
Nei primi anni '90 le sale giochi italiane sono dei luoghi antropologicamente interessanti, abitate da sottoculture che condividono lo stesso spazio per ragioni sociali diverse, ma che subiscono la stessa fascinazione per i videogiochi presenti nei cabinati, di gran lunga la punta di diamante di un’offerta di intrattenimento elettronico che a livello domestico è ancora di molto inferiore a quella a gettoni.
Nel 1991 negli angoli arcade di bar, sale giochi, stabilimenti balneari e sale da bowling arriva dal Giappone un cabinato che, come Out Run negli anni ’80, è destinato a cambiare la percezione dei videogiochi: Street Fighter II di Capcom. Sebbene non sia il primo videogioco di combattimenti uno contro uno a incontri, quello ideato da Akira Nishitani e Akira Yasuda rivoluziona, o meglio, definisce i canoni del genere picchiaduro.
Al di là di una realizzazione tecnica fuori scala per l’epoca, i veri punti di forza sono due: la possibilità di effettuare, per la prima volta nella storia, serie di mosse concatenate (le cosiddette combo) e quella di poter scegliere il proprio personaggio tra una rosa di lottatori contraddistinti da uno stile di combattimento unico, un set di mosse ben preciso e anche una piccola storia personale. L’unione di questi due aspetti ha trasformato il semplice “giocare a Street Fighter II” in una vera e propria arte, dove la simbiosi tra giocatore e personaggio diventa una danza letale, scandita da un ritmo ben preciso, che bisogna sentire e imparare a sfruttare partita dopo partita, con buona pace delle banconote da mille lire da convertire in gettoni, almeno fino all’arrivo, nel 1992, della sua splendida conversione per Super Nintendo.
L’aspetto più buffo della storia è che il concetto stesso di combo è nato per caso, come effetto collaterale di un tentativo di rendere più facile l’esecuzione delle mosse speciali (lo Shoryuken, nella fattispecie, ovvero l’uppercut in salto di Ryu e Ken), considerate troppo complicate dai giocatori del primo Street Fighter. Nishitani, designer del gioco, sostiene che «non deve essere per forza così. Se rendiamo le mosse speciali più semplici da eseguire, il gioco sembrerà migliore e meno governato dalla fortuna».
Un’intuizione geniale, dato che allungando il tempo di tolleranza entro cui è necessario concludere il movimento dello stick direzionale e la pressione dei tasti, se si è abbastanza bravi e precisi diventa possibile concatenare diverse mosse di seguito senza dover attendere la fine delle animazioni. Una mossa che rappresenta una svolta epocale per il genere, perché da quel momento in poi la padronanza delle mosse di un singolo lottatore diventa fondamentale per sbaragliare gli avversari.
Se nel primo Street Fighter al giocatore 1 veniva sempre assegnato Ryu e all’eventuale sfidante il suo amico/nemico Ken, in Street Fighter II scegliere un lottatore diventa una questione identitaria, nonché strategica, e la frase «here comes a new challenger» (ecco un nuovo sfidante) che compare sullo schermo alla pressione del tasto start del giocatore 2 assume davvero il valore di un moderno guanto di sfida.
Nella scelta molto dipende da dove si gioca, dalla qualità dei comandi a disposizione (a casa o al bar? I tasti funzionano tutti bene? Joystick o joypad?), dal gusto personale e dalle proprie qualità tecniche. È un momento sacro, che spesso accompagna un giocatore per mesi o anni. Street Fighter II è a tutti gli effetti uno dei primi giochi pensati per essere competitivi, perfetto per misurare le abilità dei giocatori e dare vita a una scena di tornei molto prima della nascita degli esport.
Uno dei primi tornei di Street Fighter II.
Il picchiaduro di Capcom è uno dei primi videogiochi a diventare un fenomeno sociale, e di conseguenza intorno ai singoli lottatori si creano tifoserie e schieramenti. Tra i meriti principali di un titolo che ancora oggi è uno dei picchiaduro più equilibrati di sempre, c’è di certo la sua capacità di spingere i giocatori a uscire dalla propria zona di comfort e a saper interpretare al meglio ogni scontro, sfruttando i punti di forza del personaggio scelto, amandolo e rispettandolo.
Allo stesso tempo, anche avere una conoscenza degli altri lottatori è fondamentale, perché riconoscere immediatamente i pattern di attacco avversari e prevedere le loro mosse fa la differenza tra la vittoria e la sconfitta. Nonostante ciò è impossibile sottrarsi alla domanda fondamentale: “ma è più forte X o Y?”. Si tratta di un quesito che a volte va al di là delle abilità specifiche dei combattenti e che intreccia questioni di gusto, di istinto e finanche del modo in cui si intende lo stesso concetto di street fighting. D’altronde, quello di Capcom è anche uno dei primi videogiochi che provare ad unire diversi stili di arti marziali in un eccentrico connubio tra fantasia e verosimiglianza.
Per questo ho ripreso in mano Street Fighter II per stilare un - personale e opinabile - power ranking definitivo del roster di lottatori. Per comodità ho scelto la mia versione preferita del gioco, Super Street Fighter II - The New Challengers, un po’ perché è quella che contiene il maggior numero di personaggi e che ha un ritmo di gioco più bilanciato, pur mantenendo lo spirito originale, un po’ perché è quella più facile da recuperare e giocare ancora oggi.
16. Zangief

Provenienza: Unione Sovietica
Stile di combattimento: wrestling americano e russo
Consigliato a chi: vuole perdere, ma con stile
Zangief (la cui pronuncia corretta è zanghif, e non zangif) è un simpatico omaccione russo, che originariamente avrebbe dovuto chiamarsi Vodka, solo che in corso d’opera il team di sviluppo si accorse che sarebbe stata una scelta eccessiva anche per gli anni ’90, e optò per una variazione del cognome di Victor Zangiev, uno dei tanti lottatori di wrestling russi che fra gli anni ’80 e ’90 hanno militato nella lega professionistica giapponese. Anche il suo aspetto fisico è ispirato a wrestler reali, come Salman Hashimikov e Steve “Dr. Death” Williams.
Il buon Zangief si presenta al World Warrior Tournament II, il torneo che fa da sfondo alla trama del gioco, organizzato dalla malvagia corporazione Shadaloo di M. Bison, per puro spirito patriottico e perché combattere a mani nude contro gli orsi siberiani è diventato troppo semplice. Il suo soprannome è “The Red Cyclone”, il ciclone rosso, ed è supportato dal governo, tanto che nella conclusione della sua storyline a congratularsi con lui c’è il presidente dell’URSS, il cui avatar somiglia parecchio a Michail Gorbačëv.
La sequenza in cui Zangief danza con Gorbačëv.
Per quanto il suo background suggerisca l’indole di un uomo violento, in realtà Zangief è un personaggio mite, che nel corso della trentennale storia di Street Fighter si farà amare per il suo animo gentile, la sua convivialità e un grande senso dell’onore. Purtroppo il suo stile di lotta lento e impacciato si scontra contro un gameplay che fa del controllo dello spazio e delle distanze dal nemico un fattore cruciale. Zangief è troppo ingombrante e poco mobile per riuscire ad evitare efficacemente gli attacchi a distanza (come palle di fuoco e affini), e per quanto la sua resistenza gli consenta di essere un ottimo incassatore, è fin troppo semplice tenerlo a distanza.
Un peccato, perché i suoi attacchi a corto raggio sono devastanti, i più potenti del gioco per danni inflitti. L’altro grande limite è che la sua mossa più riconoscibile, lo Spinning Piledriver, una presa che trasforma un malcapitato in un cavatappi gettandolo al suolo dopo una torsione vorticosa, richiede una rotazione completa dello stick direzionale. Un gesto difficilissimo da fare in sala giochi, pressoché impossibile da replicare a casa con la croce direzionale di un joypad. Nella versione Turbo di Super Street Fighter II Zangief diventa più veloce e le sue mosse un po’ più semplici da chiudere, ma resta un personaggio complicato da utilizzare al meglio e fin troppo facile da neutralizzare.
15. T. Hawk

Provenienza: Messico
Stile di combattimento: Thunderfoot martial arts
Consigliato a chi: vorrebbe prendere Zangief, ma non ha la pazienza di imparare le sue mosse
T. Hawk è un nativo americano originario della tribù dei Thunderfoot, le cui terre sono state espropriate da Shadaloo quando era bambino. Il padre di T-Hawk, Arroyo Hawk, è stato ucciso da uno dei giovani generali dell’organizzazione criminale, M. Bison, che ne è adesso leader. T. Hawk è uno dei tanti personaggi il cui tema principale è la vendetta, e la sua partecipazione al torneo di arti marziali è una mera questione personale.
Si tratta di uno dei personaggi introdotti in questa versione di Street Fighter II, e per quanto non eccessivamente popolare, unisce il fascino dei lottatori forti a uno stile abbastanza unico, un po’ urbano e un po’ stravagante. Il suo look, a metà strada tra Ultimate Warrior e Genitori in blue jeans, rispecchia sia la sua natura di combattente buono, sia la sua parziale prevedibilità in combattimento.
Rispetto a Zangief, T. Hawk è un personaggio più rapido e forte negli attacchi aerei, un aspetto che in alcune partite può fare la differenza. La portata dei suoi calci volanti è abbastanza ampia, mentre il suo iconico Condor Dive, un tuffo aereo con cui si getta in picchiata contro il nemico, è sufficientemente semplice da effettuare (pressione in volo dei tre tasti di pugno) e nel caso in cui vada a segno fa cadere a terra l’avversario.
In quel momento T. Hawk può andare all’offensiva a corto raggio e provare a scatenare le sue prese, ma, come Zangief, anche la sua mossa più potente necessita di un movimento di 360° che la rende comunque troppo difficile da effettuare. Come tutti i personaggi grossi, il vero problema è che per quanto offensivamente pericoloso, è molto facile da tenere a debita distanza, e una volta neutralizzati i suoi attacchi dall’alto diventa privo di soluzioni efficaci.
14. Blanka

Provenienza: Brasile
Stile di combattimento: Combattimento ferale, attacchi elettrici
Consigliato a chi: è poco esperto e vuole provare a sopravvivere
Nonostante la maggior parte del mondo associ Blanka al film atroce Street Fighter - Sfida Finale con Van Damme nei panni di Guile e Robert Mammone in quelli del combattente brasiliano, nella storia di Street Fighter non c’è nessun soldato di nome Carlos Blanka sottoposto a strani esperimenti. In realtà la figura del lottatore brasiliano è stata fusa con quella di Charlie, un altro personaggio che verrà introdotto in seguito nella saga, che ha davvero un legame con Guile.
Questo non toglie che le origini di Blanka siano comunque fra le più affascinanti ed empaticamente efficaci tra quelle dei personaggi. La sua storia, pare, sia ispirata ad Anabebe, un uomo allevato dai leoni co-protagonista di un anime degli anni ’80 che riprendeva la storia di Tarzan (in Giappone Tar-chan). In ogni caso il piccolo Jimmy, un gracile e pallido ragazzino (“hombre blanco”, da cui Blanka) è un superstite di un incidente aereo precipitato nella foresta amazzonica. Misteriosamente sopravvissuto, Jimmy si trasforma in un uomo bestia in maniera poco chiara, impara a combattere sfruttando la sua rabbia e le nuove capacità fisiche, mentre si sviluppa una strana relazione conflittuale tra la sua parte umana e quella bestiale. Partecipa al torneo per dare sfogo alla sua feralità, ma in TV viene riconosciuto dalla madre, e Street Fighter II è un po’ l’inizio del suo processo di riumanizzazione.
Date le sue origini, lo stile di combattimento di Blanka è il regno dell’improvvisazione e dell’offensiva diretta. La sua mossa speciale più conosciuta, Electric Thunder, è una delle più semplici da imparare (ovvero schiacciare ripetutamente uno dei tasto pugno), rappresenta l’entry move di tutti i giocatori inesperti di Street Fighter e nei primi scontri può essere sorprendente. Il corpo di Blanka inizia a produrre una scarica elettrica di oltre 150.000 volt, causando elettroshock a chiunque gli si avvicini. Perfetta per difendersi quando si è spalle al muro, diventa purtroppo abbastanza inutile contro i personaggi dotati di attacchi ad ampia gittata.
Per fortuna, però, Blanka ha anche altre armi a sua disposizione: è molto mobile, la sua postura accovacciata gli permette di evitare sempre gli attacchi alti a distanza, mentre può rotolare per attaccare o evitare qualunque tipo di proiettile. Le sue mosse migliori sono quelle a corto raggio, principalmente prese (molto bella quella che culmina con una serie di morsi), ma per quanto spettacolari, sono anche abbastanza semplici da evitare. Blanka è dunque un buon personaggio per iniziare a familiarizzare con il gioco, ma utilizzandolo ci si ritrova spesso nella situazione di difendere a oltranza senza la possibilità di infliggere contrattacchi efficaci.
13. Fei Long

Provenienza: Cina
Stile di combattimento: kung fu, jeet kune do
Consigliato a chi: ama i film di Bruce Lee e si vuole divertire con le combo
Fei Long è l’immancabile rip-off di Bruce Lee presente più o meno in ogni picchiaduro giapponese. Attore di film di arti marziali e amante della bellezza di un buon combattimento, nella versione occidentale del gioco diventa davvero un ideale allievo del maestro Bruce Lee e di suo figlio (scomparso poco prima dell’uscita del gioco), tanto che nel suo epilogo dice: «There can never be another legend like the great one and his son» (Non ci potrà mai essere un’altra leggenda come il più grande e suo figlio), rifiutando un contratto milionario come star del cinema e preferendo la via dell’insegnamento (sullo sfondo si può vedere anche una statua di Bruce Lee). Inutile dire che partecipa al World Warrior Tournament per mettersi alla prova.
Il tributo a Bruce Lee nel finale della storia di Fei Long.
La voglia di dimostrare il suo valore si riflette anche nel suo stile di combattimento, uno dei più marziali tra i sedici protagonisti, difficile da padroneggiare e parecchio rischioso. L’obiettivo di Fei Long è costringere gli avversari in uno degli angoli e finirli con i suoi colpi rapidi e potenti. Per sfruttare e utilizzare al meglio Fei Long bisogna seguire la sua aggressività, ma essere consapevoli anche che la sua resistenza non è altissima, per cui se si perde il controllo dello scontro può finire davvero malissimo.
Per quanto mobile e rapido, il suo limite è quello di non avere attacchi efficaci sulla media e lunga distanza, mentre la sua mossa più dominante, lo Shien Kyaku (una sorta di Shoryuken con un calcio di fuoco) è un salto verticale sul posto, e richiede un perfetto tempismo per essere efficace. Tuttavia le sue mosse base sono aggraziate e potenti ed è fra i personaggi i cui colpi si legano meglio in combo, tanto da dare comunque estrema soddisfazione e un feedback fisico importante. Vincere con Fei Long ha il fascino del trionfo dell’underdog, e questo è di certo un elemento a suo favore.
12. E. Honda

Provenienza: Giappone
Stile di combattimento: Sumo
Consigliato a chi: ama provocare gli avversari
Edmond Honda è un altro dei personaggi più riconoscibili di Street Fighter II e nella galleria di modelli idealtipici di cui è costituito il roster dei combattenti, rappresenta il classico lottatore di sumo corpulento e possente. Non ha una storia di origini particolarmente elaborata, mentre più divertenti sono i piccoli dettagli che lo caratterizzano, come l’atto di spargere il sale prima di ogni combattimento, in onore del rituale di purificazione del sumo (chiamato Shubatsu), o il suo amore per i bagni termali, tanto che lo scenario a lui dedicato è quello delle terme Edo del Kapukon Yu, un centro termale fittizio di Tokyo. Partecipa al torneo per dimostrare al mondo che il sumo è una disciplina seria, capace di rinforzare anima e corpo.
Lo stage di Honda, uno dei più caratteristici di Street Fighter II.
Come accade per tutti i personaggi, la sua personalità è ben riprodotta dal suo stile di combattimento, che unisce la sacralità del sumo con alcune tecniche molto singolari, come proiezioni offensive con testate e colpi di sedere volanti. A questi attacchi si aggiunge il famoso Hyakuretsu Harite, una delle mosse più fastidiose del gioco per chi la subisce: premendo a ripetizione il tasto pugno, Honda inizia a colpire l’avversario con la velocità di tante braccia. La buona portata dell’attacco e la grande resistenza del personaggio lo rendono davvero letale sul raggio medio ed è oggettivamente difficile liberarsi dalla sua stretta in un angolo (ha anche una buona presa).
Nonostante la mole, la postura bassa e una certa rapidità rendono Honda un buon personaggio bilanciato per cominciare a impratichirsi con il gioco e provare a sfiancare gli avversari. I suoi limiti più grandi sono l’incapacità di reagire ai personaggi con un raggio d’attacco molto ampio e, soprattutto, a quelli in grado di colpire con proiettili a distanza, purtroppo per Honda i personaggi più utilizzati del gioco.
11. Cammy

Provenienza: Regno Unito
Stile di combattimento: Shadaloo, tecniche delle forze speciali
Consigliato a chi: ama le sfide difficili
Cammy è il secondo personaggio femminile mai apparso in Street Fighter II, ed è sempre stata caratterizzata da un certo grado di ambiguità, sospesa tra il suo passato oscuro da soldato clone di Shadaloo e il suo presente come agente della Delta Red (un corpo segreto dell'MI6). In contrasto con la sua gelida attitudine all’assassinio, nella vita di tutti i giorni Cammy viene dipinta come una ragazza gentile e generosa, e nel corso degli anni diventerà una grande alleata di Chun-Li e Guile nella lotta contro la Shadaloo. In Street Fighter 2 è ancora alla ricerca di se stessa, ma la sua storyline culmina in una bellissima citazione visiva di Apocalypse Now, quindi vale comunque la pena finire il gioco con lei.
Fortissima e fragile allo stesso tempo, Cammy è un personaggio talmente sbilanciato da essere davvero complesso da dominare. Le sue mosse migliori sono complicate da eseguire, ma è anche vero che ha tante combinazioni vincenti e sebbene non disponga di attacchi a proiettile, la portata dei suoi colpi è notevole. Un po’ come Fei Long, Cammy è una lottatrice efficace anche sfruttando le mosse base, offre un buon equilibrio fra potenza e rapidità e ha dei calci fantastici. Purtroppo solo nei titoli successivi guadagnerà la possibilità di evitare i proiettili avversari con mosse speciali, e nella sua versione base è un personaggio che richiede abilità fuori dalla media per riuscire a sfruttare tutto il suo potenziale.
10. Dee Jay

Provenienza: Giamaica
Stile di combattimento: Kick boxing
Consigliato a chi: è hipster e non vuole usare i soliti personaggi (che però sono più forti)
Dee Jay è un personaggio atipico per Street Fighter, perché è l’unico dell’intera saga principale pensato e sviluppato da un designer americano. Per questo motivo è un po’ un pesce fuor d’acqua, e in un mondo pieno di conflitti esistenziali e ambizione lui si accontenta di mettere buona musica in giro per il mondo, guardando ai combattimenti come una fonte di ispirazione per la sua occupazione principale. È un po’ il Bob Sinclair del mondo Street Fighter, e non è certo il primo personaggio a catturare l’attenzione.
Sul campo di battaglia, però, si rivela sorprendentemente efficace. A un buon set di mosse base, solide e potenti, unisce un buon equilibrio. Ha un attacco a distanza simile al Sonic Boom di Guile, una proiezione offensiva potente e anche un uppercut in grado di resistere agli attacchi aerei, ed è un patchwork delle tecniche di altri lottatori, adattate alla sua personalità sorniona. Non eccelle in nulla e non ha particolari debolezze, il suo unico limite è la mancanza di quel pizzico di follia che rende particolari gli altri personaggi. Insomma, non ci sono motivi reali per utilizzarlo, ma neanche per sconsigliarne l’uso.
9. Guile

Provenienza: Stati Uniti
Stile di combattimento: Arti marziali miste e wrestling
Consigliato a chi: vuole imparare a controllare lo spazio
Guile è stato per anni il mio personaggio preferito, e immagino anche di molti altri. È il prototipo dell’icona machista dei film americani vista però dall’occhio giapponese, per cui diventa presto una figura talmente grottesca che fa il giro e finisce per ispirare simpatia, soprattutto a un bambino di sette anni cresciuto con J.I. Joe. Oltre ad amare e curare con attenzione la sua capigliatura anti-gravitazionale tanto da portare con sé un pettine in ogni combattimento, Guile fa parte dei buoni, combatte la Shadaloo per vendicare il suo caro Charlie e tutte le vite spezzate da M. Bison. È l’amico che tutti vorrebbero, ed è anche protagonista di uno dei primi meme virali della storia, visto che la sua colonna sonora sta bene su qualsiasi scena epica.
Il meme del Guile’s theme è incredibilmente longevo e non poteva mancare la sua declinazione Game of Thrones.
Con Guile si entra nella parte di classifica dei personaggi con cui è possibile fare sul serio. La sua strategia di combattimento è basilare e prevede difesa forte (la sua posizione di parata tra l’altro è scomoda e bellissima) per poi scatenare Sonic Boom per colpire a distanza, o i Flash Kick se l’avversario prova a saltare i proiettili. Se con queste due mosse si riesce a controllare lo spazio e a rompere il ritmo dell'avversario, Guile è pericolosissimo, ma è anche vero che questa è l’unica strategia applicabile per vincere. Per quanto equilibrato, dotato di un’ottima e coreografica postura difensiva e capace di sfoderare attacchi mediamente potenti, infatti, il suo limite è il non avere armi per ribaltare uno scontro in cui gli avversari comandano il ritmo.
8. Ryu

Provenienza: Giappone
Stile di combattimento: Karate
Consigliato a chi: vuole capire cos’è Street Fighter
Ryu è Street Fighter. Un po’ perché rappresenta il personaggio da cui è nato tutto, un po’ perché la sua immagine è quella dell’eroe giapponese senza macchia e senza paura, una figura comune alla maggior parte degli anime di quel periodo. Silenzioso, estremamente duro con se stesso e incline al masochismo morale, la sua personalità è colta alla perfezione dai Dhamm nella memorabile sigla della serie animata in onda nel 1995.
Il suo obiettivo è quello di diventare il guerriero più forte di tutti i tempi e combattere la battaglia perfetta, ma il suo senso di giustizia lo porta sempre ad invischiarsi in faccende più grandi di lui. Nel torneo di Street Fighter II combatte la Shadaloo al fianco di Ken, il suo inseparabile migliore amico, Guile, Chun-Li e Cammy. Per capire la sua moralità, basta citare che nei crossover fra mondo Marvel e Street Fighter, Captain America chiede a Ryu di entrare a far parte degli Avengers, ma il suo cammino verso la conoscenza suprema delle arti marziali (e il fatto che non ci siano stati più episodi di Marvel vs. Capcom) ci ha privato di una linea temporale in cui Thanos viene combattuto (anche) a colpi di Hadoken.
La sigla della versione italiana dell’anime di Street Fighter, eseguita dai Dhamm, gruppo hair metal romano.
È proprio la palla di fuoco (in realtà è energia ki) a essere l’attacco più famoso del karateka vagabondo, ed è da lì che parte ogni combattimento nei panni di Ryu. Efficace sia contro i nemici piedi a terra che in salto, se si riesce ad alternare il suo utilizzo con il Tatsumaki Senpukyaku (il calcio rotante volgarmente percepito come “attakensplugen” dalle campionature vocali) e lo Shoryuken (pugno infuocato), Ryu può diventare dominante, ed è quello l’obiettivo di ogni combattimento in cui si veste il kimono bianco.
Il motivo per cui si trova a centro classifica è perché si tratta di un personaggio così comune che tutti imparano a memoria le sue mosse, il relativo timing e il modo per contrastarlo in maniera corretta. Non essendo molto rapido, offre il fianco ai personaggi più veloci e a quelli più raffinati, ma rappresenta comunque il punto di partenza per ogni aspirante giocatore decoroso di Street Fighter II.
7. M. Bison (Vega)

Provenienza: Sconosciuta
Stile di combattimento: Potenza psichica
Consigliato a chi: vuole il personaggio offensivamente più potente
M. Bison in realtà nella versione originale si chiama Vega, ma per un problema legato all’identità di Balrog il principale villain della saga al di fuori del Giappone perde il nome della stella e assume connotati più militari. È il prototipo del malvagio psicopatico megalomane egotista, che desidera il potere assoluto ed è deciso a conquistarlo con ogni mezzo. A disposizione ha un potere oscuro e misterioso, una forza psichica devastante che può scatenare a suo piacimento e che nei futuri episodi del gioco (la serie Alpha in particolar modo) intreccerà la storia di Bison con quella di una combattente italiana, Rose.
All’epoca di Street Fighter II, però, lo stato maggiore di Shadaloo è soltanto il temibile, odiatissimo, boss finale, che dalla sua base segreta in Thailandia osserva da spettatore il torneo organizzato per selezionare il miglior lottatore del mondo. Il suo piano è di impossessarsi della sua forza con i poteri psichici e disporre dell’arma definitiva. In seguito, sempre nella serie Alpha, che darà spessore a un personaggio sin qui a dire il vero un po’ piatto, si scopre in realtà che quella che si combatte in Street Fighter II è la seconda incarnazione di Bison, e che anche la sua è una storia di vendetta.
Se affrontare M. Bison può essere stressante, quando lo si utilizza la musica cambia, perché si ha a disposizione un’enorme fonte di potenza. Bison è di certo quello che dispone delle mosse caricate più potenti (ovvero quelle che richiedono di spostare per due secondi la levetta direzionale dal lato opposto a quello verso cui è rivolto l’attacco), nonché uno dei migliori lottatori offensivi del lotto. Il suo Psycho Crusher, la sua signature move, è una carica frontale devastante, e la forza psichica che avvolge i suoi colpi con auree scintillanti consente di portare gli avversari in stato confusionale (dove diventano inermi per qualche secondo) molto rapidamente.
Le armi a sua disposizione son tante, e per quanto non sia tra i lottatori più rapidi, offre una grande varietà di concatenazioni disponibili. Per questo motivo ha una curva molto ripida di apprendimento, ma se utilizzato bene è devastante. Il segreto per sfruttare il suo immane potere è lanciarsi in attacchi senza sosta ed evitare di essere messi all’angolo, perché in quel caso diventa davvero problematico difendersi.
6. Balrog (M. Bison)

Provenienza: Stati Uniti
Stile di combattimento: boxe
Consigliato a chi: vuole il mix perfetto di potenza e velocità
È Balrog la causa della girandola dei nomi della versione occidentale. Il suo nome originale è Mike Bison, di professione fa il pugile e il riferimento è abbastanza lapalissiano. Con lo sbarco del titolo negli Stati Uniti, Capcom ha paura di incorrere in azioni legali da parte di Tyson e chiede il cambio del nome. Quando lo fa però, è troppo tardi per modificare le grafiche, quindi la soluzione più logica diventa scambiare i nomi di alcuni personaggi. Il risultato è che il perfido ex-pugile prestato al mondo del crimine diventa Balrog, e incarna a tutti gli effetti il ruolo di guardia del corpo di M. Bison. È il personaggio che non si fa scrupoli a sporcarsi le mani, che ha lordato di disonore la sua carriera sportiva ed è il combattente dalla personalità più negativa di tutto il gioco, quello per cui è difficile provare la benché minima empatia.
La sua natura oscura però lo rende una perfetta macchina di morte, ideale per cercare in tutti i modi di chiudere gli avversari all’angolo e scaricargli contro tutta la sua violenza. Nonostante la stazza media, è il personaggio più violento e diretto del gioco, nonché uno di quelli con le animazioni più interessanti. Il suo modo di muoversi è unico, grazie al suo gioco di gambe a passi brevissimi tipico della boxe e al fatto di non disporre di calci, ma di ben sei pugni diversi.
La varietà di colpi e la grande portata delle sue braccia lo rendono minaccioso in ogni circostanza, ma è soprattutto la testa a offrirgli un’arma ulteriore. Nonostante sia vietato colpire a testate l’avversario durante la boxe, Balrog sfoggia la sua nefandezza con la sua Buffalo Headbutt, una carica dal basso da utilizzare in contrattacco, e una presa che blocca l’avversario e lo colpisce ripetutamente infliggendogli danni ingenti. L’unico modo per sconfiggere l’ex pugile è tenerlo a distanza con i proiettili e attaccarlo alle gambe, alte e spesso parecchio scoperte durante le cariche. Per il resto, è un personaggio che fa sentire un po’ sporchi quando lo si utilizza con maestria, ma è anche tanto efficace.
5. Dhalsim

Provenienza: India
Stile di combattimento: Yoga esoterico
Consigliato a chi: odia la violenza (!!)
Nonostante il suo nome sia ispirato al ristorante indiano situato accanto agli uffici di Osaka di Capcom, Dhalsim è uno dei personaggi più carismatici e nobili della serie. Ispirato alla figura di Ganesha, la cui effigie compare nel livello indiano, Dhalism è un maestro di yoga che ha il dono di maneggiare il fuoco. La natura distruttiva del suo potere si scontra con il suo credo pacifista, ma la necessità di cercare un modo di provvedere al sostentamento della sua famiglia e del suo villaggio lo convincono a girare il mondo e sfruttare le sue doti a fin di bene.
Diventa uno dei più grandi nemici di M. Bison e alla fine di Street Fighter II decide di ritirarsi dai combattimenti per evitare di causare altro male (tornerà solo nell’edizione definitiva di Street Fighter IV) e dedicarsi solo all’aiuto dei più bisognosi.
Il ritiro di Dhalsim dalle scene.
La pacatezza e l’armonia della sua personalità si riflettono in uno stile di combattimento ispirato davvero allo yoga. Dhalsim è lento, lentissimo, e non dispone di combo da concatenare, dato che le sue animazioni sono nette, perentorie e, letteralmente, dilatate. Una delle sue peculiarità è infatti la possibilità di estendere braccia e gambe in maniera innaturale, con il risultato di minacciare un’area pressoché immensa. Nessuno è mai al sicuro contro Dhalsim ed è allo stesso modo difficile metterlo sotto pressione, anche perché nella peggiore delle ipotesi può ricorrere anche a una tecnica di teletrasporto, non facilissima da eseguire, ma neanche impossibile.
A completare il quadro di uno dei migliori personaggi di sempre ci sono le sue mosse speciali distintive, lo Yoga Fire e lo Yoga Flame. Si tratta di due soffi infuocati utilizzati per colpire da lontano o a distanza ravvicinata in grado di incenerire il nemico infliggendo danni ingenti e guadagnando tempo per spostare Dhalsim in posizione di vantaggio. L’unico vero punto debole del lottatore indiano è la sua scarsa mobilità, e per sfruttarlo al meglio bisogna entrare necessariamente nell’ottica della sua natura riflessiva.
4. Ken

Provenienza: Stati Uniti
Stile di combattimento: karate, ansatsuken
Consigliato a chi: ama Ryu, ma vuole qualcosa in più (o in meno)
Ken Masters è l’amico / sparring partner / versione allegra di Ryu, nonché probabilmente ispirato al campione di karate Joe Lewis. È il compagno di allenamenti del protagonista della serie sin da bambino, e insieme hanno scoperto le tecniche segrete dell’ansatsuken (arte del pugno assassino), lo stile di lotta che unisce karate, judo, shotokan e tae kwon do. Rispetto a Ryu è un personaggio più sfaccettato e intrigante, e dietro la sua fluente chioma bionda nasconde un temperamento meno stoico dell’amico.
Nel singolo scontro dimostra più volte di avere un potenziale maggiore rispetto a quello di Ryu, ma la sua emotività lo fa essere meno concentrato sull’obiettivo. Prima di Street Fighter II l’amore per una donna fa vacillare la sua devozione al combattimento, mentre dopo il torneo organizzato da M. Bison si farà sedurre dalle lusinghe dell’oscurità.
La fallibilità e l’umanità di Ken lo rendono un personaggio più divertente da giocare rispetto a Ryu, benché forse meno equilibrato. Nei panni del biondo karateka si rischia sempre il tutto per tutto. I suoi colpi sono in media meno potenti di quelli di Ryu, ma la portata e la spettacolarità del suo Shoryuken sono senza eguali. Allo stesso modo, il suo calcio rotante è più veloce e meno potente, ed è utilissimo per interrompere l’azione avversaria.
La sua personalità si riflette nello stile di combattimento votato all’attacco e alla concatenazione delle mosse. Pur disponendo di una buona resistenza, però, se l’avversario riesce impedire e interrompere l’esecuzione delle combo, ne mette a nudo tutte le vulnerabilità. Nonostante ciò, Ken resta un personaggio versatile e completo, che premia chi sceglie di interpretare gli incontri correndo rischi.
3. Vega (Balrog)

Provenienza: Spagna
Stile di combattimento: ninjutsu spagnolo
Consigliato a chi: ama la bellezza e la velocità
Bello, egoista e sicuro di sé, Vega rappresenta uno dei classici archetipi di anime e manga, ovvero il malvagio narcisista. Frivolo ma letale, unisce la tipica fascinazione per l’eleganza seducente del mondo occidentale da parte dei giapponesi con la caratterizzazione dell’esponente della Yakuza, rappresentata dai suoi tatuaggi. È in assoluto il mio personaggio preferito, vuoi per la sua natura da esteta furioso degno di un romanzo di Brett Easton Ellis, vuoi per la capacità di unire in maniera armonica mondi diversi.
Storicamente è l’assassino più spietato di Shadaloo, ma il suo codice d’onore (che mira a preservare la bellezza) e il suo individualismo sfrenato lo rendono un personaggio a volte incoerente, spesso sfuggente e poco invischiato nelle beghe della storyline principale.
Vega è un personaggio talmente iconico che nel 2014 gli è stato dedicato un cortometraggio.
Agile e rapidissimo, Vega è un combattente complesso da utilizzare, ma molto spettacolare. Il suo stile mischia i movimenti di un torero (il suo costume sfoggia una muleta legata in vita), quelli di due antiche arti marziali nobiliari europee, la zipota e la savate, e quelli del ninjutsu. Il mix che ne consegue è quello di una danza sincopata e fulminea, resa letale dal guanto con gli artigli che indossa alla mano sinistra. Per quanto la sua agilità e la rapidità dei suoi movimenti suggeriscano uno stile offensivo, per comprendere Vega bisogna utilizzarlo come personaggio difensivo.
La portata dei suoi calci e dell’artiglio consentono di tenere a distanza gli avversari e di sopperire alla mancanza di attacchi con proiettili, mentre il suo calcio potente basso in scivolata è un’arma devastante perché fa cadere il nemico e regala a Vega il tempo di mettersi nella posizione a lui più congeniale, ovvero non troppo distante dal bordo dello schermo. Le sue mosse distintive, infatti, sono i cosiddetti dive jump, con cui sfrutta il limite del quadro per darsi lo slancio e caricare il nemico, colpendolo direttamente o con l’artiglio.
Dominare le sue tecniche vuol dire rendere imprevedibile lo scontro e nel caos la bellezza di Vega trionfa quasi sempre. Di contro, in uno scontro molto ordinato la sua poca resistenza e la possibilità di essere disarmato lo rendono un po’ troppo vulnerabile.
2. Chun-Li

Provenienza: Cina
Stile di combattimento: arti marziali cinesi
Consigliato a chi: vuole un personaggio equilibrato
Chun-Li è uno dei protagonisti di Street Fighter II, nonché l’unico personaggio femminile del roster originale. Agente dell’Interpol, Chun-Li è l’archetipo della donna forte, animata da un granitico senso di giustizia e una grande razionalità. Anche nel suo caso la vendetta è uno dei temi ricorrenti, dato che combatte per vendicare la morte del padre a opera di Bison, motivo per cui si allea con Ryu e Guile per debellare la minaccia rappresentata dalla Shadaloo.
Più della sua storyline in sé, della lottatrice cinese è interessante la caratterizzazione, che unisce elementi classici della iper sessualizzazione del corpo femminile ad alcuni altri dettagli presi da altri contesti. Alcuni sono ispirati alla tradizione cinese, come il vestito che indossa (il qipao, abito tradizionale originario della Manciuria) o la pettinatura che rimanda a una classica acconciatura delle bambine cinesi, mentre altri sono presi in prestito dai tipici topoi dei manga, come l’uso di polsiere e accessori dal peso eccessivo per migliorare la resistenza e la forza fisica.
Il mash-up di cultura tradizionale e popolare rispecchia anche le qualità in combattimento di Chun-Li, che si rivela un personaggio versatile, facile da utilizzare e potenzialmente in grado di sconfiggere chiunque. Non è una lottatrice molto amata dai giocatori più bravi, che ne contestano proprio la sua natura molto generica, ma rappresenta una minaccia con tanti pregi e pochissimi difetti. È una lottatrice in grado di lanciare proiettili rapidi ed efficaci, effettuare un attacco degno del calcio rotante di Ryu (l’iconico Spinning Bird Kick), e ha una portata di attacco notevole grazie a leve lunghe e potenti, che trasmettono un senso di forza e fisicità impressionante.
Come se non bastasse, i movimenti rapidi le consentono di incalzare il nemico e chiuderlo nell'angolo, bersagliandolo di calci con la tecnica Hyakuretsu Kyaku (un colpo che si effettua premendo in continuazione uno dei tasti di calcio) o con un efficacissimo gioco di proiezioni tipico del judo, letale se effettuato a bordo schermo. Limiti del quadro che le sono amici anche in fase difensiva, visto che è una dei pochi personaggi in grado di effettuare un doppio salto sfruttando proprio il bordo nero, per divincolarsi anche nelle situazioni peggiori. Non c’è mai un momento in cui Chun-Li è completamente in svantaggio, ed è quello il suo vero punto di forza: offrire al giocatore sempre un’eventuale arma per contrattaccare e ribaltare gli scontri.
1. Sagat

Provenienza: Thailandia
Stile di combattimento: muay thai
Consigliato a chi: vuole dominare i combattimenti
Sagat è il villain nobile di Street Fighter II, la vera nemesi di Ryu sin dal primo capitolo della saga, di cui costituiva il boss finale. Per svilupparlo i designer di Capcom si ispirano allo stile brutale dei lottatori di muay thai, collegando tra loro, come di consueto, riferimenti reali e fantasiosi, tra cui il combattente tailandese Sagat Petchyindee (13 vittorie e 2 sconfitte tra il 1977 e il 1988) e Reiba, personaggio di un popolare manga degli anni ’70, Karate Baka Ichidai (Karate Master in occidente).
Come spesso accade in Street Fighter, estetica, temperamento e stile di combattimento sono frutto di una caratterizzazione coerente, e Sagat appare come un violentissimo lottatore dall’aspetto rigoroso e possente. Sul suo corpo ostenta due ferite di battaglia, rammentate da una benda nera sull’occhio destro (almeno nel disegno originale, ma per una mera questione tecnica, nel gioco la benda cambia occhio in base all’orientamento del personaggio), perso durante il combattimento con Go Hibiki, padre di Dan, un altro personaggio dell’universo di Capcom, e da una cicatrice sul petto, segno indelebile del Metsu Shoryuken, il pugno distruttivo del drago nascente con cui Ryu lo sconfigge nel primo World Warrior Tournament.
Inutile dire che Sagat cerca la sua vendetta in Street Fighter II, animato dallo stesso spirito di perfezione del karateka, ma privo degli scrupoli del protagonista.
Anche alla fine del torneo Sagat rinnova la rivalità con Ryu.
Sagat ha dalla sua una potenza superiore rispetto a quella di Ryu, nonché alcune doti fisiche importanti, come l’altezza e la lunghezza delle gambe, che gli consentono di portare potenti attacchi molto profondi. Sebbene, come tutti i personaggi alti, il thai boxer tailandese sia piuttosto lento, ha dalla sua una versatilità notevole di attacchi, e unisce l’efficacia di alcune tecniche tipiche del muay thai (ginocchiate e gomitate) alla canalizzazione della forza ki.
Come Ryu e Ken, anche Sagat può lanciare palle di fuoco, ma contrappone al potere del drago quello della tigre. Non si tratta di una scelta casuale, visto che simbolicamente la tigre e il dragone sono i due animali che rappresentano lo yin e lo yang, il concetto di opposti complementari alla base della filosofia cinese, e che anche nel mondo di Street Fighter descrivono in maniera sintetica le rivalità e la necessità dei combattimenti.
Nel caso di Sagat, il legame con la tigre gli permette di scatenare due differenti tipi di colpi a proiettile: il Tiger Shot e il Ground Tiger Shot, l’equivalente dell’Hadoken. La differenza tra i due è solo l’altezza a cui viaggia: quello normale, data la mole di Sagat, è facile da evitare abbassandosi, mentre il secondo vola leggermente più in basso di un normale proiettile energetico. Il risultato, però, è che nel combattimento a distanza Sagat può alternare palle di fuoco alte e basse a velocità differente, gestendo ritmo e lontananza dall’avversario, fino a portarlo allo scoperto per poi stenderlo a tappeto con il Tiger Uppercut o il Tiger Knee Crush, le altre due, potentissime, signature move. La prima, in particolare, è la sua risposta allo Shoryuken, ed è la tecnica segreta imparata da Sagat dopo essere stato sconfitto da Ryu.
A questo arsenale non numeroso ma parecchio vario, il lottatore tailandese aggiunge anche una buona riserva di combinazioni di mosse base. Il suo vero grande problema è una reattività non eccessiva, soprattutto nel gioco di gambe e nell’esecuzione delle mosse speciali come l’uppercut. Sbagliare il tempismo di esecuzione vuol dire offrire il fianco all’avversario, e compromettere irrimediabilmente l’incontro, data la sua scarsa capacità di difendere i colpi sugli arti. Nonostante ciò, con la giusta pratica, Sagat è un personaggio dominante, in grado di soddisfare i tre requisiti fondamentali per vincere un combattimento, ovvero controllare lo spazio, colpire a distanza e avere mosse speciali forti e piuttosto semplici da fare.