei molto prima della nascita degli esport.

 

https://www.youtube.com/watch?v=uwlK2c5yL4o

Uno dei primi tornei di Street Fighter II.


 

Il picchiaduro di Capcom è uno dei primi videogiochi a diventare un fenomeno sociale, e di conseguenza intorno ai singoli lottatori si creano tifoserie e schieramenti. Tra i meriti principali di un titolo che ancora oggi è uno dei picchiaduro più equilibrati di sempre, c’è di certo la sua capacità di spingere i giocatori a uscire dalla propria zona di comfort e a saper interpretare al meglio ogni scontro, sfruttando i punti di forza del personaggio scelto, amandolo e rispettandolo.

 

Allo stesso tempo, anche avere una conoscenza degli altri lottatori è fondamentale, perché riconoscere immediatamente i pattern di attacco avversari e prevedere le loro mosse fa la differenza tra la vittoria e la sconfitta. Nonostante ciò è impossibile sottrarsi alla domanda fondamentale: “ma è più forte X o Y?”. Si tratta di un quesito che a volte va al di là delle abilità specifiche dei combattenti e che intreccia questioni di gusto, di istinto e finanche del modo in cui si intende lo stesso concetto di street fighting. D’altronde, quello di Capcom è anche uno dei primi videogiochi che provare ad unire diversi stili di arti marziali in un eccentrico connubio tra fantasia e verosimiglianza.

 

Per questo ho ripreso in mano Street Fighter II per stilare un - personale e opinabile - power ranking definitivo del roster di lottatori. Per comodità ho scelto la mia versione preferita del gioco, Super Street Fighter II - The New Challengers, un po’ perché è quella che contiene il maggior numero di personaggi e che ha un ritmo di gioco più bilanciato, pur mantenendo lo spirito originale, un po’ perché è quella più facile da recuperare e giocare ancora oggi.

 

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