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Storia della maledizione del Benevento
08 dic 2017
08 dic 2017
Celebriamo l'eccezionalità delle 14 partite perse consecutivamente all'esordio in Serie A, rotta dal gol ancora più eccezionale di Brignoli.
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Da circa un quarto d’ora il Milan si è arroccato in difesa, in casa del Benevento, difendendo la vittoria in quella che Gattuso aveva definito “una finale di coppa del mondo”. Nell’aria c’è quella tensione che può portare i giocatori a fare cose che rompano gli schemi della razionalità.

 

Lo schermo di Sky indugia su una doppia ripresa: da una parte la partita - il Benevento può battere un calcio di punizione e costruirsi un’ultima possibilità - dall’altra Gattuso che gesticola cose incomprensibili, con l’agitazione di chi vorrebbe sparecchiare i giocatori dal campo e portarsi a casa i tre punti.

 

Danilo Cataldi batte la punizione leggermente indietro rispetto alla mischia di giocatori che si erano schiacciati verso la porta, e prima che la palla venga risucchiata nella mischia Alberto Brignoli ci si tuffa sopra come un bambino all’Acquafun. Non è neanche un colpo di testa vero e proprio, ma più un tuffo di testa in direzione del pallone: Brignoli colpisce la palla con la parte superiore della testa, e durante la caduta si avvita su sé stesso.

 

Ci rendiamo conto dell’assurdità del momento quando Brignoli esulta, con le braccia spalancate. Alberto Brignoli che anche se è portiere non è altissimo, con i capelli di uno che se li taglia da solo, le occhiaie e un po’ di pancetta. Brignoli sotterrato da una quantità di giocatori del Benevento che non pensavamo neanche fossero così tanti.

 

Se negli ultimi giorni non abbiamo fatto altro che parlare di questo gol non è solo per la rarità della rete di un portiere, e neanche solo perché ha segnato, nel modo più paradossale possibile, un nuovo “fondo” stagionale per il Milan, ma anche per l’assurdità del momento in sé, che sembra contenere la grana delle cose imponderabili. Non c’è niente di normale nel salto di Brignoli, bisogna rivedere il replay più volte per capire come colpisce la palla, come se in quella finestra temporale si nascondesse qualcosa di magico che sfugge alla superficie del mondo.

 

Prima del gol di domenica, in Serie A avevano segnato appena altri due portieri: Michelangelo Rampulla, nel 1992, e Massimo Taibi, nel 2001. Facendo un po’ di calcoli a spanne solo su quest’arco temporale, il gol di un portiere arriva approssimativamente una volta ogni 481 partite di campionato.

 

Nonostante l’improbabilità di un evento simile,

che si era immaginato tutto quindici secondi prima. Dei tifosi del Benevento lo avevano annunciato dalla tribuna,

“il video del gol” appena hanno visto il portiere salire da dietro. La semplice presenza di Brignoli in area di rigore apriva una condizione di possibilità, improbabile ma non impossibile. In quel momento una specie di pulsione vitale ci porta a pensare che l’improbabilità stessa di un evento lo renda per paradosso possibile, e che possiamo quindi farci testimoni del fatto che non tutto risponda alle leggi razionali che governano la realtà. Come se la tensione del momento ci mettesse in comunicazione con forze oscure e intangibili.

 

Il senso di stupore è ingigantito anche dal fatto che il gol ha permesso al Benevento di fare il primo punto della sua storia in Serie A dopo quindici partite, interrompendo una sequenza maledetta e senza precedenti.

 

Quando il Benevento ha perso la sua nona partita di seguito, il 22 ottobre contro la Fiorentina, aveva già stabilito un record. Nessuna squadra aveva mai cominciato così male. Da quel momento ha iniziato la sua piccola rincorsa verso un nuovo record negativo. Dopo la sconfitta numero 12, allo Juventus Stadium, nessuna squadra nella storia del nostro campionato aveva mai messo insieme una striscia di sconfitte così lunga. Il Benevento è diventato un esempio negativo rispetto a cui tutti erano in diritto di sentirsi un po’ meglio. Persino Andrea Stramaccioni, che dal suo esilio praghese

: «Non siamo mica il Benevento». E così sarà in futuro per ogni neopromossa: il Benevento sarà la pietra di paragone negativa, lo spauracchio, il peggior scenario possibile. Chissà per quanti anni.

 

Per più di tre mesi il Benevento è rimasto a zero punti in classifica. Un dato davvero impressionante anche a uno sguardo superficiale della classifica, dove il Benevento sembra da mesi giocare un campionato parallelo tutto suo fondato su delle regole al contrario. Come una schedina dove l’obiettivo è sbagliare tutti i risultati.

 

Perdere tutte quelle partite di seguito non è semplice. Lo dimostrano i dati, che raccontano che nessuno ci era mai riuscito. Non basta essere una pessima squadra, in uno sport in cui il fattore aleatorio ha un grande peso bastano un paio di situazioni ben incastrate, magari assecondate da una certa forza di volontà, per portare a casa dei punti. Bisogna davvero che si allineino molti pianeti per non fare neanche un punto in quindici partite, e infatti se torniamo indietro queste 15 partite del Benevento sembrano una messa in scena sadica del luogo comune: “Quando le cose girano tutte storte”. Il Benevento sembrava circondato da una specie di aura maledetta, se vogliamo affascinante in una città dalla forte tradizione magica, i cui giocatori vengono soprannominati “stregoni”.

 

Devo aprire una piccola parentesi personale. A fine agosto ho scritto la guida alla Serie A

. Lavorandoci, guardando le partite dello scorso anno, non era difficile accorgersi delle difficoltà che la squadra avrebbe incontrato nella massima serie. Ciò nonostante, era impossibile immaginare sarebbe andata

male, e la cosa mi ha messo tristezza. Da una parte perché quando si scrive di qualcosa ci si affeziona; dall’altra perché, inconsciamente, da lettori, pensiamo che un articolo su una squadra sia di per sé una sua piccola celebrazione. E allora mi sono sentito addosso un po’ la colpa di aver scritto del Benevento, e ogni commento apocalittico di questi mesi, ogni volta che qualcuno diceva che il Benevento era la vergogna del campionato, il simbolo più negativo del declino del nostro calcio, era una piccola ferita che si apriva nel mio cuore.

 

Non voglio negare che il Benevento meriti il suo ultimo posto in classifica, ma riguardando le partite all’indietro si può notare che la squadra ha giocato spesso alla pari con i suoi avversari. Più volte è andato vicino a fare quel maledetto punto, e più ci si avvicinava e più sembrava impossibile.

 

Ho riguardato queste partite ed è stata una grande lezione su quanto sia facile, ma allo stesso tempo difficile, fare risultati per una squadra poco attrezzata. Una stagione può girare su episodi sfortunati, piccoli dettagli, e quando questi si sommano tra loro restituiscono un quadro fin troppo severo rispetto alla realtà.

 



 



 

Marco Baroni - il tecnico del Benevento per le prime nove sconfitte - aveva detto che non avrebbe rinunciato a una certa sfrontatezza offensiva anche in Serie A. “Le Streghe” si sono presentate allo Stadio Ferraris col 4-4-2 provato per tutta l’estate e dopo 3 minuti Coda ha scagliato verso la porta il primo tiro in Serie A della storia del Benevento. Un tiro centrale, ma comunque un tiro.

 

Dieci minuti dopo il Benevento recupera palla nella propria metà campo e riparte con un contropiede veloce. La squadra ha le idee chiare: con quattro tocchi Cataldi è già al vertice dell’area della Sampdoria, alza la testa e serve con una palla morbida Ciciretti dall’altro lato.

 

La controlla con un destro in salto, così che quando ricade a terra può accorciare il passo verso il sinistro e tirare a giro sul secondo palo. È un movimento breve, da calcetto. Il Benevento è già in vantaggio, col gol del suo giocatore più talentuoso, che ha ripreso in Serie A a fare le meraviglie già viste in Serie B.

 

Il mondo sembra un posto mearviglioso per il Benevento, che non sa che dovrà aspettare due mesi e mezzo per tornare in vantaggio in una partita. Quattro minuti dopo il Benevento può addirittura raddoppiare. Ciciretti, in trance agonistica, salta Strinic e crossa verso Coda, che si coordina al volo come non farà mai più in campionato. La palla sembra cadere perfetta sul secondo palo ma Puggioni fa un mezzo miracolo.

 

Al 37’ Quagliarella spinge in porta una palla respinta da Belec. Ad inizio secondo tempo un errore che sembrerebbe confermare l’idea del Benevento come squadra bella e svampita. Cataldi - fino a quel momento uno dei migliori in campo - gioca una palla rischiosa regalandola a Ramirez, che serve l’assist per il 2 a 1 di Quagliarella.

 

Se volessimo dividere i momenti di una neopromossa in varie fasi, che rappresentano i diversi momenti del rapporto con la speranza, in questo momento il Benevento è ancora “la matricola che vuole stupire”. Ha davanti 111 punti disponibili e tante partite con poco da perdere. Ha dei princìpi di gioco e dei giocatori che possono pensare di mettersi in mostra.

 

Baroni nel dopopartita è fiducioso,

a un po’ di ironia involontaria: «Da qui possiamo solo crescere»

 



Prima dell’esordio casalingo Baroni

: «Noi vogliamo stupire sul campo: ai tifosi il compito di farlo sugli spalti». Siamo ancora distanti dal momento in cui bisogna parlare con disperazione di risultati, e ci si può ancora rifare alla nobiltà dell’atteggiamento tattico: «Difficilmente ci vedrete chiusi in area a difenderci».

 

E infatti contro il Bologna il Benevento parte a razzo. Durante la prima ora di gioco confeziona 6 tiri verso la porta avversaria, almeno un paio di quali da ottima posizione, e poi subisce il gol di Donsah, che parte dalla difesa e si fa 50 metri palla al piede, salta mezzo Benevento e segna. Quando i tuoi avversari fanno gol di questo tipo le cose iniziano a mettersi male.

 

L’arbitro concede 8 minuti di recupero e tra il 50’ e il 53’ il Benevento ha tre occasioni per segnare. Prima una girata in area di Cissé, poi una punizione di Ciciretti e infine Lucioni mette in porta una respinta corta di Mirante su un tentativo di rovesciata (!) di Coda. Dallo stadio Vigorito si alzano delle grida che viaggiano su frequenze disumane, i giocatori del Benevento che esultano sembrano cani lasciati a correre sul prato dopo un anno di detenzione forzata. C’è gente in mutande che rincorre lo “Zio” Fabio Lucioni, che poco tempo dopo verrà squalificato per doping. Baroni sbraccia sotto la tribuna incitando una folla in delirio.

 

https://youtu.be/kSWEmU2eDCk?t=207

 

Il pallone non ritorna neanche a centrocampo. La bolgia è tale che nessuno si è accorto che nel frattempo, silenziosamente, il VAR sta ricontrollando l’azione. L’arbitro usa le dita per fare il gesto dello schermo e annulla il gol, in uno stadio ammutolito.

 

Per circa un paio di minuti il Benevento aveva pensato di aver raccolto il suo primo punto in Serie A.

 



La seconda partita consecutiva in casa dà la possibilità al Benevento di riprovarci. Le parole di Baroni iniziano a

: «Al Vigorito deve passare il nostro percorso verso gli obiettivi che ci siamo preposti. C'è la voglia fare qualcosa di importante, di cercare l'eccellenza, il massimo dentro di noi. Vedo che siamo sulla strada giusta, non parlo solo dell'assetto tattico ma dello spirito, della consapevolezza. Di questo ho certezza».

 

Il primo tempo del Benevento è ancora migliore di quello della partita prima. Sirigu fa almeno un paio di miracoli e a fine partita sarà eletto migliore in campo da tutti i pagellisti. A 4 minuti dalla fine Lazaar riceve una palla in area, se l'aggiusta sul sinistro e tira forte e teso sul primo palo. Sirigu riesce ad arrivarci e a metterla in calcio d’angolo. 5 minuti dopo, a uno e mezzo dalla fine, mentre Ljajic porta palla come al solito, il Benevento si perde l’inserimento di Iago Falque, che riceve e segna al 93’ il gol della vittoria del Torino.

 


Foto di Maurizio Lagana / Getty Images.


 

In conferenza Baroni mette la prestazione davanti a tutto: «La squadra ha centrato una prestazione importante creando tantissime occasioni da gol. Non saremmo stati contenti del pari» dice l’allenatore della squadra che avrebbe dovuto aspettare altre 12 partite per fare un punto. Ma in quel momento aveva ragione. «Adesso non dobbiamo assolutamente perdere l’entusiasmo, sarebbe un errore enorme» aggiunge poi, con una profezia.


 

Peggio di giocare male e non fare punti, per una neopromossa, c’è solo giocare bene e non fare punti. Perché le partite in cui una squadra come il Benevento può giocare bene, a tratti dominare, contro il Torino, non sono certo infinite. Massimizzare i risultati nelle proprie giornate buone è una delle poche regole universali per la salvezza.

 



Da metà settembre a metà ottobre il Benevento non si fa mancare niente. Gioca 7 partite che sono il campionario perfetto di una squadra tragica. Due sveglie imbarazzanti contro squadre di un altro livello: 0-6 contro il Napoli, 0-4 contro la Roma, impreziosito da due autogol; una partita ben giocata contro una grande squadra, l’Inter, ma comunque persa grazie alla doppietta di un giocatore improbabile, Brozovic; due scontri salvezza persi malamente, contro il Verona e il Crotone, quando Viola ha preso la traversa su un rigore importante per accorciare almeno le distanze.

 

Il ciclo di queste partite racconta il progressivo sgretolamento di una squadra che perde sicurezza e inizia a provarle tutte. Dopo una partita aggressiva contro il Napoli, in cui però i tentativi di recupero alti si trasformano in gif estasiate sull’uscita della palla da parte della squadra di Sarri, è arrivata una partita amorfa, di una passività senza senso, contro la Roma; e infine un paio di partite giocate con baricentro basso e transizioni, contro Inter e Verona.

 

All’interno della straordinarietà della sfortuna dei primi risultati del Benevento, si inseriscono quindi le normali difficoltà di una squadra neopromossa. Si può iniziare a giocare puntando sulla propria identità di gioco, con una certa spavalderia, ma quando i risultati non arrivano si inizia a dubitare di tutto e si è davanti al dilemma atavico di una buona salvezza: mettersi dietro e limitare i danni o provare comunque a giocare con le proprie armi?

 

La cosa sicura è che in breve tempo nell’opinione pubblica il Benevento passa dallo status di “matricola che vuole stupire” a quello di “armata Brancaleone”.

 

Dopo la sfida contro il Verona, dove il Benevento ha vinto lo scettro di

, Baroni inizia

vaghe ed astratte che preannunciano la fine: «Abbiamo fatto una prova di personalità, abbiamo tenuto bene il campo».

 

Nella partita dopo il Benevento prende tre gol in casa dalla Fiorentina e Baroni viene esonerato.

 



«De Zerbi Zingaro», recitava lo striscione d’accoglienza per il nuovo tecnico, una vendetta per ruggini accumulate in Lega Pro, quando Benevento e Foggia si contendevano la promozione. Dopo l’esperienza a Palermo, Roberto De Zerbi decide di prendersi un’altra panchina impossibile. Ogni volta che una società sceglie De Zerbi, un allenatore originale e dall’atteggiamento offensivo, sembra già rassegnata al proprio destino: “tanto vale divertirsi”. Lo stesso tecnico non fa niente per nascondere il clima velleitario: «È un’impresa quasi impossibile, ma il presidente mi ha chiesto di ridare il sorriso ai tifosi».

 

La partita contro il Cagliari è fondamentale perché è un’altra sfida salvezza, e perché i sardi hanno appena cambiato allenatore. Dopo dieci minuti il Benevento prende

. Un cross di Faragò dalla destra, respinto in scivolata da un difensore, la palla va sui piede di Sau, ribattuta, poi tira Cigarini da fuori, deviata sulla traversa, poi Padoin di testa, rimpallo, tiro di Barella masticato per terra, sfiora Pavoletti, e la palla sfila beffarda in porta passando tra le gambe di Brignoli.

 

Cinque minuti dopo Di Chiara commette un fallo ingenuo su Sau in area. L’arbitro concede il rigore, ma lo stesso Sau lo calcia alto.

 

A tre minuti dalla fine il Benevento guadagna a sua volta un calcio di rigore, per un intervento di Faragò su Iemmello, interrotto nel tentativo di una rovesciata ambiziosa. Dopo una partita giocata maluccio, il Benevento ha la possibilità di guadagnare il suo primo punto in Serie A grazie a un episodio fortunato. Ma nella stagione del Benevento i momenti fortunati servono solo a rendere più dolorose le delusioni successive. Per la legge: quando le cose iniziano ad andare meglio è solo per prepararsi ad andare peggio.

 

Iemmello segna il rigore, il Benevento esulta con cautela visti i precedenti, e fa bene perché nell’azione successiva il Cagliari spara una palla in area a caso e Pavoletti fa un miracolo tecnico. Si tuffa incontro al pallone per anticipare il difensore sul primo palo, ma riesce a colpirla con una parte della testa che alza la parabola sul secondo palo.

 

È il secondo gol incredibile del Cagliari della giornata, il cronista di Sky dice: «Per il Benevento è una mazzata pesantissima. Pesantissima»; l’altro dice: «Il calcio è veramente un film giallo, non sai mai come va a finire». Anche se quando c’è il Benevento di mezzo comincia a diventare prevedibile come andrà a finire.

 



 



 

Dopo una sconfitta in casa 5-1 contro la Lazio, De Zerbi era veramente arrabbiato: «Tanti giocatori sono entrati in campo già sconfitti prima di giocare. Questa è l'ultima volta che succede una cosa del genere. Sono arrivato una settimana fa sapendo dove firmavo e questa cosa qua non la lascio passare assolutamente».

 

La trasferta allo Juventus Stadium del Benevento suona di per sé come una barzelletta. La vittoria del Benevento è quotata dagli scommettitori a 35 volte la posta, una cifra record, mai raggiunta nel nostro campionato.

 

Gli dei capricciosi che governano i destini del Benevento lo portano però in vantaggio. Dopo una traversa

di Douglas Costa, Ciciretti segna su punizione. Esulta come un pazzo e attorno a lui i compagni sembrano assecondarlo, contenti ma scettici.

 

Il Benevento non passava in vantaggio dalla prima giornata in campionato e farlo contro la Juventus in trasferta, con più di 70 minuti ancora da giocare, è quasi una provocazione. Il Benevento regge il campo decentemente, la Juventus sbaglia gol impossibili, ma poi ribalta il risultato. De Zerbi la mette giù in termini morali: «Una prestazione dignitosa». Arriva la sosta e il tecnico promette che «comincerà tutto un altro campionato».

 



La sfida a un Sassuolo in estrema difficoltà viene annunciata da De Zerbi con toni lugubri: «Domenica capiremo se siamo usciti dal coma». Per quanto grottesca sia la situazione della squadra, questa sembra la giornata giusta. In fondo il Benevento ha lentamente ripreso a giocare un buon calcio, e la sua parabola sembra incrociarsi bene con quella del Sassuolo, invece in grande crisi di gioco e risultati.

 

Nel secondo tempo, però, il Benevento prova a impostare dal basso col portiere. Il Sassuolo sale bene in pressing, mette Brignoli in difficoltà, che non si accorge che tutti i riferimenti vicini sono marcati e dovrebbe lanciare lungo. Invece la mette sui piedi di Missiroli, che serve Matri che segna l’1 a 0. È un gol quasi macchiettistico sull’ingenuità, il vorrei ma non posso, del Benevento. Una squadra che ha preso un allenatore ambizioso, che gioca un calcio associativo, senza averne il talento, e che viene punito dalla praticità del Sassuolo come se avesse peccato di hybris.

 

A metà del secondo tempo pareggia Armenteros, un centravanti leggermente sovrappeso, svedese di origini cubane, al primo gol in Serie A.

 

https://youtu.be/cn1N47VyGcQ?t=124

 

Ed eccoci qua, a tempo quasi scaduto, col Benevento che sta per fare il suo primo punto in Serie A e quindi la realtà prende una dimensione parallela, dove lo straordinario diventa ordinario. Prima l’arbitro espelle Letizia per doppia ammonizione poi, due minuti dopo la fine dei minuti di recupero, Andrea Costa schiaffeggia un cross in area di rigore. Un gesto tecnicamente inspiegabile, se non con le leggi del caos che governano i minuti di recupero del Benevento.

 

Ma la storia del tragico Benevento è un rilancio continuo dell’abisso, una sorta di mega inception della sfiga. Berardi va sul dischetto, calcia di piatto, ma la prende un po’ sotto, col corpo all’indietro, e prende la traversa.

 

Nell’azione dopo, all’interno di minuti di recupero che sembrano ormai aver preso una dimensione quantica, il Sassuolo prende una traversa, dopo che Brignoli ha smanacciato un colpo di testa di Matri. Sembrano essersi incastrati due grandi momenti di fortuna per aiutare il Benevento a fare il suo primo punto, ma se ormai credete abbastanza nella regola

saprete già come è andata a finire.

 

Sul calcio d’angolo successivo Peluso segna di testa.

 

De Zerbi a fine partita non riesce a guardare le cose senza un certo fatalismo: «Il mio rammarico sta nel fatto che abbiamo sbagliato l'occasione per andare sul 2-1 quando eravamo in inferiorità numerica e poi abbiamo finito per essere puniti all'ultimo secondo». L’allenatore inizia a guardare gli episodi, la sfortuna. È sull’orlo del collasso nervoso.

 



 

- Il gol di Iago Falqué al 93’ di Benevento - Torino.

 

- Il gol annullato a Lucioni al 99’ di Benevento - Bologna.

 

- Il capitano Fabio Lucioni squalificato per doping.

 

- L’infortunio muscolare di Ciciretti, con i tifosi che gli dicono di mangiare meno, che lo vedono sempre al ristorante.

 

- I due autogol, quasi identici, contro la Roma.

 

- Il rigore calciato sulla traversa da Viola in Crotone - Benevento.

 

- Il gol di Pavoletti al 94’ di Cagliari - Benevento.

 

- Il gol di Peluso al 95’ di Benevento - Sassuolo.

 



Il Benevento e i minuti di recupero hanno un rapporto speciale. Diciamo che più una partita del Benevento si avvicina ai minuti di recupero, più si sgretolano le leggi razionali che muovono il gioco del calcio. Il Benevento è la squadra della Serie A ad aver subito più gol nel secondo tempo (20), quella che ne ha subiti di più nell’ultima mezz’ora (12) e quella che ne ha subiti di più nei minuti di recupero (5).

 

Il dato divertente è che il Benevento è anche la squadra che ha subìto o fatto più gol durante i minuti di recupero: 8.

 

Se escludiamo il gol di Brignoli, le altre due volte che il Benevento aveva segnato nei minuti di recupero, pareggiando la partita, poi ha subito immediatamente un altro gol.

 

A questo punto dovreste leggere il gol di Brignoli al Milan come un’enorme, gigantesca compensazione del karma alle precedenti 14 partite del Benevento. Un maestoso racconto sul caos, la sfortuna, lo sgangherato, l’incontrollabile, l’imperfetto, il fallibile. Tutte cose che solitamente stiamo attenti a lasciare fuori dal racconto sportivo, dove la sfortuna precede sempre un riscatto o al massimo sancisce una malinconia.

 

La sfortuna del Benevento, che si unisce alla sua inadeguatezza, è invece una grande storia di miseria. Una storia nobile, incredibile e per niente consolatoria. Il gol di Brignoli è un momento magico fine a sé stesso, un lieto fine capace solo di certificare che niente nella storia del Benevento è normale.

 

Per il resto, con 1 punto solo in classifica, la squadra è lontanissima da una possibile salvezza.

, il Benevento ha il 94% di possibilità di retrocedere in Serie B.

 

Ma è proprio questa grande mistica negativa e fine a sé stessa a rendere queste 15 partite fra le più memorabili della storia del nostro campionato.

 

 

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