Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Marco De Santis
Perché è stato punito il Manchester City
17 feb 2020
17 feb 2020
Le motivazioni della pesante sentenza della UEFA.
(di)
Marco De Santis
(foto)
Dark mode
(ON)

La si attendeva da più di un anno e alla fine è davvero arrivata come un terremoto. La sentenza della Uefa sul Manchester City ha escluso il club dalle coppe europee per due anni, a partire dalla prossima stagione sportiva; da aggiungere anche multa da 30 milioni di euro per violazione delle norme relative al Fair Play Finanziario. Su quali siano le norme eluse si è però fatta un po’ di confusione e vale la pena fare chiarezza ricostruendo i contorni di questa vicenda.

 



Il periodo incriminato è il quadriennio che va dal 2012 al 2016, quindi l’accusa non riguarda attuali violazioni del regolamento ma fatti accaduti in passato. Va ricordato che nel maggio del 2014 la Uefa aveva stipulato un Settlement Agreement con il Manchester City, poiché gli inglesi non erano stati in grado nelle stagioni precedenti di raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio (il cosiddetto “Break Even”) richiesto dalle regole del FPF, e nelle due stagioni successive la Uefa ha monitorato i conti del club “accompagnandolo” verso il ritorno a una situazione economico-finanziaria non contraria al regolamento. Non è quindi per il vincolo fallito del “Break Even” che sul City si è abbattuta la durissima sentenza di questi giorni, e nemmeno per semplici “sponsorizzazioni gonfiate” paragonabili a quelle relative al caso Paris Saint-Germain. Per quelle il regolamento del FPF prevede come procedura standard il ricalcolo di queste al valore di mercato ed eventualmente un nuovo ricorso a un Settlement Agreement per annullare i vantaggi economici derivanti da queste sponsorizzazioni eccessive tramite sanzioni economiche che riportino il club nella legalità. La motivazione dell’esclusione del Manchester City non è perciò da ricercare in infrazioni commesse solo dal lato economico-finanziario ma si dovrebbe invece parlare di una truffa ai danni della Uefa.

 

La grave accusa nei confronti del club di proprietà dello sceicco Mansour, nata a seguito dell’inchiesta Football Leaks pubblicata sul quotidiano tedesco

nel novembre del 2018, è di aver deliberatamente truccato i bilanci societari e di aver intralciato le successive indagini. La differenza fra le infrazioni indicate nel paragrafo precedente e queste è sottile, ma sostanziale. Nell’inchiesta di

venne presentata una mole notevole di materiale riguardante il Manchester City e il Paris Saint-Germain. A livello mediatico fecero molto scalpore le prove delle negoziazioni fra l’allora presidente della Uefa Michel Platini, il segretario generale Gianni Infantino (attuale Presidente della Fifa) e i vertici delle due società per arrivare alla definizione degli accordi che hanno portato alla sottoscrizione per entrambi i club di un Settlement Agreement. Quel materiale non è stato oggetto d’indagine visto che il regolamento stesso del FPF prevede che i club trovino di concerto con la Uefa una strada per uscire dalla posizione di “inadempienti” rispetto alle richieste.

 

La semplice “sponsorizzazione gonfiata” non ha a che fare con un falso in bilancio: si tratta di un pagamento che una società appartenente alla proprietà del club elargisce al club stesso alla luce del sole e del quale sta poi alla Uefa valutarne l’equità. La “pistola fumante” trovata dalla Uefa all’interno di Football Leaks riguarda invece delle

 all’epoca direttore finanziario del Manchester City - in cui viene svelato che la sponsorizzazione di 80 milioni di euro all’anno garantita da Etihad Airways (compagnia aerea di bandiera degli Emirati Arabi appartenente a membri della famiglia Mansour ma non direttamente collegata alle proprietà dello sceicco, tanto da non risultare per la Uefa “parte correlata” ovvero appartenente allo stesso “universo societario” del Manchester City) era stata inserita a bilancio in modo fittizio. Solo 10 di quegli 80 milioni venivano versati direttamente da Etihad e il resto entrava in maniera occulta nelle casse societarie direttamente dall’Abu Dhabi United Group di proprietà dello sceicco Mansour. Un falso in bilancio in piena regola, quindi, che ha aggravato notevolmente la posizione dei Citizens rispetto a qualsiasi caso di sponsorizzazione apparentemente fuori mercato e che giustifica la severissima sanzione decisa dalla Uefa.

 

A seguito dell’inchiesta di

, nella primavera del 2019 la Uefa ha aperto un’indagine a proposito, lasciando trasparire la volontà di punire duramente il club se il Manchester City non avesse fornito prove convincenti a sua discolpa. Gli inglesi, pur avendo dichiarato alla stampa all’epoca della pubblicazione dell’inchiesta che quanto pubblicato non era altro che “materiale fuori contesto, presumibilmente violato o rubato” che sarebbe stato facilmente spiegato in sede di inchiesta Uefa, ha rifiutato di consegnare alla Camera dei giudici indipendenti dell’Organismo di Controllo Finanziario dei club gli scambi di e-mail integrali fra Jorge Chumillas e i destinatari delle sue missive.

 

Una scelta che ha irritato ulteriormente la Uefa tanto che nella sentenza di esclusione viene sottolineato come aggravante che il club si è rifiutato di cooperare nel corso delle indagini. Intuendo la punizione esemplare, il Manchester City il 6 giugno ha inoltrato un ricorso al Tas nel quale si sottolineava che l’indagine portata avanti dalla Uefa era frutto di “errori, interpretazioni errate e confusioni”, richiedendo di conseguenza un giusto processo e di annullare il deferimento comminato dalla Uefa che da lì a poco avrebbe potuto portare alla sanzione che poi è stata decisa in questi giorni. A metà novembre il Tas ha respinto la richiesta dichiarandola inammissibile, sbloccando così l’indagine che è arrivata a compimento il 22 gennaio, con la decisione definitiva comunicata ufficialmente il 14 febbraio di escludere il Manchester City dalle competizioni europee per due anni.

 





 

Proprio perché la violazione di cui è accusato il Manchester City va oltre al soddisfacimento o meno dei parametri classici del Financial Fair Play che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, è difficile immaginare che questo tipo di sentenza possa riguardare altri club in futuro.



 



Storia finita? Niente affatto, perché il Manchester City ha un’ultima carta da giocare. Può inoltrare un nuovo ricorso al Tas, cosa che il club ha già annunciato di voler fare, questa volta di contestazione non dell’indagine ma della sentenza. Il caso verrà verosimilmente affrontato prima dell’inizio della prossima stagione sportiva e solo al termine dell’esame di questo nuovo ricorso sapremo se i Citizens potranno o meno partecipare alle coppe europee nella stagione 2021/22.

 

Come abbiamo visto nel caso del Milan, escluso dalla Uefa e poi riammesso in attesa della decisione del Tas all’Europa League 2018/19 (vicenda poi conclusasi comunque con l’esclusione dei rossoneri dopo un accordo fra club e Uefa), è possibile che il Tas ribalti la sentenza ritenendola eccessiva rispetto alle violazioni contestate, sia per l’entità delle violazioni che per la presunta non dimostrabilità delle stesse nel caso non vengano ritenute valide come prova le e-mail “rubate” da Football Leaks.

 

 

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura