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Guida alla squadra di ciclismo italiana a Tokyo 2020
23 lug 2021
23 lug 2021
Quali speranze di medaglia?
(articolo)
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Cinque anni fa, a Rio de Janeiro, si consumava una delle più incredibili “tragedie” sportive del ciclismo italiano contemporaneo. La Nazionale guidata dal CT Davide Cassani si presentava al via compatta per il capitano unico Vincenzo Nibali, all’epoca nel pieno delle forze, reduce dalla straordinaria vittoria al Giro d’Italia di pochi mesi prima. 32 anni ancora da compiere, due Giri d’Italia, un Tour de France e una Vuelta già messi in bacheca, a cui nei due anni successivi si aggiungeranno anche un altro (il secondo) Giro di Lombardia e la Milano-Sanremo 2018.

Era scontato puntare su di lui, visto anche il percorso molto impegnativo fra salite e discese molto tecniche e pericolose. La Nazionale fa saltare per aria il gruppo spianando la strada all’azione di Nibali che puntualmente arriva. L’atleta siciliano si invola verso una medaglia ormai certa, al di là del tipo di metallo. Con lui ci sono un pugno di fuggitivi della prima ora, pericolosi, certo, ma ormai sembra fatta.

Invece, in quell’ultima discesa, Nibali stringe troppo una curva verso destra, il pedale sbatte sul marciapiede, la bicicletta schizza via come un toro impazzito che sbraita fino a disarcionare l’uomo che tentava di domarlo. Vincenzo Nibali è già a terra quando la telecamera lo raggiunge inquadrandolo mentre vaga con lo sguardo nei suoi ricordi più freschi e nella sua mente ripercorre quella maledetta curva che gli ha strappato dal collo la medaglia olimpica. Cinque anni dopo, Vincenzo Nibali è di nuovo nel quintetto italiano che prenderà parte alla prova in linea di ciclismo su strada maschile alle Olimpiadi di Tokyo. Non sarà più però il faro della corsa, perché cinque anni sono tanti e il siciliano ne ha ormai quasi 37 e un paio di stagioni con più bassi che alti alle spalle.

Gli Azzurri del CT Cassani proveranno a mischiarsi nel caos che inevitabilmente si creerà durante la gara sfruttando le caratteristiche di Alberto Bettiol, Gianni Moscon e Giulio Ciccone, oppure proveranno qualche azione da lontano con Damiano Caruso, secondo al Giro d’Italia di quest’anno.

A salvare la spedizione azzurra, a Rio, nel 2016, ci pensò Elia Viviani con il suo oro nell’Omnium su pista. Oggi Viviani è il portabandiera della spedizione italiana alla cerimonia di apertura insieme a Jessica Rossi. Non è più, però, neanche lui, il vero faro della Nazionale, che nel frattempo ha vissuto un profondo ricambio generazionale che proveremo a scoprire meglio insieme.

Vincenzo Nibali sul ciglio della strada dopo la caduta a Rio 2016.

La strada

Più che sulla prova in linea, per un qualche strano scherzo del destino, gli occhi e le speranze dei tifosi italiani sono puntati sulla prova a cronometro di mercoledì 28 luglio. Al via per gli Azzurri ci saranno Alberto Bettiol e - soprattutto - Filippo Ganna. Il campione del mondo in carica a cronometro (titolo ottenuto ai Mondiali di Imola nel 2020) potrà approfittare di una piccola assurdità nel regolamento che prevede che i partecipanti alla crono siano in realtà due ciclisti già impegnati in altre prove. Solitamente vengono scelti due atleti che corrono la prova in linea, che sono quindi spesso costretti a risparmiare energie oppure a dover correre la cronometro con il peso dei quasi 300 chilometri corsi pochi giorni prima.

Filippo Ganna invece parteciperà alla cronometro in quanto elemento della squadra di inseguimento su pista, gara che si terrà il 2 agosto. Un piccolo vantaggio sui suoi più pericolosi avversari. Uno su tutti: Wout Van Aert. Il fenomeno belga, che al Tour de France ha vinto l’ultima cronometro oltre alla tappa del Mont Ventoux e la volata di Parigi, punta forte anche sulla prova in linea alla ricerca di una doppietta che lo renderebbe una leggenda di questo sport.

Un altro pericoloso avversario è l’altro belga, Remco Evenepoel, anche lui in corsa per una medaglia nella prova in linea. Evenepoel ha già battuto Filippo Ganna nella sua ancora breve carriera agli Europei del 2019 ed è uno che a cronometro va fortissimo. Un altro che punterà alla doppietta è Primoz Roglic, ma bisogna capire come ha recuperato dalla brutta caduta che ha compromesso il suo Tour de France. Attenzione anche all’australiano Rohan Dennis, che questi appuntamenti li prepara sempre con grande meticolosità, e a Stefan Kung. Lo svizzero al Tour de France ha un po’ deluso le aspettative ma è sempre una mina vagante, così come il francese Remi Cavagna.

Gli occhi però saranno puntati sul grande ritorno di Tom Dumoulin. La "Farfalla di Maastricht" si era preso una pausa dal ciclismo per rimettere ordine nella sua vita e nella sua testa ed è pronto a tornare col botto. Dalla sua ha il vantaggio di essere probabilmente più fresco fisicamente e mentalmente, non avendo dovuto affrontare tutta la prima parte di stagione. Di contro - però - il fatto di non aver praticamente mai corso potrebbe pesare sulla sua tenuta sulla lunga distanza.

Il percorso sarà di 44,2 km, con un po’ di saliscendi a rendere la prova ancor più complicata da interpretare. Uno sforzo a cui i ciclisti di oggi sono forse meno abituati di un tempo, visto che la lunghezza media delle cronometro nei grandi giri è drasticamente calata. Basti pensare che la cronometro più lunga del Tour de France 2021 era di appena 30 chilometri: ben 14 in meno rispetto alla prova olimpica.

Filippo Ganna quindi ha ottime possibilità di arrivare a medaglia e anche di vincere l’oro. Il problema però - oltre alla concorrenza mai così agguerrita - resta la lunghezza. Avevamo già sottolineato in passato le difficoltà mostrate da Filippo Ganna sulle prove che comportano uno sforzo molto prolungato e una gestione delle energie più oculata. Anche al Mondiale di Imola la locomotiva del Team Ineos aveva accumulato un grande vantaggio nella prima metà del percorso per poi perdere molto nella seconda parte (ma riuscendo comunque a mantenere la prima posizione).

Elia Viviani a Rio 2016.

Nella prova in linea, invece, le speranze azzurre si aggrappano più alle possibili sorprese che alle certezze. Dei nomi al via non c’è nessuno che sembra a priori in grado di competere con i grandi favoriti della vigilia e dovranno quindi provare a sfruttare le difficoltà che potrebbero avere le altre Nazionali nel controllare la corsa su un percorso così duro e nervoso. Alle Olimpiadi, infatti, le squadre corrono al massimo con 5 uomini in base al ranking per nazioni. La Slovenia per esempio corre solo con 4 elementi, così come la Gran Bretagna. Altre saranno in 3, come la Polonia, e altre ancora in 2 o addirittura con un solo ciclista al via.

Sarà perciò molto difficile tenere chiusa la corsa, anche considerando che la scalata al Monte Fuji (15 km al 6% medio) inizierà a più di 100 chilometri dal traguardo ed è una salita che verosimilmente segnerà un grosso spartiacque nell’andamento della gara. La salita decisiva, invece, il Mikuni Pass è più breve ma anche più dura da affrontare: 6.5 km con una pendenza media addirittura del 10.6% e punte al 22%. È lì che i grandi favoriti faranno la loro mossa ed è lì che gli azzurri dovranno aver già mosso le pedine giuste per non farsi cogliere impreparati.

In uno scontro frontale con i giganti del ciclismo mondiale i nostri atleti avrebbero ben poche possibilità di prevalere. Ma provando ad anticipare e costringendo le altre nazioni a inseguire e magari arrivando anche ai piedi del Mikuni Pass con un gruppetto di fuggitivi in vantaggio rispetto al gruppo dei principali favoriti, gli Azzurri potrebbero riuscire a far saltare i pronostici. Gli uomini più adatti a gare e ad azioni del genere sono Alberto Bettiol e Gianni Moscon. Bettiol ha vinto a sorpresa il Giro delle Fiandre 2019 e da allora ha alternato prestazioni ottime ad altre sottotono, ma quest’anno pare in uno di quei periodi in cui la gamba gira come dovrebbe. Gianni Moscon invece sono anni che fatica a trovare la sua dimensione con la squadra ma puntualmente in Nazionale arriva sempre in grande spolvero. È indubbiamente il ciclista italiano più talentuoso dei cinque che prenderanno parte alla prova in linea ed è quello che più di tutti ha nelle corde azioni dalla lunga distanza.

La speranza è quindi quella di prendere due medaglie su strada, una a cronometro con Ganna e una in linea facendo un po’ di casino e quindi con uno qualsiasi dei cinque al via. Razionalmente però è difficile sperare in una medaglia in linea, mentre se Filippo Ganna non dovesse conquistare almeno il podio a cronometro si potrebbe parlare di una grossa delusione.

Sul fronte femminile, invece, le parole da dire sono molto poche. Sia in linea che a cronometro (25 e 28 luglio) c’è una grande nazione che verosimilmente farà incetta di medaglie ed è ovviamente i Paesi Bassi che con Annemiek van Vleuten, Anna van der Breggen, Demi Vollering e Marianne Vos schiera al via una vera e propria corazzata. Sulla carta imbattibili, bisognerà vedere se riusciranno a correre di squadra o se invece imploderanno sotto i colpi di un giustificabile egoismo.

Nella seconda ipotesi, potrebbe inserirsi nella lotta per le medaglie la nostra Elisa Longo Borghini, già medaglia di Bronzo alle Olimpiadi di Rio nel 2016. Longo Borghini rappresenta ad oggi la più grande speranza azzurra per ottenere una medaglia nella prova in linea (sia maschile che femminile) avendo già dimostrato in passato di potersela giocare con le sue avversarie, sfruttando ogni piccola indecisione.

Il problema, però, è che se per gli uomini può valere il discorso di provare a smuovere le acque dalla distanza, in campo femminile le atlete olandesi ci hanno già abituato a prove di forza straordinarie con azioni a lunga gittata. Sarà quindi difficile - se non impossibile - riuscire a sorprenderle su quello che in questi ultimi anni è stato il loro terreno preferito per imporre il loro dominio sul ciclismo.

La pista

La pista è la disciplina che riserva sempre qualche sorpresa e anche qualche gioia per i colori azzurri. Abbiamo detto di Elia Viviani che difenderà il titolo nell’Omnium (il 5 agosto) conquistato ormai 5 anni fa a Rio dagli assalti di un Benjamin Thomas dato in grande spolvero, ma le maggiori attenzioni saranno rivolte al quartetto dell’Inseguimento a Squadre (il 4 agosto le finali per le medaglie). In Italia probabilmente ci sono anche troppe aspettative sulla prova maschile vista la presenza di Filippo Ganna, dominatore della specialità nell’Inseguimento Individuale.

Ma il dominio di Ganna è in realtà dettato anche dal fatto che i grandi specialisti dell’Inseguimento ormai da qualche anno preferiscono concentrarsi sulla prova a squadre visto che l’Inseguimento Individuale non è più una specialità olimpica (per motivi politici interni all’UCI).

I grandi favoriti per la prova a squadre sono da ricercare altrove: la Danimarca, soprattutto, primatista mondiale in carica. Ma anche la sempiterna Gran Bretagna, l’Australia e la Nuova Zelanda. L’Italia quindi non parte con i favori del pronostico ma in tutte le gare in cui partecipa Filippo Ganna è comunque lecito aspettarsi qualcosa.

Elia Viviani sarà al via anche della Madison (il 7 agosto) in coppia con Simone Consonni ma anche in questo caso le nazioni favorite sono più o meno sempre le stesse con la coppia italiana che dovrà puntare a sovvertire i pronostici per conquistare una medaglia.

Lo stesso discorso vale tale e quale anche per la Nazionale femminile, con Letizia Paternoster che farà coppia verosimilmente con Elisa Balsamo per provare a conquistare una medaglia nella Madison, pur non partendo fra le grandi favorite. Rischieremo di essere ripetitivi ma anche nell’Omnium e nell’Inseguimento a Squadre (finali il 3 agosto) la situazione è la stessa.

L’Italia sta tornando piano piano a ritagliarsi un ruolo sempre più importante nel panorama del ciclismo su pista - sia maschile che femminile - anche grazie ai pur lenti e lacunosi investimenti da parte della FCI. Non è un caso infatti che la maggior parte dei nostri atleti sia composta da nati fra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila e che sono cresciuti proprio nel momento in cui la Federazione iniziava a fare maggiori sforzi per rivitalizzare il settore. Restano però tanti dubbi e tante incertezze, tanti rimpianti anche per la storia che ha avvolto il nuovo velodromo di Montichiari fra ritardi nei lavori, chiusure impreviste e problemi di ogni genere. Dubbi che verranno finalmente sciolti nei prossimi giorni di gare.

Perché le Olimpiadi sono come sempre il principale termometro per misurare lo stato di salute di un movimento. Soprattutto un movimento come quello italiano, che vive di fiammate e crolli e che da troppo tempo si aggrappa con le unghie a singoli talenti in grado di nascondere la polvere sotto al tappeto.

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